Di recente, mi sorprendo impegnata in letture brevi
ma intense. Non dispensano le proprie emozioni senza lasciare un segno del loro
passaggio, né si rivolgono a me con quella voce sommessa che mi fanno quasi
sempre rabbrividire di eccitazione. Non riesco a farne a meno, ma posso dire
con certezza che questo tipo di storie sono il mio pane quotidiano. Gioisco,
sogno, palpita il mio cuore di un sentimento imperfetto ma indissolubile, in
cui confabulo con i suoi personaggi o con il suo autore, quando addirittura mi
inducono a non lasciare alcuna traccia di me per una manciata di giorni o,
come nel caso di questo romanzo, una manciata di ore.
In un altro contesto, senza il sentimento di
profondo dolore che scandiscono queste pagine, non credo avrei tessuto lodi,
folli e inspiegabili, perché punto forte di questo romanzo è la sensibilità con
cui è stato raccontato, che suggerisce un'idea alquanto chiara dei motivi che
mi hanno spinta a pubblicare una recensione a distanza di ventiquattro ore dall'altra.
Col cuore colmo di una
tristezza indicibile, vi racconto dunque chi ci sta dietro questo splendido romanzo
e di quali emozioni ha sortito così bene la sua lettura. Rassicurante nel suo
essere drammatico e triste, ordinato ad aiutare a preparare una giovane donna ad
avviarsi lungo una strada in cui non si torna più indietro.
Titolo: Dodici minuti di pioggia
Autore: Manuela Kalì
Casa editrice: Mondadori
Prezzo: 18 €
N° di pagine: 182
Trama: Alice vive sola con la sua gatta Bianca,
progetta copertine di libri in uno studio di Milano e non è mai stata innamorata.
Suo padre se n'è andato senza spiegazioni quando lei aveva solo sei anni e da allora
non ha più voluto fidarsi degli uomini.
Si può odiare qualcuno e al tempo stesso avere un disperato bisogno di lui? Alice,
che da più di vent'anni convive con quest'assenza ignombrante, sa che si può.
Un mattino qualunque, mentre va al lavoro in scooter, assiste alla scena che
segue un incidente, c'è un uomo a terra coperto da un telo bianco, da cui spunta
solo una mano, grande, giovane e bella. Accanto al corpo, Alice nota un oggetto
luccicante, che d'istinto raccoglie e porta via con sé: è una bussola antica su
cui sono incise tre lettere, l'inizio di un nome. L'immagine di quel lenzuolo
bianco non le dà tregua, come se insieme allo sconosciuto fosse morta una parte
di lei, mentre la bussola, dalla tasca, occhieggia come un talismano e la fa
sentire protetta, a casa. Ogni mattina percorre la strada dell'incidente;
quell'incrocio, magnetico, la chiama a sé. Finché un giorno, proprio nello
stesso punto, perde il controllo dello scooter e cade malamente. Oltre l'impatto,
la raccoglie un universo rarefatto e sospeso, uno spazio bianco fuori dal
tempo, popolato di voci prive di corpo e di volti sconosciuti ma familiari, una
terra che obbedisce a leggi ignote e straordinarie. Ed è proprio nella
dimensione onirica del coma, il territorio dei Senza Nome, dove il cielo piange
o si rasserena in accordo alle emozioni di chi lo guarda, che incontra Andrea,
il proprietario della bussola, l'uomo che ha visto morire, e con lui, per la
prima volta, il suo cuore si accende. Alice sarebbe disposta a sacrificare
tutto pur di rimanere nel limbo insieme a lui, ma il mondo dei vivi non è ancora
pronto a lasciarla andare …
La
recensione:
La
vita è la cosa più fragile che esista, più del cuore. A dispetto di quello che
la gente crede, il cuore si adotta, è un muscolo resistente, anche quando crediamo
di averlo in frantumi per la troppa sofferenza.
