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venerdì, giugno 14, 2019

Gocce d'inchiostro: L'invenzione delle ali - Sue Monk Kidd

La lettura di un certo tipo di romanzi può sortire qualche effetto. Che sia positivo o negativo, alla fine, non ha strettamente importanza. Innanzitutto dovrebbe generare una certa necessità, come l’atto del bere e del mangiare. A seguire, ricambiare quel qualcosa che si instaura fra te e l’autore. Basta. Nient’altro! Non c’è bisogno di paroloni o frasi lunghe e prolisse. Si è già fortunati quando si ha l’opportunità di leggerli.
Intrappolando il romanzo della Monk Kidd in una finestra virtuale dall’aria luminosa e vaporosa, mi rendo conto che fra me e la sua storia non si è disgraziatamente instaurato alcun legame. La costruzione temporale che avvolge il tutto come un enorme coperta, personaggi intrappolati nel lungo limbo del dramma e dell’insoddisfazione che non li fa scintillare più di tanto, dall’esterno, mi hanno conferito solo un immagine insulsa, distaccata. Ho visto solo un angolo della tela di questo mondo che la Monk Kidd dipinge, che avrebbe potuto essere meraviglioso e indimenticabile, dove spuntava appena una specie di magia. Ma qual è stato l’elemento scatenante che mi ha indotta a bocciare questa lettura? Semplice, la piattezza della storia, la prolissità di certi eventi o situazioni narrati, la parvenza di un legame che avrebbe potuto prosperare nel tempo ma che invece svanisce non appena gli si volge le spalle.
Certamente non mi sarei aspettata che una storia come questa, che ha vasti echi a quella della Stockeet e al suo bel The help potesse sorprendermi insoddisfatta, quasi sconsolata. Perché da certe letture io pretendo il meglio. L’irraggiungibile. Non l’ingresso nascosto di un edificio così insignificante.
Titolo: L’invenzione delle ali
Autore: Sue Mod Kidd
Casa editrice: Mondadori
Prezzo: 20€
N° di pagine: 393
Trama: Charleston, South Carolina, 1803. Quando per il suo undicesimo compleanno Sarah Grimké riceve in regalo dalla madre una schiava della sua stessa età di nome Hetty, cerca inutilmente di rifiutare quello che le regole vigenti impongono. Hetty anela alla libertà, soffoca tra le mura domestiche della ricca e privilegiata famiglia Grimké, vorrebbe fuggire lontano e Sarah promette di aiutarla. Come Hetty, anche lei è in qualche modo prigioniera di convenzioni e pregiudizi; in quanto donna non le viene permesso di realizzare il suo più grande desiderio, quello di diventare una giurista come il padre e i fratelli. Sarah sogna un mondo migliore, libero dalla schiavitù, che lei considera come un terribile abominio, e instaura con Hetty un rapporto speciale, insegnandole di nascosto a leggere e a scrivere nell’intento di aiutarla a emanciparsi. Seguiamo così il rapporto difficile ma speciale tra una ricca ragazza bianca e la sua schiava nera e le loro vicende umane nel corso di trentacinque anni, cui si aggiungono quelle della giovane sorella di Sarah, Nina, con la quale si batterà a favore dei diritti civili delle donne, dei più deboli e degli emarginati e contro la discriminazione razziale.


La recensione:

Dicono che non bisogna guardarsi indietro, che il passato è passato, ma io mi sarei guardato indietro per sempre.

