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martedì, marzo 26, 2019

Gocce d'inchiostro: Racconti dell'età del jazz - Francis Scott Fitzgerald

Questa recensione non era prevista, perciò mi sorprendo anche io a riempire l'ennesimo foglio bianco intrappolato in una finestra virtuale dall'aria luminosa e vaporosa con parole che non credevo di possedere. Nelle ultime settimane i miei rapporti con i romanzi sono stati estremamente concisi - non più lunghi di tre giorni - e limitati all'essenziale. Anche stavolta mi trovo a seguire questo schema. Tuttavia per questa recensione mi premuro a inserire cose che più o meno avevo detto, o per meglio dire scritto, per altri romanzi di questo autore. Nella speranza di vedere se il tempo mi avrebbe ripagato del solito silenzio, mettendo il punto, andando a capo, dicendomi fra me e me che quello mio e di Fitzgerald è un percorso che vorrei proseguire lietamente.







Titolo: Racconti dell'età del jazz
Autore: Francis Scott Fitzgerald
Casa editrice: Oscar Mondadori
Prezzo: 13 €
N° di pagine: 410
Trama: Durante la sua carriera, Francis Scott Fitzgerald fu autore di oltre duecento racconti, che gli garantirono enorme popolarità e gli offrirono un utile terreno di sperimentazione. Questa è la più celebre delle sue raccolte di short stories: scritti originariamente per varie riviste e poi pubblicate nel 1922, i "Racconti dell'età del jazz" sono undici ritratti dei "ruggenti anni Venti", un'epoca fatta di scanzonatezza, balli sfrenati, sogni di successo, liberazione dei costumi, ma nascondono anche una dolente riflessione sul rapporto tra fantasia e realtà, e sulla natura della felicità umana.

