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venerdì, luglio 17, 2020

Gocce d'inchiostro: Romeo e Giulietta; Re Lear - William Shakespeare

 Il mio interesse nei riguardi dei classici, in generale, di William Shakespeare, iniziò durante il primo semestre dell’anno scolastico di quinto liceo, quando ero già una studentessa ligia al dovere e allo studio che per caso si era approcciata a questo genere letterario, in una veste di pragmatismo e coraggio. Il primo approccio fu con Charlotte Bronte, e, successivamente, William Shakespeare le cui letture furono a dir poco decorose. Era dunque un mondo nuovo, inesplorato che avrebbe aumentato a dismisura il numero di letture da leggere, tutto naturalmente dovuto dalle mie scelte o preferenze personali.
E fortunatamente di opere shakesperiane la letteratura vanta un sufficiente numero che, mentre ripongo queste poche righe, mi inorgogliscono maggiormente. È più facile inerpicarsi in territori inesplorati ma conosciutissimi, senza intavolare alcuna conversazione con la mia anima semplice. Per quanto trabocchino di originalità, interesse, all’età di quasi ventotto anni sono contenta di aver già letto qualcosa di William Shakespeare, anche se molto poco ancora. Il mio obiettivo era di espandere la mia esperienza al di là dell’ambito scolastico, e il modo migliore è quello di cibarsi di ogni opera, testo scritto.

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Titolo: Romeo e Giulietta
Autore: William Shakespeare
Casa editrice: Feltrinelli
Prezzo: 8, 50 €
N° di pagine: 270
Trama: In “Romeo e Giulietta la morte è presente in vario modo fin dall’inizio. Ma è con il duello tra Mercuzio e Tebaldo che essa entra realmente in scena e avvia quella sua presa di possesso della città cui la tragedia conduce. Non solo, ma che la prima vittima sia Mercuzio. Simbolo di giovinezza e di libertà, della gioia di vivere e della stessa gioia di far teatro, è anche indicativo di chi sia l’oggetto di questo assalto della morte: non i vecchi, ma i giovani, non il declinare della vita, ma il suo sbocciare, non la stanchezza, l’aridità del cuore, ma la sua freschezza, il suo desiderio d’amore. Tebaldo uccide Mercuzio; Romeo uccide Tebaldo, finchè come sappiamo, la morte aggredisce anche Romeo e Giulietta, e la “bella Verona” celebrata all’inizio si trasforma in una tomba. Nulla di vivo resta se non i vecchi, la cui faida e il cui egoismo, non il caso, hanno ucciso i giovani. Romeo e Giulietta potranno finalmente stare insieme ms solo nella cripta, con il loro amore raggelato per l’eternità nelle statue d’oro che i carnefici eleveranno a ricordo.

La recensione:


Quando non sarai più parte di me ritaglierò dal tuo ricordo tante piccole stelle, allora il cielo sarà così bello che tutto il mondo si innamorerà della notte.



Ci si ferma, straziati. Qualche ora dopo una lettura intensa e fervida come questa, col sole calante sul giorno, alzata dalla mia poltrona preferita e, rinsavita, diretta alla scrivania per appallottolare, scartare ciò che è superfluo e ciò che invece è a dir poco rilevante. E fu così che, seduta dinanzi al computer, ho scritto di getto queste poche righe che sono bastate per esplicare il mio amore nei riguardi della letteratura. Ora, più che mai, di Shakespeare.
La storia dei Capuleti e dei Montecchi è risaputa, letta, recitata, interpretata, persino qualcuno ha provato a emularla, ma niente e nessuno potrà soffocare tutto ciò che spinse l’autore a scrivere certe tragedie. Se fosse stato detto troppo poco o troppo, il tono è particolarmente drastico. Certo, due fidanzati che incorrono a raggiungere ed ottenere un sogno romantico come questo era inaccettabile, troppo plateare, troppo schematico per essere definito voluto. E proprio per tale motivo Romeo e Giulietta furono quella coppia maledetta, che coroneranno il loro sogno d’amore ma con un drastico epilogo. Dover subire le implicazioni, le dispute di famiglie ossessive, possessive, dispotiche, nell’agitazione di un periodo storico particolare, fu il seguito di rabbiosi eventi. Scontri, incontri, intrighi, eventi, sotterfugi, battaglie senza fine che intimidiranno i lati opposti dei membri di queste famiglie, ma anche dei privilegi di questi due giovani nel poter fare ciò che più gli pare. Una battaglia che avrebbe dovuto rispondere a tante cose, ma che, alla fine, risponde a niente. Per vivere e amarsi al di là della morte. Anche se costretti a sacrificarsi. Rinunciare all’uno o all’altro. Per ottenere finalmente quel tipo di vendetta che avrebbe dovuto riconoscergli un certo prestigio. Considerandosi alla loro altezza, pur di imparare, quando furono illustrati certi argomenti, bisogni di capitolare, imparare ad appellarsi alla logica, alla fiducia in se stessi, alla calma necessaria per continuare  a discutere e coronare il loro sogno d’amore. Indipendentemente da ciò che avrebbero voluto o desiderato le famiglie.
Romeo e Giulietta è quel dramma tragico, comico, sentimentale da cui, inevitabilmente, se ne esce guasti. Non più quelle entità divisibili, ma masse compatte e indistruttibili che avrebbero desiderato nient’altro che conforto, consolazione, accettazione. Vagliando qualunque ragione per cui una determinata azione, un semplice gesto come questo – il matrimonio – non avrebbe potuto realizzarsi, conferendo alcuna possibilità di reagire. Poiché l’uomo debole è considerato inferiore, timoroso della vita, di chi lo sovrasta, spirito dipendente di situazioni di prim’ordine, cade in trappole o giochi di parole strategiche e insidiose.

