Le storie messe in scena mediante un autore onnisciente, un autore che si fa onnipresente e straordinario vengono divorate nel giro di qualche giorno. Succede quasi sempre quando poi il romanzo, il suo autore mi piacciono tantissimo. Capitò che questo romanzo, che lessi già altre volte, qualche anno fa, rappresentava questo momento di cui vi facevo cenno: trapelano quasi sempre parole che mi hanno aiutata nel momento del bisogno. Pilastro della produzione calviniana che, a mio avviso, bisognerebbe leggere almeno una volta nella vita, Se una notte d’inverno un viaggiatore è un 'opera sensazionale e travolgente sull'immediato quanto benefico potere che cela talvolta la parola scritta, la cui natura invisibile e sconosciuta trascina in un limbo letterario illuminato sospeso fra due oscurità: quella del fascino di chi legge e quello invisibile della cittadella che alberga la mente dell'autore.
Spettatrice di qualcosa che non avevo ancora visto, il mio pensiero, le mie prime impressioni indelebili come un tatuaggio, in uno spessore di piombo fitto e opaco in cui sono potuta passare inosservata e spedita.
Titolo: Se una notte d'inverno un viaggiatore
Autore: Italo Calvino
Casa editrice: Oscar Mondadori
Prezzo: 14 €
N° di pagine: 267
Trama: Un viaggiatore, una piccola stazione, una valigia da consegnare a una misteriosa persona... Da questa premessa si possono snodare innumerevoli vicende, ma sono dieci quelle che l'autore propone in questo sorprendente e godibilissimo romanzo. "E' un romanzo sul piacere di leggere romanzi: protagonista è il lettore, che per dieci volte comincia a leggere un libro che per vicissitudini estranee alla sua volontà non riesce a finire. Ho dovuto dunque scrivere l'inizio di dieci romanzi d'autori immaginari, tutti in qualche modo diversi da me e diversi tra loro." (Italo Calvino)
La recensione:
Ho un bel dirmi che non ci sono più città di provincia e forse non ci sono mai state. tutti i luoghi comunicano con tutti i luoghi istantaneamente, il senso d'isolamento lo si prova soltanto durante il tragitto da un luogo a un altro, cioè quando non si è in nessun luogo. Io appunto mi trovo qui senza un qui né un altrove, riconoscibile come estraneo dai non estranei almeno quanto i non estranei sono da me riconosciuti e invidiati.
In un luogo sconosciuto, ma suggestivo, su una vecchia scrivania ingombra di cartacee e vecchie stilografiche, fogli e quaderni sparsi alla rinfusa, c'è un giovane uomo che scrive. Tutti i giorni dopo aver svolto le sue mansioni abituali siede alla scrivania. Si guarda attorno come se dimentico di qualcosa ed estraneo al mondo esterno - separato dall'avversario con una spinta furiosa - comincia a scrivere. In quest'aria trasparente e sottile mi è parso di cogliere nella sua figura immobile i segni di quel movimento invisibile che è la scrittura, lo scorrere dello sguardo e del respiro, il fluire o l'arrestarsi delle parole, gli slanci, gli indugi, le pause, l'attenzione che si concentra o si disperde, le cancellature, un percorso che sembra uniforme e invece è sempre oggetto a mutazioni o cambiamenti.
Da quanto tempo ho abbracciato la scrittura? Con certezza non so dirlo, ma posso affermare che scrivere mi ha sempre donato un certo senso di abbandono. Fra la mia anima di lettrice e l'anima di chi scrive s'instaura quasi sempre un rapporto passionale, un legame forte e stabile. Ma che cosa succederebbe se fosse qualcun altro ad abbandonarsi alle mie parole, senza nessun rapporto con chi mi legge? Seduta alla scrivania, con il cursore di Word che continua fastidiosamente a lampeggiare penso che ci sarebbero tanti capitoli che vorrei cominciare. Tante storie che avrebbero bisogno di un battito per vivere; tanti amici da cui ritrarre conforto e solidarietà. Da quando il blog è in vita, il piacere della lettura e quello dello scrivere si sono rafforzati. Ciò che riporto in queste pagine bianche ha come fine lo stato d'animo di una giovane sognatrice, romantica e un po' malinconica, ed è uno stato d'animo che gran parte delle volte tengo a bada.
