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sabato, giugno 13, 2020

Gocce d'inchiostro: Andromeda Heighs e Kitchen - Banana Yoshimoto


Ogni romanzo è una fonte di sostentamento. Basta lasciarsi andare. Darsi tempo, stare seduti fra le vecchie mura della tua casa a osservare quelle figure di carta e inchiostro che si appollaiarono sulle braccia, andare a vestire i panni di persone che non sono propriamente in carne e ossa ma che ti accolgono come amici di lunga data. Ti aiutano a snocciolare quesiti, questioni, a spulciare nel loro passato finchè il bandolo della matassa – che può cominciare con una parola, un incontro – non ti induce a varcare posti scialbi, insignificanti che alla fine non si rivelano così pessimi da averti fatto scongiurare tutt’altra direzione.
Ho deciso di accogliere nuovamente Banana Yoshimoto nel mio cantuccio personale semplicemente perché avevo bisogno di capire se i suoi romanzi avrebbero fatto o meno al caso mio, e sebbene piano piano sia stata coinvolta nella loro quotidianità queste due letture hanno decretato la fine del nostro incontro. Hanno acceso la fiamma della mia curiosità, ma niente di più. Dapprima confidando fosse alimentata successivamente, come è successo in precedenza con altri romanzi, ma poi con la consapevolezza che io e la sua autrice camminiamo su due binari nettamente opposti. Ho desiderato conoscerla, e questo è tanto.
Titolo: Andromeda Heights
Autore: Banana Yoshimoto
Casa editrice: Feltrinelli
Prezzo: 7, 00 €
N° di pagine: 100
Trama: Quando la nonna guaritrice decide di lasciare il Giappone, Shizukuishi si ritrova improvvisamente sola e deve abituarsi in fretta alla vita in città: uno spazio nuovo, incomprensibile e persino minaccioso. Porta sempre dentro di sé il ricordo della vita tra le sue amante montagne, in comunione perfetta con piante e animali, ripensa alle notti stellate e al verde brillante, alle mille manifestazioni della natura, agli sguardi delle persone che si avventuravano per quei sentieri impervi serbando nel cuore la speranza di una guarigione. Lontana dal suo ambiente, Shizukuishi cercherà una nuova famiglia, una casa in cui tornare, qualcuno da amare, una dimensione in cui poter essere se stessa. E un giardino pieno di cactus. Una storia di solidarietà e amicizia, di rispetto per la natura e per gli esseri umani. Piccoli gesti, percezioni sottili, silenziosi linguaggi: un romanzo delicatissimo e dai toni tenui che invita a sospendere per qualche ora l'incredulità e a tornare alla gioia tranquilla delle cose semplici.







La recensione:

Le persone sperimentano la solitudine, urlano e strepitano di fronte al dolore e alle prove della vita, si misurano con i sentimenti più diversi ma sarebbe sufficiente aprire bene gli occhi per capire che siamo sempre protetti.

Tra me e la Yoshimoto non si è creata nell'immediato una buona intesa. Non si era creata quell'attrazione intensa e irresistibile, quel meccanismo indefinibile che a volte si genera fra due persone che si incontrano per la prima volta, ma un sentimento di dispiacere misto a sconforto. Come le rotaie di un treno che avanzano parallele attraverso uno spazio buio, e a poco a poco vanno ad avvicinarsi impercettibilmente.  A mano a mano che i miei incontri con la Yoshimoto si intensificavano, senza che me ne accorgessi visite inaspettate e inattese nella luminosa città di Tokyo divenivano sempre più frequenti. Quando me ne sono resa conto ho provato una sensazione davvero strana. Non mi sembrava di aver letto niente di nuovo, nulla che mi inducesse a pensare di aver incontrato una persona nuova. La Yoshimoto aveva intrapreso una nuova strada, oppure ero io ad essere cambiata?
Ho sempre pensato che sarebbe davvero interessante intavolare una conversazione con l'autrice, discutere dei suoi romanzi, carpire gli innumerevoli segreti che si celano in storie apparentemente semplici ma profonde. Penso che abbiamo tutti il desiderio di rinfrescarci un po' lo spirito. E Andromeda Heights, seppur breve e frettoloso, è stata quel genere di lettura in cui ho potuto sottolineare tematiche particolarmente care all'autrice: l'amore, la vita, la rinascita, la morte, in cui i libri sono un bellissimo supporto alla sopravvivenza morale: alleviano i dolori alla temibile bestia della solitudine. Su uno spazio indefinito, da qualche parte nella sua testa. In un posto né caldo né freddo, né felice né infelice, come un flusso perpetuo o continuo.

E' sufficiente possedere un corpo, un'anima, e non difetteremo di nulla. Siamo predisposti a vedere sempre la stessa porzione di mondo, dunque ci troviamo. E se qualcuno ha un diverso modo di percepire la realtà, quello rimane un suo problema.

