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giovedì, ottobre 29, 2020

Gocce d'inchiostro: La straordinaria invenzione di Hugo Cabret - Brian Selznick

Dedussi che la storia che avrei letto, questo piccolo eroe in carta e inchiostro, auspicasse buoni propositi e forse sarebbe andata così, ed evitai di temporeggiare a lungo sulla decisione di leggere un romanzo come Hugo Cabret chiedendomi se i miei propositi halloweeniani avrebbero coinciso semplicemente con questo viaggio spericolato e assurdo. Si, alla fine ho avuto ragione. Il mondo è un relitto di pacciume e fango, sofferenza e orrore, e da certi romanzi – sebbene apparentemente semplici- è possibile trarne insegnamento. Fondono delle solide basi sul reale e il possibile in un luogo in cui avrei fatto perdere volutamente le mie tracce, in cui l’illusione si mescola alla parvenza di benessere e tranquillità che avrebbe garantito un posto migliore e più confortante.
Ebbene si, perché l’individuo inconsapevolmente aspira al raggiungimento della felicità. Della tranquillità spirituale e fisica, senza la quale, probabilmente saremmo tutti morti nel giro di poco tempo. La straordinaria invenzione di Hugo Cabret, nonostante apparentemente sembri una lettura per ragazzi, cela un messaggio piuttosto significativo, che ribattezza qualunque forma di vita come una forma di illusione e ricchezza. Arte, magia, scenari meravigliosi, un corredo di immagini che parlano molto più delle stesse parole, hanno trasformato una banalissima lettura per ragazzi in una chiacchierata cuore a cuore sulle sorti di un importante illusionista, e su ciò che avrebbe implicato la << magia >> adoperata nel mondo. Spiriti semplici ma umani, che si sono tenuti per mano, hanno accompagnato la mia avanzata lenta in una avventura davvero molto carina e avvincente, di cui personalmente ho apprezzato maggiormente la trasposizione cinematografica. Ma a cui mi sono sentita parte, chiamata a sé, felice di condividere un pezzo dell’anima del piccolo Hugo Cabret.

Titolo: La straordinaria invenzione di Hugo Cabret
Autore: Brian Selznick
Casa editrice: Mondadori
Prezzo: 19 €
N° di pagine: 544
Trama: La luna, le luci di una città, una stazione affollata, due occhi spaventati. Le immagini a carboncino scorrono come in un cinema di carta fino a inquadrare il volto di Hugo Cabret, l’orfano che vive nella stazione di Parigi. Nel suo nascondiglio segreto. Hugo coltiva il sogno di diventare un grande illusionista e di portare a termine una missione: riparare l’automa prodigioso che il padre gli ha lasciato prima di morire. Ma, sorpreso a rubare nella bottega di un giocattolaio, Hugo si imbatterà in Isabelle, una ragazza che lo aiuterà a risolvere un affascinante mistero in cui identità segrete verranno svelate e un grande, dimenticato maestro del cinema tornerà in vita.

La recensione:
Sul finire del mese di ottobre, mi recai in un bel posto. In una Parigi luminosa, scintillante, accogliente e magica degli anni ‘30, di cui avevo visto qualche anno fa e pian piano, maturato il proposito di unirmi alle spericolate avventure di un ragazzino come tanti per confluire in un viaggio che non avrebbe avuto facilmente fine. Tra di noi, una bellissima trasposizione cinematografica diretta da un regista del calibro come Martin Scorzese, inalberando un messaggio significativo sulla vita, su ciò che ha più importanza, su ciò che ci circonda, si scontrano e incontrano con tematiche relative la famiglia, l’amore, il senso di smarrimento e sconforto. Nonostante concepito come un romanzo per ragazzi, Hugo Cabret appoggia le posizioni di un popolo che si appresta ad affrontare il male del secolo con la stessa consapevolezza di un uomo che deve partire per il fronte, contro la guerra, contro il razzismo, contro l’imperialismo, la povertà, per un mondo democratico in cui tutti i cittadini possono vivere in pari. I motivi sono palesi, ma l’autore non si sofferma a ritrarci un assetto politico/ sociale fedele e concreto ma a fare opera di un mutuo coinvolgimento emotivo, perché la realtà è spesso brutale e spaventosa e questo romanzo funge da mezzo ad incoraggiarci ad aderire al suo assetto. Aderire ad un nuovo assetto, dato che non se ne comprendono a fondo le sorti, non era il massimo.
Questo romanzo e la sua lettura approdarono nel mio cantuccio personale con la prospettiva di studiare e osservare il mondo sotto una nuova prospettiva, in cui l’illusione, l’immaginazione si scontrano con ricordi, maestri illusionisti del tempo il cui bagaglio culturale è molto più ampio di quel che sembra. Quando conclusi la sua lettura ho salutato il piccolo Hugo Cabret soddisfatta di essere approdata in questo luogo, nonostante quello cinematografico mi sia piaciuto maggiormente. Ma sentirsi accolta, ospite di questo bel viaggio, sapere ciò che il piccolo Hugo avrebbe voluto mi fecero prendere consapevolezza della sua inaspettata importanza. Entrambi grandi e luminosi, significativi e accoglienti, adiacenti per temi e vicende ritratte, acquisì un certo significato nel momento in cui presi consapevolezza come quella dell’illusione, della magia è una facciata da cui trincerarsi dagli assalti esterni. Un tema piuttosto significativo che aggirano l’arcana sensazione di essere entrati in un mondo nel quale non è necessario chiedere più di quello che il mondo ci ha già dato.
Come un relitto dimenticato persino da qualunque manifestazione divina, maltrattato e sfortunato, racchiuso nel proprio dolore e nella sua solitudine, come un piccolo Oliver Twist, Hugo mi narrò la sua storia come se stesse per narrarmi la sua biografia, nutrendo moti di compassione e tenerezza, trascesa in una dimensione universale, rappresentazione di semplicità e potenza dell’Innocenza contro il Male.
L’aria impregnata di fumo e dei gas di scarico, un certo interesse che mi indusse a divorare il romanzo in una confusione totale dei sensi, addentrarsi in un labirinto oscuro e profondo, dove è impossibile scorgerne la luce, mi ha permesso di condividere pienamente questa storia che l’autore si porta dentro. Una storia che passa oltre le incongruenze del tempo, le implausibilità dell’intreccio, quasi inconsapevole, in cui pervade una certa malinconia.
Quel genere di storia che ho apprezzato maggiormente sul grande schermo, ma che è una sorta di allegoria, la prorompente scissione fra il principio di innocenza e bene, scritte in quelle che non sono altro che pagine di vita di un importante illusionista che visse negli anni ’30. Solenne e crudele, carico di sofferenze, torture spirituali che divorano da dentro, che gettano una spettrale aria di malinconia e pervadono i sensi. Radicata nel territorio dell’immaginazione, in cui fa da sfondo una Parigi immersa in una cappa di polvere e magia.
Valutazione d’inchiostro: 4

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