Mi sono guardata attorno con gli occhi di un altro. Si sarebbe trattato di qualcosa dal sapore amaro, la cui faccia oscura e inquieta mi avrebbe fattp riconoscere e scoprire il bello ma dannato Dorian Gray.
E’ stato
dunque questo consumarsi lentamente fra la vita e la morte ad entrarmi sotto
pelle, a prendere un treno che si è impantanato in stazioni umide e soffocanti,
a pormi quel genere di domande che ancora la scienza non riesce a dare
risposta.
Titolo: Il ritratto di Dorian Gray
Autore: Oscar Wilde
Casa editrice: Feltrinelli
Prezzo: 7,50 €
N° di pagine: 261
Trama: Dorian Gray, un giovane di straordinaria bellezza, si è
fatto fare un ritratto da un pittore. Ossessionato dalla paura della vecchiaia,
ottiene, con un sortilegio, che ogni segno che il tempo dovrebbe lasciare sul
suo viso, compaia invece solo sul ritratto. Avido di piacere, si abbandona agli
eccessi più sfrenati, mantenendo intatta la freschezza e la perfezione del suo
viso. Poiché Hallward il pittore, gli rimprovera tanta vergogna, lo uccide. A
questo punto il ritratto diventa per Dorian un atto d’accusa e un impeto di disperazione
lo squarcia con una pugnalata. Ma è lui a cadere morto: il ritratto torna a
raffigurare il giovane bello e puro di un tempo e a terra giace un vecchio
segnato dal vizio.
La
recensione:
Ma
la bellezza, la vera bellezza, finisce là dove comincia un'impressione
intellettuale. L'intelletto è di per se un'ipertrofia che altera l'armonia di
un volto. Appena ci si mette a pensare, il volto si deforma e pare diventare
tutto naso, o tutto fronte.
La
mia pista prevedeva di immettersi sulla strada di una città bellissima ma
antica, nel punto in cui questa mi avrebbe fagocitato uscendo solo quando tutto
si sarebbe concluso. Con i mezzi di una scrittura graffiante, che mi ha scosso
in un certo modo, un mondo dominato quanto dall'ordine tanto dal caos, miliardi
di persone - peccatori o penitenti -, che a quanto pare hanno avuto qualcosa
anche per me, Wilde esamina in questo romanzo la logica delle passioni nella
sua più ardua stranezza e l'emozioni dell'intelletto in tutte le sue sfumature.
Si osserva quindi un punto, dove si incontrano, e un punto, in cui si separano,
giungono all'unisono ed entrano in disaccordo. Oramai il quadro era fatto. Qua
e là vi ho trovato pennellate di colori accesi, un certo stato d'idolatria, un
profondo sentimento d'amore per un Adone con il mantello da cacciatore e un
lucido spiedo.
Dal
retro di un ammasso di fogli, le figure che popolano questo magnifico quadro mi
fissavano con sguardi vuoti. Forse questo romanzo sarebbe stato utile come
sudario per i morti, avrebbe nascosto qualcosa che cova in sé corruzione,
morte, o qualcosa che avrebbe generato orrori, ma che non sarebbe mai morta. Le
passioni avrebbero trovato il loro temibile sfogo, i sogni avrebbero dato corpo
alle ombre della malvagità. In mezzo a tutto questo, un uomo aveva perduto ciò
che più ha apprezzato negli anni come il preludio della tragedia dell'anima di
un giovane artista.
C'è
stato un po' di trambusto, un certo senso d'immobilità e immortalità, fra le
numerose vicende. Incredibilmente, l'uomo doveva vivere la sua vita nella sua
totale pienezza, dargli una certa forma, esprimere i suoi sentimenti o
pensiero, realtà di ogni suo sogno. L'orribile condizione in cui sarà
invischiato il bel Dorian si mescolava con una certa riluttanza allo sfarzo,
alla bellezza, alla natura, pigiandosi negli interstizi in mezzo alla vita
infelice del protagonista o contro maggiordomi o amici curiosi e pungenti. Era
un connubio di cose, poco più che una decina di colori, in cui si insinuò la
convinzione che quella che avevo davanti era una storia con la s maiuscola e
che per qualche tempo io l'avevo abbandonata. Che non avessi più alcun
interesse per il piccolo Dorian? Irritata per essere stata così sciocca e
avventata, provocai la mia caparbietà a immergermi nella lettura di un romanzo
che avevo letto qualche anno fa e che ricordavo molto poco, spedita a scoprire
nuovi mondi. Poi però avevo cominciato a leggere …. e un sudario di
oppressione, sensi di colpa e peccati inviolabili si richiuse sotto la nube di
fumo dei miei pensieri.
