Mi è stato fatto notare, che di questo romanzo avevo sentito parlare, qualche tempo fa, più precisamente quando fu pubblicato, e che io lo ignorai impunemente. Quella di Fuga di morte sembrava quel genere di storia a me più adatta, ma, in quel periodo non suscitò poi così tanto la mia attenzione né mi preoccupai di conoscerne la sua genesi, nè perchè quest’opera in patria fosse stato censurato e visse tranquillamente relegato nello scaffale virtuale del mio Kobo. Un’accozzaglia di antiche idee orientali, vecchie poesie che affondano le radici nella seconda guerra mondiale, lingua yeddish, il Gulag e tanta prostrazione. Nulla che non avessi visto o letto in passato, ma non così vistoso da considerarlo importante. Era come se l’anima di questa storia mi avesse chiamato.
Titolo: Fuga di morte
Autore: Keyi Sheng
Casa editrice: Fazi
Prezzo: 18, 50 €
N° di pagine: 429
Trama: Sulla piazza principale di Beiping, capitale dello Stato di Dayang, un giorno compare un enorme escremento a forma di pagoda: un atto dissacrante, che fa esplodere le gravi tensioni sociali latenti da tempo, innescando un movimento di protesta guidato da poeti e intellettuali. Yuan Mengliu, giovane e rispettato poeta, vive però una crisi profonda. Da un lato si dimostra incapace di sopportare la violenza della rivolta e della sua repressione da parte del governo, dall'altro non riesce ad abbracciare gli ideali rivoluzionari della sua compagna Qi Zi, la quale si afferma invece come leader della protesta. Quando la ragazza scomparirà in circostanze misteriose, Yuan Mengliu, ormai abbandonata la poesia e diventato un chirurgo, si metterà alla sua ricerca. Dopo anni di viaggi, si ritroverà in un luogo sperduto chiamato Valle dei Cigni: un mondo utopico apparentemente perfetto che si rivelerà invece sottoposto a imposizioni ferree dall'alto, dove ogni aspetto della vita è regolamentato ai fini del benessere dello Stato, con tragiche conseguenze.
La recensione:
Ogni fiore è un mondo, ogni albero una vita effimera. Forse, quello che posso dare è un nuovo mondo, un mondo sano dopo che hanno sperimentato la paura, l’odore del sangue, il dolore e l’introspezione.
Yuan Mengliv mi chiamò a gran voce. La sua anima aveva instillata nel corpo il dolore più sordo che potesse esistere, sopportando ogni cosa col silenzio che contraddistingue le anime più silenziosa, figura appartenente ad una grande metropoli in cui chi ne fa parte è un elemento rilevante di cui non si presta attenzione. Poiché l’umanità è un corpo di individui spinti all’uniformità e il Dio a cui si affida sembra essere sordo a preghiere o lamenti. Ma non io, che ho accolto il suo silenzio greve come una coperta fin troppo pesante. Non io, che ho nutrito un certo interesse nei suoi riguardi, nei riguardi di questa storia. Quanto a ciò che descrivevano le sue pagine, al messaggio << sopra le righe >>, il cui fine è quello di scovare il Male - quel qualcosa di disgustoso, preoccupante - e che bisogna contrastare con la scienza e l’unione. Solo così sarebbe stato possibile rievocare la verità, poichè combattendo sarebbe stato possibile ripristinare i propri interessi: l’amore, il potere, il sesso, controllando la loro vita. La poesia avrebbe aiutato a scovare la nostra esistenza, e fondare una società che possa renderci migliori degli altri come virtù celata e ben ristretta: le persone semplici con bisogni umani avrebbero combattuto per virtù celestiali come l’aria, la luce, la salute, l’amore, la libertà e il perseguimento della perfezione spirituale. La Shing parla infatti di gente umile, colpendo e arrivando dritto al punto, costretta fra i campi di lavoro durante il regime comunista che reclutava l’uomo come prigioniero. E la poesia, il suo messaggio, era parecchio simile a quello degli antichi poemi in cui la morte era l’unico espediente dinanzi alla sofferenza. L’unione, che avrebbe dovuto accrescere il potere della poesia, sollevando il morale dei rivoluzionari.
