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sabato, ottobre 03, 2020

Gocce d'inchiostro: Circe - Madeleine Miller

Ha sempre governato la curiosità in me, curiosità letteraria, intendo, che distinta al mio carattere riservato e discreto non sembra legato l’uno all’altra, e via via che mi cibo di un romanzo dopo l’altro comincio a guardarmi diversamente, con una certa consapevolezza, a vedermi come una persona che per la letteratura, le parole, si avventurerebbe su qualsiasi fronte, inconsapevole di cosa impersonerò o dove mi troverò. A un estremo ad un altro, in un torrente di parole che non so mai dove mi trascineranno. Da lettrice matura, avvezza a certi particolarismi, non mi sorprendo di niente e nessuno. Il romanzo di Madeleine Miller, Circe, di cui La canzone di Achille languisce sullo scaffale da troppo tempo, colma un piccolo vuoto che mi ronzava alla testa, un nodo allo stomaco, il respiro affannoso, una coppia danzante di personaggi mitologici che si strinsero attorno.
La sua lettura si rivelò meravigliosa. Bellissima e indimenticabile, che francamente non credevo potesse essere così palese, specie perché vergata da uno stile che richiama gli antichi poemi classici o omerici. Il suo spericolato viaggio, le sue folle avventure mi piacquero tantissimo non perché enunciano la figura di una donna, la sua forza, il suo coraggio, il suo voler essere donna. Bensì la sua stessa esistenza. La Miller crea dal nulla un personaggio che per molti non è sconosciuto, e non lo riveste in forma romanzesca ma come è nella stessa Odissea. Non un personaggio che prende vita, ma una donna che ha già avuto vita e che perpetua nel tempo. In forme sofisticate di amore, amicizia, alleanza, timore, che inevitabilmente ha preso d’assalto il mio cuore, che aveva diffidato del suo essere così piccola in un mondo di bruti e giganti e che mi sussurrò una storia meravigliosa del suo divenire, moglie, madre, figlia e amante, da cui ne scaturì un legame intimo e leale, come la cosa più bella potesse mai accadere.
Titolo: Circe
Autore: Madeleine Miller
Casa editrice: Sonzogno
Prezzo: 19 €
N° di pagine: 411
Trama: Nella casa del dio Sole nasce una bambina, Circe, tanto diversa dai suoi genitori e fratelli divini. Ha un aspetto fosco, un carattere difficile e, soprattutto, preferisce la compagnia dei mortali a quella degli dei. Per queste sue eccentricità, e a seguito dei primi amori infelici, finirà esiliata sull’isola di Eea, dove affinerà le arti magiche, scoprirà le virtù delle piante e apprenderà a addomesticare le bestie. Qui il suo destino si incrocerà con quello di alcuni dei principali eroi della mitologia classica: l’inventore Dedalo e il suo figlio ribelle Icaro, il mostruoso Minotauro, l’avventuroso Giasone e la tragica Medea, e poi, naturalmente, il suo amato Odisseo, ma anche il figlio di lui Telemaco e la moglie Penelope.



La recensione:

La vita della maggior parte degli dei e dei mortali è legata al nulla: si aggroviglia e si snoda senza un progetto preciso.

