Ecco cosa accade, quando mi approccio dinanzi a
qualcosa che mi coglie del tutto impreparata. Uno: la presente si approccia a
quella lettura con una smorfia stampata sulle labbra, la fronte corrugata, un
guazzabuglio di pensieri che conducono solo dinanzi all’insoddisfazione. Due:
la mia anima si sarebbe poi beata di tutto ciò, finendo anch’essa relegata fra
le grinfie della sua splendida essenza. Tre: senza alcuna parola o preambolo
avrei abbracciato tutto questo, confessando il mio amore, o, il mio stimato
godimento.
Un albero cresce a Brooklyn credo possa collocarsi in quest’ultima categoria, di cui ho apprezzato ogni singola pagina che mi è stata raccontata, respirando tuttavia un chè di triste che grava sulle nostre coscienze ma che, presto o tardi, avrebbe condotto dinanzi alla felicità. Alla scoperta di se stessi, alla bellezza del mondo circostante.
Niente di speciale, lo ammetto. Ma una saga famigliare che non lascia indifferenti, in quanto si afferma esclusivamente per le azioni, le vicende che si snodano. Il desiderio irrimediabile di essere liberi, cozza con l’impossibilità di esserlo, intrappolati fra le solide barriere di una cella che non lascia alcuna via di scampo, conferendo ingenuamente a chi legge messaggi di speranza o di cambiamento, fuggendo da qualunque nefandezza, qualunque cosa ci impedisca di rinascere, crescere e poi fiorire.
Un albero cresce a Brooklyn credo possa collocarsi in quest’ultima categoria, di cui ho apprezzato ogni singola pagina che mi è stata raccontata, respirando tuttavia un chè di triste che grava sulle nostre coscienze ma che, presto o tardi, avrebbe condotto dinanzi alla felicità. Alla scoperta di se stessi, alla bellezza del mondo circostante.
Niente di speciale, lo ammetto. Ma una saga famigliare che non lascia indifferenti, in quanto si afferma esclusivamente per le azioni, le vicende che si snodano. Il desiderio irrimediabile di essere liberi, cozza con l’impossibilità di esserlo, intrappolati fra le solide barriere di una cella che non lascia alcuna via di scampo, conferendo ingenuamente a chi legge messaggi di speranza o di cambiamento, fuggendo da qualunque nefandezza, qualunque cosa ci impedisca di rinascere, crescere e poi fiorire.
Titolo: Un albero cresce a Brooklyn
Autore: Betty Smith
Casa editrice: Neri Pozza
Prezzo: 14 €
N° di pagine: 575
Trama: È l'estate
del 1912 a Brooklyn. I raggi obliqui del sole illuminano il cortile della casa
dove abita Francie Nolan, riscaldano la vecchia palizzata consunta e le chiome
dell'albero che, come grandi ombrelli verdi, riparano la dimora dei Nolan.
Alcuni a Brooklyn lo chiamano l'Albero del Paradiso perché è l'unica pianta che
germogli sul cemento e cresca rigoglioso nei quartieri popolari. Insieme a suo
fratello Neeley, Francie raccoglie pezzi di stagnola che si trovano nei
pacchetti di sigarette e nelle gomme da masticare, stracci, carta, pezzi di
metallo e li vende in cambio di qualche cent. Francie se ne va a zonzo per
Brooklyn. Lungo il tragitto forse qualcuno le ricorderà che è un peccato che
una donna così graziosa come sua madre, ventinove anni, capelli neri e occhi
scuri, debba lavare i pavimenti per mantenere tutta la famiglia. Qualcun altro
magari le parlerà di Johnny, suo padre, il ragazzo più bello e più attaccato
alla bottiglia del vicinato, qualcuno infine le sussurrerà mezze parole
sull'allegro comportamento di sua zia Sissy con gli uomini. Francie ascolterà e
ogni parola sarà per lei una pugnalata al cuore, ma troverà, come sempre, la
forza per reagire, poiché lei è una bambina destinata a diventare una donna
sensibile e vera, forte come l'albero che, stretto fra il cemento di Brooklyn,
alza rami sempre più alti al cielo.