Tutti i romanzi letti, ogni storia vissuta è diversa a modo suo e l'atto dello scrivere, mi dico, è spesso il risultato dello sforzo innaturale cui mi sottopongo scrivendo di personaggi immaginari il cui respiro si fonde al mio; l'operazione dello scrivere diventa così un processo naturale, un fiume di parole conduce a sfiorare i bordi della mia anima, a fermarsi per un attimo prima di essere assorbite dalla linfa vitale del mio essere. Prima che questa svanisca del tutto, muti in qualcosa di personale e incomunicabile.
Dal momento che ho terminato di leggere questa storia, all'improvviso il mio stato d'animo nei riguardi di quest'autore è completamente mutato. Il mio animo è pervaso da una certa luminosità. Il mio corpo avvolto da un forte e caloroso abbraccio. Non passa neanche qualche minuto che nella cittadella della mia coscienza sbocci l'arcobaleno: ogni forma e colore sembrava trasmettere una certa tranquillità. Ed io non ho potuto fare a meno di lasciarmi completamente andare. E' una sensazione straordinaria. Parole ricche di significato, forti e dure, semplici e innocue mi colpirono in ogni parte. Nella corrente di questo fiume c'era un senso di comunione col mondo, come se mi sentissi finalmente nel posto giusto, e ciò provocò in me una felicità senza limiti. Di colpo, provo l'ebbrezza della scrittura. Affacciata ad una finestra virtuale, entrando ed uscendo da un capitolo a un altro, passando dall'odore stagnante della pioggia all'odore fresco e appena rovesciato dell'inchiostro, tutto mescolato in un unico odore che nel romanzo di Calvino ha un unico nome: l'attesa.
Parole, frasi continuavano a mescolarsi e a muoversi nell'indeterminato, nel grigio, in una specie di terra di nessuno con un ritorno all'indietro, una rioccupazione dei tempi e dei luoghi perduti. In un gioco di luci e suoni che rivelano il senso della nostra esistenza.
Chissà se Calvino, quando aveva la mia età e sedeva nel suo ufficio da solo, era già tormentato dal desiderio della scrittura. Credo di si. Romanzieri talentuosi e memorabili come lui affondano il seme della scrittura già dalla tenera età. Lui si era definito << una persona diversa >>, sebbene di diverso io non abbia trovato nulla di particolare. Un viaggiatore aveva perso la sua coincidenza, e Se una notte d'inverno un viaggiatore mi diede la possibilità d'identificarmi con lui. La mia sostanza era comune alla sua e perciò qualcosa di forte e potente sarebbe rimasto, non si sarebbe perso con la fine del mondo. Una comunicazione ancora possibile nel deserto arido delle parole, così pieno di vita e quasi di ogni ricordo.
L'autore era un punto invisibile da cui venivano i libri, un vuoto percorso da fantasmi, un tunnel sotterraneo che metteva in comunicazione gli altri modi col pollaio della sua infanzia.
Una storia semplice ma appassionante, sospesa e racchiusa in una luminosità diffusa, pallida, quasi priva di ombre, in cui non ho potuto fare a meno di viverci. Una brama intensa per i libri, la buona letteratura, così come l'atto del leggere e dello scrivere in un filo intrecciato che ha dato vita a un graziosissimo disegno. Un motivo memorabile ricco di parole, ricordi, emozioni che manipola frasi, modifica paragrafi o interi capitoli affinché non si sgualciscono completamente. Spiegazzandole e cincischiandole. Una dichiarazione d'amore ai libri, all'essere Lettore la cui storia riesce a districarsi perfettamente fra esperienze dell'autore comuni e non, tra presente e passato. Una storia che crea dipendenza, struggimento. Sa di amore, fede e fiducia. Una pace interiore che potrebbe durare a lungo. Intensa, affannosa, calorosa come una sposa premurosa che desidera riabbracciare l'amato: - Mancavi solo tu, sei in ritardo. -
Scrivere è sempre nascondere qualcosa in modo che venga poi scoperto, perché la verità che può uscire dalla mia penna è come una scheggia saltata via da un grande macigno per un urto violento e proiettata da lontano, perché non c'è certezza fuori della falsificazione.
Valutazione d'inchiostro: 4
Interessante, ma temo che Calvino non faccia per me; grazie della recensione
RispondiEliminaA te ;)
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