Il fascino che ho riservato a questa lettura incominciò a palesarsi nel momento in cui meno me lo sarei aspettata. Non ho mai nutrito un particolare fascino per la letteratura classica e mitologica, ma penso che talvolta nella vita capitano momenti in cui sono gli stessi romanzi a chiamarti, a reclamare la tua attenzione. Mi intrufolo in un angolino del loro cuore, e intanto il sipario si apre su uno scenario famigliare, ma remoto, zeppo di strani rumori incoerenti, l’eco lontano della voce di cantanti, detriti mentali di qualche divinità, segni di un crescente equilibrio psichico. Di primo acchito, Circe si prosperò con le migliori intenzioni. Ma diffidente nel dover presto patire i postumi di un così accorato entusiasmo, ho solcato i mari dell’isola di Eea fiondandomi in una repentina sobrietà, in un intruglio di amori, lotte fra il Bene e il Male, la Vita e la Morte, che gravano sulle spalle della giovane Circe come un fardello troppo pesante. La Circe della Miller, però, non appare frastornata e debole, ma un eroina coraggiosa, forte e indomabile che disgraziatamente proiettata in un limbo oscuro, tenebroso, appiccicante, che risponde ai suoi stessi bisogni, ai suoi stessi istinti, cammina in pieno fra gruppi di titani e superstiti della guerra, che presto o tardi spiccherà il volo, in mezzo a turbini di  turbolenza e timori vari. Cammina diretta da qualche parte – ma dove, non si sa – finchè non trova ciò che sta cercando, un riscatto personale che gli antichi poeti greci e latini incideranno sulla pietra.
L’anima di questa storia intrappolata in un paesaggio luminoso ma anche tenebroso, che è rivestito di uno stile solenne, poetico ed evocativo che nega alcuna distinzione fra vecchio e nuovo, buono e cattivo, una donna imperterrita, coraggiosa ed ambiziosa nel perseverare nei suoi scopi, fissata con un misto di rimorso e crudeltà,  che condanna ad una vita ingiusta chiunque le si pari dinanzi al suo cammino. Di Circe e dei motivi per cui amava trasformare gli uomini in maiali è stato detto tanto, ma non i veri motivi. La Miller, in questo romanzo, ci snocciola le probabili conseguenze ma non ne spiega i motivi.
La mitologia greca quando la si legge, bisogna leggerla a fondo. Attentamente e senza alcuna distrazione. Ed il problema che incontri casualmente è la riluttanza di andare da qualche altra parte, un luogo in cui amo vivere e nel quale farei perdere le mie tracce, se tale opera ha un chè di straordinario. Sintonizzati sulla stessa scia, Circe ha interferito con i miei progetti di lettura normalmente profondi e istintivi. Ed il suo esserci, la sua aura, fu così accecante, luminosa, quasi bruciante, che mi ha inevitabilmente esortato a voltarmi, a spingermi fra le sue braccia, ad eseguire macchinalmente l’ordine di restare su questa piccola isola, fin quando ogni cosa non avrebbe sfociato nella sua completa estensione. Il più delle volte, qualcosa che coincide con la voce proveniente dal nostro cuore. Fra le pareti bianche della mia camera, con la voce silenziosa di figure recise che, in una mancita di pagine, avevano finito per raccontarsi. Catapultata fuori dalla realtà circostante, e risucchiata nella fedelissima e scrupolosa intepretazione di una donna, del suo essere combattente ma anche combattiva, da sempre stata nel mondo, ma celata ad occhio nudo. Madeleine Miller ritrae alla perfezione questo personaggio, che certamente avrà esaminato, studiato per tanto tempo, la sua brillante erudita, suprema e sofisticata figura che torna agli albori con una splendida versione del mito come lo ritrasse Omero. Uno dei rari casi in cui il retelling di una figura mitologica non è ritratta in chiave romanzesca e che nel romanzo appaiono distintamente, pregevolmente, perché saggio ampiamente vissuto di una donna incompresa e, per molti, inosservabile.
I suoi vasti tesori di immaginazione visionaria mi lasciarono addosso una strisciante ricchezza di sentimenti. Il propagarsi di tanta caparbietà, con tutti i pericoli impliciti per la sua famiglia che l’hanno da sempre considerata come il male per la famiglia e la dinastia, catena di piccoli fatti assurdi, di coincidenze miracolose, di avvenimenti e di persone che ritornano e poi mutano, sembrano dotati di una qualche “magia”. Poiché in Circe non esiste alcuna differenza fra finzione e realtà, e chi legge si sente legato ad ogni cosa entro i limiti del possibile. Ed il mio ammaliamento nei riguardi di questa storia è stato innegabile. Come con altri romanzi, anche questa bellissima figura funse da emozione gettata sul mio cuore da una crudele legge naturale.
Solenne e superstizioso poema epico greco, caso fantasmagorico di voci e volti, di vaghi e possenti dei apparsi nel minaccioso e silenzioso cammino degli umani per puro e semplice tedio, zeppo di distrazioni realistiche, tragiche e amorose è penetrato al punto tale d’immergermi in uno stato fra il fascino e lo sconcerto. La storia classica, perfettamente esaminata ed ampliata di una donna, una regina, una moglie, un’amante, che la Miller ha riesumato col suo tocco deliziosamente bucolico, in cui fantasia e realtà divengono un tutt’uno.
Raccontato con la consapevolezza di rievocare il ricordo di questa figura, capace di logorare dall’interno lo spirito di chiunque. Suscita un empatia naturale, risvegliando zone assopite nel fondo della coscienza, e che rivela quanto potere possiedono gli individui se soggetti ad azioni sconsiderate e folli. Opera bellissima, che mi ha resa prigioniera delle stesse colpe, degli stessi peccati della giovane e avvenente Circe. Così raffinata, delicata, solenne come il suo originale classico, che non lo fa sembrare un romanzo piuttosto un saggio in cui si provano più sofferenze che gioie. Emergendo dal passato con un’immagine ben definita e apprezzabile, i contorni perfettamente in linea a quelli ritratti nell’Odissea.
Valutazione d’inchiostro: 4 e mezzo

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