mercoledì, giugno 30, 2021

Gocce d'inchiostro: Sotto gli alberi - Thomas Hardy

L’idillio che ho abilmente costruito in questo sesto mese dell’anno sta per cadere. Questo mese, così terribilmente caldo e appiccicoso, è passato davvero in fretta e presto avrei dovuto prendere atto di quel momento in cui avrei dovuto separarmi dal mio amato Hardy e dai suoi personaggi per i saluti di << commiato >>, come sono solita dire quando tralascio l’avvicendarsi di autori ancora per me sconosciuti per esplorarne quelli amati e conosciuti. Per me trattasi di uno stato di prolungamento o meno il visto di soggiorno nel mondo dei normali, per me avere un biglietto di entrata e uscita per un altro giro di straordinarie emozioni. Questi viaggi, queste mie spericolate avventure, recentemente mi condussero in una lunga e dorata torre, recentemente in un bosco in cui risiede silenziosamente un villaggio, una comunità di contadini che vivono come isolati da forme indispensabili e utili per il loro fabbisogno. Di nuovo la campagna, la brughiera, un paesaggio verdeggiante e scintillante immerso in un chè disincantato, allegorico, apparentemente quieto da cui mi è stato difficile discostarmi a fine lettura, poiché non esula nient’altro che l’intento di poter vivere serenamente anche quando non è così.
Sotto gli alberi non è un’opera “completa” del ciclo hardiano, nel senso che esula da quei filoni, quelle dottrine artistico/ sociali che contraddistinguono le sue parole, salvando ciò che è possibile salvare, impedendo qualunque effetto negativo possa capovolgere ogni cosa. Accostata quasi alla tradizione popolare, alla fabula, scritto con maggior delizia, in una piacevolissima vicinanza, massima di vita fra la gioia in cui l’anima si desta, si confonde, respira, si avvolge nel suo piccolo grembo come una brezza estiva sfuggita dal tempo e all’epoca. Fratture, rumori dell’anima, scricchioli generati da zoppicanti ingranaggi temporali in cui spicca la suggestione del tempo.

Titolo: Sotto il bosco
Autore: Thomas Hardy
Casa editrice: Fazi
Prezzo: 17 €
N° di pagine: 236
Trama: Dock Dewy, figlio di un carrettiere e suonatore di violino, fa parte del coro della parrocchia di Mellstocj, piccolo paesino immerso nella campagna inglese. Il giorno in cui il coro si esibisce alla scuola del paese, s’innamora a prima vista di Fancy Day, l’affascinante direttrice. Ma non è l’unico: dovrà infatti vedersela con numerosi altri pretendenti, fra i quali il nuovo vicario, il giovane e intraprendente Mr Maybold. Questi, oltretutto, animato da un desiderio di modernizzazione, è anche intenzionato a sostituire il vecchio coro e i suoi anziani membri con un organo meccanico. La battaglia per la sopravvivenza del coro sarà dura e costellata di peripezie. Ambientato in una splendida campagna inglese, “otto gli alberi”, dai toni allegri e idilliaci, è il più divertente tra i romanzi di Hardy e attinge con grande capacità affabulatoria alla migliore tradizione umoristica inglese. Tuttavia, la storia non manca di un retrogusto amaro, pervasa dalla consapevolezza di un mondo che, suo malgrado, sta diventando anacronistico.

lunedì, giugno 28, 2021

Una porta tra le parole: Sweet Tooth

La visione di Smooth tooth fu una bellissima scoperta: una grande, bella rivisitazione del nostro tempo, in chiave fantastico, fatta in qualche mese durante il periodo più tragico della pandemia da Covid 19, con un mondo decimato dall’ansia, le paure, i timori di non saper come affrontare questa minaccia sconosciuta e incombente. Una pandemia generale, famiglie attanagliate dal dolore, dai rimorsi, dalla solitudine; una nicchia insomma in cui ho potuto rifugiarmi dalla monotonia generale in cui mi sono  sentita parte a condividere la storia del protagonista, Gus, un ragazzino speciale ma molto dolce. Lo si osserva dal primo momento in cui Dio l’ha accolto in questo triste mondo, valicando ogni sua fase, fin quando raggiunti il periodo della prima adolescenza assistere ad una vera e propria svolta, fra ostacoli e impedimenti vari, ci impone a non poter fare nient’altro che assisterlo in questo lungo e impervio cammino non facendo nient’altro che stare su un parapetto e guardare l’orizzonte affinchè il povero Gus ottenesse ciò che più desidera. Ritrovare la sua mamma.

Ho viaggiato ai bordi di una storia il cui sentore è parecchio simile a quello di altri romanzi, in mezzo a boscaglie e sterpaglie coperti d’edera e biancospino; natura e destino sembravano fatti di un unico colore. Lo spettacolo di questi ultimi bagliori di luce su un mondo molto simile al nostro avevano qualcosa di fatalista e, affacciato su vari fronti, a  godersi la commovente storia di un ragazzino orfano che è scivolata dinanzi ai miei occhi, assieme ad altri passeggeri o telespettatori, ragazzini lasciati soli nelle mani del caso il cui silenzio sovrasta persino le nostre orecchie. Un silenzio così assordante impossibile da ignorare.
E molto presto fui travolta dalla risacca disomogenea del tempo. Poi dallo stesso Gus, dal suo essere bambino speciale in balia delle sorti di un destino crudele e nefasto. Che particolarità cela Gus? Non sarà di certo questa recensione a rivelarvelo, ma il mio più caloroso invito a conoscerlo e scoprirlo in ogni sua sfumatura. E che sfumature! 

