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giovedì, aprile 18, 2024

Gocce d'inchiostro: La malattia - Alberto Barrera Tyszka

Lentamente il mondo finirà per tutti, anche per chi crede di essere invincibile e ingenuamente eterni. Alla fine dei giochi, ogni cosa che era sembrata terribile o bellissima, a seconda dei casi, calerà il sipario, su qualunque scenario ci si trovi, e ci recheremo nell’unico posto in cui saremmo liberi di essere: nel paradiso. Da credente e cristiana praticante, credo fortemente che esista un paradiso, un luogo specifico per ogni anima, checchè essa sia buona o cattiva, ma il cui destino non è molto differente dal mondo fuori. La gente all’inizio si impelaga in inutili discussioni, in questioni che non hanno una vera e propria origine, quanto domare quella bestia della solitudine, tutta presa ad annientarla completamente. C’è chi fa di tutto questo una sorta di alleanza, fa si che la solitudine diventi la sua unica amica, chi invece impiega ore preziose del suo tempo a colmarla, in qualunque modo. Il protagonista di questa storia, in un certo senso attua comportamenti simili. Combatte una lotta impari con la morte, la solitudine, ma allo stesso tempo sa che di questo ennesimo scontro non avrà esito positivo, poichè perdente dall’inizio, avendo consapevolezza che questa volta la motivazione di certe acute e profonde riflessioni sia più importante di quel che si crede. Questo silenzio, sin dal principio, si muove in una bolla di solitudine, in sentimenti di angoscia e repulsione dell’anima che sono facilmente riconducibili alla vita che lentamente sta appassendo, giorno dopo giorno. La vita e la morte, anime affini che divengono sguardo o squarcio sul tempo, sulla vita in generale da cui ci si impegna a scorgere uno sprazzo di luce, in una cortina di oppressione e poca lucidità. Non potendo nemmeno sfuggire alla protezione o alla garanzia di chi lo affianca, come il protagonista di questa storia, limitando a questi la stessa libertà.


Titolo: La malattia

Autore: Alberto Barrera Tyszka

Casa editrice: Einaudi

Prezzo: 13, 50 €

N° di pagine: 159

Trama: Andrés Miranda è medico. Quando viene a sapere che suo padre è gravemente ammalato, si vede costretto ad affrontare una situazione angosciosa e del tutto inedita: l'etica professionale gli suggerisce di dire la verità, il sentimento lo induce a tacerla, tradendo però così i principi di reciproca lealtà che sino a quel momento hanno caratterizzato il rapporto fra padre e figlio. Ernesto Duràn è un suo ex paziente che soffre di tutti i sintomi di un male che, secondo lui, lo porterà alla morte; preda di un'ossessione che trascende la semplice ipocondria, inizia con crescente insistenza a scrivergli e-mail che rimangono però senza risposta. La presenza della malattia nella vita di queste due persone tanto diverse - il medico che conosce i segreti del corpo umano ma che è ostaggio del silenzio, e il paziente che l'ansia rende loquace impedendogli allo stesso tempo di vivere - è l'architrave su cui poggia questo intenso romanzo sulla fragilità dell'esistenza, sul dolore e sulla malattia come elemento sostanziale della vita.

La recensione:

Ci ho riflettuto a lungo, tante nuove idee, pensieri e riflessioni che per qualche giorno non avevano una vera e propria predominanza. Nel senso che, ci ho pensato, ma non avrei dovuto pensarci così tanto. Perchè quando mi imbatto nella lettura di certi testi, di romanzi che sono fili invisibili e instabili, in bilico fra la vita e la morte, non posso fare a meno di sentirmi coinvolta, talmente presa che mi pongo al posto dei personaggi, di queste figure che si mossero dinanzi al mio personalissimo cerchio, e mi sento… strana. Mi sento come fossi un pesce fuor d’acqua, la cui vita è scorta tranquillamente, sino a questo momento, senza dover tenere conto dell’imprevedibilità del Destino. Di sorprese, di allarmismi vari, la vita ce ne riserva a non finire, ma di morte… Alla morte non ci penso così spesso! La vita dopo la morte, del suo sentirsi avulsi e fagocitati, nel momento in cui ogni cosa avrà fine, in cui bisogna imparare e fare peso degli anni trascorsi e passati, era un tipo di questione cui non avevo mai prestato così tanta attenzione come adesso. Al lavoro, come segretaria in uno studio medico devo molto, poiché mi ha << preparata >> maggiormente alla vita, ha rafforzato quella dura corazza dietro cui mi barrico, così impenetrabile per chiunque, ma non ero mai stata assalita dall’idea che, così come è imprevedibile il destino, possa essere imprevedibile la morte.

Una mattina ci si sveglia, e devi fare i conti con la consapevolezza che da un momento all’altro potresti morire perchè non ci sono più vie d'uscita. Dio, così buono e onnipotente, a quanto pare si è dimenticato di vegliare su di te, ed ha inferto il suo colpo come un forte fendente. Poco dopo, in un momento di rabbia eretica, senza pensarci troppo stermini tutta la schiera di parenti, amici o conoscenti che si avventano pur di darti conforto, compassione, toccando la tua preziosa sensibilità come un tesoro inestimabile. E’ uno dei più ridicoli atti di comprensione, più silenziosi e perbene che possano mai essere rivolti, poichè nessuno comprenderà effettivamente come ti senti. Chi o cosa vorrebbe il tuo cuore. Eppure, vivere al presente vuol dire anche questo: non capire quel miracoloso moltiplicarsi di anime penitenti che si raggruppano esclusivamente in un momento come questo, anzichè quando ci si guarda attorno, e consapevoli della solitudine, fiero di non dover dipendere da niente e nessuno.