Una ragazza protetta, con lo sguardo fisso su un mondo che è così piccolo e insignificante e rischiarato di una luce viva; un viaggio che avrà inizio in un luogo sospeso nel quale si assapora l'esperienza di un'avventura diversa da quella della vita della giovane protagonista nella quale mi sono imbarcata; la scoperta di una realtà non proprio dissimile alla nostra e che ci fa acquisire un po' di quella energia, quella forza di cui ci parla la Yoshimito. In un girotondo di esperienze di una donna sola, ignara del mondo e della realtà circostante, amante della natura e degli animali che mi ha condotta piuttosto lontana dai propositi iniziali, una storia d'amore e di separazione, ma che senza questo imprevedibile viaggio non avrei mai potuto conoscere.
Risucchiata da un vortice colorato, è bastato un semplice gesto per poterla raggiungere. Un caldo abbraccio. Una sentita pacca sulla spalla. La malinconica e romantica Shizukuishi non è diventata parte della mia vita ma, in pochissime ore, è stata protagonista di una serie di eventi che l'hanno catapultata in una realtà che presto la risucchierà nel suo gesto impetuoso, a quel presentarmi l'ultimo giorno di marzo alla soglia della sua vita, dipinta in diverse sfumature, facendomi venire a tratti l'angoscia e lo sconforto al solo pensiero che l'uomo è condannato a vivere in solitudine.
Guardandomi attorno, vedendo il mondo così come lo ha descritto l'autrice, e facendo alcune considerazioni ho letto Andromeda Heights con la sensazione che questa storia, quest'ennesimo ritratto a sfondo realistico mi avesse risucchiato senza nemmeno che io me ne accorgessi. Scrivo questa recensione lontana ancora milioni di chilometri da dove mi trovavo prima, in cui alla fine quello che resta è solamente un irritante senso di abbandono a cui qualcuno mi ha costretto.
Queste alcune delle considerazioni sulle quali ruota la storia di Andromeda Heights, con le quali è stata concepita la storia di Shizukuishi che, come un viaggiatore proveniente da una dimensione lontana anni luce, mi ha raccontato una storia che sono certa è parte della vita dell'autrice. Nozioni di vita, perle di saggezza estrapolate dal nulla, se non dalla stessa autrice, dalla sua saggezza, dall'esperienze che sedimentano nel suo animo, come uno strumento in cui si conosce la conoscenza di sé: la conoscenza della propria identità, del proprio passato.
Una lettura che altri non è che un tentativo di evasione. Un allontanamento dalla routine, un congedo definitivo dalla stagione primaverile che ha spezzato in due il filo del presente, fuggendo in una realtà completamente diversa da quella in cui vivo. Un romanzo che non spicca per bellezza ne resterà immemore nella mia fervida immaginazione, ma che oltrepassa quella barriera invalicabile dell'insoddisfazione umana. Ci parla di sentimenti, di esperienze conoscitive, dell'amore come un sentimento dolce, sensibile e toccante in cui ho potuto appropriarmi del cielo di un'altra nel momento del suo più grande sconforto.

Non è uno scherzo, è ciò che unisce due come noi, esclusi dalla società, che ci regala un luogo di appartenenza.


Valutazione d'inchiostro: 2

Titolo: Kitchen
Autore: Banana Yoshimoto
Casa editrice: Feltrinelli
Prezzo: 9€
N° di pagine: 156
Trama: Da quando la nonna è morta, Mikage è sola al mondo. Le cucine che sogna continuamente rappresentano il suo desiderio della famiglia che non ha. E non avendola, decide di inventarsela scegliendosi i genitori nella cerchia delle proprie amicizie. Il padre del suo amico Yuichi, per esempio, può diventare tranquillamente sua madre. Un'immagine inedita e sorprendente del Giappone, con temi e situazioni che ricordano quelli dei fumetti manga, rielaborati però attraverso una lingua letteraria e al tempo stesso agile e spigliato.
  

La recensione:

Conservo in me una sensazione indefinibile, che le parole potrebbero dissolvere. C'è ancora tanta strada. Forse nel susseguirsi delle notti e dei risvegli che verranno, uno dopo l'altro, anche questo momento diventerà un sogno.