Certo, non così eclatante e indimenticabile di quel che si crede ma che non riesce a scomparire dalle stanze polverose della mia coscienza perché non è possibile renderne effettivamente l’idea. Così funziona il mondo di questo golosone, così funziona il mondo circostante che così ci toglie qualunque piacere. Finiremo per essere asserviti a lui? Può darsi. Niente da dire o da poter fare. Se non combattere pur di sopravvivere, restare in vita, scostare quel sudario di dubbi e incertezze che offuscano le nostre certezze, senza dover aspettare alcun miracolo. Solo un misero atto di comprensione, quando si scoprirà che siamo tutti figli dello stesso Dio e che non ha importanza se ci distinguiamo dal sesso o dal colore della pelle, o da qualunque malformazione fisica; quando si  comprenderà come siamo tutti sotto lo stesso cielo, ben che venga la libertà.
Il potere assoluto di poter essere chi siamo senza aver paura di mostrarci al mondo, con ansia, frustrazione, gioie che vanno e vengono come l’andamento delle onde, a cui ci si aggrappa alla vita come una prova d’amore. Persino per chi non la sopporta più, che non vede alcuna ragione per andare avanti, che si sente soffocare, facendo a meno di qualunque cosa.

sabato, giugno 26, 2021

Gocce d'inchiostro: Due sulla torre - Thomas Hardy

Al tempo in cui non degnavo nemmeno con uno sguardo i classici, in una brughiera verdeggiante e soleggiata incontrai un uomo dall’aria elegante, facoltoso e acculturato, che mi rivelò la storia di una ragazzina sfortunata, ingenua ma bellissima il cui destino era legato in base alla sua dinastia. La sua discendenza, presuntemente nobile, ma ignota. La mia coscienza sapeva che presto o tardi avrebbe incontrato di persona questa ragazza, fin quando fu lei stessa a chiamarmi. Sulla soglia dei vent’anni, in un momento imprecisato della mia vita, facendomi travolgere al punto da non sapere più cosa fare al momento che saremmo giunti ai convenevoli. Ma cosa centra questo piccolo ricordo, col romanzo di cui vi parlerò oggi? Semplice, entrambi sono stati scritti da quest’uomo i cui incontri divennero sempre più frequenti. Passo dopo passo, esperienze sempre più illuminanti che mi hanno offerto, negli anni, qualcosa di speciale, capace di guarire qualsiasi malattia dell’anima. In questa carrellata di reliquie sacre e segrete, una in particolare mi indusse a divorarne le pagine come se animate da volontà propria, che mi offrì una vasta gamma di sensazioni da cui mi sento ancora sopraffatta, ai limiti dell’impossibile. Nonostante la paura che qualcosa di enorme e informe serpeggiò in questa brughiera rivelando solo una parte di noi, avvicinandoci all’immensità scorgendo nella sua bellezza il terrore e il coinvolgimento. L’anima completamente soggiogata dal corpo che predomina su forme ecclesiastiche, l’oscillazione degli astri e il ripristino di forme trasversali che hanno convenuto nella realizzazione di un sogno che non ha una sua vera e propria identità.

Titolo: Due sulla torre
Autore: Thomas Hardy
Casa editrice: Fazi
Prezzo: 17 €
N° di pagine: 336
Trama: Abbandonata dal marito, un ricco proprietario terriero, Viviette Constantine si innamora di Swithin St Cleve, di ben nove anni più giovane di lei, bellissimo, colto e gentile figlio di un curato di campagna. Swithin è un astronomo e lavora in cima a una torre dove trascorre tutto il suo tempo a studiare gli atri e i fenomeni celesti.

giovedì, giugno 24, 2021

Gocce d'inchiostro: Dietro la maschera - Pasquale Dente

Una sera fui invitata a percorrere i corridoi di un ospedale italiano da un autore emergente proiettato completamente in questo settore, quello con i pavimenti di linomeau, le mura color verde trifoglio e, esposti sulle porte o sulle pareti a sgrondare il tutto, ai venti della vita come fossero alla portata di ognuno, cartelloni con giganteschi contrassegni di divieti e norme da non violare assolutamente per l’emergenza Coronavirus che agli occhi di un uomo appena svegliatosi da un coma è una bestia che è stata pescata repentinamente e cotta secondo una certa urgenza.
Da due anni a questa parte, ci siamo moltiplicati a questa massa di individui che disgraziatamente non detengono alcun potere se non quello di poter stare a guardare pur di comprendere appieno la violenza impartitaci da questa entità suprema e invalicabile. Giunto alla stessa violenza di un fulmine a ciel sereno, proiettatoci in un periodo storico invivibile e mai più ripetibile che è ancora una raffinata tortura di ogni essere umano facente parte di svariate culture, una parte che fra l’altro nessun regime e nessuna ideologia politica può sfidare.
Ho accolto la storia che Pasquale Dente si porta dentro muovendomi come se intrappolata in un invisibile gabbia, guardando chi mi circondò come maialini appesi a degli uncini e pensavo come, a parte la paura in generale, come la vita ci riservi talvolta delle bruttissime sorprese. La disoccupazione, già tendenzialmente imbattibile, i disagi politici e sociali, la fame, l’uomo ha sempre trovato strane giustificazioni per questa violenza carnivora nei confronti degli altri esseri viventi. La pandemia mi ha insegnato come bisogna cogliere qualunque momento, attimo che mi si presenta davanti. E perché non coglierlo, se c’è il rischio che possa non ripresentarsi?


Titolo: Dietro la maschera
Autore: Pasquale Dente
Casa editrice: Selph pubblishing
Prezzo: 12, 50 €
N° di pagine: 187
Trama: Dietro la maschera, un romanzo che rinnova e sorprende il panorama editoriale assumendo un titolo significativo e al contempo enigmatico, rappresentante la dolorosa realtà, che stiamo attraversando a causa della pandemia Covid 19. Un virus letale che sta mettendo in ginocchio tutto il mondo. L’autore dedica a questo buio periodo esistenziale e mondiale una storia con protagonista Lucia, a sua volta voce narrante, che lavora come infermiera e descriverà appunto l’ambiente professionale con profonda autenticità. Insieme a Lucia ci sono altri personaggi rappresentati da giovani ragazzi, suoi coinquilini, migrati come lei al nord Italia per cercare fortuna. La protagonista inizia a sentire il boom di notizie sull’espandersi del virus quando è in vacanza in Egitto, per poi tornare a casa e vivere direttamente sulla propria pelle tale inferno. All’improvviso il mondo di tutti cambia, soprattutto quello delle nuove generazioni e degli attuali giovani, che dovranno sacrificarsi per rinunciare alla vita sociale, ai divertimenti e anche agli abitudinari gesti ( carezze, abbracci, saluti, baci ) tra amici e familiari. Mascherine, guanti e gel igienizzante diventeranno i continui compagni della vita di tutti i giorni. Il titolo fa un evidente richiamo alla vita che si cela dietro la mascherina chirurgica, con amori incompresi, amicizie, e paure varie che non trapelano oltre questo pezzo di stoffa. Il finale a sorpresa è un evidente messaggio lanciato dall’autore che vuole far riflettere il suo pubblico.

