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sabato, agosto 11, 2018

Gocce d'inchiostro: Dodici minuti di pioggia - Manuela Kalì

Di recente, mi sorprendo impegnata in letture brevi ma intense. Non dispensano le proprie emozioni senza lasciare un segno del loro passaggio, né si rivolgono a me con quella voce sommessa che mi fanno quasi sempre rabbrividire di eccitazione. Non riesco a farne a meno, ma posso dire con certezza che questo tipo di storie sono il mio pane quotidiano. Gioisco, sogno, palpita il mio cuore di un sentimento imperfetto ma indissolubile, in cui confabulo con i suoi personaggi o con il suo autore, quando addirittura mi inducono a non lasciare alcuna traccia di me per una manciata di giorni o, come nel caso di questo romanzo, una manciata di ore.
In un altro contesto, senza il sentimento di profondo dolore che scandiscono queste pagine, non credo avrei tessuto lodi, folli e inspiegabili, perché punto forte di questo romanzo è la sensibilità con cui è stato raccontato, che suggerisce un'idea alquanto chiara dei motivi che mi hanno spinta a pubblicare una recensione a distanza di ventiquattro ore dall'altra.
Col cuore colmo di una tristezza indicibile, vi racconto dunque chi ci sta dietro questo splendido romanzo e di quali emozioni ha sortito così bene la sua lettura. Rassicurante nel suo essere drammatico e triste, ordinato ad aiutare a preparare una giovane donna ad avviarsi lungo una strada in cui non si torna più indietro.


Titolo: Dodici minuti di pioggia
Autore: Manuela Kalì
Casa editrice: Mondadori
Prezzo: 18 €
N° di pagine: 182
Trama: Alice vive sola con la sua gatta Bianca, progetta copertine di libri in uno studio di Milano e non è mai stata innamorata. Suo padre se n'è andato senza spiegazioni quando lei aveva solo sei anni e da allora non ha  più voluto fidarsi degli uomini. Si può odiare qualcuno e al tempo stesso avere un disperato bisogno di lui? Alice, che da più di vent'anni convive con quest'assenza ignombrante, sa che si può. Un mattino qualunque, mentre va al lavoro in scooter, assiste alla scena che segue un incidente, c'è un uomo a terra coperto da un telo bianco, da cui spunta solo una mano, grande, giovane e bella. Accanto al corpo, Alice nota un oggetto luccicante, che d'istinto raccoglie e porta via con sé: è una bussola antica su cui sono incise tre lettere, l'inizio di un nome. L'immagine di quel lenzuolo bianco non le dà tregua, come se insieme allo sconosciuto fosse morta una parte di lei, mentre la bussola, dalla tasca, occhieggia come un talismano e la fa sentire protetta, a casa. Ogni mattina percorre la strada dell'incidente; quell'incrocio, magnetico, la chiama a sé. Finché un giorno, proprio nello stesso punto, perde il controllo dello scooter e cade malamente. Oltre l'impatto, la raccoglie un universo rarefatto e sospeso, uno spazio bianco fuori dal tempo, popolato di voci prive di corpo e di volti sconosciuti ma familiari, una terra che obbedisce a leggi ignote e straordinarie. Ed è proprio nella dimensione onirica del coma, il territorio dei Senza Nome, dove il cielo piange o si rasserena in accordo alle emozioni di chi lo guarda, che incontra Andrea, il proprietario della bussola, l'uomo che ha visto morire, e con lui, per la prima volta, il suo cuore si accende. Alice sarebbe disposta a sacrificare tutto pur di rimanere nel limbo insieme a lui, ma il mondo dei vivi non è ancora pronto a lasciarla andare …

La recensione:

La vita è la cosa più fragile che esista, più del cuore. A dispetto di quello che la gente crede, il cuore si adotta, è un muscolo resistente, anche quando crediamo di averlo in frantumi per la troppa sofferenza.

