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martedì, ottobre 29, 2019

Gocce d'inchiostro: L'incubo di Hill House - Shirley Jackson

Non era prevista questa lettura, penso. Ecco come inizia il prologo di questa recensione che, fra l'altro, non mi vede assolutamente entusiasta. Ed è così che disgraziatamente è andata a finire. Con una banalissima storia di fantasmi. E non sarebbe dovuto andare così. Ecco quello che penso: la Jackson scrive molto bene, ma fra me e lei non ci potrà mai essere alcun legame. L'anno scorso ci avevo provato con il suo romanzo più celebre. Quest'anno, nello stesso periodo, con un opera alquanto affine per temi e stili ad Abbiamo sempre vissuto nel castello ma che mi aveva lasciato incerta se proseguire e concedere un'altra chance alla sua autrice o meno. Questo adesso l'ho compreso, ma tardi. Ma sempre meglio tardi che mai! Ed è stato un vero dispiacere. Perché non si può più tornare indietro, e ciò che è fatto è fatto. E c'è qualcosa di peggio che insistere, persino quando noti le poco robuste fondamenta, e nonostante tutto il bruciore dell'insoddisfazione brucia come una ferita aperta?
Titolo: L'incubo di Hill House
Autore: Shirley Jackson
Casa editrice: Adelphi
Prezzo: 12€
N°di pagine: 233
Trama: << In questo autentico classico del genere gotico, Eleanor Vance, giovane e tormentata donna che non ricorda di essere mai stata felice in tutta la sua vita, viene assoldata dal sinistro professor Montague, aspirante cacciatore di fantasmi, per un soggiorno sperimentale a Hill House... Giunta a destinazione, Eleanor si trova davanti a una casa "che sembrava aver preso forma da sola, assemblandosi in quel suo possente schema indipendentemente dai muratori", un edificio che "drizzava la testa imponente contro il cielo senza concessioni all'unanimità", una costruzione immune da ogni esorcismo: "un luogo non adatto agli uomini, né all'amore, né alla speranza", una casa che si rifiuta di essere una dimora accogliente così come Eleanor vorrebbe sfuggire a un sistema di vita che le ha portato soltanto infelicità >>. 