martedì, giugno 22, 2021

Due chiacchiere con l'autore: Antonio Scotto Di Carlo

La rubrica Due chiacchiere con l'autore non vedeva gli albori da oltre due anni. L’ultima intervista risale a quella che io e un’altra autrice emergente, Ilaria Vecchietti, ebbimo sul finire della lettura del suo ennesimo figlio di carta. Il problema è che, da quant’è che il blog è in vita, le interviste agli autori emergenti hanno scarseggiato sempre più. Con gli anni, le mie letture non hanno più valicato la soglia del possibile, stabilendo un certo limite su ciò che era giusto e ciò che era sbagliato, come un primo passo per scrutare a fondo la mia anima: comprendere chi è la lettrice che riposa in me. Mi sono categoricamente rifiutata di deporre le armi e voltare le spalle a quella povera cerchia di autori sconosciuti che avrebbero bussato alla mia porta, nonostante di occasioni non ce ne siano state da lungo tempo, ma la vita continua a tendermi imboscate e sorprese repentine cui non so quale atteggiamento porre. Con Antonio Scotto Di Carlo, tuttavia, avevo già famigliarizzato in passato, e con l’occasione di leggere il suo romanzo la tentazione di intervistarlo fu davvero forte e impossibile da soddisfare. E fu così, che dopo tantissimo tempo, quella strana, indefinibile accozzaglia di storie di tutti i colori, che in comune hanno il sogno di scrivere, come rimborso personale della propria anima, quello riguardante il tempo sfruttato nello scrivere, ho voluto restare in sua compagnia per qualche altro giorno. Il destino ha voluto così, e il mio compito era quello di portare a buon fine l’intervento dell’autore, affinché fosse soddisfatto. Ed in un certo senso lo sono anche io, che accolgo con soddisfazione e gratitudine quella cerchia di autori che spendono qualche minuto del loro tempo a soggiornare in questo salotto virtuale.

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1) Ciao, Antonio! Bentornato su Sogni d'inchiostro! E' davvero un piacere riaverti qui …Prima di dare il via all'intervista, dicci, chi è Antonio nella vita di tutti i giorni?

Ciao, Gresi. Piacere mio di averti ritrovata J Dunque, chi è Antonio nella vita di tutti i giorni… È un tizio mite che non si prende troppo sul serio.


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2)Da dove nascono i tuoi romanzi, e cosa ti ha spinto a scrivere Cannibali moderni?

È stato il rispetto per il lettore a generare il bisogno di inventare la tecnica narrativa con cui l’ho scritto. Nei romanzi, soprattutto nei thriller, l’autore spesso bara per evitare che il lettore comprenda il mistero prima della fine. “Barare” vuol dire: far parlare/agire un personaggio in maniera incongruente, tralasciare dettagli-chiave, ignorare l’ovvio qualora l’ovvio incanalasse la storia su binari indesiderati e, nei casi peggiori, mentire al lettore. Siccome il mio protagonista lo sa se è innocente o colpevole, sarei dovuto ricorrere anch’io a uno di quei mezzucci per lasciare il lettore nel dubbio. Allora ho preferito farmi da parte come narratore, così avrei evitato di scrivere dei pensieri del protagonista. L’ho lasciato semplicemente parlare, in modo che il lettore possa decidere da solo se “l’ha fatto” o “non l’ha fatto”. In questo modo nessuno potrà accusarmi di aver barato. Al massimo, si potrà accusare qualche personaggio di aver mentito. Ma a loro questo è concesso.

domenica, giugno 20, 2021

Gocce d'inchiostro: Il casolare Amaranto - Annalaura Litterio

Accogliere autori stranieri in questo piccolo salotto letterario mi induce quasi sempre ad accettare proposte letterarie piuttosto interessanti. Mi vengono proposte delle storie, degli incontri che in compagnia di svariati personaggi mi concedono l’opportunità di vivere esperienze illuminanti. A distanza di qualche tempo, questo mese di giugno mi vide impegnata ad accettare più di una proposta di opere di autori emergenti. A ogni passo che compio nel mondo della letteratura straniera e dei classici, la vita mi offre qualcosa di speciale la cui provenienza è per me sconosciuta ma capace di guarire o deliziare nel loro caldo abbraccio. Annalaura, una ragazza che ho << conosciuto >>  su IG, che a mia discolpa come autrice era del tutto sconosciuta, ebbe fra un discreto numero di lettori la mia attenzione che nel giro di una manciata di giorni si ridusse nel piacere di convolare fra le pagine di una storia semplice ma profonda e romantica, centellinata e raccontata come una barba di fili sottilissimi, ottimi, i quali fanno parte di una pannocchia di granturco matura e godibile. Questo per dire, che nonostante la mia naturale diffidenza che generalmente nasce da questo tipo di situazioni, il romanzo di Annalaura mi ha colpita moltissimo. Ha costruito attorno alla mia anima un alveare da cui mi sono rifugiata dagli assalti esterni della monotonia, della routine, crescendo, respirando vicino al mio cuore.
Titolo: Il casolare Amaranto
Autore: Annalaura Litterio
Casa editrice: Youcanprint
Prezzo: 13 €
N° di pagine: 180
Trama: Luckas, giornalista affermato, è un uomo appagato e sicuro di sé almeno sino a quanto non incrocia sulla sua strada Clara, una giovane ed esordiente pittrice, una donna enigmatica e dal forte carisma. Tra i due si innescherà uno strano gioco fatto di ripicche, dispetti e sciocche rivendicazioni che sfocerà in un amore travolgente e appassionato ma Clara è sposata con un russo emigrato in Italia dedito alla contraffazione d’opere d’arte e ritenuto una sora di “Padrino” nel traffico degli affari illeciti. Sarà proprio il timore verso quest’uomo che li porterà a consumare il loro amore di nascosto ma sarà proprio la forza di quest’amore che li convincerà, successivamente, a uscire allo scoperto. Da quel momento in poi, per i due amanti, nulla sarà più come prima, le loro vite cambieranno per sempre e con esse anche il loro destino.