Stavo
pensando esattamente questo quando Wilde mi afferrò per un braccio e mi fece
segno di seguirlo. Lo scompiglio generale che trasudava questo suo capolavoro
aveva coperto il rumore dei miei pensieri, ma era difficile vederli. Perlomeno
per le prime cinquanta pagine che mi avevano fatto giudicare Il ritratto di Dorian Gray come quel
romanzo che mi tenne compagnia per qualche giorno, e che sembrava si trattasse
del romanzo perfetto al momento giusto. Sbirciavo incessantemente la copertina,
accarezzavo il dorso, mi inondavo del profumo di carta stampata e inchiostro appena rovesciato, nonostante mi trovavo in
camera mia e di una visita da parte dello stimato Wilde non me l'aspettavo
proprio. Mentre avanzavo con curiosità e un certo interesse, accettai la sua
accoglienza senza guardarmi alle spalle, ed altresì con una evidente sfumatura
di sovrano ammaliamento, come un ragazzino che aspetta che il suo amato Babbo
Natale compari in carne e ossa. Il ritratto di Dorian Gray era quel romanzo di cui avevo bisogno; ammaliante,
stupefacente, interessante, con una diabolica inclinazione al pentimento e al
moralismo, l'abbondanza di certe figure di passaggio ammassati in vie e viuzze
londinesi, che costellavano il panorama di soggetti tali che stupiscono per il
loro animo anziché della loro presenza. Ma oscuri, strani, quasi bizzarri; quasi brillasse addirittura di una sorta di aura magnetica -
probabilmente, anche altri lettori prima di me avranno perso il senno e
l'intelligenza - e nel contempo vi balenava una sorta di follia. Solo lettori
pazzi, avventurieri e un po' folli, che si beano di certe storie, desiderano
evidentemente imbattersi in letture di questo tipo.
Ed io ne sono un palese esempio. Nella realtà esiste quella cosa
che noi esseri umani chiamiamo "imparare". E certi saperi sono
racchiusi in pagine e pagine di romanzi, documenti, archivi o file vari da cui
ci si approccia e alla fine ci si lascia invaghire da ogni cosa. Da ciò che vede
e crede di vedere.
Questo breve e
insensato discorso per dire che di Wilde e dei suoi strambi personaggi me ne
sono appropriata in un modo che non credevo possibile, in cui più volte mi sono
posta delle domande sulla realtà circostante e sulla condizione dell'uomo come
essere animale, creatura penitente che sembra domandarsi: << Chi sono?
Perché esisto? >>. Interrogandosi sulla natura infruttuosa del suo
essere, da sempre angosciato dall'incertezza della risposta.
Uno stato febbrile
accompagnato da delirio e semiconoscenza aveva colpito me e Dorian
che, in un momento piuttosto turbolento della sua vita, divenne un anima in
pena che si mosse agile lungo le strade londinesi, additato da milioni di
passanti dai volti pallidi, malati e verdognoli, lampioni a gas che gli
luccicavano addosso. Ossessivo e possessivo, insicuro e malinconico, si guarda
attorno, e vede il mondo facendo alcune "ponderazioni". Ogni cosa è
fuori da lui. Il mondo è un universo indistinto, lontano a sé, come qualcosa a
cui è stato costretto a separare. Infinitamente più grande di lui, più
malvagio, così fiero, violato, vulnerabile come una piccola onda che intimorita
dalla vastità dell'oceano, sogna soltanto di essere un'onda più grossa, più
maestosa per non essere schiacciato dalle altre onde. E in questa percezione di
due entità indistinte - l'uomo come essere insoddisfatto, violento, brutale, e
l'uomo come anima penitente e violata di una realtà circostante a cui deve
ancora fare i conti - è radicata la perpetua insoddisfazione del protagonista, che
si rispecchia perfettamente in quella dell'individuo in un dipinto. La
tristezza, la solitudine, la bramosia di possedere una libertà interiore che
non esiste, da qualunque sortilegio, da qualunque incantesimo.
Il mondo creato da Wilde
è stato realizzato in maniera così intelligente, perfetta, unanime che sembra
quasi impossibile si tratti di un romanzo. Ma, alla fine, non c'è in noi tutti
un po' di Dorian? E non è da questa condizione che cerchiamo di capire,
redimere la nostra anima da colpe che magari non sono nemmeno nostre?
Una storia che
altri non è che la storia di un deterioramento graduale dello spirito di un
mondo, da un mondo a un altro, dalla presa di coscienza di una nuova realtà del
tutto sconosciuta, radicata nel profondo di noi stessi che come foglie secche
si libra e si rigira nell'aria e scende sprofondando al suolo.
Dietro esistenze sublimi c'è sempre
qualcosa di tragico. Occorrono grandi tribolazioni perché
possa sbocciare un piccolissimo fiore …
Valutazione d'inchiostro: 4
lessi questo romanzo ai tempi della scuola, poi ho recuperato entrambi i film, assolutamente da rileggere =)
RispondiEliminaPure a me è piaciuto molto! :)
EliminaAmo questo libro, uno dei miei classici preferiti insieme a quelli di Calvino. Bella recensione :)
RispondiEliminaGrazie! È proprio vero; una lettura indimenticabile ☺☺
EliminaLettura che fa riflettere e che non si può dimenticare; grazie per la recensione
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