Ora che mi appresto
ad avvicinarmi alla fine di una settimana intensa e frenetica mi preparo a
riporre nero su bianco queste poche righe ripercorrendo il cammino della dolce
Mia vivendo la sua storia come se fosse una seconda pelle. La piega degli
eventi, il flusso sinuoso ma talvolta incomprensibile della storia, mi condusse
a domandarmi come mai il tema dei fulmini sia stato trattato in questo modo e perché
l'atto dello scrivere sia stato così necessario che certe nozioni, certi eventi
opprimessero così tanto. Eppure, anche se poco saliente, un nesso c'è stato. Ed
è questo ciò a cui mi sono aggrappata quando ho letto questo romanzo, arrivando
fino in fondo e constatando di non essermi completamente sbagliata.
Titolo: Colpo di fulmine
Autore: Jennifer Bosworth
Casa editrice: Corbaccio
Prezzo: 17, 60 €
N° di pagine: 339
Trama: Mia Price è drogata di fulmini. E sopravvissuta a infinite
scariche elettriche, ma la sua dipendenza dall'energia scatenata dai temporali
mette in pericolo la sua vita di chi le sta intorno. Per questo si sente tranquilla
a vivere a Los Angeles, perché i temporali sono rarissimi. Ma quando un
terremoto devasta la città, il posto che lei credeva il più sicuro al mondo si
trasforma letteralmente in un inferno. Le spiagge diventano gigantesche
tendopoli e il centro è una terra perduta dove spadroneggiano bande di saccheggiatori
e assassini. Due gruppi di fanatici si contendono il governo della città ed
entrambi vedono in Mia una conferma alle loro concezioni apocalittiche, perché credono
che Mia sia connessa alla tempesta elettrica che ha preceduto il terremoto e
che si riprenderà ancora più letale. Mia vorrebbe potersi fidare di Jeremy, affascinante
ed enigmatico, che ha promesso di proteggerla e verso il quale si sente attratta
da una forza e una passione irresistibili, ma dentro di sé teme di essere ingannata.
E solo quando tutto sembra perduto e la catastrofe finale sta per abbattersi
sulla città, Mia capirà come usare il suo potere per salvare le persone che ama.
E capirà se Jeremy la ama davvero …
La recensione:
I
romanzi per ragazzi non sono che il pallore di una realtà distorta. Non si sa mai
dove puoi andare, ci si infila in posti che non sono propriamente del nostro calibro
e godersi le occasionevoli occasioni in cui un giovane adolescente rivela la
propria natura, che sia un licantropo o un vampiro, deve accettare la propria indole,
sotto sotto si chiede se ne vale la pena. D'altra parte i loro sensi di colpa
verso amici, parenti o fidanzati sono piuttosto deboli, poiché giustificano i rapporti
carnali o affettivi paragandoli a un soldato in guerra in un paese straniero.
Ogni individuo ha bisogno di un po' di conforto, specie se all'indomani
potrebbe non esserci più. E poi, si dice fra se, non sono fatto di legno.
Il
più delle volte passo del tempo a leggere romanzi che mi tengono a distanza dalla
monotonia, dalla quotidianità. Con l'arrivo di marzo, le inusuali giornate di
sole e cielo terso mi indussero a desiderare di leggere qualcosa che non
leggevo da tempo. Il romanzo in questione avrebbe potuto essere un sollievo, e
sotto certi aspetti è stato così. Jennifer Bosworth parla di qualcosa di inusuale,
effettivamente poco trattato, che in un certo senso mi ha affascinato non solo
per come è stato raccontato ma per le belle sensazioni che ha sortito la sua
lettura, ma anche per il lato buio e oscuro da cui è oscurata, per come le immagini
trasmesse su carta rassomigliano un po' ai pensieri che ho visto scorrere nei
pensieri della protagonista se chiudo gli occhi. Praticamente non c'è una vera
e propria differenza fra causa o effetto, se si tratta di una commedia o di una
tragedia, a colori o in bianco e nero; ho sempre avuto un debole per le storie
drammatiche, tragiche, e la trama di Colpo
di fulmine mi ha avvicinata in un certo qual modo. In questo periodo ho
visto il romanzo di Jennifer Bosworth come quel buon amico che avrebbe potuto allietare
un periodo non particolarmente brillante. C'era una normale adolescente di soli
diciassette anni - ma piuttosto matura per la sua età -, un dono che in
pochissime pagine si trasformerà in una condanna, ed un passato crudele che riaffiorerà
senza che Mia potrà farci nulla.
Poteva
dipanarsi una storia complicata ma bella in cui la protagonista tenta disperatamente
di liberarsi dalla trappola. Ma se, ad un certo punto, la causa dei suoi danni
sta nella sua stessa condizione di crudeltà, convincendosi che bisogna combattere
per salvaguardare i suoi famigliari, forse sarebbe meglio arrendersi al destino
che stava tentando di scappare.
Una
patina ruvida di insoddisfazione graffia il mio corpo. Il corpo sa essere
talvolta sottile come un velo.
Perché
scrivo questo? Mi è sembrato di avvertire una certa malinconia. Non proprio
concerne alla tipica tristezza shakesperiana, bensì qualcosa che è stato
piuttosto vicino. Si. Una certa drammaticità che nel corso della lettura ha
sedimentato nel mio animo.
Ecco
forse da cosa deriva questo mio strambo interesse per il romanzo della Bosworth,
le sconosciute motivazioni per cui mi hanno indotta a lasciarvi un segno del
mio passaggio, o, nel finale, l'emissione di un tacito lamento! Com'è assurda
talvolta la vita! Com'è stato strano il mio incontro con Jessica Brosworth e la
sua figlia d'inchiostro, Mia. Spuntata dal nulla un banalissimo giorno di metà marzo,
senza un ma né un perché, cornice di una melodia che non ha effettivamente una
sua collocazione, seppur il romanzo si premura a tenerci ancorate a quelle note
che rivelano una parte fragile e precaria della sua anima.
Ostinata
e curiosa ogni volta che mi imbattevo in qualcosa che non mi entusiasmava, la
voce di Mia rispuntava dal nulla quando meno me l'aspettavo. Si fa una certa
fatica a restare concentrati; me ne sono accorta mentre proseguivo spedita e coglievo
nozioni che avrei dovuto già cogliere. Come un canto indistinto e privo di
significato, con ansie e preoccupazioni
smorzate da una guerra illusoria, in un
momento di caos e distruzione, Colpo di
fulmine si levò al di sopra dei miei pensieri. Non producendo quel
meraviglioso suono che avevo creduto, bensì un mero gocciolio di una
pozzanghera umana che lentamente era scesa e scivolata nelle grondaie coriacee
di chiunque. Se così dovessi paragonare o descrivere il romanzo della Batuman,
ecco la mia spiegazione.
Un
romanzo in cui il silenzio, la solitudine, la compassione, il dramma, sono
categorici. Inzuppato di note che hanno una loro collocazione fissa, ma che si
sono spente nel momento in cui Mia comincerà a parlare. Anziché socializzare, Mia
parla…. nient'altro! In cui appare quasi assurdo aver inseguito una felicità
vana, illusoria, inconsistente quasi come l'intera storia, e fare il possibile
pur di non convincermi che quanto avevo letto era solo il pallido riflesso di
ciò che avrebbe potuto esserci. Poi i pensieri avevano preso vita, e a quel
punto non potevo più tirarmi indietro: Mia mi aveva scelto.
Valutazione
d'inchiostro: 3
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RispondiEliminaSure! Replacement with great pleasure :) Thanks :)
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