La recensione:
Tutto iniziò un pomeriggio di fine febbraio. Evidentemente il Fato
aveva redatto qualcosa di sconosciuto ma potente, per me, ed il mio desiderio
di imbarcarmi in questa nuova avventura, a distanza di qualche tempo, che
languiva sullo scaffale del mio Kobo, non solo lo ignorai impunemente, ma aprì
il mio cuore. Dichiarò la mia completa attenzione in una manciata di giorni. Ma
l’amicizia con la Smith, tuttavia, durante il corso della sua lettura, ha
subito delle leggere inclinazioni: l’approccio spontaneo subì qualche
cambiamento, man mano procedevo fra le sue pagine, mentre la mia coscienza
aveva allineato una trama. Una storia che sotto certi punti di vista non
possedeva niente di speciale, regalandomi emozioni che disgraziatamente non
potrò comparare con altri romanzi letti e vissuti in passato, ma che mi fece
sentire parte di una piccola grande famiglia che si muove mediante l’introspezione
acuta della protagonista, prestandosi a rintanarsi per più del dovuto fra le
stanze polverose del mio animo, e le cose andarono così come desideravo adesso che
la sua lettura è conclusa e da cui ho potuto constatare che il suo è un messaggio
importante e da cui potremo ricavare esempio.
All’improvviso me lo aspettavo, sebbene avessi scorto un chè di famigliare, non mi importava che anche esso avesse il pallino della rinascita, il desiderio di essere liberi e indipendenti, ma da grande appassionata di letteratura famigliare, soprattutto quella classica, di arte, una ragazza sensibile al mondo circostante, e tutto sommato questo mi è bastato, e che emozione fu scoprire che i suoi innumerevoli tentativi di crescere non furono vani, che niente e nessuno avrebbe potuto ostacolarla, che la Vita stessa le aveva impartito innumerevoli lezioni. L’apparenza, il ceto sociale erano motivo di scissione, se intesi in condizioni insane. Gli idiomi presenti cozzano con quelli del passato in cui, nonostante tutte le brutture scovano una certa speranza, sono forme sopite di felicità.
Non poteva durare, ovviamente. Questa bolla di felicità, questa vana speranza andavano messe da parte. La realtà avrebbe sbattuto in faccia qualcosa che ingenuamente si era dimenticato perché seppur Francoise è piuttosto matura per la sua età, non sempre le cose procedettero come desiderava. Nella remota stanza del suo bell’appartamento, un gigantesco e maestoso albero funse da riparo, da << barriera >> a qualunque assalto esterno. La guerra aveva decimato la popolazione in piccole comunità, in piccoli agglomerati urbani che aspirano a una vita priva di disabilità e zeppa di ricchezze. Mai liberi del tutto dal fardello della realtà circostante, surclassati dalla forza di una matrice che annienta lo spirito.
C’era la possibilità che il romanzo fosse nient’altro che un’allegoria alla vita stessa. L’albero era un elemento che dà linfa, influisce sui personaggi in quanto evidenzia la loro << corteccia >>, il loro carattere a saper contrastare il prossimo reagendo quando necessario, combattendo pur di non lasciarsi sopraffare.
Leggere questo romanzo mi ha servito per osservare meglio il mondo, criticarlo o giudicarlo nella sua vera essenza, ha acceso un piccolo fuocherello che pian pianino alimentò l’essenza della piccola Francie. Penso spesso che il rumore dei miei pensieri in proposito avrebbe potuto sovrastare ogni cosa e segretamente ho voluto conoscerla meglio; ma l’atrocità di certe situazioni, certi eventi erano tali che mi resero inquieta.