La voce proveniva da una creatura dall'anima semplice, sensibile e delicata, esattamente vicina a me ma invisibile dal mio punto di osservazione. Poi la voce gracchiante della sua autrice, e finalmente questa storia assunse una forma. Bellissima! Un disegno che, notai, mi costrinse a tenermi stretta questa piccola grande donna e, guardandola in ogni sua mossa, potei scorgere il luccichio di lacrime appena versate che scorrevano come un rivolo sulla sua guancia. Tanto dispiacere, tanta tristezza mi rese solidale. Tutto questo non fece che confermare la mia predisposizione a conoscerla, il mio interesse accrebbe nel momento in cui l'autrice pareva l'avesse messa dinanzi a una strada che conducesse alla dannazione eterna.
Potrebbe concludersi così, questa recensione che sta sgorgando dalla punta di una penna invisibile senza che io fossi completamente consapevole, avrei potuto chiudere e così riassumere la storia che si porta dentro Manuela Kalì che man mano mi ci addentravo diventava sempre più nitida. Sarebbe stato un bellissimo incontro, e sotto tanti aspetti lo è stato. Una figura a cui prima non avevo dato tanto importanza era entrata nel mio personalissimo cielo e non pareva essere minimamente intenzionata a farsi da parte. Ho desiderato non lo facesse. Era Alice, la protagonista di questa storia. E in un frastuono di parole, sogni sopiti dal tempo, urla di disperazione, ansie e paure, mi scaraventò giù in un abisso da cui non ho potuto scorgere la luce. Mentre gli altri si domandavano che fine avessi fatto, trascinata nella landa deserta del suo cuore, l'ho avvertita così intensamente da sentirla realmente vivente.
Ma chi era realmente questa ragazza che a fatica mi aveva lasciato razionalmente qui, che in una manciata di pagine è riuscita a sferrarmi un colpo fortissimo nella bocca dello stomaco mancando tuttavia il mio cuore? Chi era effettivamente Alice? Una ragazza sola, incompresa, condannata alla ricerca della sua identità, in cui ci ritrovammo nella sala d'aspetto di un ospedale convinte di poter trovarci nel momento in cui le nostre anime si sarebbero fuse. Valida, concreta, capace di comprendere la sua paura, allietare le sue sofferenze. E invece, impotente e impedita, l'ho vista muoversi come un anima contrita che non desiderava altro che sfuggire dalla lotteria della sua vita. Il mondo del resto sembra un posto orribile, con le sue ombre, il manto perpetuo di una tenebra che si proietta in questo piccolo e magico mondo creato dalla Kalì.
D'indole forte e altruista non ho condiviso questa volontaria impasse e questo inspiegabile pessimismo. Secondo me c'è stata una ragione se sono stata guidata in una realtà apparentemente simile a quella in cui vivo, in cui il desiderio di trovare conforto, benessere fisico e spirituale non ha un vero e proprio fondamento logico. Inclinazione che ha continuato a vivere e prosperato sino alla fine in cui non resta che accettare queste sofferenze che Alice aveva deciso di condividere con me, con i ricordi che entravano a far parte del passato, la consapevolezza di essere rintanata in una solida cella e non potervi uscire. Una ragazza semplice, ingenua e romantica che ha attraversato silenziosamente il buio di questo strano cosmo, completamente perduta come un anima vagabonda che, in un battito di ciglia, troverà la sua metà andata perduta.
Quello della Kalì è quel genere di racconto che racchiude indubbiamente una storia incredibilmente bella, toccante e profonda. Tuttavia non quell'icona indimenticabile che nel panorama delle storie come queste la rendono un opera a cui speravo venisse dato un po' più di spessore. Eppure, come solitari aggregati di metallo nelle vuote tenebre del cosmo, ci ha fatti incontrare per caso, per poi affiatarci completamente. Appassionandomi nel suo idillio, nella sua bellezza, impedendomi di rimanerne indifferente, trascinata in un caleidoscopio di situazioni che giocano sul reale e il possibile. Il reale e l'irreale, dettagli inattesi che con poco mi hanno piacevolmente stupito.

Sono legata agli odori. Lo sono sempre stata. Se quel giorno, il primo giorno, avessi saputo tutto questo, sarei corsa su da te, sdraiandomi sopra il tuo corpo per respirarti e ricordare il tuo odore.

Valutazione d'inchiostro: 4

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