venerdì, giugno 18, 2021

Reliquie inesplorate: romanzi famosi che non ho ancora letto

Mi chiedo i motivi per cui mi trovo nuovamente a qui a parlare di libri… beh, che domande?!? Qui si parla solo di libri. Si vive per i libri e di libri. Durante il corso della mia esistenza però, come credo accada a gran parte dei lettori, mi è capitato di essere affetta da una strana fame: quello dell’acquisto compulsivo capace di farmi perdere la ragione. Rendono le mie giornate più soleggiate e luminose. Prometto sempre a me stessa che dovrei smettere… ma è più forte di me. È un circolo vizioso da cui so non ne uscirò mai più. Finchè avrò vita. La storia si ripete quasi sempre.


Chiedo a voi lettori se questa fame di cui parlo è una << malattia >> di cui io non riesco a guarire. Lo so per certo. Sto così bene in mezzo ai libri, al profumo di carta appena stampata. Perché dovrei far cessare tutto ciò?!? Ma come ogni cosa nella vita, ad un’azione corrisponde una reazione e di reazioni, nel corso del tempo, ne ho subite: ho accumulato un discreto numero di romanzi ancora da leggere. Quelli citati rappresentano nemmeno la metà della gigantesca pila che compongono gli scaffali delle mie librerie. La ragione è quella che, nel momento in cui quell’autore o quell’autrice mi chiama, la vita in se smorza questo mio interesse. Ma tutto ciò funge da espediente per stimolarmi a proseguire imperterrita nel mio intento: smaltire e leggere più romanzi possibili. Di romanzi non se ne ha mai abbastanza. Succede sempre che finisco per fare promesse a vuoto, ma mi piace credere e combattere – anche se invano – per crederci. Un buon modo per attutire i possibili acquisti impulsivi, ma forse anche una risposta a quel naturale desiderio di giustizia e armonia che risiede in me.


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Titolo: La valle dell’Eden
Autore: John Steinbeck
Casa editrice: Bompiani
Prezzo: 15 €
N° di pagine: 762
Trama: Nel paese di Nord, a est del giardino dell’Eden, dove la progenie di Caino andò a vivere secondo la leggenda biblica e che nel romanzo di John Steinbeck corrisponde simbolicamente alla valle percorsa dal fiume Salinas nella California settentrionale, si intrecciano le storie di due famiglie, gli Hamilton e i Trask. Protagonisti della saga, che va dalla Guerra civile alla Prima guerra mondiale, da una parte il vecchio Samuel Hamilton, immigrato dall’Irlanda; e, dall’altra, Cyrus Trask insieme ai figli Adam e Charles, e ai nipoti Aron e Caleb, gemelli nati dalla misteriosa Cathy Ames, reincarnazione di Eva e di Satana allo stesso tempo, emblema del male nel mondo, con il quale tutti nel corso della lunga vicenda devono misurarsi.

 

mercoledì, giugno 16, 2021

Gocce d'inchiostro: Cannibali moderni - Antonio Scotto Di Carlo

Certi eventi, situazioni o incontri del passato si ripercuotono nel presente come un fulmine a ciel sereno, come un lampo di gioia che ti induce a seguire dei fili che ti conducono poi da qualche parte.
Una varrebbe l’incontro con un amico di penna che qualche anno fa accolsi in questo salotto virtuale. Uno scrittore esordiente ma talentuoso e grintoso, che ha sfornato romanzi come mostrando una collezione alquanto ricca di dischi o fotografie, autore di cui tanto tempo fa mi indusse a divorare un’opera che omaggiava la musica classica e soprattutto Beethoven. Giunto nel mio personalissimo cerchio, in un momento imprecisato della mia vita, ignara di ciò che il mondo classico mi avrebbe riservato, nel giro di una manciata di giorni divenuto quell’amico più caro cui mi rifugiavo senza alcuna esitazione. Aveva ottenuto il monopolio della mia attenzione,  proprietario delle stanze polverose del mio animo che ancora oggi, seppur meno accogliente a quel genere di letture che io reputo inospitali, resta quel luogo più adatto per conservare certe storie. Recentemente aveva ospitato una bella storia, un bel thriller di quattrocento pagine, che dopo aver valicato i confini della meravigliosa brughiera di cui ci parla Hardy, costruito una città immaginaria del Wess, tessuta come un sogno che immutato nel suo remotismo, stabilisce un contatto tra ciò che è arcaico e ciò che è tragico.
Quella di Cannibali moderni, tuttavia, è una storia che ho impiegato una manciata di giorni per terminarla, e che dietro quella parvenza di tranquillità si cela la storia di un’allegoria, quella di un uomo, Miki, aspirante attore, e Don Cristo, facoltoso pensionato e del loro rapporto << complicato >> in un regime totalitario e refrattario. In una tela dipinta come un analisi attenta ma non priva di difetti, ma espediente per cogliere significati che assumeranno contorni più netti, attuali e veritieri.