La recensione: 
Gli ultimi giorni di ottobre mi vedono quasi sempre impegnata in letture che, spinta dalla solitudine, mi conducono in luoghi o forme di vita che in un modo o nell'altro mi impediscono di rispettare la mia tabella di marcia. Da un anno esatto dalla lettura de Abbiamo sempre vissuto nel castello, avvertivo ancora la stretta ferrea del dubbio di leggere qualcos'altro di questa autrice che la mancanza di volontà di comprendere se facesse o meno per me sfumó nel giro di qualche ora, e così ebbi l'idea di aggregarmi a quel piccolo gruppo di lettori che non avevano idea di cosa aspettarsi da un autrice prolifica come la Jackson, che esercita un ruolo alquanto importante nella letteratura americana odierna. Per questo e altri motivi, una lettrice che ama la letteratura più della sua stessa vita e riconosce nella scrittura forme di vita intrinseca a quella della sua autrice, l'esperienza momentanea di essere una creatura appena approdata in un luogo apparentemente bellissimo, suggestivo e inquietante, galleggió sull'onda del necessario, lontano da quegli autori che avevo ossessivamente rinchiuso nel mio cerchio. Ma quest'oggi, il pomeriggio in cui tutto ciò accadde, mi ricordai i motivi per cui avevo rimandato la lettura di questo romanzo che per qualche secondo si stanzió nel mio cerchio, come se di questo posto dovessi abbandonarne la permanenza il primo possibile. Risalente a quando questa mattina fui come folgorata dal desiderio di fare visita ad Hill House, villa fatiscente che segue e assiste alle innumerevoli vicende di personaggi che si conformano perfettamente al loro ruolo la cui visione illogica delle cose li rende sempre più uniti e unanimi. Fossi stata obbligata a leggere L'incubo di Hill House, spostata da una stanza remota e polverosa ad un altra, con un guazzabuglio di eventi che coincidono col desiderio di scovare una via di salvezza in un mondo che ti stringe nella sua morsa, penso che avrai mandato tutto all'aria.. In realtà confidavo ciò non accadesse, ma questa landa deserta in cui ero sprofondata non poteva essere più deludente. Ombrosa, appiccicosa, fumosa, ma priva di quel brivido che ti percorre lungo la schiena. Appollaiati tutt'intorno figure che hanno una loro importanza che nel silenzio solenne e nel battito compulso dei loro cuori sfrecciarono via e si fagocitarono nelle viscere di questa fatiscente villa lasciando tutt'attorno un senso di fluttuante insoddisfazione. Ero stata catapultata in un luogo che ha da sempre destato il mio fascino dove la fruttuosa ricerca del coraggio, la lotta contro le classi sociali, la proclamazione di un'idea di libertà che non esiste più sono tutti aspetti che inducono a importantissime riflessioni riguardanti la natura impulsiva dell'individuo, la sua mente il suo sentirsi perennemente intrappolato in una realtà in cui sogno e realtà si mescolano. Metafora di paure represse, segreti mal celati che impediscono qualunque via di fuga.
Sono solo queste concezioni saldamente legate e avvolte in una spessa patina di disagio, insoddisfazione dell'animo che pesavano sullo spirito della Jackson, mentre realizzava la sua produzione artistica? Lei e la paura. Quale legame vi è nascosto? O era la pausa stessa, il concetto di vita che intercorre nel mezzo di un qualcosa che recide del tutto nel farsi scorrazzare a destra e a manca nei corridoi luminosi della coscienza? Come multitudine umana, entità di carne e ossa, separata dall'oblio più assoluto di catturare il pensiero astratto, per quanto mi riguarda la grandezza di Shirley Jackson termina qui. Una brillante funambolista armata di carta e inchiostro, ritta davanti a una polverosa macchina da scrivere, introdusse al pubblico una forma atipica di psicologia in cui letteratura, arte e scienza si fondono in un unico essere. C'è chi l'ha acclamata, come il Re, e chi invece, proprio come la sottoscritta, non riesce a comprendere i motivi che si celano dietro la sua fama. E ora che ho concluso L'incubo di Hill House non perdo tempo a evidenziare il mio rammarico, la mia insoddisfazione, la mia mente invasa da chiacchiere di corridoio che passarono nel mio animo non toccando proprio per niente. 
La letteratura ottocentesca avrà certamente subito la trasformazione di accogliere nel suo grembo una donna abile nel destreggiarsi in opere che hanno dell'assurdo, dell'oscuro, ma che non scendono mai nell'orrore o nello sconcerto. L'incubo di Hill House a questo proposito, sebbene ricco di dettagli che ne esaltano il tono simbolistico, non si accorda con gli strumenti nascosti nel mio animo. Si discostano ampiamente dalla concezione di bellezza o ammaliamento, poichè il risultato è una fiaba oscura di sussurri e sospiri la cui morale ha un che di amorfo, ambiguo e che, quando giunse alla fine, non poté meritarsi nemmeno quell'applauso soffocato che, anche se in minima parte, ha messo a nudo la mia anima. Scoprendo delusa il contrario, umanamente e volutamente isolata  da ciò che in futuro riguarderà Shirley Jackson. 
Valutazione d’inchiostro: 2

10 commenti:

  1. Ho amato moltissimo la serie TV ma penso che sia ufficiale, a me la Jackson non piace.

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  2. Ciao Gresi! Io non penso lo leggerò mai, perché già la serie tv mi ha inquietata tantissimo, difatti ho visto solo il primo episodio. 😊

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    1. Io invece mi fermo qui... Della Jackson non ne voglio più sentir parlare 😌😌

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  3. it seems interesting, haunted house, i would like to read. Thanks for sharing.
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  4. L'ho letto poco fa, infatti a giorni pubblicherò la recensione. A me è piaciuto, certo non è un horror convenzionale, ma ne ho apprezzato l'originalità e l'impianto psicologico. Avrei preferito solo un maggior approfondimento degli antefatti che hanno reso Hill House infestata.

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