Siamo in un calderone di magia e potere. Siamo
nell’antichità, nel passato, nell’epoca moderna, e in compagnia di un autore di
cui francamente non conoscevo nemmeno l’esistenza, rovistai fra la sua opera
più celebre e mi immersi in una realtà che sembra nostra ma rivestita mediante
una nuova identità. Quella di Ronald Hatton è un saggio antropologico in cui,
sin dalle prime pagine, ho avvertito una certa intimità fra autore e questo
scritto, una certa passione stimolata e alimentata nel tempo che sono garanzia
di scissione, amore e determinazione. Un forte senso di solitudine attanaglia
le nostre viscere, nonostante gli innumerevoli personaggi, e una certa rassegnazione
che serpeggia nei cuori di chi legge poiché riflette l’anima dello scrittore,
sospeso fra passato e presente, in forme insite nella sua esperienza personale.
Qualcosa di assolutamente necessario e potente? No, niente di così sconvolgente
ma, in definitiva, qualcosa di bello, trascinante, seducente il cui credo
religioso si cela nella fede che si riserva a certe tradizioni, certi <<
paradigmi >> razionali che sottolineano l’importanza di svariate pratiche
naturali e metodologie che confermano o qualificano la magia. Discernendo vertiginosamente
nelle più oscure e antiche fantasie dell’umanità testimoniando come la paura è
qualcosa di ignoto e sconfinato, operando su di noi come un modo per
sconfiggere ogni avventatezza soprattutto dinanzi al Tempo.
Titolo: Streghe. Streghe. Una storia di terrore dall'antichità ai giorni nostri
Autore: Ronald
Hutton
Casa editrice: Il
Saggiatore
Prezzo: 28 €
N° di pagine: 424
Trama: Streghe che cavalcano lupi e iene,
cortei notturni di morti senza riposo, uomini trasformati in animali, formule
magiche in grado di controllare spiriti e divinità: ogni popolo e ogni cultura
del mondo, dall'alba dei tempi fino a oggi, ha creduto nell'esistenza di
individui capaci di nuocere agli altri attraverso poteri magici; personaggi che
incutono paura o provocano repulsione, dai quali è necessario difendersi, le
cui caratteristiche vanno a formare la sfaccettata figura della strega. Dall'Africa
al Baltico, dall'antica Grecia alle Americhe, le streghe hanno tratti
sorprendentemente simili: agiscono di notte, causano malattie e morte a
distanza, sono particolarmente pericolose per i bambini, costituiscono una
minaccia per l'ordine sociale. Il mondo antico teme e disprezza chi pratica la
stregoneria perché considera i suoi poteri un tentativo di appropriarsi di
prerogative divine, e nella Roma imperiale la magia è combattuta ferocemente in
nome della religione ufficiale. Altre culture oppongono alla stregoneria figure
specifiche dotate a loro volta di poteri straordinari, come esorcisti
specializzati in Africa, i praticanti delle tradizioni sciamaniche in Siberia
ed Europa settentrionale o i benandanti friulani. Nell'Europa continentale del Medioevo
streghe e guaritori dai poteri innati convivono con maghi eruditi eredi di una
tradizione di magia rituale che ha origine nell'antico Egitto. A partire dalla
fine del XIV secolo la cultura cristiana produce lo stereotipo della strega
diabolica, schierata con le forze del male nell'eterna battaglia contro la
Chiesa, che è all'origine delle persecuzioni dell'età moderna. Dappertutto e in
ogni tempo le persone etichettate come streghe sono il capro espiatorio di
tensioni e invidie all'interno delle comunità. Ronald Hutton, studioso di magia
e paganesimo, seguendo le orme di Carlo Ginzburg e Wolfgang Behringer esamina
la credenza nelle streghe da ogni angolazione e in prospettiva globale,
attraverso epoche e continenti, a caccia dei nessi tra le tradizioni
folkloriche di svariati popoli e società. "Streghe" è una discesa
vertiginosa nelle più oscure e antiche fantasie dell'umanità, che testimonia
come la nostra fascinazione per la paura e l'ignoto non abbia confini di spazio
e di tempo.