Appena mi accomiatai, capì che sapevo ancora molto poco di quanto fossi stata implicata nella realizzazione di un trattato storico, realistico e sociale, anche se, in effetti, avrei dovuto rendermi conto di non conoscerla affatto, e durante quei pochi istanti in cui realizzai ciò, come un Sansone che si riscuote, ho controllato la mia libreria, ho fatto ammenda di ciò che voglio e ciò che più mi piace, fui folgorata dal proposito di arricchire gli scaffali della mia libreria di altre piccole creaturine sconosciute. La realtà della situazione è che ci vorrà del tempo, purché ciò si realizzi, ma le congetture su questo progetto mi hanno spinta oltre.
Così ho contemplato l’idea di cibarmi di Un albero cresce a Brooklyn, come una violenta e indignata decisione istintiva. Non era altro che lo specchio dei desideri della sua autrice, e non per questo meno reale di quel che credevo, mostratosi così evidentemente nella stanchezza e nello sforzo di pomeriggi solitari, drammatici nel riporre nero su bianco, in pagine di diario, quanto ciò visse l’autrice: ciò che ne deriva è uno spettacolo orribile, ripugnante che, fra il fragore di un mondo che si dovrebbe assopire inarrestabile, regolato da consuetudini e leggi immutabili, mi ha fatta sentire adirata, addolorata, triste al pensiero soggettivo di una regina spietata, imprescindibile, intransigente e crudele, che avvelena chiunque.
Si scrive per ordinare le idee, osservare il mondo mediante occhi diversi e, subito dopo averle poste su bianco, arrivano le idee, i ricordi. In Un albero cresce a Brooklyn vi ho scorso il principio della fine … la nascita di una dinastia che giorno dopo giorno si avvia sempre più nella miseria, nel lastrico, e la sua fine, alimentata da episodi, sogni o speranze che coincidono con quello di condivisione e unione dell’autrice.
Questo albero a cui si
riferisce il titolo fornisce un introito sostanzioso e discreto nel farci
un’idea alquanto chiara sul processo puro e impuro della vita, miscelati
mediante alcuni aspetti biografici, da cui tuttavia si può cogliere una certa “iconicità”.
Sebbene sia del tutto assente, ma intesa come destabilizzante. Nociva. La Smith
ha conosciuto il significato intrinseco di questo termine, e ha dato vita dal
nulla un sogno di sangue, gloria, pianti e sorrisi che ha tenuto chiunque
immobili, incollati alle pagine di una storia che è lo specchio della vita
dell’autrice. Un piccolo universo raccolto e gentile, che in un brusco istante
si è formato attorno a me.
Così colorato, sofisticato, semplice, intimo e progressista da cui ho potuto vedere ogni cosa. Un foglio bianco, punteggiato da piccoli sbaffi e volteggi, adornato da linee rette, e solo dopo da frasi raffinate provenienti da un’anima arida. Il pallido riflesso di ciò che sono stati per l’autrice i suoi più intimi segreti, e di cui traspaiono particolari valori.
All’improvviso me lo aspettavo, sebbene avessi scorto un chè di famigliare, non mi importava che anche esso avesse il pallino della rinascita, il desiderio di essere liberi e indipendenti, ma da grande appassionata di letteratura famigliare, soprattutto quella classica, di arte, una ragazza sensibile al mondo circostante, e tutto sommato questo mi è bastato, e che emozione fu scoprire che i suoi innumerevoli tentativi di crescere non furono vani, che niente e nessuno avrebbe potuto ostacolarla, che la Vita stessa le aveva impartito innumerevoli lezioni. L’apparenza, il ceto sociale erano motivo di scissione, se intesi in condizioni insane. Gli idiomi presenti cozzano con quelli del passato in cui, nonostante tutte le brutture scovano una certa speranza, sono forme sopite di felicità.