La recensione:
Questa raccolta di racconti non figura nell'elenco di quei romanzi da me preferiti. Lì si cercherebbe invano nella lunga lista di titoli di romanzi che ho amato follemente, di autori che ancora tesso lodi, Racconti dell'età del jazz di Fitzgerald. Occupa invece un posto particolare Belli e dannati, che sebbene il tempo e l'avvento di nuove letture li abbia messi un po' nell'ombra, la prova della loro esistenza è certa e veritiera, e ammissibile in qualunque contesto o frase. Tuttavia quest'oggi sono qui per parlarvi di un'altra delle grandi opere di questo autore; fonti sicure asseriscono che non è stato semplice accogliere nel proprio cantuccio personale certi racconti, ne berli tutto in un soffio. Eppure le figure che vivono, respirano in queste pagine hanno risposto bene ai miei impulsi, alle mie esigenze e hanno avuto una spiccata importanza.
In questo terzo periodo dell'anno, ho così camminato in compagnia di fannulloni, nullafacenti, che vivono di fantasticherie, resi sensuali, emozionanti e abbacinanti la cui credibilità ha a che fare con la bellezza dei sogni.  Ho avuto come l'impressione di muovermi in un incanto, dove ogni cosa sembrava essere lontana anni e anni luce. Uno strano senso di futilità, dolori sordi per il totale grigiore di uno stile di vita sgretolato, si abbattè su di me come  un muro invalicabile comparso chissà dove, per essere poi rinchiuso in un pozzo in cui la generosità, la bontà d'animo, la generosità svaniscono.
Quando il resto del mondo non ti considera, non ti vede per come effettivamente sei, se non un misero agglomerato che si muove negli angusti antri dell'universo, ogni cosa diviene faticosa, pesante: il sole luminoso, fastoso e allegro che scintilla fuggevole come l'oro attraverso le spesse vetrate, anime alla deriva mescolate alla folla in cui è tuttavia possibile scorgere la netta differenza fra chi è interessato allo sfoggio e all'eccitazione e chi alla dissolutezza e quindi al'indecoro. L'idea di realizzare un quadro prettamente realistico penso indusse il suo autore a disegnare dal vivo personaggi estremamente drammatici che scontano pian pianino le loro colpe, le loro pene analizzando chiunque li circonda, studiando l'individuo come colui che è in grado di guardare oltre le apparenze, sotto strati e strati di arroganza tipici di quegli uomini ricchi del secolo, costringendosi a porre delle differenze dall'uno all'altro dall'oblio in cui vi sono sprofondati.
Per chi ama la letteratura inglese, ama leggere o interpretare ritratti di taglio americano non basta vederli solo in una prima occhiata, in mezzo a tante altre storie che arrivano contemporaneamente. Ci si avvede della differenza … differenze che serpeggiano in qualunque posto, luogo in cui i personaggi fitzgeraldiani si trovano. Che si tratti di una bellissima libreria o di una squallida stanza di albergo, non ha minimamente importanza. Nel contempo però si avverte tale differenza, e malgrado la sua certezza di non vederlo, con ogni probabilità essi non furono invisibili al suo creatore. Tessendo una trama di storie che effettivamente non possiedono niente di speciale, stabilito i connotati fra ciò che è giusto o sbagliato, ciò che ha più importanza e ciò che ne ha meno, in Racconti dell'età del jazz il lettore viene afferrato con forza e trascinato in luoghi che mai credeva di poter vivere. Stargli dietro non è stato affatto facile, ma alcune di queste storie hanno placato qualcosa in me.
Raccolta di sillogismi in cui vi sono due divari profondamente contrastanti, la gaiezza dell'autore e la condizione di maltrattamento o sofferenza che vissero i negri in quello stesso periodo, Racconti dell'età del jazz è un ricettario di situazioni in cui vige il potere della ricchezza. Mediante apologie, dominate da un doloroso mal riuscito sforzo di fabulazione in cui lo stesso autore è partecipe sia come scrittore, sia come visitatore. Per me leggere di questi racconti è stato come ascoltare qualcuno la cui voce sembra provenire da lontano, da zone del tutto assopite del nostro animo. Le ho considerate sotto certi versi drammatiche, sotto altri romantiche in cui ho potuto cogliere una parte dell'anima di questa storia. Si sogna cose che forse non si avranno mai, si teme di essere privi di onori, pazzi ed egoisti, quasi vergognati e orripilanti, con un certo sentimento nell'anima.
Il flusso sinuoso dei miei pensieri ancora una volta mi conduce da un posto a un altro, da un anima a un'altra. Racconti dell'età del jazz possiede un chè di trascendentale, che non riesco a collocare ma che getta una particolare importanza sul decoro, sulle conformità del secolo.
Un romanzo molto bello, ma non il più indimenticabile di Fitzgerald, in cui si entra a contatto con mondi diversi, incompleti, inconsistenti, in cui lottano emozioni e istinti. Ritratto di un epoca che è tuttavia il ritratto di un pezzo di storia oramai dimenticata, scritta mediante parole che hanno danzato sulla carta. Hanno rasserenato nel momento del bisogno, scandagliando la mia anima con prepotenza e impetuosità.
Valutazione d'inchiostro: 4 

10 commenti:

  1. sono contenta che questo libro ti abbia lasciato queste sensazioni. Leggere le tue recensioni è sempre un piacere

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    1. Grazie mille, Chiara <3 Spero allora lo leggerai anche tu, e che presto potremo confrontarci :)

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  2. seems good book, i will try to find and read it. books are always concise, are best friend of human. I love reading too.
    Thanks for review. Good day.
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  3. Che bella recensione! È un libro che vorrei leggere anche io :)

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    1. Grazie, Katia! Te lo consiglio caldamente. Anche se, come dico sopra, il più bello resta per me Belli e dannati :)

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  4. Io ho Belli e dannati in tbr, ma a parte Il grande Gatsby non ho letto altro dell'autore.

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    1. Belli e dannati per me resta il più bello, ma successivamente viene Il grande Gatsby ;) Fammi sapere se ti butterai prima o poi anche tu in questa avventura :)

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  5. "Il grande Gatsby" è uno dei miei libri preferiti, perciò conto di leggere altro di Fitzgerald prima o poi. Mi segno "Belli e dannati".

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    1. A me Belli e dannati resta, per il momento, fra i romanzi più belli :) Però non nascondo che di ognuno di questi serbo un ricordo speciale :)

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