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martedì, settembre 25, 2018

Gocce d'inchiostro: Il figlio del fuoco - Riccardo Giacchi

Riccardo Giacchi è un autore esordiente che due anni fa conobbi grazie al suo primo romanzo Entombed. Un opera particolare, che mi aveva sorpreso unanime al protagonista, ma soprattutto "condannata" per l'eternità.
A distanza di due anni, quindi, Giacchi ci riserva qualcosa che per molti è negato: la libertà indibiduale, incrementato da una forte crescita interiore. E come secondo romanzo, Il figlio del fuoco è un romanzo che è stato onnipresente nei miei pensieri, il cui protagonista non ha bisogno di lunghe frasi per descriversi, ma solo il semplice fatto che è stato mandato in mia presenza senza che io ne dubitassi l'esistenza. E' stato però grazie a lui che ho potuto vedere tante cose, e questa seconda fatica letteraria dell'autore evidenza la sua abilità, la sua diplomazia con l'adoperarsi di frasi non sempre facili che, sono certa, col tempo potrebbero infondere vita persino alle cose inanimate. Narrandoci la storia del giovane Babel come fosse sua. Imprecisa, imperfetta, ignota destinata a divenire massima di vita, istinto e carne.



Titolo: Il figlio del fuoco
Autore: Riccardo Giacchi
Casa editrice: Sad Dog Project
Prezzo: 11, 99 €
Prezzo ebook: 2, 99 €
N° di pagine: 106
Trama: Babel ha scoperto presto quanto dura possa essere la vita. Troppo presto. Unico sopravvissuto in un incidente stradale che gli ha portato via i genitori, la sola casa che ha conosciuto fino alla sua adolescenza è l'orfanotrofio di Corinto, dove è cresciuto insieme a tanti altri figli di nessuno fra cui Markus, il suo migliore amico, e Narses, un ex ospite dell'orfanotrofio rimasto nella struttura con il ruolo d'istruttore e tutor dei ragazzi. Babel, però, è diverso dagli altri orfani: in lui c'è qualcosa, un antico potere che gli arde dentro e che fa di lui un essere speciale e pericoloso allo stesso tempo e che si risveglierà in tutta la sua brutale furia durante una lite con i suoi compagni.La tragica esperienza assopirà ancora una volta le capacità di Babel che, divenuto un uomo adulto, cercherà, invano, di dimenticare il suo passato. Ma il destino del giovane è segnato e il desiderio di un'esistenza normale diverrà una lontana speranza: ogni frammento della sua vita si ricomporrà in un mosaico dai colori tetri e, attraversando un dantesco inferno, Babel entrerà in contatto con una realtà inaspettata, dilaniata da un'antichissima lotta tra luce e le tenebre e nella quale dovrà scegliere da che parte schierarsi per decidere il destino dell'umanità.
La recensione:
I romanzi di Riccardo non hanno un suo particolare tipo di lettori, non condannano nessuno a non inoltrarsi in fantastici viaggi che non terminano nemmeno quando si giunge all'epilogo, non riservano a qualcuno in particolare quello che è stato negato ad altri. Si tratta di romanzi che sono stati scritti da una forte passione, credo alimentata con gli anni: una passione che ci unisce, un legame che non ha bisogno di intermediari, un autore che mi ha mandato già due volte in qualche parte sconosciuta del mondo, figli o profeti, sempre pronti a combattere battaglie interiori e non. Si tratta di storie in cui ognuno di noi può riconoscere a modo suo qualcosa, ma di cui io ho saputo cogliere la bellezza di ogni cosa: un ragazzo sfortunato e incompreso o remote stanze dell'orfanotrofio in cui è stato rinchiuso. Mi è sembrata, sin da subito, una visione da uomo incatenato, nato per una missione particolare, insidiata nella razza della sua stessa esistenza, in nome dell'intera umanità.
