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venerdì, agosto 16, 2019

Gocce d'inchiostro: Lombra - Edward Carey

Ho indugiato per qualche tempo prima di chiedere e spiegare i motivi per cui ho tralasciato questa lettura; ero giunta dinanzi alle soglie di Foulshman esaminando ciò che avevo intorno. Il freddo pungente, una coltre oppressiva che attanaglia nella sua morsa, il sentirsi guasti, sbagliati come quando si lascia marcire la roba nella spazzatura. Heap house e i suoi abitanti erano scomparsi; i minuti, le ore passavano velocemente e andavano a sfumare senza dare alcuna importanza. Londra era divenuta una fabbrica fuligginosa che macinava anime spezzate, derelitti speranzosi nel scovare una via d’uscita quando non c’era alcuna via d’uscita.
Lombra è il terzo capitolo di una trilogia che apparentemente non mi aveva entusiasmato, ma che, a suo dire, avrebbe conquistato milioni di lettori. Sorgendo dalle remote montagne di rifiuti e fetori, ho ripreso questo viaggio invaghita di qualcosa e qualcuno di cui non ne conoscevo l’epilogo. Ma questa è stata una lettura particolare e indimenticabile in piena regola, e nel momento in cui riconobbi il piccolo Clod, in mezzo a queste carcasse, mi diressi nella sua direzione per unirmi a loro.




Titolo: Lombra
Autore: Edward Carey
Casa editrice: Bompiani
Prezzo: 20 €
N° di pagine: 485
Trama: Dopo essersi lasciati alle spalle i resti ancora fumanti di Foulshman, gli Iremonger si sono dispersi per tutta Londra. Hanno bisogno di una nuova casa e sono determinati a trovarla. Strane cose cominciano ad accadere in tutta la città: persone care che spariscono nel nulla, oggetti bizzarri mai visti prima e un’inquietante oscurità che sembra voler ingoiare la luce del giorno. La Polizia ha spiegato le forze, ma saprà fronteggiare i temuti Iremonger? E quale sarà il ruolo di Clod: ribelle o figliol prodiigo? La storia della dinastia Iremonger, edificata sui rifiuti, sta per concludersi.
La recensione:
Con il tempo, i romanzi di Edward Carey mi hanno conquistato per la sua semplicità e irrimediabile particolarità. Londra sembrava una città sempre più sporca e rumorosa, piena di giustizia e di bruttezza. In estate mi è risultato perfetto inoltrarmi nella fuligginosa ed ombrosa città londinese che Carey si porta dentro. E la sua bizzarra ma avvincente storia di oggetti e cose perdute e poi ritrovate era uno squarcio di vite particolari che mi conquistò lentamente. Detestavo non conoscere i motivi per cui Edward Carey era così rinomato, scoprire gli imperscrutabili segreti per cui povere anime erano ammucchiate in anguste tane, abbruttiti dalla miseria, con un certo disprezzo per le persone della sua stessa posizione sociale, che vivevano imbrigliati in costumi rigidi e assurdi o forme stravaganti e orribilanti. L’anima di questo romanzo era intrappolata in esseri vanitosi, egocentrici, folli, ambiziosi che risultavano troppo determinati. Non vi è alcuna storia degna di queste bizzarrie, perché è priva di fatti o situazioni che ne esaltassero il tono elegiaco per mantenere e concetrarsi in vicende dall’aria pregna di sofferenza, mancanza, difficoltà, e poi l’autore osservava questo mondo circostante con gli occhi di un bambino ingenuo ma affettuoso che esplica questa sua condizione come effetti semplici e manipolabili della Vita. Spesso storie così semplici, così poco moraliste mi annoiano. Ma la saga degli Iremonger mi avvinghiò alla sua ipocrisia, al suo lerciume, al suo fetore, impregnando l’anima di chiunque, persino di chi legge. Nulla di così eclatante ma nemmeno da lasciarci impassibili. Il povero Clod e la sua famiglia erano intrappolati in una insulsa pantomima. E Edward Carey ce ne parla con la consapevolezza che, alla fine, bisogna tenersi stretto ciò che teniamo di più caro, e questa storia non ne fa eccezione.
Clod, Lucy stavano aspettando qualcosa che non conoscevano. E che non conoscevo nemmeno io, miracolo inimmaginabile che ha seminato un certo tipo di fedeltà, di speranza nel cuore arido di qualunque personaggio. 
Gli sviluppi non avrebbero tardato ad arrivare, e Carey esplica svariati momenti in cui intercorrono gli interessi dell'umanità, di tutti coloro che amano ma sono destinati a una vita ricca di sofferenze, e tentare di salvare unicamente la loro pelle. La saga dei Iremonger non si concentra nient’altro che su qualcosa che possa evitare lo sfacelo totale, ogni meccanismo segreto nascosto nella sua mente che si attivi nuovamente, facendoci così precipitare dalla sciogliera del tempo, diretti chissà dove. E forse proprio per l’attenzione che egli riservó a queste pagine che mise in questi nuovi sforzi, il tentativo di impedire ogni momento che il Male sopraffacesse sul Bene, consentendomi così di affrontare con serena freddezza l'orrore che ci circondava. 
In questo terzo e ultimo volume si concludono le vicende degli Iremonger, eppure un forte senso di quiete, comprensione mi pervase. Probabilmente intricata, avvinta fra gli ingranaggi di un marchingegno letterario che ha vasti richiami alla letteratura vittoriana, dickensiana e stickettiana, in cui ci si affanna a scovare quella parte nascosta, sepolta, di noi stessi, Lombra deplora la fretta di staccarsi da questo stato opprimente in cui si trovano i protagonisti, non facendo niente tuttavia per vivere diversamente, parte di un marasma putrescente che non ha mai fine. Paesaggio che brilla di originalità, una certa luce, sebbene l'aura malaticcia che grava attorno non è propriamente degna di una discendenza. 
Alla fine, come piccolissimi oggetti, Clod e Lucy mi avevano indicato la strada come un navigante. Mi hanno fatto indugiare su qualunque cosa, incombendo come ombre incombenti. E, a mó di commiato, hanno depositato nella sua infinita immaginazione un barlume di speranza che non può non scaldarti il cuore: lasciarti un segno come un bacio. 
Valutazione d’inchiostro: 4+

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