Mi sono resa conto che dopo aver letto Pastorale americana il mio desiderio di poter leggere qualcos'altro
di questo autore era piuttosto intenso.
Come un banalissimo pizzicore, ma attribuito essenzialmente all'importanza che
Roth esercita nel corso della mia banalissima esistenza. Ho scoperto di amare
Philip Roth per quel che è, o per meglio dire per come effettivamente era, per
la sua anima, il suo modo di sentire il mondo, il suo vedersi mediante l'occhio
scrupoloso e affilato dei suoi personaggi. Non per la sua abilità d'artista, né
per l'attitudine o vocazione alla letteratura, e meno che mai ai suoi semplici
formali atti di ateismo. L'arte del comprendere e interpretare l'esistenza umana
non richiede una vernice accesa per conformarsi alla società. Ma confermata dalla
sua stessa esperienza la estese non solo nei paradigmi del secolo ma anche in
quelli letterari, apprendendo così quanto è intrinseca la differenza fra un
uomo e donna, il suo determinato stato sociale, la sua condizione, quanto il
medesimo stato sociale.
Titolo: La macchia umana
Autore: Philip Roth
Casa editrice: Einaudi
Prezzo: 13, 50 €
N° di pagine: 397
Trama: Il professor Coleman Silk da cinquant'anni nasconde un
segreto, e lo fa così bene che nessuno se n'è mai accorto, nemmeno sua moglie o
i suoi figli. Un giorno però basta una parola detta per sbaglio, e su di lui si
scatenano le streghe del perbenismo, gli spiriti maligni della political
correcteness. Allora tutto il suo mondo, la sua brillante vita accademica, la
sua bella famiglia crollano. E non c'è scampo, perché << noi lasciamo una
macchia, lasciamo la nostra impronta. Impurità, crudeltà, abuso, errore,
escremento, seme: non c'è altro mezzo per essere qui >>.
La recensione:
C'è qualcosa
di affascinante in ciò che la sofferenza morale può fare a una persona che,
nella maniera più evidente, non è debole o irrisoluta. E' ancora più insidioso
di quello che può fare un malanno fisico, perché non c'è iniezione di morfina,
anestesia spinale o radicale intervento chirurgico capace di alleviarla. Una
volta che sei nella sua morsa, è come se, per liberartene, le dovessi
permettere di ucciderti. Il suo crudo realismo non assomiglia a nessun'altra
cosa.
Questa
lettura fu il fulcro primordiale che fece traboccare il mio amore per la
letteratura rothiana. Raccontarsi e raccontare un passato che non ho vissuto,
ma mediante altri mezzi o modi. Sedersi dinanzi a una scrivania ingombra di
fogli e cartacce, una macchina da scrivere o un computer ronzante e vecchio,
Philip Roth catturò il pensiero astratto mediante una ritorsione contro il
passato, forti sentimenti di rabbia che tornano ad accumularsi e a spronarsi ad
agire pretendendo una reazione, raccogliendolo in mucchi di fogli vergati di
bianco e nero e indirizzandoli a nessuno in particolare. Poi, per timore di
apparire forse debole, strisciò impunemente nel mio cuore facendo scivolare una
storia del tutto americana senza un vero e proprio motivo, con parecchi
fondamenti logici, e stetti in ascolto per percepire il primo debole rumore di
un cuore che ha si un suo battito ma poco nitido. Questo rumore poi avverrà,
come di consueto, nel momento in cui il lettore prenderà consapevolezza degli
eventi, comprenderà e interpreterà gli ingranaggi della coscienza umana,
andando incontro a verità scabrose, stupefacenti, quasi incomprensibili e
criticabili che Roth evidenzia col suo tocco spiccatamente maschile.