Titolo: Cannibali moderni
Autore: Antonio Scotto D Carlo
Casa editrice: Youcanprint
Prezzo: 18, 90 €
N° di pagine: 440
Trama: “Le trame dei thriller sono più o meno tutte basate sul medesimo canovaccio: una storia, un crimine, un’indagine e una promessa di sorpresa alla fine. Sappi, lettore, che questo romanzo – in cui vengono privilegiati gli aspetti psicologici e legali all’azione – rientra nella norma. Di solito, attraverso prospettive, montaggio e trucchi vari, il narratore si scervella per istradarti, depistarti e confonderti, tutto nell’auspicio di donarti delle emozioni. In quanto narratore di questa storia, io ho pensato di agire diversamente. Vale a dire, di togliermi dai piedi. Ti lascerei dunque coi miei personaggi. Qualora ti interessasse sapere cosa combinano, lo apprenderai da loro stessi. Ma bada: siccome mi assento, non ti fornirò le chiavi delle loro menti. E dato che non ti conoscono, certo non te lo forniranno loro. Per cui puoi scordarti di usufruire della canonica licenza concessa al lettore di ficcanasare tra i pensieri e nei cuori dei protagonisti. Conrad diceva che si deve scrivere solo metà del libro e che dell’altra metà si deve occupare il lettore. In questo caso, ho dato ancor più spazio al lettore”. ( L’autore )

lunedì, giugno 14, 2021

Mid year check in booktag: bilancio di metà anno

Mi domando quando su Sogni d’inchiostro sia comparso l’ultimo booktag. Ora che ci penso, è trascorso qualche tempo. Distanziò in un piccola fenditura, e lì vi stette. Era un booktag molto carino che sciorinava alcune curiosità riguardanti la lettura e le mie abitudini.
Quest’oggi, tuttavia, è nata nuovamente l’insana idea di riproporlo affinchè potesse dare una ventata d’aria fresca a recensioni chilometriche e pensieri sparsi a caso. Cadono numerosi progetti, che mi impongo a perseguire e un bel vento umido entra nella casa della mia coscienza attraversandomi completamente. Pensandoci, da quant’è che siamo stati condannati a una vita di limitazioni e timori vari, non si è respirata più quella leggerezza di quei tempi. L’ultimo caso risale antecedentemente a tutto, quando non si conosceva le sorti di questo destino crudele. Fortunatamente, come ogni cosa nella vita, stiamo ripartendo. Stiamo crescendo, migliorando. Giorno dopo giorno vengono ripristinate, sempre più solide e concrete. E da ciò è nata l’idea di abbracciare questo << nuovo >> booktag, che poi tanto nuovo non è, che decreta un periodo intenso di letture e svela anche qualche curiosità che mi riguarda. Nel giro di una manciata di minuti siamo giunti a metà anno. La ragione qual è? Nessuna. La vita stessa che ci ruba, o regala a seconda dei casi, attimi che scorrono via come la scioglievolezza dei sogni, incontri/ scontri che improvvisamente frantumano la nostra pace interiore, attimi di felicità fugace o duratura che in un modo o nel’altro ci rendono migliori di quel che siamo.


Quale romanzo hai apprezzato maggiormente, sino a ora?



Da quant’è è iniziato l’anno ho avuto la fortuna di imbattermi nella lettura e nella conoscenza di uno e più romanzi, che si sono rivelati a dir poco meravigliosi. Recentemente, la storia del disgraziato orfano Oliver Twist, quella moralista di Middlemarch e l’amore dolce e ingenuo dei protagonisti di Heartstopper.

sabato, giugno 12, 2021

Gocce d'inchiostro: Il primo trombettiere - Thomas Hardy

Le storie di Thomas Hardy sono per me come una miniera. Un tesoro vasto di immaginazione, un posto in cui farei perdere completamente le mie tracce o seguire un districabile file che porta sempre a tante belle storie.
Tra una di questi è venuta fuori quella de Il primo trombettiere. Una mattina di metà primavera mi vide recarmi nella libreria più vicina della mia città, e fra gli scaffali stracolmi della libreria più vicina mi venne mostrato questo romanzo, praticamente sconosciuto che ho eretto quasi un santuario magico in suo nome. Osservato, studiato a fondo, nel giro di qualche giorno divenuto quell’amico cui avrei potuto contare in qualsiasi momento della mia vita. Oramai Thomas Hardy detiene il monopolio di ciò che animano i miei sentimenti ed è ancora proprietario di ciò che mi si agita dentro, nonostante abbia concluso la lettura qualche giorno fa, rendendo la mia vita più bella di quel che è. In questo romanzo ci si adopera a soggiornare in un paese prostrato dalla minaccia napoleonica, i cui timori dei cittadini coincide con il senso di destabilizzazione e impasse che aleggia tutt’intorno, sopra le nostre teste, come una cappa fin troppo spessa. Parecchio somigliante a un trattato storico, all’insegna dell’illogicità, dell’incoerenza, delle relazioni messe continuamente a repentaglio.
Che dire, dunque, se non esaltare quella che è una delle principali e fedeli impressioni letterarie e storiche di un uomo appassionato di storia, ateo ma precursore di uno sconvolgimento morale e politico/sociale in cui inconsapevolmente si aspira a qualcosa che disgraziatamente non è possibile ottenere? Una storia lunga dietro cui si cela un lavoro essenzialmente pregevole e realistico la cui veridicità di certi eventi non cozza con quella degli eventi storici ma conferisce un quadro essenzialmente somigliante.


