Titolo: L'incolore Tazaki Tsukuru e i suoi anni di pellegrinaggio
Autore: Murakami Haruki
Prezzo: 12€
Casa editrice: Einaudi
N° di pagine: 260
Trama: A Nagoya abitano cinque ragazzi, tre maschi e due femmine, che
tra i sedici e i vent'anni vivono la più perfetta e pura delle amicizie. Almeno
fino al secondo anno di università, quando uno di loro, Tazaki Tsukuru, riceve
una telefonata dagli altri: non deve più cercarli. Da quel giorno, senza
nessuna spiegazione, non li vedrà mai più: non ci saranno mai più ore e ore
passate a parlare di tutto e a confidarsi ogni cosa, mai più pomeriggi ad
ascoltare la splendida Shiro suonare Liszt, mai più Tsukuru avrà qualcuno di
cui potersi fidare. Il dolore è cosi lacerante che nel cuore del ragazzo si
spalanca un abisso che solo il desiderio di morire è in grado di colmare. Dopo
sei mesi trascorsi praticamente senza mangiare né uscire di casa, nelle tenebre
di un'infelicità senza desideri, Tzukuru torna faticosamente alla vita ma
scopre di essere cambiato. Non solo nel fisico - più magro, dai lineamenti più
duri e taglienti - ma anche, soprattutto, nell'animo. Ancora oggi, quando ormai
ha trentasei anni, continua a vivere con l'ombra di quel rifiuto che lo
accompagna sempre, come una musica che resta sospesa nell'aria anche quando non
c'è più nessuno a suonarla. L'incontro con Sara, che intuisce l'inquietudine
nascosta dietro l'apparente ordinarietà di Tsukuru, sarà l'occasione per
rispondere a quelle domande che per sedici anni l'hanno ossessionato ma che non
ha mai avuto il coraggio di affrontare.
La recensione:
A unire il cuore delle persone non è soltanto la sintonia dei sentimenti.
I cuori delle persone vengono uniti ancora più intimamente dalle ferite.
Sofferenza con sofferenza. Fragilità con fragilità. Non c'è pace esente da
grida di dolore, non c'è perdono senza sangue sparso sul terreno, non c'è
accettazione che non nasca da una perdita. Perché alla radice della vera
armonia ci sono dolore, sangue e perdite.
Se Murakami Haruki rappresenta uno
degli autori contemporanei più amati negli ultimi tempi, è forse perché il mio
pensiero nei suoi riguardi assomiglia molto a una composizione che rispecchia
una certa tristezza tipica dei sognatori che, come un avvolgente oscurità, mi
comprende dentro di sé. Percependo il mio calore e la mia essenza, rendendomi
parte di lui, col cuore che sembra riempirsi di una dolce malinconia. Così puro,
così intenso, che nella mia mente non avevo mai associato un'immagine concreta
che non fosse all'altezza. L'arte dello scrivere, l'aprirsi a dismisura pur di
non sentirsi mai soli abbastanza, è uno dei pilastri che ne compongono la
produzione: infondono un paesaggio spoglio e tetro, nostalgico e malinconico,
come solitari uccelli notturni che trovano sotto il tetto di una casa
abbandonata un riparo sicuro dove riposare.
La ragione per cui mi indusse a
fiondarmi fra le pagine di L'incolore
Tazaki Tsukuru e i suoi anni di pellegrinaggio, e che ha accresciuto in me
quella forte attrazione nei riguardi dell'autore era chiarissima: lui e la sua
strana storia erano stati gli amici più intimi, in un periodo non troppo
distante dal Natale. Di punto in bianco, senza lasciare spazio a discussioni o
motivazioni. E senza il minimo preavviso su cosa mi avesse spinto a tornare lì,
nella mia amata Tokyo, così spettrale e suggestiva. Né, del resto, io avevo
osato domandarmelo.
Piccoli dettagli che si stagliano nel
nulla e che, come una sorta di rituale sacro, mi permettono di trovare la
storia giusta che faccia al caso mio. Illuminassero i corridoi bui della mia
anima. L'ennesimo dramma surreale nonché teatro di ricerca in cui i sogni, i
ricordi e la realtà si fondono.
Ho sempre avuto un debole per
quest'autore, sin dal primo incontro, e in svariati momenti della mia vita le
sue storie mi colpirono con violenza. Trasmettono solitudine, tristezza,
facilmente rintracciabili in pagine bianche il cui pallore minacciano come una
sottile lama. Nel silenzio delle mie nottate, ho avvertito le radici di questa
solitudine propagarsi serpeggiando. Ho visto un uomo solo e infelice che,
lentamente e inconsapevolmente, da una landa deserta cosparsa di rocce da cui
non filtra alcuna goccia d'acqua, alcuna luminosità, è scivolato verso il
territorio del nulla. Lungo il piano inclinato, scivoloso e senza appiglio
della sua coscienza. Così insignificante, vana, che lo costringe a trasportare il peso
insopprimibile dell'isolamento come un cavo lungo centinaia di chilometri tesi
fino allo spasimo.
Parole che turbano e allo stesso
tempo evocano immagini vaghe e lontane, mi hanno fatto cullare dalla sensazione
di essere circondata da ombre evanescenti prigioniere. Anime vagabonde e
inquiete che aspettano un cambiamento. Una metamorfosi, che li indurrà a
percepire tutto ciò che li circonda in maniera completamente diversa.
Dalla mia postazione preferita, restavo
semplicemente lì, comodamente seduta, assorbita completamente dalla storia.
