Sensibile, delicato, tragico, appassionato, struggente come un
romantico tramonto, passionale. Terribilmente poetico, dolorosamente sentito,
un romanzo che è uno specchio nello specchio. Il riflesso di ogni bellezza
nascosta nel mondo che, nell'istante in cui la sua identità è stata
strappata via, ho assistito ad un lungo ed insano pellegrinaggio brillare
come una stella. Un fulgore che ha illuminato l'intero universo. L'essenza
stessa della materia, la forza che lo lega allo spazio e al tempo, e che piega
le leggi del cosmo.
Come il Robinson Crusoe di Defoe,
imbarcandosi in un viaggio che lo porta alla scoperta della sua identità. A
bordo di un'altalena che prima lo trascina sulle vette dell'esaltazione e poi
lo fa affondare negli abissi della disperazione.
Titolo: Siddharta
Autore: Hermann Hesse
Casa editrice: Adelphi
Prezzo: 12 €
N° di pagine: 198
Trama: Chi è Siddharta? È uno che cerca, e
cerca soprattutto di vivere la propria vita. Passa di esperienza in esperienza,
dal misticismo alla sensualità, dalla meditazione filosofica alla vita degli
affari, e non si ferma presso nessun maestro, non considera definitiva nessuna
acquisizione, perché ciò che va cercato è il tutto, misterioso tutto che
si veste di mille colori cangianti. E alla fine quel tutto, quella ruota delle
apparenze rifluirá dietro il perfetto sorriso di Siddharta che ripete il
'costante, tranquillo, fine, impenetrabile, forse benigno, forse schernevole,
saggio, multirugoso sorriso di Gotama, il Buddha, quale egli stesso l'aveva
visto centinaia di volte con venerazione'.
La recensione:
Nella realtà non esiste quella cosa che
chiamiamo imparare. C'è soltanto un sapere che è ovunque, che è Atman, che è in
me e in te e in ogni essere. E così comincio a credere: questo sapere non ha
nessun peggiore nemico che il voler sapere, che l'imparare.
I sassi non se lo chiedono. Non se lo
chiedono nemmeno le piante. E neppure gli animali, che per molti versi sono li
esseri più vicini a noi in tutto il creato, sembrano domandarsi: <<Io ci
sono? Da dove provengo?>> Un coniglio non cerca di avere un opinione di
sé, un corvo non si arrovella a capire che cosa lo distingue da una mucca. Ma
l'uomo? L'uomo - come ci parla Herman Hesse in Siddhartha -, l'uomo si è sempre
interrogato sulla natura infruttuosa del suo essere. E da sempre è angosciato
dall'incertezza della riposta.
Questa domanda penso derivi dal numero di
esperienze che caratterizzano il nostro bagaglio culturale. L'uomo, come essere
animale, superiore e potente, si guarda attorno, vede il mondo e fa alcune
ponderazioni. La prima è che tutto ciò che vede è fuori da lui. Il mondo gli
appare come indistinto, lontano a sé, come qualcosa a cui è stato costretto a
separare. Infinitamente più grane di lui, si sente fiero, violato, vulnerabile
come una piccola onda che, intimorito dalla vastità dell'oceano, sogna soltanto
di essere un'onda più grossa, più maestoso per non essere schiacciato dalle
altre onde. E in questa percezione di due entità indistinte - l'uomo come
essere che vede e sente, e l'uomo come conoscitore di qualcosa a lui
sconosciuto - è radicata la perpetua insoddisfazione dell'uomo. La tristezza.
La solitudine.
Il mondo che lo circonda è stato messo
assieme in maniera così intelligente e perfetta che non può essere stato lui
l'artefice. Ma allora ci è il vero creatore? Ci dunque? E' così che si mette
alla ricerca di un Creatore, in cerca di un Dio, anche di qualcosa
necessariamente fuori di sé, capace di aver fatto l'intero universo, compreso a
se stesso.