 

Titolo: Il primo trombettiere
Autore: Thomas Hardy
Casa editrice: Robin
Prezzo: 20 €
N° di pagine: 450
Trama: “Il primo trombettiere”, pubblicato nel 1880, è l’unico romanzo storico di Thomas Hardy. L’eroina, Anne Garland, è desiderata da tre pretendenti. John Loveday, il primo trombettiere di un reggimento britannico, onesto e leale; suo fratello Bob, un marinaio inaffidabile; e Festus Derriman, il codardo nipote del possidente locale. La storia si svolge a Weymouth durante le Guerre Napoleoniche. La città temeva allora la possibilità di un’invasione da parte di Napoleone. Dei due fratelli, John combatte con Wellington nella Guerra della Penisola, e Bob milita con Nelson a Trafalgar.

giovedì, giugno 10, 2021

Una porta tra le parole: Tenebre e ossa

La saga di Tenebre e ossa, il primo volume perlomeno, ha stanziato sugli scaffali della mia strapiena libreria per qualche tempo. La storia sembrava apparentemente usuale, con lotte al potere per la sopravvivenza e amori repentini che sfociano poi in catastrofi. Leigh Bardugo mi ricevette nel suo salotto virtuale l’anno scorso, con la letture del celeberrimo La nona casa. Stette seduta dietro una scrivania con uno scaffale pieno di libri. La sua anima era racchiusa nei romanzi che scrive; asciutta, inconfondibile, imperscrutabile. Ma elegante, che sviscera storie apparentemente semplici e banali ma che tengono su un mondo di straordinaria bellezza che qualche anno fa avrei detto che avrei voluto viverci. La sua presenza forte e costante nel mondo dello young adult, e non solo, che trascende qualunque limite d’età o palati più fini che gli si pongono dinanzi.

Nell’aprile di quest’anno, l’idea di scoprire più a fondo questo suo mondo descritto con la trasposizione televisiva, dondolò continuamente nella mia testa per punteggiare la sua esposizione. Quella del mondo dei Grishaverse, un mondo a se discostante e distante da quelli odierni e vissuti, perlomeno da me, che batte qualunque remora  o pregiudizio se abbracciare o meno questa tipologia di romanzo.
Ci si ferma a riflettere, guardarsi intorno e a lungo non sapendo effettivamente niente di cosa nasconda questo luogo oscuro, fumoso e appiccicoso come colla, ma che mediante alcuni dati propinataci dall’autrice, con belle copertine disegnate dai colori e le sfumature scintillanti, c’è un guazzabuglio di situazioni o eventi da cui è impossibile non farsi travolgere. La serie televisiva, per il momento, ha soddisfatto il mio palato << poco comune >>. Con i romanzi, perlomeno col primo, nutro ancora qualche reticenza.

Non so ne ho idea di cosa possa riservarmi il futuro. Certamente attendo con impazienza di scoprire cosa succederà al Grigio, quale decisioni prenderà atto Alina, se il suo essere un Evoca Luce è motivo di scompiglio di faide sempre più forti e sanguinose o implosioni al raggiungimento della vittoria. Non so proprio cos’aspettarmi, e pur quanto talvolta sia tentata a soddisfare questa insana curiosità con la lettura del romanzo quel giorno non è ancora giunto. La mia mente non si ferma mai, è sempre in movimento e odia stanziare per più del previsto in un luogo che su carta non ha sortito niente più di un gradevole passatempo. Ma è in questi periodi, in questi momenti che comprendo come talvolta si è in balia del destino. Non avere niente a che fare nel scegliere cosa è giusto o sbagliato.
Una ragazza in lotta per la sua sopravvivenza e di chi la circonda. Concentrata esclusivamente su ciò che è necessario e ciò che non lo è.
Quali sono i dettagli, chi popoleranno i prossimi episodi, quali saranno i ruoli che queste figure contorneranno nel tutto, combattono lotte impari e senza senso, anime dannate ma inquiete che camminano lungo la riva dell’assurdo, uomini forti e coraggiosi che innalzeranno la loro bandiera della pace finchè qualcosa non andrà al proprio posto. Com’è andata? Semplice. Alina sarà sola nel combattere questa battaglia. Perché? Perché nessuno potrò aiutarla, nessuno potrà comprenderla. L’Oscuro l’avrebbe ammazzata. Nonostante i continui ma vani tentativi di sapere chi è e da dove proviene. Tornerò nuovamente lì, non appena saranno pubblicati i volumi successivi, ed finalmente scoprirò ogni cosa.

Mentre ripongo queste poche righe, vedo ciò che avrei voluto vedere. Tenebre e ossa è un fantasy per giovani ma anche adulti che in un certo senso è una boccata d’aria fresca in una landa deserta ma mite. Una buona occasione di rievocare il ricordo della Bardugo e custodirlo gelosamente, trasformando così l’idea di partenza che si trattasse di qualcosa che non potesse andare al di là del semplice intrattenimento, poiché zeppo di sofferenze, solitudine, allontanamenti, sacrifici che saranno così terribili, così mostruosi, così inesorabili e abbondanti che per lenirli ci sarebbe voluto un miracolo.
E per tutto questo tempo, per tutta la durata delle otto puntate, ho indugiato, piegata in due, destabilizzata in mezzo alla strada, impedita a poter combattere e affrontare qualunque impurità o avversità.

martedì, giugno 08, 2021

Gocce d'inchiostro: Veronica e il diavolo. Storia di un esorcismo a Roma - Fernanda Alfieri

Di romanzi storici che detengono il tema della possessione non avevo mai letto niente. Ora che mi sono approcciata a Fernanda Alfieri credo proprio che approfondirò certi suoi argomenti con la lettura di altri romanzi, anche se oramai è divenuto un rito quello di celebrare e salutare argomentazioni e tematiche a me sconosciute che in niente mi affascinano moltissimo; partecipo all’iniziazione di sortire quella determinata lettura senza dare peso a niente e nessuno. Recito una parte senza sapere né come né perché. Un arcobaleno dai colori impazziti.
Recentemente, affascinata da tale tema, mi recai fra le vecchie mura della capitale italiana, nel 1830, interessata a seguire passo dopo passo quali sarebbero state le modalità di sopravvivenza di una ragazza posseduta dal diavolo. Una di quelle rare occasioni in cui il sentimento prevale sulla ragione, e che fra le pagine del romanzo dell’autrice ho acquisito una notevole conoscenza di questa natura: le sue ricerche mi condussero fra le braccia di gesuiti e frati che impelagati nell’affannosa ricerca di rivelare verità sconcertanti e cocenti lasciano le loro abituali quotidianità per urbanizzarsi nell’estirpare questo male assoluto rivelando dalle maglie dell’oblio la più cocente verità. Molti studiosi sono morti tramandando segreti che nessun giovane ha mai veramente appreso. Dopotutto il sapere serve anche a questo, quando si crede di vedere ciò che abbiamo dinanzi ai nostri occhi ma che in realtà non vediamo. Fernanda Alfieri se ne fece un cruccio, e scomparendo dal mondo odierno, estrapolò quelle giuste conoscenze che strada facendo si sono perse; la cultura a questo proposito è un bellissimo trampolino di lancio. Osservando il tutto come se avesse deciso di trapiantare il suo tempo come un albero in modo che attecchisca bene, tagliarlo finemente affinchè il legno di cui è costituito possa essere intagliato.