Nella visione letteraria che Riccardo ci riserva in queste pagine mi è piaciuto che, diversamente dagli altri romanzi dispotici - se così vogliamo definirlo -, la diversità non è vista come qualcosa con cui discriminare, mettere da parte, o come un ostacolo per l'intera individualità. Riccardo Giacchi nei suoi romanzi non nega tutto questo. Nega solo che il suo protagonista abbia un esistenza facile. Ma è appunto partendo dalle difficoltà che Babel dovrà affrontare che il lettore ha così potuto scoprire ciò da cui dovrà dipendere. Una volta fatto questo passo, ogni ostacolo è superato, il mondo non sembra più quel luogo inabitabile, non serve più - in questo, l'illusione -, così come non servono parole su parole di una storia orginale come questa per spiegare e narrarci della "condizione" di Babel.
Così è il mondo descritto in Il figlio del fuoco: non una illusione, ma qualcosa che ci aiuta a fare i nostri conti e riconoscere che l'intero universo è sostenuto da qualcosa di molto più potente di noi esseri umani, Un mondo moderno in quanto il concetto di conoscenza è in contraddizione con la scienza.
Quando Riccardo mi invitò ad avventurarmi fra le pagine di questo suo secondo romanzo - romanzo apparentemente semplice, ma costruito in maniera un po' complessa -, realizzato abilmente con l'intento di farmi rimanere per qualche tempo, non mi meravigliai che non avessi i miei dubbi sull'efficacia del suo potenziale e volli così continuare a leggere. Pensieri sparsi mi frullano ancora in testa, che non ho avuto il coraggio di riportare su carta se non adesso, perché avrebbe significato mettere Babel e questo volume nella situazione più disperata di quanto fosse in realtà. Una volta concluso il volume, avrei potuto rinchiudermi nella mia stanza, sedere al computer, e tentare di tornare dove esattamente ero. Nel mondo di un giovane uomo in cui ho riscontrato gioie e dolori e in cui ho potuto sentirmi grandiosa e speciale.
Il figlio del fuoco, infatti, non si tratta di un semplice volume. Piuttosto di un viaggio alquanto particolare che ho avvertito con un certo interesse sin dal primo momento in cui vi ho messo piede, dove ho potuto contemplarne la bellezza e scrutare l'anima di queste anime vagabonde, frustate e sole.
Adesso che mi appresto a scrivere quest'ennesima recensione, penso a quanto la fantasia sia qualcosa dalla forza potente e imprescindibile che molti non riescono neanche a immaginare. In questo caso, questo primo volume di una trilogia è stato il piombo che ha equilibrato la mia anima. Il contraccolpo che mi ha impedito di cadere dinanzi alla malinconia, come disgraziatamente è successo in passato, che ha saputo sedurmi con fantasia e un certo grado d'immaginazione nel momento in cui ho conosciuto Babel.
Come quel momento in cui Babel scopre le sue orgini, la sua vera identità, sono stata strappata dall'abisso della monotonia, dalla routine, in mezzo a voci che filtrano da ogni luogo, senza che nessuno potesse immaginarne la provenienza.
Un mondo visionario e fantastico che ha acquisito una sua abituale consistenza. Un epoca che non possiede niente di diverso da quella odierna, ma che ha destato il mio fascino. Creature splendide, così come i luoghi in cui tutto ciò accade, che sono state proiettate sulle pagine con una certa cautela, una prudenza incredibile che ha imbrigliato il genio dell'autore. Grande esploratore e scrittore di sogni.
Il figlio del fuoco è il primo volume di una saga che altri non è che un tentativo di fuggire da se stessi. Un opera che ho così accolto nel mio cantuccio personale e che, slegandosi dalla materia di cui si è fatti ma restando prigionieri di carne e vittime ferite, ci si domanda se convivere con un certo dolore sia l'unica soluzione. Con l'anima tumefatta, in compagnia di creature dispensate dalle emozioni, esemplari finiti della razza umana che hanno già provato tutto quel che c'è da provare.
Una lettura davvero bella in cui inevitabilmente si cresce, in un complicato meccanismo, propagandosi dentro di noi come un bene che fortifica, avvolgendo le nostre fragili membra col suo dolce tatto, facendo fiorire l'anima.

Valutazione d'inchiostro: 4

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