E' così che è stata concepita la storia di
Siddharta. E' cosi che, viaggiatrice proveniente da una dimensione anni luce,
ho letto la storia che Hesse si portava dentro completamente fuori al mondo di
cui il romanzo è una filosofia di vita non fondata da nessuno, se non dallo
stesso autore, saggezza sedimentata attraverso un certo numero di esperienze.
Tanto meno ho considerato questo piccolo libriccino non tanto quanto una
storia, un romanzo, ma uno strumento in cui si cerca la conoscenza di sé; la
conoscenza dell' Io.
In Siddartha l'uomo finisce per restare
con una limitata visione di sé, proprio perché tutto ciò che la sua coscienza
percepisce è fuori dal suo Io, e perché l'uomo prende per realtà indiscutibile
questa distinzione fra sé e ciò che percepisce e conosce. Esattamente come fa
il protagonista di questo romanzo, che vede se stesso come qualcosa di lontano
e diverso da se. Piccolo grande uomo cresciuto mentre il sole bruniva sulle sue
spalle lucenti. Abile nel saper riconoscere, nella profondità del suo essere,
l'Atman indistruttibile con tutta la totalità del mondo. Sommerso da un
torrente di sogni e incubi, alla ricerca della fonte originaria del proprio Io,
di cui è necessario impadronirsene. Tutto il resto è ricerca, errore e
deviazione.
Il <<problema>> in questo
romanzo sta nel modo in cui lo si percepisce, e percepirlo, capirlo a fondo è
una grande soddisfazione: la soddisfazione di aver saputo leggere l'anima di un
essere solo e distinto separato da tutti gli altri. In un mondo variopinto,
raro, misterioso, in cui il cielo sembra fluire lentamente contro un fiume; fra
enigma e magia, muovendosi agile come una figura impregnata di luce.
Da quando il seme della scrittura ha
affondato le sue radici e ha cominciato a crescere, ho compreso come alcune
storie hanno bisogno di parole per essere raccontate. Se adoperate con
maestria, ti fanno prigioniero, ti si attorcigliano intorno alle membra come la
tela di un ragno e, se trascurate, si ammalano e muoiono ossessionandoci.
Trovarle nel momento giusto, specie se
bisogna parlare di un grande classico della letteratura inglese come quello di
Siddharta, è un impresa piuttosto ardua. Osservare lo schermo completante
bianco del pc e il cursore di word che continua fastidiosamente a lampeggiare,
ti costringe a rimanere soggiogato al punto da non riuscire a creare nemmeno un
semplice periodo e, solo alla fine, angustiata e affranta, aspetti in un
miracolo. In un illuminazione. In un barlume di speranza che ti desti da questo
strano stato comatoso.
Cancello frasi che non hanno senso se non
per me stessa, infastidita e confusa combatto come Don Chisciotte e i suoi
temibili mulini a vento. Dov'è finita l'ispirazione? Cosa me ne faccio io delle
parole, se in un momento come questo sembrano un dolce scherzo della natura,
inventate per fermarmi a creare un discorso logico, quando la voce nella mia
testa continua a essere assordante?
Quella di Siddartha avrebbe dovuto essere
una confessione, uno sfogo della mia anima sola e un po' malinconica che,
fuggendo in una realtà completamente diversa da quella attuale, avrebbe potuto
essere una breve pausa nel tormentare senza posa il mio spirito, effimero
stordimento contro l'insoddisfazioni insensate che talvolta ci riserva la vita.
Su una sfilza di figure simboliche che fanno parte di un paesaggio a cui si dà
una certa importanza, quella di Hesse avrebbe dovuto spiccare maggiormente. Ma
descriverne la meravigliosa e poetica essenza sarebbe a dir poco riduttivo.
Avrei dovuto oltrepassare i confini di una trama complessa, elevarmi in un
cielo pieno di stelle in cui persino le tenebre non riescono ad ammantare ogni
cosa, assistere alla scena di un ragazzo in piedi, immobile, col cuore colmo di
collera, d'incertezza, di compassione. Diventare vuota, vuota di fame, di pensieri,
di vita, di sogni, di gioie e dolori, lasciandomi andare a me stessa per non
cogliere più le gioie nascoste nel cuore. Mi sono sentita svuotata,
completamente aperta ai miracoli, quando ogni residuo del mio Io fosse superato
ed estinto. Entrando in un circolo di trasformazioni che hanno ucciso i miei
sensi. Sguscino fuori in mille forme estranee.