Quando sento il bisogno di leggere una storia, non ci penso due volte. Solitamente raccolgo ogni sfida o difficoltà che mi si pone davanti, mi immergo fra le sue pagine che ai miei occhi acquisisce una forma, un disegno divino che ha una certa provenienza, realizzando poi rimasugli di quello che non sono altro stracci di pensieri. Motivazioni a caldo. A caldo, ho giudicato L’invenzione delle ali una lettura sufficientemente attinente ai miei gusti. Ma una prosa elegante, adatta a qualsiasi storia, magari anche alla più difficoltosa, non necessariamente si rivela piacevole. Un lettore avido di storie, profondo, amante della lettura e dei buoni libri, costernato si vede annunciata la pellicola di un film non attinente ai suoi gusti. O che lo era al 20% delle sue possibilità. Su una finestra virtuale dall’aria luminosa e vaporosa, ho letto la storia che la Mod Kidd si porta dentro tingersi di diverse sfumature. Potevo fissarla quanto volevo, il colore non sarebbe cambiato.
In questo senso, L’invenzione delle ali non mi è piaciuto. Entusiastiche recensioni hanno paragonato il romanzo della Mod Kidd con quello della Stockeet. Ma il paragone finisce qui. Perché, scrivere una storia che narra della tratta degli schiavi, di mancata libertà, il senso di oppressione che evidenzia un mancato senso di rispetto, discriminazione, riserbo, negazione nei riguardi di un popolo che è ancora messo sotto una cattiva luce, non rende necessariamente una storia perfettamente visibile. Indimenticabile nella sua imperfezione, cambiando colore in un fazzoletto di vite che allestiscono un banchetto.
So bene che, al di là di tutto questo, non c’è bisogno di andare oltre. Sebbene i miei occhi hanno seguito febbrilmente i caratteri sulle pagine, alcuna emozione mi è rimasta nel cuore. Forse dipendeva da me? Ma anche rileggendo lo stesso capitolo più e più volte mi sono trovata a formulare pensieri, paragoni con altre letture, in cui l’impronta dei ricordi è ancora vivida nella mia mente che sfrecciano come un treno in corsa. I ricordi, come una lieve brezza, hanno invaso le mie narici e scompigliato i capelli. L’invenzione delle ali aveva dei segnali che, se accostati l’uno all’altro come pezzi di un puzzle, formavano un disegno poco gradevole. Ma il vero problema non è stato quello concerne alla forma, ma alla sostanza. Cosa mi aspettavo davvero da questa lettura?
Inutile scrivere che una seconda lettura avrebbe sortito lo stesso effetto. Una spessa coltre di biasimo, delusione, la spasmodica ricerca di farsi strada in mezzo a masse di carne e ossa come una forma di disagio che induce a porre dei limiti, esattamente come la triste condizione che dovettero vivere giorno dopo giorno i personaggi della Stockeet, è una strategia ponderata e paziente che come uno specchietto per le allodole attira un gran numero di lettori. La Mod Kidd tuttavia non è abbastanza furba da carpire questa opportunità, affidandosi esclusivamente a fatti o eventi davvero accaduti che poi, sotto forma di romanzo, localizzano la posizione a cui aspira l’autrice. Per quanto mi riguarda, come qualcosa di estremamente debole. Estremamente piccolo, una specie di puntino. E ben presto non subirà alcun mutamento nemmeno quando si giungerà alla fine, leggeremo un epilogo triste ma poco originale che non ci fa dimenticare  come la Mod Kidd abbia evitato di ‘salvarsi ‘mediante slanci o effusioni del cuore che avrebbero potuto colpire inaspettatamente. Il risultato è un tuffo in un passato realmente esistito, un accozzaglia di situazioni estrapolati dalle soglie del tempo, non convincendomi completamente, muovendosi in maniera alquanto lenta e poco coinvolgente. Questa non è la prima storia incentrata sui neri e la schiavitù che leggo, ma l’autrice sussiste nell’assurda unione fra le due protagoniste, che non va più lontano di una semplice amicizia, fuorviando sulla natura semplice ma poco emozionante della storia.
La struttura è molto simile a quella dei romanzi della Morton a cui sono parecchio affezionata, ma scostante da quella magia che impregnano le sue pagine. L’amore per la letteratura, così come un forte senso di appartenenza al passato. Il vecchio che si mescola al nuovo. L’invenzione delle ali a questo proposito lascia inappagati, intristiti, insoddisfatti che forse sarà dipeso da me che di storie di questo calibro ne leggo a bizzeffe. Forse, se raccontata in maniera più striminzita, con un andamento più levigato e meno artificioso, mi sarei avvicinata alla fine con un forte sentimento di tristezza che avrebbe colmato il mio cuore per un forte senso di abbandono.
Una storia in cui si cerca continuamente la libertà, ristabilire l’equilibrio fra i diversi popoli, ottenere una felicità mancata non addetta alla mentalità del secolo. L’autrice ha scritto questa storia traendo ispirazione da una storia realmente esistita, dove non c’è effettivamente una spiegazione fondata da dove o da cosa provenga questo suo forte interesse. Non evidenziando completamente le tribolazioni a cui dovranno incorrere le protagoniste, e che le distinguono dall’altro sesso, dall’alta società, ne sapendo ‘guarire ‘ le innumerevoli stati di tristezza o insoddisfazione con un epilogo triste e malinconico che non cambia né modificherà alcunché.
Valutazione d’inchiostro: 2

8 commenti:

  1. Peccato che non ti sia piaciuto, io lo avevo adorato! Ma, si sa, questo è il bello della lettura 😊😊

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  2. Adoro leggere romanzi😊prendi una bella estate...

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  3. Di questa autrice ho sentito parlare molto bene de La vita segreta delle api, ma questo ammetto di non conoscerlo.

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    1. Per me, Beth, è stato il contrario. Non ne avevo mai sentito parlare di quello che tu citi, ma conoscevo questo per sentito dire. Ma data la mia esperienza, penso passerò 😆😆

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  4. Mi dispiace che non ti sia piaciuto, io sono rimasta colpita dal fatto che è una storia reale, io credevo fosse tutta inventata, contesto storico a parte

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