Però nel mio inconscio stavo aspettando che la luce di questa nuova storia
rischiarasse le tenebre del mio animo. Quello sprazzo di luce abbagliante che,
anche se per poco tempo, comparve sporadicamente rammentandomi i miei più
validi motivi per cui abbia deciso d'imbarcarmi in questa nuova storia.
Considerando che Murakami è un maestro nel creare <<l'atmosfera>>,
quando meno me lo aspetto, prima o poi doveva accadere. Aspettavo solo questo,
l'arrivo di un bel raggio di sole. Era l'unica cosa che desideravo aspettare.
La luce era lì. Dovevo solamente metterla a fuoco. E nel momento in cui ciò
accadde, quasi senza rendermene conto, conobbi la potenza di quell'abbraccio.
Un abbraccio che ci abbandona allo scorrere del tempo, in cui sono fusi passato
e presente, e forse anche un po' di futuro.
Ho ancora nelle orecchie brani della
sua poetica musica, che avrei ascoltato e riascoltato. Ho cercato di sottrarmi
da questa malinconia, che pervade il romanzo, immergendomi completamente, e
successivamente distaccandomi dal protagonista Tazaki. Da questo recipiente il
cui contenitore è stato sostituito. Qualcosa che solo per praticità ha ancora
un nome. Lo scorrere inesorabile del tempo lo invecchia sempre di più, mentre
nel suo cuore vuoto una sottile membrana avvolge le sue emozioni.
Pensando, crescendo, respirando,
vivendo, trasformandosi storie, le parole di questo ennesimo straordinario
ritratto della realtà umana mi hanno trascinata in un luogo in cui è
impossibile scovare una via di fuga, in cui i personaggi hanno preso vita nel
momento d'iniziazione della loro esistenza. Mi sono avvicinata a tal punto che,
guardando Tazaki negli occhi, ho avuto la sensazione di essere toccata. L'ho
scrutato fin dentro al suo animo, come se fosse in un luogo spoglio e solitario
al cui interno non c'è alcuna presenza umana. Solo un silenzio tetro e opprimente. Ho avvertito la sua paura, ho
visto le impennate amorose che popolano i suoi sogni ogni notte. Ho sentito i
temibili pensieri che lo assillano la notte, all'idea di essere solo, al buio,
lontano da migliaia di prospettive in qualunque luogo provenga. Impegnato in
una muta ricerca, isolato in un luogo in cui è possibile tenere in serbo le
sostanze indispensabili alla crescita, sospeso nella misura del possibile,
compatto ad agire come un unico essere. Famigliare e allo stesso tempo
estraneo.
Conforme a questa realtà che lui ha
scelto, nonostante questo abbia comportato qualche problema, ho avvertito uno
strano senso di vuoto, di sconforto, come se ogni rimasuglio di felicità fosse
stato spazzato via. E, lasciando un segno del mio passaggio, ho visto i suoi
sogni. La cui luce trapela appena lungo i contorni del suo corpo. Una sorta di
alone che solo Tsukuru riesce a distinguere.
Il surrealismo magico che lo rese
famoso, qui, è vagamente accennato in quanto l'autore racconta il romanzo come
se disfacesse i nodi della corda della sua giovane età, rivedendo i fatti
lentamente. Ci parla un po' più del protagonista e di un periodo estremamente
delicato della sua vita, in cui si resta inevitabilmente feriti o provati. Acuta
e penetrante la generale malinconia che sovrasta i suoi romanzi, gli stessi
personaggi, infatti, avvertono il dolore e tutto ciò che ne comporta come un
malessere incurabile. Inducendoli a condurre una vita negativa e ingiusta con
qualcosa di estremamente iniquo, parassiti di una materia che potrebbe non
appartenergli.
L'incolore Tazaki Tsukuru e i suoi anni di pellegrinaggio è un romanzo profondo, delicato,
intenso, ma che risulta un po' insoddisfacente. A tratti carente, per i
continui sensi di colpa che attanagliano l'anima del protagonista. Una penombra
naturale, improvvisa e sconosciuta, che si alterna periodicamente a un'oscurità
sconfinata.
Un romanzo che è un sentimento di
natura sconosciuta. Un sentimento in cui, il senso di colpa, si mescola
indissolubilmente all'attrazione. E che, come uno sfuggente miscuglio di realtà
e irrealtà, nasce cresce e poi muore da un luogo scuro, quasi inaccessibile per
tutti.
Penso che la verità sia come una città sepolta. Ci sono casi in cui col
passare del tempo si accumula sempre più sabbia, altri in cui la sabbia viene
soffiata via e tutto torna alla luce.
Valutazione d'inchiostro: 4
Io e Murakami abbiamo un rapporto di amore e odio, mi piacciono i suoi spunti originale, ma poi nello sviluppo lo trovo prolisso e ripetitivo. Sono d'accordo con il pensiero che hai citato, non c'è felicità senza dolore, vanno di pari passo, un pensiero che ho ritrovato anche nel libro che sto leggendo: l'arte di ascoltare i battiti del cuore. Dalla tua recensione scaturisce la tua stima per questo autire e ľ affinità che vi lega. Complimenti parole sentite le tue :-)
RispondiEliminaGrazie mille, Cuore! Murakami è un autore che amo molto. L'incolore Tsukuru è un bellissimo romanzo, ma non uno dei suoi migliori. Se leggi qualcos'altro di suo fammi sapere ;)
EliminaCerto cara :-)
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