Nonostante abbia una sua struttura, questo
romanzo è un contenitore di ricordi e delicate riflessioni. Detriti trascurati
dalla memoria e dal tempo, incastonati in sfere di vetro come la neve che, una
volta scossi, permettono alla voce narrante di prendere vita.
Con una serie di ragionamenti che nascono
dall'esperienza di se stessi e del mondo, accompagnata dalla voce gracchiante
di un guru, sono stata catapultata fuori dal tempo e dallo spazio, con la
coscienza di un uomo solo e distrutto che imbocca la strada del pellegrinaggio,
Realtà che sta dietro alla coscienza ordinaria. Specchio che riflette un vuoto
raccapricciante che fa riscontro dal terribile vuoto dell'anima di chi legge.
Abbandonare il passato, avvolto come in un velo, infinitamente lontano,
infinitamente superato, infinitamente indifferente, una storia che ho accolto
centellinandola in ogni singola parola, tranquilla, aperta, in attesa di una qualche
forma di miracolo. Semplicemente ascoltando, affondano la mia vita nel cuore
del giovane protagonista, nei suoi affanni, in ogni sua ansia di sapere.
La maggior parte degli uomini sono come
una foglia secca, che si libra e si rigira nell'aria e scende ondeggiando al
suolo. Ma altri, pochi, sono come stelle fisse, che vanno per un loro corpo
preciso, e non c'è vento che li tocchi, hanno in se stessi la loro legge e il
loro cammino.
Valutazione d'inchiostro: 4
Ciao Gresi, conosco questo romanzo ma non l'ho letto: dalla tua recensione sembra denso di spunti di riflessione! Interessante...
RispondiEliminaCiao Ariel! Si è un romanzo davvero molto profondo, filosofico e sentimentale che se ti interessa te lo consiglio caldamente ;)
EliminaAvevo iniziato a leggerlo tempo fa, devo riprenderlo :)
RispondiEliminaTe lo consiglio caldamente! É molto bello ;)
EliminaMi sono sempre ripromessa di leggerlo, ma non mi sono mai decisa a comprarlo...
RispondiEliminaIo l'ho letto in e-book, Frances! Proprio perché timorosa di incappare in qualche delusione, che alla fine si è rivelata inutile ;)
EliminaL'ho letto anni e anni fa, al liceo, quando ero una divoratrice di tutto ciò avesse scritto Herman Hesse... dopodichè, l'ho prestato e non è più tornato indietro (ahi ahi ahi.. mai e poi mai prestare i libri...)
RispondiEliminaEppure, temo che se mi riaccostassi adesso a questo libro, faticherei ad entrare nello stile; non so come mai ma con gli altri libri di Hesse che ho provato a riprendere in mano a distanza di anni, mi è successo così.
Eppure lo leggevo e rileggevo, lo adoravo letteralmente!!
Ma il bello della lettura è anche quello, no? A seconda di come noi cambiamo, cambia il nostro approccio ai libri, e cambiano le emozioni che ci regalano...
Il bello dei romanzi é che, anche a distanza di anni, sortiscono un infinità di emozioni diverse.
EliminaMi spiace il romanzo non sia più tornato indietro. I romanzi sono sacri, e come tale debbono avere un certo rispetto :3
Bellissimo Siddharta uno dei romanzi che puoi leggere e rileggere senza stancarti mai. Ho adorato anche "Narciso e Boccadoro" che se non hai letto ti consiglio di leggere.
RispondiEliminaGrazie, Roberta! Non ho ancora avuto il piacere di leggerlo, ma seguirò il tuo consiglio ;) Siddharta mi ha affascinata davvero tanto, e ho il sospetto che la medesima cosa succederà con qualche altra sua opera :)
Elimina