Non poteva durare, ovviamente. Questa bolla di felicità, questa vana speranza andavano messe da parte. La realtà avrebbe sbattuto in faccia qualcosa che ingenuamente si era dimenticato perché seppur Francoise è piuttosto matura per la sua età, non sempre le cose procedettero come desiderava. Nella remota stanza del suo bell’appartamento, un gigantesco e maestoso albero funse da riparo, da << barriera >> a qualunque assalto esterno. La guerra aveva decimato la popolazione in piccole comunità, in piccoli agglomerati urbani che aspirano a una vita priva di disabilità e zeppa di ricchezze. Mai liberi del tutto dal fardello della realtà circostante, surclassati dalla forza di una matrice che annienta lo spirito.
C’era la possibilità che il romanzo fosse nient’altro che un’allegoria alla vita stessa. L’albero era un elemento che dà linfa, influisce sui personaggi in quanto evidenzia la loro << corteccia >>, il loro carattere a saper contrastare il prossimo reagendo quando necessario, combattendo pur di non lasciarsi sopraffare.
Leggere questo romanzo mi ha servito per osservare meglio il mondo, criticarlo o giudicarlo nella sua vera essenza, ha acceso un piccolo fuocherello che pian pianino alimentò l’essenza della piccola Francie. Penso spesso che il rumore dei miei pensieri in proposito avrebbe potuto sovrastare ogni cosa e segretamente ho voluto conoscerla meglio; ma l’atrocità di certe situazioni, certi eventi erano tali che mi resero inquieta.
Appena mi accomiatai, capì che sapevo ancora molto poco di quanto fossi stata implicata nella realizzazione di un trattato storico, realistico e sociale, anche se, in effetti, avrei dovuto rendermi conto di non conoscerla affatto, e durante quei pochi istanti in cui realizzai ciò, come un Sansone che si riscuote, ho controllato la mia libreria, ho fatto ammenda di ciò che voglio e ciò che più mi piace, fui folgorata dal proposito di arricchire gli scaffali della mia libreria di altre piccole creaturine sconosciute. La realtà della situazione è che ci vorrà del tempo, purché ciò si realizzi, ma le congetture su questo progetto mi hanno spinta oltre.
Così ho contemplato l’idea di cibarmi di Un albero cresce a Brooklyn, come una violenta e indignata decisione istintiva. Non era altro che lo specchio dei desideri della sua autrice, e non per questo meno reale di quel che credevo, mostratosi così evidentemente nella stanchezza e nello sforzo di pomeriggi solitari, drammatici nel riporre nero su bianco, in pagine di diario, quanto ciò visse l’autrice: ciò che ne deriva è uno spettacolo orribile, ripugnante che, fra il fragore di un mondo che si dovrebbe assopire inarrestabile, regolato da consuetudini e leggi immutabili, mi ha fatta sentire adirata, addolorata, triste al pensiero soggettivo di una regina spietata, imprescindibile, intransigente e crudele, che avvelena chiunque.
Si scrive per ordinare le idee, osservare il mondo mediante occhi diversi e, subito dopo averle poste su bianco, arrivano le idee, i ricordi. In Un albero cresce a Brooklyn vi ho scorso il principio della fine … la nascita di una dinastia che giorno dopo giorno si avvia sempre più nella miseria, nel lastrico, e la sua fine, alimentata da episodi, sogni o speranze che coincidono con quello di condivisione e unione dell’autrice.
Così colorato, sofisticato, semplice, intimo e progressista da cui ho potuto vedere ogni cosa. Un foglio bianco, punteggiato da piccoli sbaffi e volteggi, adornato da linee rette, e solo dopo da frasi raffinate provenienti da un’anima arida. Il pallido riflesso di ciò che sono stati per l’autrice i suoi più intimi segreti, e di cui traspaiono particolari valori.
Valutazione d’inchiostro: 4
Letto e recensito anni fa; ottima recensione, complimenti
RispondiEliminaGrazie! Spero ti sia piaciuto :)
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