Casa editrice: Il Saggiatore
Prezzo: 28 €
N° di pagine: 424
Trama: Streghe che cavalcano lupi e iene, cortei notturni di morti senza riposo, uomini trasformati in animali, formule magiche in grado di controllare spiriti e divinità: ogni popolo e ogni cultura del mondo, dall'alba dei tempi fino a oggi, ha creduto nell'esistenza di individui capaci di nuocere agli altri attraverso poteri magici; personaggi che incutono paura o provocano repulsione, dai quali è necessario difendersi, le cui caratteristiche vanno a formare la sfaccettata figura della strega. Dall'Africa al Baltico, dall'antica Grecia alle Americhe, le streghe hanno tratti sorprendentemente simili: agiscono di notte, causano malattie e morte a distanza, sono particolarmente pericolose per i bambini, costituiscono una minaccia per l'ordine sociale. Il mondo antico teme e disprezza chi pratica la stregoneria perché considera i suoi poteri un tentativo di appropriarsi di prerogative divine, e nella Roma imperiale la magia è combattuta ferocemente in nome della religione ufficiale. Altre culture oppongono alla stregoneria figure specifiche dotate a loro volta di poteri straordinari, come esorcisti specializzati in Africa, i praticanti delle tradizioni sciamaniche in Siberia ed Europa settentrionale o i benandanti friulani. Nell'Europa continentale del Medioevo streghe e guaritori dai poteri innati convivono con maghi eruditi eredi di una tradizione di magia rituale che ha origine nell'antico Egitto. A partire dalla fine del XIV secolo la cultura cristiana produce lo stereotipo della strega diabolica, schierata con le forze del male nell'eterna battaglia contro la Chiesa, che è all'origine delle persecuzioni dell'età moderna. Dappertutto e in ogni tempo le persone etichettate come streghe sono il capro espiatorio di tensioni e invidie all'interno delle comunità. Ronald Hutton, studioso di magia e paganesimo, seguendo le orme di Carlo Ginzburg e Wolfgang Behringer esamina la credenza nelle streghe da ogni angolazione e in prospettiva globale, attraverso epoche e continenti, a caccia dei nessi tra le tradizioni folkloriche di svariati popoli e società. "Streghe" è una discesa vertiginosa nelle più oscure e antiche fantasie dell'umanità, che testimonia come la nostra fascinazione per la paura e l'ignoto non abbia confini di spazio e di tempo.
La recensione:
Che cosa ho letto? In cosa mi sono imbattuta, questa volta? Niente di così
terribile o sconvolgente, ma estremamente affascinante, immersivo e scorrevole,
nonostante la sua verve antropologica, che mi intrappolò in svariate epoche, in
una nazione di donne che anelavano semplicemente a raggiungere un unico obiettivo:
la libertà. Ronald Hutton, sul finire di una settimana intensa e fervida, mi
intrappolò nell’inazione, in un’accidia tra popoli da annichilire qualunque
intento moralistico. Si, perché sebbene non abbia le competenze adatte, qualche
lettore scrupoloso potrebbe contestare il lavoro dell’autore, in così tanti
anni di assidue ricerche, condannandolo a vivere vite che forse non sono mai
esistite se non nella sua testa, condannandolo a sedere dinanzi alle porte del
tempo continuando a perpetuare dubbi e macchinazioni nei riguardi di questa
donna. La strega. Una figura che sin da sempre genera spavento, la sua figura
alata e bruttina la indussero ad essere etichettata come entità malvagia non
solo per il prossimo ma anche per se stessa, generate forse dalle tensioni
economiche e sociali, influenzata dalle tradizioni popolari – così complesse e
sottili -, assumendo una certa validità, screditando qualunque tipo di mago, un
tipo di odiosa magia distruttiva…. Almeno in senso assoluto.
Streghe, infatti, fu una lettura il cui approccio fu davvero interessante sin dal primo momento in cui vi misi piede. Non sarebbe parso così difficile interpretare questo mondo arcano dell’autore, scovare ogni ricerca, esaminando non solo la trama ma anche gli innumerevoli testi cui l’autore si servì per concepire questo bel saggio, questo testo che in un certo senso mi ha indotta a rivalutare la figura di queste streghe. Sebbene questo libro, questo saggio, non tolga niente a tanti altri romanzi che leggo, privo di situazioni che le si può definire indimenticabili ma interessantissimo ed erudito per le tematiche trattate. Possibile esistenza di donne verosimilmente edotte, che disgraziatamente non poterono fare nulla se non ribellarsi pur quanto fu possibile. Forse un salto nel vuoto, ma contemplazione di scorci slegati al passaggio circostante, grumi di elementi fortuiti e ispezioni rapsodiane che entrando ed uscendo da un secolo ad un altro, carezzarono la mia anima con delicatezza. Perché in un certo senso i saggi trasmettono questo: informazioni che restano dentro.