La
voce proveniva da una creatura dall'anima semplice, sensibile e delicata, esattamente
vicina a me ma invisibile dal mio punto di osservazione. Poi la voce gracchiante
della sua autrice, e finalmente questa storia assunse una forma. Bellissima! Un
disegno che, notai, mi costrinse a tenermi stretta questa piccola grande donna
e, guardandola in ogni sua mossa, potei scorgere il luccichio di lacrime appena
versate che scorrevano come un rivolo sulla sua guancia. Tanto dispiacere, tanta
tristezza mi rese solidale. Tutto questo non fece che confermare la mia
predisposizione a conoscerla, il mio interesse accrebbe nel momento in cui l'autrice
pareva l'avesse messa dinanzi a una strada che conducesse alla dannazione eterna.
Potrebbe
concludersi così, questa recensione che sta sgorgando dalla punta di una penna
invisibile senza che io fossi completamente consapevole, avrei potuto chiudere
e così riassumere la storia che si porta dentro Manuela Kalì che man mano mi ci
addentravo diventava sempre più nitida. Sarebbe stato un bellissimo incontro, e
sotto tanti aspetti lo è stato. Una figura a cui prima non avevo dato tanto
importanza era entrata nel mio personalissimo cielo e non pareva essere minimamente
intenzionata a farsi da parte. Ho desiderato non lo facesse. Era Alice, la protagonista
di questa storia. E in un frastuono di parole, sogni sopiti dal tempo, urla di
disperazione, ansie e paure, mi scaraventò giù in un abisso da cui non ho
potuto scorgere la luce. Mentre gli altri si domandavano che fine avessi fatto,
trascinata nella landa deserta del suo cuore, l'ho avvertita così intensamente
da sentirla realmente vivente.
Ma
chi era realmente questa ragazza che a fatica mi aveva lasciato razionalmente
qui, che in una manciata di pagine è riuscita a sferrarmi un colpo fortissimo
nella bocca dello stomaco mancando tuttavia il mio cuore? Chi era effettivamente
Alice? Una ragazza sola, incompresa, condannata alla ricerca della sua
identità, in cui ci ritrovammo nella sala d'aspetto di un ospedale convinte di
poter trovarci nel momento in cui le nostre anime si sarebbero fuse. Valida,
concreta, capace di comprendere la sua paura, allietare le sue sofferenze. E
invece, impotente e impedita, l'ho vista muoversi come un anima contrita che
non desiderava altro che sfuggire dalla lotteria della sua vita. Il mondo del
resto sembra un posto orribile, con le sue ombre, il manto perpetuo di una
tenebra che si proietta in questo piccolo e magico mondo creato dalla Kalì.
D'indole
forte e altruista non ho condiviso questa volontaria impasse e questo inspiegabile
pessimismo. Secondo me c'è stata una ragione se sono stata guidata in una realtà
apparentemente simile a quella in cui vivo, in cui il desiderio di trovare
conforto, benessere fisico e spirituale non ha un vero e proprio fondamento
logico. Inclinazione che ha continuato a vivere e prosperato sino alla fine in
cui non resta che accettare queste sofferenze che Alice aveva deciso di
condividere con me, con i ricordi che entravano a far parte del passato, la
consapevolezza di essere rintanata in una solida cella e non potervi uscire. Una
ragazza semplice, ingenua e romantica che ha attraversato silenziosamente il
buio di questo strano cosmo, completamente perduta come un anima vagabonda che,
in un battito di ciglia, troverà la sua metà andata perduta.
Quello
della Kalì è quel genere di racconto che racchiude indubbiamente una storia incredibilmente
bella, toccante e profonda. Tuttavia non quell'icona indimenticabile che nel panorama
delle storie come queste la rendono un opera a cui speravo venisse dato un po'
più di spessore. Eppure, come solitari aggregati di metallo nelle vuote tenebre
del cosmo, ci ha fatti incontrare per caso, per poi affiatarci completamente. Appassionandomi
nel suo idillio, nella sua bellezza, impedendomi di rimanerne indifferente, trascinata
in un caleidoscopio di situazioni che giocano sul reale e il possibile. Il reale
e l'irreale, dettagli inattesi che con poco mi hanno piacevolmente stupito.
Sono
legata agli odori. Lo sono sempre stata. Se quel giorno, il primo giorno, avessi
saputo tutto questo, sarei corsa su da te, sdraiandomi sopra il tuo corpo per
respirarti e ricordare il tuo odore.
Valutazione
d'inchiostro: 4
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