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mercoledì, settembre 09, 2020

Un'emozione, una distanza: the summer best e worst book

Le vacanze estive sono oramai giunte a termine, e da quant’è che è iniziato l’anno Sogni d’inchiostro non ha mai oltrepassato il limite dell’accettabile. Un pomeriggio di fine agosto, mi vide perplessa e pensierosa. Il blog necessitava di una ventata d’aria fresca, a causa delle numerose e singhiozzanti recensioni, in cui un lettore di passaggio non immagina nient’altro che un breve resoconto di ciò che più lo aggrava. Sicchè ho constatato che in effetti, in questi tre mesi, ho letto veramente tanto e che alcuni romanzi li ho relegati in uno spazio angusto della mia memoria. Mentre per alcune letture è stato difficile volgere le spalle, per altre ho cominciato a credere che non fosse la storia perfetta al momento giusto.
Il tutto si riassume in una breve classifica nell’identificare ciò che è stato dimenticabile e ciò che invece non lo è stato, affinchè analizzassero la natura distorta delle cose. 
E, come il rovescio di qualunque medaglia, il buono fa fede al cattivo, il bianco al nero, il bello al brutto, e anche le mie letture – alcune, fortunatamente – sebbene si siano sforzate di trasmettere messaggi particolari, che forse io non ho compreso, sono state deludenti. Eccomi, dunque, nuovamente ad indugiare su quali siano stati i protagonisti di questa lista. C’è un autrice italiana, e molti autori stranieri. Il motivo per cui mi hanno conquistata qualcuno, e altri no? Ce ne sono di diversi, e la corruzione o la beatitudine – seppur effimera – della  mia anima, durante il corso della lettura.

The summer best book:
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Intriso di quella magia che confidavo di riscontrare e che niente e nessuno mi avrebbe impedito in questa mia lenta avanzata. Incontro obbligato con la letteratura medievale, squarci di vite lontane e passate che altri non sono che un concentrato di efficienza, sporcizia, disordine, il non essere più grande di quel che è già, che evidenziate in un maestoso e contorto insieme, mi hanno concesso l’opportunità di rifugiarmi per quasi due settimane, con vigore, coraggio, agilità e passione.





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Sistema metaletterario che esordisce in maniera alquanto funzionale. Esempio di come il fantasy moderno, influenzato dai social media e dalle novità del tempo si sottopone ad un tentativo di scrittura su un mondo realistico, ombroso, soffocante, smistato in situazioni di diverso tipo per quasi tutta la durata del romanzo.









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Tipologia di romanzi fantastici cui è stato davvero difficile e impossibile non decantarne le bellezze dall’inizio alla fine, allantonandomi dall’abisso del nulla ma conducendomi in una specie di tunnel che solo all’epilogo ci darà qualche spiegazione. Tela russa moderna splendida, intrigante e coinvolgente il cui fervore non ha smesso di esistere nemmeno per un secondo. Accompagnata da un avventura splendida che ha oramai non solo un battito ma una sua importanza.


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Breve massima che compone il ciclo della produzione shakespeariana. Questa è la storia di un principe di Danimarca. Un uomo che tormenta senza posa le ferite della sua anima. Un ragazzo romantico e idealista incurante degli incauti sussulti del cuore, incapace di spiegare e di chiedere aiuto, trasportato qua e là dalla corrente della follia, osservando l'inutilità di un mondo fatto di cose grandi e piccoli di ricchi signori acutamente consapevoli del loro status sociale.
Le mie parole volano, i miei pensieri rimangono a terra. Parole senza pensieri non giungono al cielo.







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Dramma sentimentale, seducente e romantico che mi ha resa prigioniera delle stesse colpe, degli stessi peccati dei protagonisti. Un opera raffinata, delicata come un tulipano, che non lo fa sembrare un romanzo, piuttosto una proiezione in cui si provano più sofferenze che gioie. Sciorina continuamente descrizioni dettagliate che, spesso e volentieri, inducono al tedio e alla noia, e cattura l'attenzione per il toccante e sano romanticismo che si respira fra le sue pagine e in cui diviene sempre più forte l'esigenza dell'autore di esplorare la zona dei sentimenti.




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Complesso, immane lavoro di riferimenti incrociati su un tema particolarmente noto nella produzione murakamiana. Non più dunque un semplice libro, ma qualcosa che si è espanso oltre le pagine verso la realtà, trasformandola.

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La rappresentazione letteraria e diretta e urgente di una condizione storica e sociale precisa che evoca una condizione umana attualissima. Mediante uno stile definito realismo magico, descrive quell’Inferno, quel tugurio, a cui è stato impossibile sfuggire, ritraendo una storia che su quell’orizzonte avrebbe visto la luce.






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Quell’ennesima bellissima lettura hardyana che, zeppa di distrazioni realistiche, tragiche e amorose, ha richiamato alla mia mente le tragedie omeriche, penetrato a tal punto tale d’immergermi in uno stato fra il fascino e l’ammaliamento. Come in Tess dei D’Urbeville, l’essere umano è in bilico fra estasi e sogno, sebbene immerso in un mondo zeppo di meschinità, ipocrisia, cattiveria che rivelano l’intento dell’autore di esaminare il senso della vita. Ed, intrappolato nel lungo limbo delle convenzioni sociali, incorre esclusivamente l’ideale dell’uomo forte, libero, capace di vedere la netta differenza fra verità locale e verità universale, come una complicata emozione che ha racchiuso nel suo palmo due amanti nella sfera insondabile dell’amore.







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The summer worst book:
Paziente, asettico, neutro e pacato portatore di brutti sogni, ricordi ingialliti dal tempo, trascrizioni o revisioni confidate ad amici invisibili che avrebbero dovuto aggiustare qualcosa. Conferito con una certa importanza, ma conoscitore di realtà indivisibili e invincibili. In pagine di diario che giocherellano fra la vita e la morte, la solitudine e la compassione, pervaso da una strana immobilità, una certa inquietudine tipica di quelle scene colme di dense atmosfere di attesa. Completamente distante dalla mia orbita, esibito silenziosamente in un ambiente che mi ha ispirato solo simpatia.

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Ossessivo, disturbante, un romanzo che non credevo di accogliere così malamente nel mio cantuccio personale. Non una lettura malvagia, ma nemmeno quel tipo di storia nel quale l’individuo non è propriamente se stesso, spegne il cervello, anche se per un breve attimo, ma dovizioso di principi dogmistici basilari. Un dipinto post moderno ostico e a tratti banale, che non enuncia quella libertà senza limiti da cui si desidera fuggire o scomparire. Bensì marasma di cose mutabili, dirompenti, folli e prevedibili che altri non è che un sussurro velenoso nel mondo, autodistruzione innescata da un tragico evento che non mi ha investita. Perlomeno non come speravo.





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Un luogo poco confortante e accogliente, che avrebbe potuto fungere da casa o cantuccio personale. Giallo semplice ma poco coinvolgente, quasi un arrangiamento di ciò che la sua autrice ha scritto in precedenza, e che disgraziatamente non ho potuto accogliere completamente a braccia aperte.

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