Ama, ama follemente, ama più che puoi e se ti dicono che è peccato ama il tuo peccato e sarai innocente.

Valutazione d’inchiostro: 5


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Titolo: Re Lear
Autore: William Shakespeare
Casa editrice: Feltrinelli
Prezzo: 8, 50 €
N° di pagine: 319
Trama: “Lungi dall’essere poco teatrale, Re Lear può ben dirsi l’opera più teatrale di Shakespeare, e ciò nel senso che in essa il linguaggio del drammaturgo raggiunge la sua più alta, e specifica, intensità ed espressività. Né poteva essere diversamente.






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La recensione:

“Quando nel dolore si hanno compagni che lo condividono, l’animo può superare molte sofferenze”.

Oh, lo so che scrivere qualcosa riguardo un autore come Shakespeare è tempo sprecato! Eppure scrivere, riporre nero su bianco pensieri o sensazioni che tengono ancorata la tua anima a questo mondo, è un meccanismo intrinseco che negli anni sta crescendo sempre più. Si è infilato dentro di me, come una lama di luce, ed è volato sui cieli stellati della mia coscienza. Professato come un gioco, divenuto ora una vera e propria necessità che talvolta mi fa impazzire, mi tormenta, mi induce a soffrire della cosiddetta sindrome del << blocco dello scrittore >>. Sbatacchiata di qua e di là, sorpresa mi ritrovo a non saper cosa riporre. L’emozioni, le sensazioni, i pensieri sono tanti. Ma cosa scrivere, descrivere, quando non si ascolta la voce giusta? Non se ne conosce l’origine, ne la provenienza. Per nulla pretenziosa, ma solo avida di affetto o attenzione.
Questo è quello che succede quando mi imbatto in letture in cui le parole, disgraziatamente, servono ben poco. Perché? Perché crescono ed implodono in qualcosa di supremo, ottenebrante, pretenzioso, in cui si cammina in una landa deserta come anime alla deriva. Macchie di piccoli frammenti di cosmo che, in toni concisi o concitati, freddi o calorosi, attanagliano le nostre viscere come serpi. Sono letture che, alla fine, o all’inizio, lasciano un segno, una traccia del nostro passaggio. Precedentemente con Romeo e Giulietta, ora con Re Lear, che improntano invulnerabilità, abuso, forza, vigore, grazia o salvezza che, talvolta, redimono. Nel caso de il Re Lear, di redenzione ce né poco e niente. Nulla che ha a che fare con qualcosa di semplice, piuttosto con l’orgoglio, la supremazia, il desiderio di sovrastare gli esseri umani – persino quelli più vicini – che disobbediscono, se ne infischiano della grazia, della salvezza o della redenzione che dovrebbero riporre nelle nobili gesta di un re valoroso e glorioso come Lear. E, invisibile, insito persino nel resto dei personaggi. Inerenti. Inqualificabili, che esistono solo grazie alle sue gesta.
La << fantasia >> che è evidente in queste pagine è stata a dir poco stupefacente. Folle, indescrivibile, irrimediabilmente macchiata di ignobili eventi che, rassegnati all’orribile, elementari nelle sue imperfezioni, provocano la furia titanica di un uomo che inizialmente se ne infischiava persino delle sue stesse figlie. Follie prodotte dalla cruenza, dall’egemonia, dall’avidità. Depravazioni. Atti violenti e incomprensibili. Furore di un padre che non vorrebbe vedere. Non il dio che tutto può, bensì infinitamente oscuro, perverso, e solo alla fine comprensivo, che monomaniacalmente prevalse su tutto e su tutti.
Immersa in un’avventura vividamente espressive, capricciose, sentimentali, violente, attaccato con esuberanza alla propria sontuosa esistenza, tutt’altro che solo e tutt’altro che nascosto. Come una grande macchia, Re Lear rispecchia la realtà, quella moderna e antica. Il secolo buio che l’Inghilterra visse, in voga a disordini e razzie varie. Dotato della più arrogante fantasia, descritto come immagine di Dio. Potente, debosciato, corrotto, protagonista di una tragedia che annienta lo spirito.

Sciagurati quei tempi in cui i matti guidano i ciechi!

Valutazione d’inchiostro: 4 e mezzo

4 commenti:

  1. Ho letto solo l'1; ottime recensioni, grazie

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  2. Ciao Gresi, conosco questo autore solo per averlo studiato a scuola, ma in effetti non sarebbe male riprenderlo e approfondire la sua conoscenza! :-)

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    1. Approfondire Shakespeare è davvero una bellissima esperienza ☺️☺️

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