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domenica, agosto 21, 2022

Gocce d'inchiostro: Il romanzo della foresta - Ann Radcliffe

I romanzi che compongono la pila della vergogna sono in netta descrescita…. Che soddisfazione! Non potrei essere più felice che, da quasi due anni a questa parte, continuando però ad acquistare compulsivamente, assistevo alla pila della vergogna aumentare sempre più, e questa fabbrica di parole a cui presto o tardi avrei dovuto accedere che avrebbe funto da espediente per comprendere la realtà circostante, avrebbe ospitato ancora qualche autore per qualche altro tempo.  Un piccolo agglomerato di voci della letteratura italiana e non, molti conosciuti e celeberrimi, i cui romanzi giunsero nel mio salotto virtuale grazie all’edizione RBA. Niente se non questa occasione poteva rivelarsi opportuna per conoscere e valicare celi celesti che erano ancora per me sconosciuti, e anche dopo tanto tempo l’entusiasmo che avevo riservato al momento in cui potei stringerne una copia fra le mani non cessò nemmeno quando accolsi la loro chiamata in forma di bisbigli, silenzi, interdizioni. Non avrei potuto dimenticare quel momento in cui, aperto il libro, quell’autore sconosciuto spalancò le porte del mio animo e lì stanziarono per una manciata di giorni. Fu la volta di Ann Radcliffe, che francamente non conoscevo, la cui carriera di scrittrice la indusse a scrivere innumerevoli romanzi. Il romanzo della foresta è un piccolo frammento di quella che è una lunga produzione, un canto altisonante di più voci che si rinforza di vita, maestoso, in una fluttuazione appassionata che turba i cuori di chiunque con forme sofisticate di solennità e misticismo. Nulla di non già visto, ma qualcosa che ha turbato agli occhi poiché fra forme aggraziate e posate è quasi un miraggio dinanzi alla severità di certi gesti compiuti dagli uomini, dalla sua impossibilità di poter sognare, la cui stessa scienza avrebbe misurato ogni orizzonte.

Titolo: Il romanzo della foresta
Autore: Ann Radcliffe
Casa editrice: Ellioti
Prezzo: 19, 50 €
N° di pagine: 404
Trama: Una carrozza lanciata a tutta velocità nella notte termina la sua corsa tra le rovine di un'antica abbazia nel sud della Francia, nel folto di una foresta, dove un inconsueto gruppo di fuggitivi trova finalmente riparo. Pierre e Constance De la Motte, nobili decaduti, si nascondono dalla legge e dai creditori; la giovane Adeline, la loro misteriosa protetta, si è unita ai De la Motte lungo la strada, consegnata da un manipolo di banditi. Il sollievo per il nuovo rifugio dura fino al giorno in cui il proprietario di quei boschi, l'ambiguo marchese di Montalt, mette gli occhi sulla ragazza. Tra la scoperta di sinistre reliquie del passato, incubi ossessivi e l'eco di un crimine commesso tra le mura dell'abbazia, Adeline comincerà a credere che il suo protettore sia coinvolto nei piani del marchese.

La recensione:

I sentimenti che riservai a queste pagine furono parecchio contrastanti, e non nascondo che il fascino iniziale cui avevo riservato a queste pagine mi indussero ad avanzare un po’ a fatica nell’interpretare cosa stava succedendo alla povera Adeline, protagonista assoluta di questa strana storia. Anche non distrarsi e prestare molta attenzione non servì a molto: il cuore del romanzo era questa foresta che altri non è che l’allusione alla realtà circostante di cui le creature che lo popolano sono disoneste, crudeli, e attraverso uno stile coinvolgente, ammaliante non appare che un mondo approvante e adulatore da cui ci si districa a fatica. Rassegnata a un lungo viaggio, in cui disgraziatamente l’azione si è ripetuta continuamente in questo strambo luogo la cui conoscenza delle masse, la forza delle passioni e dei giudizi abbagliano qualunque cosa, sospesi nell’aria stagnante in forme stupide e timorose.
Il primo approccio con un’autrice celebre del romanzo gotico che si sofferma più sugli assetti mentali che << fisici >> delle innumerevoli paure che attanagliano l’animo umano, specchio mediante cui si sono riflesse sensazioni di pura austerità, superstizione che anticipano un purgatorio terreno, tremano su resti mortali su resti deformi e orripilanti che si innalzano. Emblema di solitudine, desolazione dell’animo la cui mente si spinge con malinconia e spavento dinanzi a qualunque assalto del cuore umano, qualunque forma sentimentale che avrebbe condotto alla gratificazione.
Ora che la pila della vergogna decresce sempre più, da quasi due anni a questa parte, mi soffermo solo sull’idea di smaltire il più possibile ciò che mi trovo dinanzi. Senza alcun dubbio ho vissuto esperienze bellissime ma anche deludenti, pur essendomi prodigata con il medesimo stato d’animo cui riservo sempre all’atto del leggere. Non solo il brutto presentimento si trattasse dell’ennesimo giallo vittoriano non giunse al mio cuore, ma alla fine avrei depennato un altro tassello da questo gigantesco puzzle. Fu così che dedicai del tempo a Il romanzo della foresta non subendo gli effetti di qualcosa di devastante quanto accrescendo sentimenti di interesse e curiosità, che disgraziatamente confluirono in una maschera di cupezza e orripilanza. Cosa ho poi scoperto? Assolutamente nulla, né compiuto chissà quale sforzo pur di avere qualche informazione in più sull’inghippo che costrinse Adeline a vivere una realtà che non era più la sua. Ma il cui sguardo profondo, tormentato e supplichevole, che non riesce a staccare gli occhi dall’immagine bellissima di questa foresta. La foresta stessa è il cuore pulsante, la linfa vitale di queste pagine, e volgerle le spalle sarebbe stato a dir poco assurdo.
Di questa storia non ne sapevo assolutamente niente. Quella forma architettonica maestosa e solenne posta di profilo mi era completamente sconosciuta, e come avvolta da un’aura di mistero e fascino compensato dalla vivacità del destino. Mi fece cenno di entrare nella grande stanza della sua casa. Mi sedetti su una sedia di legno elegante e lucida, ed attorno a me un gioco di immagini la cui anima era intrappolata in linee rette, studiate minuziosamente in cui non vi è alcuna sfumatura se non errori che evaporano qualunque elemento bellico. La protagonista, Miss Adeline, non era esattamente socievole da rivolgermi nell’immediato la parola e capii che toccava a me presentarmi: venivo da lontano, da epoche e secoli sconosciute, volevo sapere quale fosse questo mistero che circondava l’aura del romanzo. Se avevo qualcosa da temere nel futuro e se avessi visto la natura di questa storia, non lo avrei saputo ancora. Dovevo solo aspettare.
La grande disgrazia che pervade queste pagine è quella di esser stata inaspettatamente chiamata a rispondere alla chiamata di questa giovane autrice inglese, una donna che influenzata da Wilkie Collins mi coinvolse direttamente, stupita e incosciente a non aver adempiuto prima a questo mio dovere. Mi sono pentita di non aver letto prima questo romanzo.
Tutto era cominciato verso la fine di una settimana accesa, laboriosa, frenetica, e, come di consueto ero adagiata sulla mia poltrona preferita, circondata dai molti e svariati autori che abbelliscono gli scaffali strapieni della mia libreria, con lo scopo di donare conforto o solidarietà a questa povera sventurata donna.
Tutto ciò che avevo bisogno era soltanto avere una bella distrazione, in quanto ne avevo davvero bisogno. E quindi fu assai logico constatare come, a lettura terminata, mi sarebbe piaciuto vivere nel mondo descritto dall’autrice. Un mondo rinchiuso in un sortilegio di ricordi che minacciano di svanire nella nebbia del tempo, nel quale esiste una specie di morale artistica che proibisce di sfruttare le idee altrui a proprio vantaggio, e nel quale i "malvagi" che hanno avuto l'ardire di farlo alla fine hanno visto prosciugato di colpo il loro ipotetico talento, condannandoli a guadagnarsi da vivere all'ingrata maniera degli uomini comuni.
Un’opera non meravigliosa ne indimenticabile che ha macchiato la mia anima irrimediabilmente e irrecuperabilmente, in una traversata solitaria di parole labirintiche in cui battersi per gli affetti è una concezione idealista a cui si aggrappano i personaggi, pur di scoprire chi e cosa sono veramente, recuperando la memoria e lo spirito di marionette di carta e inchiostro che perpetuano nella memoria. La scrittura, linfa vitale di questa storia nonché elemento primordiale, testimonianza che possiede un'importanza tutta sua. Una favola dai toni gotici e dark in cui ci viene lanciato un messaggio devastante riguardante l'entità di personaggi comuni, in un caos fantasmagorico di un giro di vite che sono state rubate, sottratte, fra anime dannate e peccaminose il cui spirito è simile a quello degli altri.

Valutazione d’inchiostro: 3

6 commenti:

  1. Anche io ho "la pila della vergogna" come la chiami tu.
    Mi sono imposta di non comperare nulla per un anno intero in modo da cercare di farla diminuire ma poi questa estate non ho saputo resistere e lo shopping libresco ha preso il sopravvento.

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    1. Ti capisco! Io sto ancora resistendo. La pila della vergogna decresce, e per me è una bellissima soddisfazione 🤗🤗 ma manca poco, che cedo anche io 🤗

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  2. Ottima recensione, sono sempre più convinta che sia un libro che potrebbe piacermi! Non so perché ma mi attira tantissimo e ti ringrazio tanto per avermelo fatto conoscere. Anche io ammetto di essere molto fiera mentre moto che la mia pila della vergogna sta diminuendo. Per ora cercherò di non comprare nulla così da evitare di mettere in coda altri libri ❤️

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    1. Esatto!! Vedere ridursi la pila della vergogna è una bellissima soddisfazione 🤗🤗

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