Andrès Miranda, nel momento in cui seppe che il suo amato padre stava per lasciare questa terra, si chiese tutto questo. Si chiese cosa abbia voluto dire conoscere la medicina entro i limiti e i poteri della natura, cosa avrebbe dovuto dirgli nel momento in cui avrebbe avuto una diagnosi effettiva, come prolungare le sue atroci sofferenze purchè la Donna della Falce lo avrebbe abbracciato quietamente. La malattia che ha intaccato il suo unico padre era come una camera a gas, zeppo di medicine somministrate che avrebbero comportato effetti, benefici e non, sbuffando nell’atmosfera soffocanti nuvole di rimorso e rancore. Avendo a che fare con malati, giorno dopo giorno, non credendo che nel momento lo avrebbe toccato da vicino non voleva crederci. Il suo cuore era divenuto un pantano, invaso da pensieri foschi e da turbamenti che colpiscono a fondo come una magagna.

Mi è davvero piaciuto essere stata per qualche ora in un ospedale. Diversa gente, diversi colori, diverse storie. Penso a come siano davvero strane le sorprese che talvolta ci riserva la vita. O forse quel che mi succede? Con l'approssimarsi del mese di aprile, accettando la sfida letteraria indetta su Facebook, avevo preso in mano la situazione, avevo cominciato a guardarmi intorno con altri occhi. Sarebbe stata una storia dal sapore dolce amaro a fiondarmi fra le pagine di un romanzo che non conoscevo, ma che han ben dodici anni,  con un certo disagio, ma  anche una certa luce, potenzialità, rinascita. Questo <<disagio>> mi fece scoprire e, con gli anni, apprezzare la vita in generale, con una maturità o una consapevolezza maggiore, se non fosse che qualche anno fa ho dovuto riprenderla in mano. Forse qualcosa dentro di me esigeva un ricordo, ed ecco che leggo di un padre prostrato dal cancro.... per farmi ricordare. Santo cielo, pensavo proprio un bel ricordo!

Eppure, questo consumarsi lentamente fra la vita e la morte mi era entrato sotto pelle, quel treno che conduce al paradiso che si impantana in stazioni umidi e soffocanti, non in maniera spropositata ma nemmeno ridotta, mi dava pensiero. E' un po' quel genere di domanda che ancora la scienza non riesce a dare una risposta, anche se penso che la catena di eventi che determinano il nostro personale destino dipenda proprio da noi stessi. Ho avuto l'impressione di assistere ai vani salti di un acrobata che volteggia per aria tra un trapezio e un altro... finché una delle sbarre manca alla presa. Così la mia mente concepiva la condizione di un uomo qualunque, precipitando nel vuoto.

Ero consapevole che, pur con tutto l'entusiasmo che avevo riposto nell’abbracciare questo testo, non potevo seriamente ignorare l'ipotesi di sprofondare, giorno dopo giorno, in un sotterraneo buio in cui non avrei trovato limiti, da cui non conosco la fine e che forse non aveva via d'uscita. Forse ero io stessa vittima di un grande tormento interiore, ma la situazione era questa: triste, irrimediabile. Certamente Andres avrebbe trovato la giusta strada per conferire al padre la pace, ma non riuscivo a capacitarmi del perché la vita sia così ingiusta. Mettere fine anche alla sua produzione di cellule impazzite. E il solo fatto che dovessi assistere impotente a tutto ciò aumenta il fastidio che il mio aiuto non sarebbe servito a niente.

Con la mia solita poltrona preferita, su cui partii all'ultimo minuto, mentre il sole stava per tramontare, planai in un luogo le cui pareti erano bianche immacolate e profumate di candeggina. In un mondo che non era poi così lontano dal mio ma in cui mi sono persa completamente. Camminando lungo la riva dell’assurdo, osservando impunemente queste povere anime, dando l'impressione di essere rinchiusi in un guscio.

Presi tutta questa tenerezza come qualcosa di infinitamente dolce. E leggere La malattia, dunque, ha alimentato ricordi deteriorati dal tempo, che si infrangono come un'onda sulle sponde del tempo. Il desiderio di voler tornare indietro nel tempo per spazzare via tutta la tristezza, ma con la sensazione che, se lo avrebbero fatto, se ne sarebbe andata anche la gioia. Quale tipo di gioia? Semplice, quella incastonata in quegli ultimi attimi da trascorrere. O, i ricordi che vengono assimilati e accettati come una condanna, lasciandoli che li guidino tutte le volte che si affacciano alla loro memoria.

Ho avvertito questo forte sentimento d’angoscia, di repulsione, di ritrosia propagarsi sulla mia pelle come espressione di idee, emozioni e sentimenti dei protagonisti o metafora di solidarietà e conforto. Una lettura cruda, intensa ma algida e inavvicinabile che nonostante parli di vita e di morte, genera compassione ma non emoziona. Non giunge a piena maturazione né a penetrare membrana dopo membrana nel cuore di chi legge, perché dal palcoscenico artificioso della vita si osserva la clessidra del tempo scorrere come in un palmo di una mano. Troppo impegnati a rendere prezioso ogni attimo concesso. Osannare l'amore intenso di un padre che dovrà abbandonarsi a un destino così crudele e egoista, che lo condurrà dinanzi a una strada che non è più in salita ma in discesa.

Guazzabuglio di immagini dalle diverse tonalità, serie di sfumature, dalle più chiare a quelle più scure o viceversa, ritratto umano terribilmente realistico e coinvolgente di protagonisti soli e incompresi, La malattia è un cuore debole che ancora palpita in cui possiamo riconoscere un pezzo di noi stessi, scovare un fondo di verità in pensieri che fagocitano, dilaniano con irruenza e impetuosità.

Valutazione d’inchiostro: 3 e mezzo


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