La visione malinconica di alcuni romanzi giapponesi mi ha sempre affascinato. Offre, anche se non molto a dire il vero, un'idea delle condizioni fisiche o morali dei protagonisti. E ti permette di non correre il rischio di dipingere, mediante scrittura, un soggetto che alla fine del romanzo si rivelerà molto poco appropriato. Ciononostante restare seduta più di qualche minuto ad accertarsi che quello che ci troviamo davanti è esattamente quello che cercavamo, non trascurando nulla, è sempre una sensazione molto bella ed emozionante. Come con Il lago, in Kitchen ho avuto davanti un disegno che ha emanato malinconia. Intriso di speranza, di felicità, distinguendo i contorni di quella che era ancora un'immagine vaga. Una storia di alti e bassi, che ha brillato in silenzio come se stesse per dissolversi nell'oscurità della sera.
Andando avanti nella lettura, fra le vecchie mura di una casa malridotta, con la mente che fluttuava senza alcuna stabilità, senza requie, in una confusa desolazione, ho sottoposto la mia coscienza a degli esami, dubbi, perplessità, e pensavo... alle moltitudini di esperienze che ci attraversano nella vita e di cui ci si augura di poter evitare: l'abbandono, la solitudine. Alla possibilità di rinunciare a un tetto sopra la testa e alle sue terribili conseguenze.
Lo scenario severo e limpido in cui presto mi sono sentita a mio agio e che avevo avvertito così intensamente già al tempo della prima fatica letteraria dell'autrice, fra la sensazione di toccare e vedere con i propri occhi constatando quanto fosse immenso il mondo e profonda l'oscurità e l'infinito fascino della solitudine, tornò ad invadere i miei sensi, specie in quest'ultimo periodo che dalla landa deserta della mia coscienza avevo intravisto come un alternativa: un alternativa per constatare se quel qualcosa di forte e malinconico che celava il suo aspetto fosse tangibile. Se l'opera ancora acerba dell'autrice fosse in grado di appiccicarmi addosso, interpretandola nel modo più giusto ed entrando in sintonia con la storia.
E' ovvio che un romanzo riflette esattamente ogni espressione e arte dell'anima di chi l'ha scritto, e Kitchen sebbene non perfetta è una compressione di sentimenti che affioreranno solo molto dopo. Mi sono limitata ad andare avanti, su una strada che ha tuttavia unito due binari i quali ignorano la possibilità di potersi toccare, decidendo sul momento quali emozioni estrapolare. Era una questione di sentimenti, non potevo comportarmi diversamente!
Sino a qualche mese fa c'era solo Murakami - un autore che si limita a seguire il filo delle emozioni quotidiane ad annotarle in una forma più perfetta ed onirica: la scrittura -, ad essere piuttosto <<strano >>. Non avevo mai visto nessuno suscitare così tanta protezione, quasi fosse un compagno segreto, di notte, sul davanzale di una finestra che si affaccia su un mondo. Eppure con la Yoshimoto è accaduto qualcosa di simile: ho passeggiato in sua compagnia consapevole della mia naturale capacità di essere ciò che sono, senza una particolare attenzione per il divenire, accettando di privarmi degli occhi e lasciarmi condurre dal flusso incontenibile delle emozioni. Uno straordinario viaggio romantico, sentimentale, tragico, drammatico in cui sono nata. Cresciuta. Svanita.
Questa è stata l'ennesima meravigliosa esperienza del mio stare <<lassù>>. Quello che ho avuto davanti ai miei occhi, dinanzi alle tenebre del tempo, è il libro della solitudine. Della maturità. Dell'amore. Nato lentamente dal bisogno di rifugiarsi per non poter scomparire, che sedimenta nel cuore e affiora in superficie. Così sensibile e sentimentale da scalfire persino l'anima dei più coriacei; semplice come digitare il nostro nome sulla tastiera di un computer, o guardare un terribile acquazzone farsi strada da una coltre di nubi e pioggia.
C'è stato qualcosa di sacro, onnisciente, fra le sue pagine, in cui ho saputo cogliere questa magia semplicemente osservando, interpretando modi o costumi, leggendo. Delimitandone le forme, donando la capacità a chi legge di capire se stessi. Con parole che sono state una scialuppa di salvataggio dinanzi a un mare in tempesta. Con sfumature dalle tonalità più chiare a quelle più scure, che hanno dato un senso ad ogni cosa. Interpretando il linguaggi segreto della vita.
Una storia intensa, ma evanescente che nasconde l'oscurità più profonda. Una ragazza che nessuno capisco fino in fondo in questo avverso universo. Una porta che si spalancherà su diversi mondi, e che poi svanirà così com'è apparsa. Kitchen è un romanzo che non parla solo di cucine, checché dice il titolo. Piuttosto è il ricordo di un amore sopito dal tempo, che l'autrice evoca quando era una giovane cameriera. Ricco di belle e toccanti perle di saggezza che, solo a guardarlo, c'è da perdersi di meraviglia.

Quando io mi innamoravo partivo sempre con un grande slancio, ma sentivo che avrei anche potuto innamorarmi, a poco a poco, in conversazioni come quella, come quando le stelle appaiono da qualche spiraglio di un cielo coperto di nuvole.

Valutazione d'inchiostro:  3

4 commenti: