Questa settimana di dicembre, questi primi giorni, mi trovai in diversi posti. Luoghi sconosciuti nel quale mi sono trovata nella condizione di vestire i panni di figure recise dal tempo, dalle sofferenze della vita, e a parlare di loro autori la cui voce non era ancora giunta alle mie orecchie. A parlarmi di una di queste fu un giovane autore italiano che con il suo romanzo d’esordio mi parlò di una storia in cui tutti possono riconoscersi. Nel complesso una bella storia. Una storia in cui mi sono riconosciuta, in parte, e che ho constatato come talvolta certe letture siano catartiche. Belle forti e dirette che contrastano la monotonia del giorno, i dispiaceri generali, smorzando la routine che talvolta sembrano prevalere su tutto, una parvenza di allontanamento alla felicità cui io non ho mai effettivamente dato peso. Perché, così come il protagonista di questa storia, sono stata indotta a guardarmi allo specchio e giudicarmi. Perché nonostante la semplicità di questo gesto, la vita spesso ci riserva rinunce a cose che si amano particolarmente, una cosa così connaturata in ognuno di noi che a volte ha coinciso col dolore fisico al desiderio di spegnere il cervello, togliere la lucidità, rimettersi in carreggiata grazie a qualcosa che lo tiri su di morale, non mollando ma mantenendo la promessa che aveva fatto a se stesso. Riconoscerne la morte repentina non avrebbe servito a niente, non avrebbe impartito alcuna lezione, e questo piccolo libriccino che funge anche da saggio trasforma il tutto in qualcosa di così intenso che tanto vale la pena di seguire certi << consigli >>. Trarre esempio da certe situazioni, così vili e abiette, che elemosinano ad un atto di redenzione. Una forma di libertà che si raggiungerà mediante qualche persistente fuga mentale.
In effetti, accogliere un discreto numero di autori emergenti, in quest’ultimo mese dell’anno, mi ha parecchio sorpresa. Non che sia restia a leggere dei loro figli di carta, le loro opere, fatiche letterarie che approdano sul blog di un lettore accanito in un giorno qualunque, o se non altro che ha tale parvenza, perché dopo tanto tempo ho avuto la << fortuna >> che due romanzi di due esordienti, prima quello di Francesco Infuso ora questo, nessuno mi aveva minimamente preparato a ciò che avrei visto né minimamente accennato che seppur letture brevi avrebbero lasciato un segno del loro passaggio. Ora la disponibilità che riservo a tali autori non mi sembra più così malaugurata come credevo; ha una spiegazione, una sua logica, o sembrava averla, ma l’interessante era che in un momento imprecisato della mia vita sconvolsero del tutto il mio universo personale. Avevo ritenuto ingiusto volgere le spalle, e la loro anima sembrava trapelare qualcosa di ammirevole, da eseguire, perché non è bene vergognarsi di essere diversi, così come ammettere quando si cade inevitabilmente nel lungo baratro della disperazione in cui solitudine, sofferenze e rancore scandalizzano per la loro turbolenta natura, tuttavia felici di non essere completamente soli.
L’anti eroe di queste pagine scorrazzò nel mio cerchio personale raccontandomi la sua storia, sprazzi di una vita qualunque che nell’inutilità del giorno – quando stavo per approcciarmi ad un nuovo autore, visitare un nuovo luogo – aveva preso in gioco il mio cuore annesso al suo. In altre parole e per buona parte, mi sono riconosciuta per combinazione – per gli eventi disagevoli della vita, non per l’assunzione di droghe -, al protagonista che in una manciata di pagine era finito per essermi amico, e quando mi stabilì qui diventammo subito amici. Entrambi eravamo ignari del nostro reciproco destino, eppure eccoci qua, un comunissimo ragazzo impelagato in vicende che misurano il suo grado di forza fisica e mentale e una ragazza di ventotto anni che si ciba della scrittura e della letteratura come unica fonte di sostentamento. Travolta da un marasma di sensazioni altalenanti, semplici ma comprensivi che francamente non avevo mai considerato, sempre smaniosa di leggere storie di figure recise dal tempo o dalla stessa vita che convivono con i fantasmi del loro passato da qualche tempo e con difficoltà se ne sarebbero liberati. Semplicemente persone. Individui fatti di carne e ossa, sangue e pelle ai miei occhi belli e affascinanti, che combinò svariati elementi morali.
Probabilmente sarà stato poco semplice riportare in un simile testo una storia di questo tipo. Pur quanto romanzata, credo che ogni storia riveli un principio di verità. Forse fuori luogo e inappropriato questo mio commento, addirittura indecente, da parte mia lasciarsi andare a certe confidenze, ma fui entusiasta di leggere e condividere il peso che questo protagonista si portava addosso. Le ambiguità della vita, le sue sorprese, che sono all’ordine del giorno con altri problemi, altre questioni, difficilmente ci inducono a guardarci dentro per comprendere dove porsi nelle relazioni intrapersonali fra uomo e donna e quale fascia appartenere, quelle persone che sarebbero entrate nella tua vita e quelle che invece avresti voluto avere fuori. Qualcuno con cui parlare senza timore di essere preso in giro o frainteso.
Eppure in una manciata di pagine gli sono accadute tante cose, o sembravano essere accadute così tante cose che indussero lui e persino me a gironzolare qua e là, fra le pagine di un saggio breve ma dal contenuto intenso e significativo, dapprima come un sonnambolo, errando senza meta sul tappeto bianco ma scintillante di parole che sono state messe di traverso. L’autore, in un certo senso, discosta il velo delle apparenze, e ci rivela i segreti più intimi dell’anima umana pur di raddrizzarla, intorno al mio piccolo satellite, poi tornando sui miei passi fino al punto dove il panorama che vidi fu piuttosto realistico. In lontananza, l’eco della sua autrice che in un certo senso mi ha condotta in un giro di parole ma anche fatto sprofondare nel buio, nella piega delle nostre anime. Scritto secondo i piani emotivi più credibili, quello cioè da cui si attinge l’esperienza umana, forza nel trasmettere messaggi sotto certi aspetti ignorati, affinano le << competenze >> pur di essere migliori. Come giungendo a questa conclusione? Semplice, guardandosi dentro e attorno come antropologhi pronti a studiare qualunque forma di vita. E il suo magnetismo sta proprio nel suo essere capace di osservare. In maniera piuttosto semplice, affinchè la vita diventi più luminosa e possiamo attribuirgli una sua importanza.
Territorio affascinante e molto molto attinente all’epoca che stiamo vivendo, questa lettura non si è rivelata come una critica né un componimento letterario. Bensì una certa competenza diretta che è stata messa in pratica con coraggio e trasporto di cui il suo autore ha trasgredito alle regole della << normalità >> ponendosi delle domande, delle situazioni a cui dovremmo dare una risposta. Non su cosa è giusto o sbagliato, l’assunzione di droghe e oppiacei, ad esempio, come miglior beneficio, bensì su qual è il significato intrinseco d’identità.
Valutazione d’inchiostro: 4
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