Calarsi per la prima volta fra le pagine di Streghe mi
indusse a poter farmi largo tra le osservazioni dell’autore, quasi tutte
azzeccatissime ma non condivisibili, mi è parso, come minimo un buon ottanta o
novanta per cento, che è una percentuale alta, tanto piccola ma acuta
correzione, una frase qui, un pensiero là, leggere spietatamente di ciò che fu
psicologicamente e fisicamente inferto alla donna per accrescere quei valori,
quelle ideologie che Hutton protesse pur di circumnavigare l’ignoto,
l’impossibile. Acclamando la figura della donna come colei che verrà ricordata
nella storia dei tempi per la sua incostante << apparenza >>, come fattucchiera
ma anche detentrice di poteri malvagi e ostili, non potendo compiere alcun
gesto purchè la strega esistesse. Esista, respiri nella strada delle
discussioni politico, economico, sociale. La mia mente, pur quanto a volte
compiva voli pindarici distraendosi, dovette tornare ad interpretare la
struttura originale del libro, con alla mano la penna e il bloc notes, non
riportando correzioni, ciò di cui non mi piaceva o non si accordava al mio
spirito quanto le difficoltà di proiettare qualcosa di assoluto che stravolge.
Una lettura che si è rivelata non semplice data la densità, la ricchezza di
certe tematiche, sistematico e convincente, analisi dell’inferiorità della
donna affermandone la sua esistenza.
Streghe va riconosciuto non tanto per il suo essere un trattato antropologico, un’opera storica imprescindibile e inconoscibile nella sua infinità, quanto per il numero esorbitante di informazioni e il suo modo di interiorizzare la donna di cui le stesse idee, la religione, i dogmi filosofici mediante cui si osserva il mondo offre un’idea di uguaglianza che non è assolutamente concepibile per il resto del mondo. Esseri finiti che vagano sotto un cielo infinito e che, sebbene le diversità di sesso, razza, lingua, dovremmo ostinarci a vivere scovando nel focolare della nostra intimità una vera ragione di appartenenza. Si osserva il tutto con rispetto, incapace di afferrarla appieno, distinguerla il più possibile dall’impossibile, autodefinendosi come verità assoluta nonché fondo sul quale si ancora ogni affermazione. Dispersa in qualcosa di molto più grande, specialmente quando l’uomo riconosce le sue qualità, le sue posizioni, gli sbarramenti gettando le basi su un nuovo avvenire.
Streghe, infatti, fu una lettura il cui approccio fu davvero interessante sin dal primo momento in cui vi misi piede. Non sarebbe parso così difficile interpretare questo mondo arcano dell’autore, scovare ogni ricerca, esaminando non solo la trama ma anche gli innumerevoli testi cui l’autore si servì per concepire questo bel saggio, questo testo che in un certo senso mi ha indotta a rivalutare la figura di queste streghe. Sebbene questo libro, questo saggio, non tolga niente a tanti altri romanzi che leggo, privo di situazioni che le si può definire indimenticabili ma interessantissimo ed erudito per le tematiche trattate. Possibile esistenza di donne verosimilmente edotte, che disgraziatamente non poterono fare nulla se non ribellarsi pur quanto fu possibile. Forse un salto nel vuoto, ma contemplazione di scorci slegati al passaggio circostante, grumi di elementi fortuiti e ispezioni rapsodiane che entrando ed uscendo da un secolo ad un altro, carezzarono la mia anima con delicatezza. Perché in un certo senso i saggi trasmettono questo: informazioni che restano dentro.
Streghe va riconosciuto non tanto per il suo essere un trattato antropologico, un’opera storica imprescindibile e inconoscibile nella sua infinità, quanto per il numero esorbitante di informazioni e il suo modo di interiorizzare la donna di cui le stesse idee, la religione, i dogmi filosofici mediante cui si osserva il mondo offre un’idea di uguaglianza che non è assolutamente concepibile per il resto del mondo. Esseri finiti che vagano sotto un cielo infinito e che, sebbene le diversità di sesso, razza, lingua, dovremmo ostinarci a vivere scovando nel focolare della nostra intimità una vera ragione di appartenenza. Si osserva il tutto con rispetto, incapace di afferrarla appieno, distinguerla il più possibile dall’impossibile, autodefinendosi come verità assoluta nonché fondo sul quale si ancora ogni affermazione. Dispersa in qualcosa di molto più grande, specialmente quando l’uomo riconosce le sue qualità, le sue posizioni, gli sbarramenti gettando le basi su un nuovo avvenire.
Valutazione d’inchiostro: 4
Libro interessante, ottima recensione, grazie
RispondiEliminaA te 😊😊
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