Pages

mercoledì, giugno 27, 2018

Gocce d'inchiostro: Il deserto dei tartari - Dino Buzzati

Sono di nuovo in possesso del mio corpo, seduta dinanzi alla mia scrivania. Posso sentire crescere nell'oscurità quella magica sensazione di aver letto qualcosa di veramente bello e straordinario. Perché, in effetti, Il deserto dei tartari, è un romanzo molto bello in cui ogni cosa mi era parsa apparentemente tranquilla e, lui, Giovanni Dongo, non si era nemmeno accorto della mia presenza. Il muro che ci ha separato presto è crollato, e, nell'attimo in cui vi sono entrata, ho ritrovato immediatamente un contatto con un mondo che avevo sentito ma che ancora non avevo letto.
Qualcuno, o qualcosa, lì fuori aveva aperto una porta. Non mi restava altro che entrarvi. Le immagini acqistano un senso, la voce carezzevole dell'autore mi conduce, ed in un attimo mi ritrovo dall'altra parte.

Titolo: Il deserto dei tartari
Autore: Dino Buzzati
Casa editrice: Oscar Mondadori
Prezzo: 12 €
N° di pagine: 202
Trama: Giovanni Drogo, un sottotenente, viene mandato in una lontana fortezza. A nord della fortezza c'è il deserto da cui si attende un'invasione dei tartari. Ma l'invasione, sempre annunciata, non avviene e l'addestramento, i turni di guardia, l'organizzazione militare, appaiono cerimoniali senza senso. Quando Drogo torna in città per una promozione, si accorge di aver perso ogni contatto con il mondo e che ormai la sua unica ragione di vita è l'inutile attesa del nemico. Tornato alla fortezza, si ammala, e proprio allora accade l'evento tanto aspettato: i tartari avanzano nel deserto. Nell'emozione e nella confusione del momento, senza che lui possa prendere parte ai preparativi di difesa, Drogo muore, dimenticato da tutti.


La recensione:

Nel sogno c'è sempre qualcosa di assurdo e confesso, non ci si libera mai della vaga sensazione che è tutto falso, che un bel momento ci si dovrà svegliare. Nel sogno le cose non sono mai limpide e materiali come quella desolata pianura su cui avanzano schiere di uomini sconosciuti.

Io ero a casa di amici dei miei genitori quando il tenente Giovanni Dongo mi si parò dinanzi. Non capita quasi mai che un tenente, un giovane uomo di alto o basso livello - come in questo caso il protagonista di questo splendido romanzo - dovesse spostarsi dalla sua terra natia per venirmi incontro, ma quel momento sembrava fosse perfetto, in quanto la noia stava per sopraffarmi e il desiderio di fuggire era molto più indiscreto di quel che credevo. Doveva portare un fardello piuttosto pesante, non dando molte spiegazioni in proposito, e avanzare nel suo intento come un affarista che presenta la sua offerta nel mercato. Trattandosi di Buzzati, di un romanzo di cui avevo letto numerose recensioni positive, mi è stato davvero impossibile non farmi sedurre dalla sua bella ed evocativa prosa. Non avendo niente di meglio da fare, mi appartai in un angolino del salone e cominciai a leggere. Avrei trascorso gran parte del mio tempo in un luogo di cui avevo sentito parlare, camminando senza meta impavida e incuriosita, osservando con un certo gesto le umili gesta di un uomo che doveva farsi vedere uomo, ridere per farsi vedere spavaldo, ma debole e ricco di animo dinanzi alla parola scritta.
Come altri lettori in precedenza, girovagai per parecchio tempo. Normalmente le storie militari mi tediano, e non poco. Avrei indirizzato i miei interessi, i miei propositi su un altro fronte, e me ne sarei andata. Ma quella sera Il deserto dei tartari mi s'insinuò sin dentro le ossa, decisa a non tornare alla mia inutilissima vita finché non fossi giunta al punto finale. Bevvi questa storia come te dolce e caldo. Per un po' mi sono sorpresa ad avanzare continuamente in un attesa fiduciosa, fra giornate lunghe e calde, precipitando verso il confine dell'orizzonte, accorgendoci che le nubi che solcano il cielo non ristagnano più nei golfi azzurri ma fuggono accavallandosi l'uno all'altra.
Se Buzzati è ricordato per il suo essere poetico e realistico, è perché negli anni acquisì una certa capacità di riversare mediante parole che gironzolavano fra le stanze buie della sua anima acquisendo una certa capacità di condividere i sentimenti. Perché? A mio avviso, la spiegazione più logica risiede nell'aver voluto allontanarsi dal proprio guscio, e condividere la gioia, il dolore degli altri.
Come tanti altri, ho dunque osservato questo magnifico palcoscenico trattenendo il fiato. Curiosa di sapere cosa sarebbe accaduto, da un momento all'altro, in un silenzio generale che attanaglia chiunque, in un oscura trama in cui più di una volta sono stata trattenuta, strattonata, come se si trattasse di qualcosa che scaturiva dalla stessa anima di questa storia.
Pagine colme di un dolore devastante, sensazioni irreprensibili che gravano nel cuore nel momento in cui le paure escono da crepitanti muri e l'infelicità si fa dolce. L'anima batte orgogliosa le ali sopra l'umanità addormentata, ci si guarda attorno costatando come ciò che fino a qualche pagina prima era sembrato assurdo, ridicola superstizione, è stato vero.
Iniziato con un semplice sparo, uno squarcio nella notte attraversato da dondolii di lanterne, scherzo di un fato crudele ed egoista che per un'orgogliosa scommessa ha tolto ogni cosa.
Pensando, crescendo, respirando, vivendo, trasformandosi in un storia in cui le parole respirano, agognano una certa libertà, Il deserto dei tartari è un romanzo che mi ha trascinata in un pozzo oscuro e profondo in cui i personaggi hanno preso vita nel momento d'iniziazione della loro esistenza. Impegnati in una muta ricerca, contemplando scene da un ottica completamente diversa, mediante parole in cui non si può fare a meno di avvertire uno strano senso di sconforto, come se ogni rimasuglio della loro felicità fosse stato spazzato via. E, lasciando un segno del mio passaggio, ho visto i loro sogni. Sogni che compiono mediante profonde riflessioni personali, limitandoli ad essere una semplice via di transito per se stessi.
Un romanzo profondamente introspettivo che oscilla continuamente fra il buio e la luce, in cui la nozione del tempo traballa come un vagone su un asse in equilibrio precario. Zeppo di frammenti di pensieri che si riversano impetuosamente, mediante parole che sono riaffiorate dalle tenebre. O, meglio, da una Fortezza, e in poco tempo riassorbite dalle stesse.

Così una pagina lentamente si volta, si distende dalla parte opposta, giungendosi alle altre già finite, per ora è solamente uno strato sottile, quelle che rimangono da leggere sono in confronto un mucchio inesauribile. Ma  è pur sempre un'altra pagina consumata, una porzione di vita.

Valutazione d'inchiostro: 4+

2 commenti:

  1. Non ho mai letto nulla di Buzzati, ma mi piacerebbe colmare questa lacuna!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Questo è il secondo romanzo che leggo di lui, e te ne consiglio caldamente la lettura ☺

      Elimina