Titolo: Veronica e il diavolo. Storia di un esorcismo a Roma
Autore: Fernanda Alfieri
Casa editrice: Einaudi
Prezzo: 21 €
N° di pagine: 376
Trama: E’ il 23 dicembre 1834 quando due gesuiti bussano a una porta di via Sant’Anna. Sono stati chiamati al capezzale di una giovane donna << ritenuta ossessa >>, Veronica Hamerani, per liberarla dagli assalti del demonio. Inizia così questa vicenda inquietante, di cui la storica Fernanda Alfieri compie un’accuratissima ricostruzione partendo dal ritrovamento di un manoscritto nell’Archivio generale della Compagnia di Gesù. È il diario che gli esorcisti hanno tenuto durante i mesi in cui si è protratto il rito: non solo è un racconto disturbante, in cui il “diavolo”, tra violenti improperi e battute in romanesco, prende direttamente la parola, ma è anche la testimonianza straordinariamente viva delle tensioni di un’epoca. Da una parte lo sguardo della Chiesa, la convinzione che il Maligno abbia preso possesso del corpo della ragazza e la volontà di riportarlo, quel corpo, sotto il proprio controllo; dall’altra quello della medicina che vede le convulsioni di Veronica come una malattia curabile, l’isteria. Dall’anziano padre Kohlmann, che aveva attraversato i continenti, fuggendo dalla Francia in Rivoluzione e approdando, attraverso l’impero russo, negli Stati Uniti, e ogni volta vedendo il mondo, il suo mondo di antico regime, distrutto da un tempo presente ingovernabile; al giovane malinconico padre Manera, il più colto e dubbioso ( e se la ragazza stesse solo fingendo? ) E poi i medici, la famiglia, il Vaticano, la Roma papalina, tesa tra la superstizione e la modernità, fra la chiusura e il cosmopolitismo. Tutti sguardi e volontà di controllo che si stringono intorno al corpo di Veronica. Lo scrutano, lo misurano, lo interpretano. Lo zittiscono.

domenica, giugno 06, 2021

Gocce d'inchiostro: Trilogia della nebbia e Marina - Carlos Ruiz Zafon

I romanzi di Zafon sono comparsi in questo salotto virtuale, fra i meandri di un piccolo angolo di Paradiso mancato, con una certa frequenza, in questi ultimi tempi, non dicendo nulla di quel che è stato già detto, ma non mi sorprende affatto. Molto di ciò che sono, di quel che scrivo, lo devo in buona parte a Carlos Ruiz Zafon; il suo incommensurabile amore per la letteratura lo devo a lui, e qualcosa che l’umanità ha imparato ad amare con l’irrimediabilità del Caso. La sua scomparsa prematura ha lasciato dietro a se un solco profondo che non potrà rimarginarsi tanto facilmente, almeno per quanto mi riguarda, e ad ogni nuovo anno decido di accogliere l’esperienza di tornare nella Barcellona degli anni ’40 per riscoprirlo ancora una volta. E così, ecco spiegato i motivi per cui almeno una volta l’anno, non rifiuto questa bellissima esperienza. Quest’oggi è toccato non uno bensì quattro romanzi, rivestiti questa volta in questa bellissima copertina, dai toni sgargianti e seducenti, ma mai distanti dalla magia, dal potere dei sogni, dell’amore per i libri e la letteratura che tengono in ordine il mondo. La cosa che più mi piace delle riletture è quella di ritornare in posti che ho amato intensamente. Da lontano, non penseresti ne ora ne mai che a distanza di qualche tempo o di anni potremmo tornare a visitare quei luoghi che, in un modo o nell’altro, hanno lasciato un segno del loro passaggio. Poi ti ritrovi dinanzi a una casa vecchia e scricchiolante, di un ragazzino amante dei libri e della buona scrittura, di un segreto sussurrato dinanzi alle soglie del tempo, un correlaio di personaggi dilaniati da un passato insopprimibile su cui si sono affacciati anime dannate che vagano lungo la riva dell’assurdo. Forse non particolarmente visibili, ma che tengono su un meccanismo sofisticato e bellissimo che è un incanto. Un arabesco di parole, immagini, suoni che una volta sedimentato nella nostra anima non svanirà tanto facilmente.

Titolo: Trilogia della nebbia
Autore: Carlos Ruiz Zafon
Casa editrice: Oscar Mondadori Vault
Prezzo: € 25
N° di pagine: 468
Trama: Una casa sulla costa atlantica spagnola; la misteriosa India; un faro in Normandia. Sono gli scenari dei primi tre romanzi dell’autore dell’autore de L’ombra del vento, destinati a un pubblico di giovani di adulti, riuniti in questo volume secondo le intenzioni dell’autore. Atmosfere gotiche, trame mozzafiato e personaggi che si imprimono indelebili nella memoria dei lettori.