Ci
si sente quasi sempre stanchi, turbati. Ci si pone dinanzi a irrimediabili quesiti
o domande che non hanno un vero e proprio fondamento, ma alcuna parola su quale
sarà il suo epilogo. Ma i romanzi di Philip Roth hanno in un certo senso una
loro fine? Se non avesse incominciato lui a parlare, non credo che mi sarei
potuta avvicinare. Ma quel giorno in cui Roth attraversò il mio animo e si
acquattò cautamente in un posticino del mio cuore lo tenni tutto per me. Mi
sono scoperta franca e innamorata come non mi sentivo con nessun altro autore
che non fosse Murakami o Austen. Certamente i miei dubbi ad approcciarmi a
questo tipo di letteratura non sono stati del tutto vani, ma che si comprenda
fino in fondo quelli che non sono altro che i resti amputati e fuggiti ad ogni
controllo di qualunque individuo è un meccanismo di difesa in cui è possibile
immedesimarsi, riconoscere una certa serietà dalla fuga della realtà. Disonori
di mucchi di carne e ossa ambulanti ma ancora pieni di vita, buttati dal
piedistallo e tormentati dall'onta del fallimento. Ma cosa fare quando eventi
orribili e sconcertanti portano via la lucidità, il senno, la frivolezza, la
carriera, persino l'anima, cercando di distruggere ogni cosa?
La macchia umana è un opera
che si interroga su questo importantissimo quesito in cui l'autore, scrutando
ampiamente l'anima di ogni suo figlio di carta, prova un'improvvisa,
entusiastica forma di empatia, conforto o comprensione che la società del
secolo di certo non avrebbe compreso.
Se
si riesce a stare vivi si riesce a combattere o a ribellarsi. Senza alcun
individuo che ci dica cosa è effettivamente giusto e cosa è sbagliato. Il
sesso, la razza, la corruzione, la distinzione o l'allontanamento dalla massa
deidalizza la specie e costringe a pensare eternamente alla materia di cui
l'individuo è fatto. Sebbene le cose mutano continuamente, la feconda
irregolarità delle intese sessuali fungono da monito per poter continuare a
vivere combattendo e resistendo, dando, nutrendosi, ammettendo l'insignificante
ricchezza che cela la vita. Immersi nel fluire dell'inaspettata minuzia di
questa abbondanza, alienanti a riconoscere l'onore di poter fare qualcosa in
qualsiasi momento della vita.
Forse
il segreto sta nella naturalezza con cui si fanno le cose? Alla spontaneità che
certe situazioni ti inducono ad assumere senza aver bisogno di nessuna maschera
per poi scartarla e prepararsi ad essere qualcun altro?
Le
figure rothiane sono le stesse di sempre; aspiranti produttori di dottrine che
non conosciamo ne conosceremo fai fino in fondo - vite senza censure, senza
implicazioni -,incapaci di difendersi da innumerevoli tentazioni che li rendono
più super di quel che sono. Philip Roth ci fa onore di descriverceli in ogni
forma o sfaccettatura, specialmente in ogni forma malvagia ed egoista.
Esplicando tuttavia le ragioni di questo comportamento, prendendo il cuore di
ognuno di loro e appendendolo come uno splendente pezzo di damasco attraverso
la meravigliosa forma letteraria di una meta letteratura, con motivi o disegni
crudi, reali, irruenti che sono ancora tutt'ora temi piuttosto attuali e
conformisti. Questo rinnovato aspetto di quello che è il punto focale della
prosa rothiana, in tristi situazioni, conferiscono un aspetto meno gaio o
tranquillo di quel che si crede.
L'unica
cosa a cui ho potuto aggrapparmi è stata la possibilità di rispecchiarmi in qualunque
forma umana o vivente incontrata lungo questo impervio cammino. Vagabondando
come un anima in pena, combattenti a non farsi intimidire da niente e nessuno
che possano approfittarsene dei loro privilegi. Una battaglia che risponde ai
bisogni degli uomini. Caos di un cosmo uniforme ma deleterio a cui ci si
appella mediante la logica, la fiducia in se stessi, la calma.