La Shing intavola una storia basata esclusivamente sulla poesia di Paul Celan, in cui mise in evidenza la monotonia che tristemente accompagna gli ebrei in campi di concentramento mediante forme di ossimoro, in un vortice di parole che si ripetono. Riferimenti biblici che nel complesso tentano di ricostruire e restituire voce a chi non aveva ne avrebbe più avuto voce, e alludendo continuamente alla frase “latte nero “ come espediente atroce della privazione di cibo e tutto ciò che era necessario per vivere. Ed, quanto a questa morte cui fa continuamente cenno, è un simulacro di anime morte, spiriti e ideali che poggiano il loro credo su dottrine buddiste. L’anima come rudimento, specialmente quando essa si discosta dalla morte, e le innumerevoli denunce del periodo Gulag dell’universo concentrazionario. Opponendo a qualcosa di nostalgico che si rivolti contro il comunismo, difendendo il patriottismo affinché l’autonomia locale decretasse il destino dei pochi. Comprendere a fondo l’usurpazione avrebbe equivalso a comprenderne qualunque forma restrittiva, scabrosa, in cui l’ammissione della colpa non sarebbe stata prevista, il tempo - seppur beneficio per ogni cosa che avrebbe colmato quel senso di vuoto, avrebbe spianato la strada ad una vita sempre più prosperosa, mediante simboli, avrebbe donato o trasmesso assetti di vita quotidiana in cui sarebbero stati ripristinati quegli elementi in cui l’amore avrebbe colmato quel senso di vuoto.
Ho avvertito impunemente un forte senso di abbandono, poiché la poesia era linfa vitale della vita, che non solo avrebbe estirpato il Male quanto donato luce e bellezza. C’è stato qualcosa di patetico, ma anche di triste in tutto questo, i cui versi di Paul Celon riflettono la più trasparente libertà assoluta: quel grido di dolore che descrive la vita nei campi di concentramento, denuncia della condizione di quei prigionieri che mise a nudo la crudeltà dei nazisti nella sua elementare e banalissima quotidianità. E questa fuga cui fa continuamente riferimento il titolo è un rifacimento alla forma musicale di Bach e che nel poema coincide col desiderio ambivalente di elaborare un’idea, richiamo posizionalmente infetto, misero dei nazisti agli ebrei prigionieri nei campi, suonando e marciando durante pene e tormenti, divenendo così emblema poetica della riflessione critica intorno all’olocaustro. La sua diffusione contribuì a costruire un modo particolare di liberazione dai sensi di colpa dei nazisti, definito testo di resistenza perché scritto in origine dopo la guerra richiamando un periodo bellico simile, mediante quel tentativo lucidissimo di trasformare l’amore assoluto in immagini e linguaggio.
Per giunta, nelle moderne società di oggi, in cui ognuno vive sempre più separato dalla propria comunità, diventa attraente appartenere, essere coinvolti assieme ad altri ad un progetto di dimensioni globali. Questa Fuga di morte funge da espediente a tutto questo poichè già solo dal tono è possibile avvertire la cadenza frenetica di una filastrocca, molti dettagli che danno e trasmettono l’impressione di trovarci dentro un mondo stregato. E proiettato in un luogo in cui le anime sono intrappolate, bistrattate, morte a se stessa, in tutto questo è stato possibile racchiudere ogni assetto positivo, bello che tuttavia sembra il tempo stia per perdere amaramente. Nel fenomeno del Gulag c’è poi da considerare come il governo anarchica cui è sorretto e che nessuno può scacciare rende l’uomo entusiasta, indifferente al male altrui, rompendo e frantumando quella bolla di pace e solennità dietro cui ci si rifugia, colmando tuttavia mediante forme di serenità e misericordia.
La vecchia Cina era una complessa società tenuta assieme da valori di origine e gerarchi dai quali l’uomo moderno può fuggire battendo i sentieri mistici dell’ebraismo, del popolo Yiddish e del buddismo. La Cina odierna forse conoscerà già i valori, tranne quelli del denaro e dell’egoismo. Eppure quello che ci è dato è un bellissimo ritratto alla vita, al passato, alla misericordia mediante la profondità di sentimenti e sensazioni che sono inculcati nell’animo umano, che sebbene affonda le sue radici nell’antichità è un romanzo attualissimo poiché narra di sommosse che disgraziatamente sono ancora diffuse come piaghe suppurante, nella Cina odierna. La poesia sarebbe divenuta struttura architettonica di un meccanismo letterario che non credo siano appropriati per tutti, ma sicuramente per chi desidera comprendere la vita mediante la bellezza di parole non sempre chiare quanto velate.
Valutazione d’inchiostro: 4 e mezzo
Interessante, ottima recensione, grazie
RispondiEliminaA te :)
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