venerdì, giugno 04, 2021

Gocce d'inchiostro: Un altro giro di giostra - Tiziano Terzani

Tornare in un luogo in cui vi ho risieduto tantissimi anni fa, è uno dei tanti rituali di cui quest’anno sono più avvezza. Sto rispolverando letture, romanzi cui vi feci piede quando percorrevo i corridoi delle aule scolastiche. Ci sono stati uomini che piangevano disperati alle soglie di un tunnel di cui non vi è alcuna via d’uscita, donne che approfittano di un mero sprazzo di felicità per redimere la propria anima, tornando persino sui loro passi. Il bello dei romanzi, per quanto mi riguarda, è che puoi tornare in qualsiasi luogo tu voglia quando ti pare e piace, con nient’altro che una penna e la tua agenda preferita. Le parole parlano, sussurrano ed io carpisco qualunque messaggio celato o mal celato fra le righe che romanzi come questo mi offrono. Fu il caso anche di questo romanzo, la cui rilettura ho rimandato per anni e di cui io stessa mi reputo responsabile del nostro incontro/ scontro. Queste pagine hanno funto da antidoto per chiunque, specie per chi è sprofondato in un limbo da cui non se ne scorge la luce, e mediante la preghiera, il viaggio come rifoncillazione terrena e non ci aiuta ad prendere quella giusta direzione.
Padrone di un tesoro di inestimabile bellezza, scovato tempestivamente in un epoca che sta avanzando in un lento declino, abile profanatori di teorie e critiche, desideroso di un'indipendenza fisica e morale che non tutti possiedono. Tanti, come me in questi ultimi giorni di Maggio metaforicamente parlando partono lasciandosi alle spalle una realtà che non soddisfa nella sua massima integrità. Tanti si sono lasciati alle spalle monumenti, tombe, leggende, ricordi bellissimi e tantissimi fantasmi racchiusi in meno di cinquecento pagine che oggi altro non sono che un viaggio sulla vita. Gran belle esperienze di vita nelle quali sono molto pochi coloro che vi vogliono abitare e posti in cui non si è mai soli.
Ogni sera tra le rovine di un cuore giovane racchiuso nella gabbia toracica di una massa di carne instabile e alquanto malconcia ho visto la sagoma di un maestro, un uomo la cui anima ha aderito perfettamente alla mia. Lui era un giornalista, un aviatore, uno studioso. Io una comunissima ragazza messinese, amante dei libri e della buona letteratura. Fummo scoperti amanti dell'arte del leggere e dello scrivere e da allora il nostro incontro fu come una condanna. Amore, vita, speranza e abbandono in una passione continua.

Titolo: Un altro giro di giostra
Autore: Tiziano Terzani
Casa editrice: Tea
Prezzo: €10
N° di pagine: 578
Trama: Viaggiare è sempre stato per Tiziano Terzani un modo di vivere e così, quando gli viene annunciato che la sua vita è ora in pericolo, mettersi in viaggio alla ricerca di una soluzione è la sua rispostra istintiva. Solo che questo è un viaggio diverso da tutti gli altri, e anche il più difficile perché ogni passo, ogni scelta – a volte fra ragione e follia, fra scienza e magia – ha a che fare con la sua sopravvivenza. Strada facendo prende appunti. Da una lunga permanenza d New York e poi in un centro “alternativo” della California nasce un ritratto inquietante dell’America. Da un lungo girovagare per l’India, compresi tre mesi passati da semplice novizio in un ashram, sempre in cerca di qualcosa o qualcuno che possa aiutarlo. Terzani arriva ad una visione di quel che di più profondo questo paese ha da offrire all’uomo: la sua spiritualità. Ogni cultura ha ul suo modo di affrontare i problemi umani, sepcie quelli della malattia e del dolore. Così, dopo essersi interessato all’omeopatia, Terzani si rivolge alle culture d’Oriente sperimentando sulla propria pelle le loro soluzioni, siano esse strane diete, pozioni di erbe o canti sacri. Medicina tibetana, cinese, ayurveda, qi gong, reiki, yoga e pranoterapia sono fra le sue tappe. Alla fine il viaggio esterno alla ricerca di una cura si trasforma in un viaggio interiore, il viaggio di ritorno alle radici divine dell’uomo.

mercoledì, giugno 02, 2021

Le TBR: richiami dell'anima 2°

La mia vita quotidiana, negli ultimi tempi, è piena di piccole luci che impediscono di vederne una più grande delle altre. Il campo della mia mente, seppur vasto e ricco di temi e argomentazioni, talvolta si restringe impressionantemente. Così come si è ristretto il tempo che ho a disposizione. Il lavoro, che ringrazio Dio posseggo ancora, una vita frenetica scandita da un regolare tic tac, fortunatamente acquietano alcuni di quei malanni dell’anima, ma mi fanno prendere consapevolezza che in ambito letterario riducono quelle possibilità di leggere senza che quella determinata esperienza di lettura sortisca alcun effetto. Non mi piace perdere tempo dietro a quelle letture che, alla fine, non coincidono con la mia anima o con le mie preferenze. Ed è così che per la seconda volta di fila, ho pensato di restringere il numero di letture e propositi letterari con l’ennesima TBR. Il mese che ci siamo appena lasciati alle spalle, mi ha visto rispettarla adeguatamente. E per come andrà a finire questo quinto mese dell’anno, sinceramente non lo so, ma che in un certo senso mi dovrebbe aiutare ad essere preparata. A non cogliermi alla sprovvista, e perseguire nei miei scopi.





Titolo: Evelina
Autore: Fanny Burney
Casa editrice: Fazi
Prezzo: 20 €
N° di pagine: 535
Trama: Evelina, figlia non riconosciuta di Lord Belmont, viene allevata in campagna sotto le amorevoli cure del reverendo Villars. a diciassette annu, invitata da alcuni amici a Londra, viene introdotta alla vita mondana e ai divertimenti dell'epoca. Ed è proprio durante una festa da ballo che la giovane conosce Lord Orville, uomo nobile e saggio. Il rapporto tra i due, condito da inevitabili incomprensioni ed equivoci, attraversa tutte le tappe dell'interesse, dell'amicizia e, infine, dell'amore. In parallelo, scorre la travagliata vicenda del riconoscimento legale di Evelina da parte di Lord Belmont. Esortata dal suo benefattore, Mr Villars, alla prudenza e al giudizio, ma anche alla forza d'animo e alla fermezza, Evelina matura una visione del mondo più consapevole e si avvia alla scoperta di se stessa e, finalmente alla felicità. 
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