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domenica, settembre 29, 2024

Gocce d'inchiostro: Arabella - Georgette Heyer

Ne ho divorato un infinità di storie come queste, e quando riuscivano a distruggermi completamente, proprio come io desideravo, li osannavo. Confido che quell'autore scrivesse presto qualcos'altro, o io mi ci fiondo a leggere qualcosa di cui non ne conoscevo l'esistenza. E, facendo tutto ciò che mi è possibile per renderlo possibile, mi premuro di cantarne le lodi, descrivendo nelle mie recensioni l'autore come un personaggio ammirevole. Proprio in questa luce quest'oggi avrei voluto premurarmi a giudicare questa ennesima lettura classica come un romanzo memorabile. Un romanzo la cui autrice era per me sconosciuta  e che non si può dire sia stata una "rivelazione". Ne penso che, se la Austen fosse stata in vita, avrebbe fatto i salti di gioia constatando come una delle sue opere di spicco sia stata predisposta a non poter lasciare un solco nel cuore di chi legge. Con semplicità e tedio le cui immagini propinateci sono state identiche a quella della Austen, pur di non cercare il pelo nell'uovo ho decretato e concluso il romanzo della Heyer con un sonoro "Ni". Perché, vi starete chiedendo? Perché quello che cercavo io era una vera e propria ode all’amore austeniano e qui di amore ne ho scovato molto poco.


Titolo: Arabella
Autore: Georgette Heyer

Casa editrice: Astoria

Prezzo: 18 €

N° di pagine: 336

Trama: In viaggio verso Londra, alla ricerca del ricco marito che il povero Yorkshire non le può offrire, Arabella Tallant ha la sventura di ritrovarsi su una carrozza inservibile e la prontezza di volgere quell’inconveniente a suo vantaggio. Nel cercare rifugio per sé e per l’anziana governante che la accompagna, infatti, si ritrova nella dimora di Robert Beaumaris, uno degli uomini più facoltosi e seducenti di tutta Londra. Cenerentola ha dunque incontrato il suo Principe Azzurro? Non proprio: Arabella è troppo fiera, troppo incantevole e troppo impulsiva per starsene umilmente da parte; Robert è troppo aristocraticamente annoiato per mettersi alla ricerca della scarpetta; e il Bel Mondo londinese è troppo impiccione e ottuso per favorire il vero amore. Così, in un irresistibile gioco di equivoci, coincidenze, menzogne e colpi di scena, Arabella ingaggia un tempestoso duello con un avversario del tutto degno di lei, mentre intorno a loro si agitano un fratello assai incauto e un gentiluomo molto cauto, una (fata) madrina senza – purtroppo – poteri magici e un’anziana e temibilissima gentildonna. E se il finale è gioiosamente prevedibile, rimangono però intatti il piacere e la sorpresa di leggere questo delizioso romanzo della scrittrice più romantica e appassionante in assoluto.


La recensione:

Si chiama curiosità, quella sete insaziabile di conoscenza, alimento per la mia anima, nonché sostentamento della stessa. Si chiama curiosità quello splendido astro che veglia su di noi, assiste a spericolate avventure, a qualunque tempesta, che quando meno ce lo aspettiamo ci trascina o sballotta da un posto ad un altro. A volte mi sono trovata, con un battito di ciglia, a camminare lungo una strada da cui non sapevo nemmeno potessi percorrere, scappando o restando, sulla Terra o su un altro pianeta. La vita, il Fato mi rincorre sempre, in questi casi, ma poi alla fine ciò che riesco ad avere sulle mani è qualcosa di bello o importante… Così come in un improvviso temporale, in un banco di nuvole e pioggia si può scorgere anche il sole. Il sole rispecchia sempre tutto ciò che faccio, la mia anima, il mio carattere, e seppur, come tutti, a volte è annuvolato da brutti e cupi nuvoloni, presto o tardi una ventata di vita lo spazza via.

Forse sono matta, ma credo che osservando il cielo si inneschi una specie di magia. Si, quella di scorgere il volto di giovani uomini o donne, anime care e perdute, o semplicemente allietare lo spirito con la bellezza e i colori della natura. Senza alcun obbligo, volendo essere ciò che più desideriamo essere: liberi. Di qualunque tipo di libertà parli, conferendo qualcosa, suggerendo una visione più chiara e netta di ciò che alberga nel mondo esterno - o interno. Nel mio, niente da definirsi importante o facilmente riconducibile a costrizioni o imposizioni dell’anima, quanto libertà nel senso più comune del termine. Di quel modo di cui i saggi spesso e volentieri decantano con le sue culture, dicendo che si tratta di qualcosa che è insita in noi.

