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domenica, settembre 18, 2022

Gocce d'inchiostro: Foglie cadute - Wilkie Collins

I romanzi gialli non sono propriamente il mio pane quotidiano, ma sortiscono in me quasi sempre un certo fascino. A volte, inconsapevolmente, accolgo il richiamo di queste storie non sapendo dove mi avrebbero portato, infilandosi come entità magnetiche nella lista di letture accumulate in un mese, e un paio di volte mi lascio sedurre dal loro contesto. La loro anima, lo so bene, ha un chè di magnetico che non mi sembra possibile che al termine della sua lettura possano sorgere riflessioni di diniego o disgusto. So che potrebbero piacermi, affascinarmi, ma so anche che ogni storia è una storia a se. Io li definisco compagni di viaggio con temperamenti e caratteri diversi, ma non tutti hanno una verve che possa conquistarmi. Foglie cadute rientra in questa categoria, poiché giustifica solo in parte quei connotati che poggiano le basi sulla figura vera e leggendaria della donna recisa dal passato e dalla miseria. Eppure, qualcosa di nascosto ha allietato il mio spirito, l’entusiasmo che riservo all’ignoto, alla bellezza che celano certe letture, estratto da un cassetto della memoria che non credo perpetuerà a lungo ma il tempo necessario a scandire la sua presenza nel mondo.
Titolo: Foglie cadute 
Autore: Wilkie Collins 
Casa editrice: Fazi 
Prezzo: 18 €
N°di pagine: 478
Trama: Wilkie Collins mette in scena, attraverso un intreccio sapiente e personaggi indimenticabili, le questioni sociali che affliggono l'epoca vittoriana, e lo fa superando i limiti dei generi romanzeschi che lui stesso ha contribuito a creare, ibridando il sensation novel con il poliziesco, e dando vita a un romanzo d'intrattenimento ricco di colpi di scena, drammi sociali e amorosi, contrasti politici ed economici, che tengono il lettore incollato alle intricate vicende fino al loro scioglimento. Il giovane Claude Amelius Goldenheart, a causa di una relazione con una donna più grande di lui, disapprovata dalla comunità, viene allontanato e spedito dall'Illinois alla sua terra d'origine, l'Inghilterra, a fare esperienza del Vecchio Mondo. L'incontro con Mr Farnaby, un ricco e ambiguo uomo d'affari, lo avvierà alla conoscenza della sua onestà, dalla sua profonda empatia nei confronti dei deboli e degli ultimi, dal suo atteggiamento sincero e fiducioso verso l'umanità intera.

La recensione:

Il vero problema, sostiene Wilkie Collins, si riassume nell’identificare la natura del problema stesso. Prima di tutto cogliere alcuni aspetti dell’identità umana. Chi minacciava la sua incolumità? Quali assetti indussero queste creature a vagare lungo la riva dell’assurdo?
Ho tenuto fede al mio impegno di imbarcarmi fra le pagine di questo romanzo, da cui trapela un certo mistero sin dalle prime battiture, spendendo queste poche parole ora che tutto si è concluso. Sapevo che ogni cosa poteva rivoltarmi contro, sarebbe stato come mordere la mano di chi mi aveva nutrito. D’altronde, se non fosse che Wilkie Collins mi affascina, non credo avrei dato vita a questo viaggio, spingendomi praticamente fra le sue pagine in una Londra fumosa, povera, in mezzo a creature innocenti e felici al massimo grado, in cui ci si interroga del perché è impossibile costruire su basi solide una riforma che sia duratura, completa, fruttuosa che ci preservi dalle sommosse a chi li persegue.
Finora dell’autore ho letto qualche romanzo e quasi sempre ho potuto identificarmi nei suoi << casi >>, origine apparente di ogni guaio. Ma il vero bersaglio per l’autore fu la società, e ciò che si costruisce tutt’intorno è solo una cornice di cui io fui un’innocente spettatrice. In questo caso, a occupare un posto d’onore in un tipo di situazione che ho avvertito come mia, intrappolata in un esame attento sull’identità umana in cui prevale un forte desiderio di comprendere i gesti altrui, influenzati da dottrine che hanno solide basi nel passato.
Ero stata intrappolata in un inghippo politico e sociale in cui queste foglie cadute erano quelle povere creature che si muovono nella lotteria della vita spezzandosi la schiena e rincorrendo la felicità raccogliendo nient’altro che delusioni e dispiaceri. Ci si dibatteva per chiedere il perdono, le offese inflitte, aiutare i bisognosi e i miserabili non provando vergogna nel glorificare gli altri, piuttosto perseguendo una strada da cui se ne poteva ricavare beneficio. Ma essere tutti così buoni e comprensivi, vedere il mondo sotto prospettive diverse, solo per mezzo delle vite altrui… quali effetti avrebbe prodotto?
Le opere di Wilkie Collins sono scrigni segreti che celano un’infinità di segreti, misteri difficili da scovare nell’immediato, ma con la parvenza di conferirci l’idea che l’individuo si lasci sopraffare dai sentimenti, dall’emozioni, investire dai ricordi che sono più forti di qualunque cosa. Ci si troverebbe dinanzi a troppe contraddizioni, troppe esitazioni, troppi cambiamenti di rotta, troppe verità diventate eresie e viceversa. La memoria sotto certi aspetti è crudele. È tendenzialmente pericolosa. Lo sono bene!
La grande malinconia che pervade queste pagine è affidata alle sorti di un destino di cui non resta nient’altro che lasciarsi andare a situazioni estremamente convenzionali. Perché, Wilkie Collins, già affascinata da altri romanzi letti in passato, tormenta quasi sempre il mio spirito senza posa. Come? Non trovando risposta a gesti così sconsiderati in cui la risacca disomogenea del tempo, dei ricordi frantuma qualunque parvenza di concretezza, realtà non tenendo conto di niente e nessuno. La noia, una vita sempre uguale a se stessa mi indusse a fiondarmi fra le pagine de Il fiume della colpa inaspettatamente chiamata a prendere parte alle vicende di un uomo comune che risponde in un certo senso agli istinti, veste il prototipo di figura tendenzialmente inquieta, desiderosa di occupare un posto nel mondo, coinvolgendo la mia esperienza diretta, adempiendo a doveri che non erano miei.
Leggerlo, viverlo, tuttavia fu più semplice di quel che pensavo. Mi sedetti sulla mia poltrona preferita, un weekend di inizio agosto, comprendendo come ciò che avevo appena vissuto, visto non conducesse all’ennesimo disastro. Un uomo che vaga lungo la riva dell’assurdo, desideroso di scovare conforto o solidarietà dalla sventura di questo mondo così abietto, abbracciò entità così illogiche, misteriose, racchiuse in un sortilegio di ricordi che minacciano di svanire nella nebbia del tempo, nel quale esiste una specie di morale artistica che proibisce di sfruttare le idee altrui a proprio vantaggio, e nel quale i “malvagi” che hanno avuto l’ardire di farlo alla fine hanno visto prosciugato di colpo il loro ipotetico talento, condannandoli a guadagnarsi da vivere all’ingrata maniera degli uomini comuni. Il tempo scorreva ininterrottamente. Il silenzio mi fasciava come una notte buia.
Un romanzo che è sempre stato lì ad aspettarmi, a chiamarmi con eccessivo entusiasmo, e con il quale ho disgraziatamente voltato le spalle nel lasso di tempo che era entrato nel circolo dei romanzi ancora da leggere.
Una storia che altri non è che la vera testimonianza di fatti realmente accaduti, e in cui noi mortali arriviamo a conoscere il nostro vero destino; semplicemente ne veniamo investiti. Un tentativo per scovare la verità, fuggendo da se stessi. Un’opera che ho accolto con un certo entusiasmo e che, medesimamente, ho slegato diligentemente i fili di una matassa contorta e quasi inestricabile, che mi ha resa prigioniera di marionette macchiate da crimini e omicidi violenti, esemplari della razza umana che hanno già provato tutto ciò che c'è da provare.  

Valutazione d’inchiostro: 4

4 commenti:

  1. Temo non faccia per me; grazie comunque per la recensione

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  2. Sembra veramente stupendo, la tua recensione così emozionata ed emozionante mi fa venire voglia di leggerlo. Anche per me i gialli non sono il mio genere e infatti ne ho letti pochi però a volte fa bene uscire dalla propria comfort zone ❤️

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