Alla
pari di Pastorale americana, La macchia umana rievoca un altro tempo,
un altro luogo, un'altra epoca in cui ogni cosa è talmente bella e ben
definita, che non stona nemmeno col disegno geometrico estremamente complesso e
impressionante della forza e validità di queste pagine. Interpretando il suo
stile ampolloso, artificioso, ma poetico ed essenzialmente tagliente, ogni cosa
sembra accomunata e rivelataci dallo stesso Roth alterego di Zucherman che,
come una marionetta che manovra i fili, si mosse fra schiere di gente di
qualunque sesso o razza, priva di valori positivi, educata dalla piattezza del
conformismo, insoddisfatti in ogni loro forma e espressione, in cui alla fine
ci si aggrappa inevitabilmente ad un unico appiglio: interpretare la vita
mediante la scrittura. Mediante l'arte delle parole, Philip Roth ha inciso un
segno nel mio animo, mettendo ogni cosa a soqquadro, calandosi nei panni di
questi poveri disgraziati che giorno dopo giorno si nascondono dietro sorrisi
di condiscenza o titoli piuttosto importanti.
Intransigente
e rissuoso ad esprimere molto più di una certa vanità intellettuale, La macchia umana è più di una semplice
riflessione sulla vita o un atto di ribellione: un riassunto di coloro che sono
il prototipo di gente insoddisfatta, abbandonati a semplici gesti impulsivi e
impuri, incarnando come la ripercussione
di certi eventi prevalgono sulle cose. Rivoluzionari verso o presso qualcosa o
qualcuno, metà dei quali li vorrebbero sicuramente morto. L'epilogo, anche qui,
prevede una certa consapevolezza del non poter fare niente, nonostante tutto,
se non condannarsi nella conoscenza degli intrighi, degli eventi bellicosi che
pian piano prendono forma. Molto vicini a una forma di perfezione che suscita un certo fastidio, costringendo a
vivere isolati e avvolti esclusivamente da parole che sono sempre più vicine
alle persone vere, a quella gente che giorno dopo giorno mutila la nostra
ignoranza.
Così
come il titolo riportato nella copertina, alla fine l'individuo non è altro che una macchia che lascia una sua impronta.
Impurità, crudeltà, abusi, errori. La macchia che esiste prima del suo segno,
che esiste senza il segno. Così intrinseca che richiede un segno. E di cui la
purificazione è uno scherzo crudele e banale.
Quello
di Roth è l'ennesimo ritratto umano che evidenzia una certa fiducia per la
vita, per alcuni dogmi relativi alla storia in cui si desidera perennemente
un'esistenza migliore. Qualcosa di confortante, per intere comunità che ci
ricordano chi siamo, per quale motivo siamo, per quale scopo siamo in vita per
sfruttare i vantaggi pur di sopravvivere. Dettagli che forse avrebbero potuto
fare la differenza. Innumerevoli esigenze dettate dal bisogno, dalla fantasia,
dal desiderio, dalla paura del disonore e niente che si discosta dall'idea che
l'uomo è un individuo unito da ogni forma di peccato, speranza o delusione.
Cede
al lato umano mediante la figura di Coleman Silk, all'universale desiderio di
vivere ancora nel passato pur di immergersi per qualche innocuo e illusorio
istante nell'insana lotta del passato in cui si resiste solo grazie a verità
che si pongono esclusivamente per favorire la distruzione, eluderla
sopravvivendovi, affinchè possa realizzarsi dal nulla un utopia di un'esistenza
razionale.
Ossessioni
tiranniche che straziano il cuore, tendenze soffocanti che dilaniano ogni
rimasuglio della nostra anima, un opera straordinariamente bella da cui non si
avrà alcuna via di scampo. Prototipo di peccati dello spirito, sensi di colpa
verso un futuro utopico che non ci sarà mai, e che giustifica i rapporti
illusori, sereni fra famiglie paragonandoli a gruppi di soldati in guerra
contro un paese straniero. Ogni uomo ha bisogno di un po' di conforto, specie
se all'indomani potrebbe non esserci più. La
macchia umana ne è un bellissimo esempio, un vantaggio estremamente
criticabile che si nutre di certi principi specialmente per l'osservanza delle
pratiche umane come condizione nelle sue scelte.
Ognuno sulla
terra prepara in modo diverso la propria fine: questo è il modo in cui la
programmano loro. Non è più possibile ormai che si fermino in tempo.
Valutazione
d'inchiostro: 5
Uno degli infiniti Roth che desidero.
RispondiEliminaL'incarnazione assoluta della bellezza di un sogno americano, fortunatamente non ancora dimenticato 😊
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