L’uomo moderno, effettivamente, pensa sempre a questo mondo. Quello suo personale in cui quella libertà interiore a cui si va spesso incontro delle volte non coincide con l’ambiente circostante. Non dipende da noi, ma dalla vita stessa. E Arabella, la protagonista di questa storia, sa che fino a qualche tempo fa poteva essere grata di tutto questo. Bella, altezzosa e ricca, consapevole che il suo prestigio non dipendesse esclusivamente dal suo conto in banca quanto dalla sua bellezza; un uomo dopo l’altro, rischiava di farne una strage di cuori! Eppure nel momento in cui la conosciamo, Arabella è rinchiusa in una bolla di false allusioni e pretese che non hanno coinciso con l’idea che mi ero fatta, precedentemente, sul suo conto, in quanto non serve essere bella per attrarre quanto anche le attenzioni che si riversano, l'atteggiamento, il modo di porsi.

Ogni giorno leggo storie in cui l’amore è protagonista assoluto. Come vincere la parsimoniosa necessità di scrivere, riporre nero su bianco tutto ciò che mi passa per la testa, che mi ha preso alla gola all'improvviso, proditoriamente, sgorgando da una melodia, da una vecchia lettura, da un libro che non si annovera fra le mie migliori letture di sempre ma la cui compagnia è stata davvero piacevole, dai colori di un vestito, da un atteggiamento non sempre gentile o dal passo di qualche sconosciuto? Facendo di questa recensione una parte di ciò che è Letteratura. Perché Arabella è stato accostato a quel grande pezzo del mio cuore che è Orgoglio e pregiudizio, ma, cercando parole di cui nemmeno io sapevo di possedere, cesellando frasi nuove, non potendo dare forma agli incauti sussulti del mio cuore, con un certo stile e una certa eloquenza, come invece speravo. Ritagliando la storia di Miss Arabella e Mr Roch… ah, pardon, di Mr Robert Beaumaris. Usando questo battesimo magico, affinché potesse tenermi saldamente incollata ad un mondo in cui avrei voluto far perdere completamente le mie tracce.

Non sono caduta a pezzi, come piace definire certi classici, ma non ho perso nemmeno fiducia in me stessa nell'approcciarsi alla lettura di un testo che, sin dalle prime battiture non attrae, ma solo scrivendo riesco ad esprimere i miei sentimenti, quando di pagine da riempire in proposito ce ne sarebbero, ma quello che mi sento di precisare, sin dal principio, è che non trattasi di una storia insoddisfacente, orribile, detestabile, quanto di una storia che ha il sapore austeniano, un pò noiosetta ma algida come un pezzo di ghiaccio. L’amore assoluto che tesso, giorno dopo giorno, alle parole ne è testimone. E, quanto sembra strano parlare di amore di un romanzo che di amore sembra esserne quasi privo? Non che non se ne scorge, ma quello sprazzo che si intravede non ha illuminato il mio cuore. Non si è accaparrato un posto speciale nel mio cuore, sebbene io l’abbia desiderato. Ogni cosa trasuda elementi austeniani, ma qui difficilmente riconducibili alle virtù poco accese, quasi invisibili della sua protagonista, e di un uomo che non attira nemmeno per i suoi modi gentili.

Come ogni romanzo che leggo, anche questa lettura ha trovato in me un’immagine intatta di me stessa, del mio potenziale. Ho sempre pensato che leggere sia un buon modo per scavare a fondo in sentimenti di cui non sapevamo di possedere, aggrappandosi a una certa idea o immagine che riflettesse la stessa. Eppure di sentimenti questo testo sembra esserne privo. Il mio cuore non ha potuto sussultare, come un piccolo colibrì, nemmeno quando avrei dovuto esserne distrutta. Perché questi personaggi, queste caricature di un anima appassionata ma non romantica non si sono allineate con i miei sentimenti, non gettando quella luce che, ero convinta, mi inducesse a trovarmi in compagnia di copie austeniane, e di cui mi sono adornata per una manciata di giorni.

Mi ci è voluto un po' di tempo affinché lo capissi, e il suono di una voce apparentemente familiare e cara all'orecchio era mutato in silenzio. Quando il passare del tempo, nuove ed entusiasmante letture che invitano a varcare la soglia di mondi altrettanto straordinari dimostrano la realtà dell'abbandono, allora si comincia a dimenticare, a trascurare, a ricordare dei romanzi solo quello che è necessario. E di questa storia, alla fine, serberò solo il ricordo della sua piacevole compagnia.

Vivendo nell'immaginazione la vita di una ragazza, a cui affida i suoi pensieri alla carta, adoperando il linguaggio del cuore, che possa dar sfogo ed espressione al bruciante ardore della sua anima, ho tentato di porre rimedio alla limitatezza della mia esistenza, trovando un margine di libertà in cui spesso vi ho cercato rifugio.

La brama di possedere qualcosa che è sempre stato mio danzava tra le pareti stracolme della mia libreria, solleticando la mia pelle, dipingendo figure di carta grigia nel vuoto. Mi sono affiancata a una ragazza i cui occhi e la cui anima erano distanti da me, che, col suo fare altezzoso, frivolo, tenta di raddrizzare l'equilibrio cinico e distaccato dell'antipatico Robert come uno straordinario film. Un continuo gioco del cuore umano che induce a guardare il temperamento di ognuno di noi, soppiantato dalle credenze e dalle vedute del secolo, che incautamente spingono verso un abisso di voli pindarici.

Valutazione d’inchiostro: 3

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