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martedì, marzo 16, 2021

Gocce d'inchiostro: Cranford. Il paese delle nobili signore - Elisabeth Gaskell

Certi romanzi parlano da soli.
Leggere classici comporta un certo tipo di coinvolgimento emotivo che nella maggior parte dei casi ti induce a staccarti dal mono. Se si legge per divertimento o svago questo genere di letture non credo sia il più adatto, ma se si legge per acquietare quella sete di conoscenza e sapere che si impossessa di te ogniqualvolta ti imbatti nella lettura dell’ennesimo ritratto artistico sociale, bisogna accettare qualunque << conseguenza>>. Per quanto mi riguarda ho accettato i termini del paradosso di normalità cristallizzata in quello di assetto politico sociale e imparare ad adattarmi ai termini imposti da Elisabeth Gaskell: l’esigenza di tuffarsi nel vivo di situazioni dalle più forme disperate che pur quanto così sembrava non mi hanno tenuta lontana e in disparte, come un osservatore neutrale. Tuffarsi nel magico mondo dei classici è per me, dunque, una bellissima emozione. Con gli anni ho maturato un certo diletto per questo tipo di letteratura, e mentre un tempo mi ci approcciavo con un certo timore ora non ci penso due volte a tuffarmici con vigore e sagacia. Cranford infatti è stato quello scavo principale e necessario per indagare le antiquate regole imposte da una società convenzionale, che sorretta da rigide leggi che decantano aspetti particolari di società in qualche modo retrograda impone una filosofia morale in cui a sovrastare ogni cosa è il potere delle donne anziché quello degli uomini.


 

Titolo: Cranford. Il paese delle nobili signore
Autore: Elisabeth Gaskell
Casa editrice: Elliot
Prezzo: 13, 50 €
N° di pagine: 185
Trama: La vita scorre tranquilla a Cranford, un piccolo villaggio nel cuore della campagna inglese su cui regna incontrastato un etereogeneo gruppo di amiche più o meno nobili, più o meno sposate. Inflessibili nel rispetto del decoro ma sempre pronte ad aiutarsi l’una con l’altra, tra un tè e una partita a carte le signore di Cranford affrontano i problemi di cuore, la solitudine, le avversità quotidano, le loro vite e quelle degli abitanti che animano le loro vite e quelle degli abitanti del luogo. Ritratto con stile lieve e sottilmente ironico, ne viene fuori un mondo al femminile in cui, spesso, gli uomini rivestono il ruolo di semplici figure sullo sfondo, un universo reso caro e familiare ai lettori da Jane Austen, di cui la Gaskell raccolse, rielaborandola con stile personalissimo, l’eredità letteraria.

 La recensione:

Ho aperto il libro, l’ho sfogliato, ho annusato il profumo inebriante delle sue pagine per qualche attimo, prima di immergermi completamente, e poi successe una cosa strana: la diffidenza che solitamente sorge quando mi approccio ad un nuovo autore, ad una nuova lettura, sfumò nella sfera terrestre non appena misi piede a Cranford.
Era un giovedì di metà marzo, uno dei mesi più duri ed estenuanti che ricorderò disgraziatamente, di cui ho avvertito il richiamo denso e intrinseco di queste pagine, qualcosa dentro di me cominciò a muoversi, e passare così una manciata di giorni o ore in compagnia di un autrice di cui non avevo letto niente, con i suoi antieroi e gli altri – figure che si muovono sullo sfondo come piccole macchiette – contribuirono ad allontanarmi da rabbie, pensieri impuri e densi di rammarico, dalle cose che inccapparono nel mio cammino in questi ultimi tempi, e adesso che ero incappata a Cranford mi immersi al punto tale che divenni un tutt’uno con le sue pagine.
Non poche volte in passato un libro mi ha stravolto o coinvolta così tanto da percuotere il mio universo o qualunque parvenza di normalità, proiettandomi in un terreno nuovo – non del tutto a dire il vero – in cui ogni cosa che avevo visto in passato sembrava avesse aquisito un senso, e sarebbe rimasto tale fino alla fine dei miei tempi, fino a quando io e il tempo sarebbe stato clemente a farmi occupare un piccolo spazio in questo spazio remoto. Il libro di Elisabeth Gaskell parla di uno stato totalitario che predomina, subentra su ogni cosa come un effetto devastante e scatenante che innesca una sorta di avversione che si pone dinanzi a degli interrogativi in cui l’aura semplice che avvolge la cittadina di Cranford cozza con quella filosofica, moralista di quei cittadini che, dominati da una certa bontà d’animo, si vergognano a far del << male >> al prossimo e i cui gesti scaldono il cuore, quasi una sorta di profonda devozione a ciò che possa darci un chè di sereno, tranquillo, quasi si trattasse della ricerca perpetua della felicità. La felicità è una maschera da cui è possibile celarsi e allo stesso tempo tenere ben saldo affinchè non si cadi nelle convenzioni. Cranford non esalta ne stravolge la vita di chi legge, come un bellissimo e avvincente poema romantico, ma ha stravolto qualunque forma o concezione moralista e filosofica che avevo riposto nell’inutilità di quei romanzi che << parlano ma non dicono niente >>. Queste inutili ipotesi su un mondo che effettivamente sto conoscendo solo adesso, mi hanno proiettato in un lugo di cui ho fatto conoscenza tanto tempo fa, ma allo stesso tempo nuovo in cui all’improvviso ogni cosa di ciò che racconta la sua autrice sembra così diverso – diverso perché la Gaskell stessa visse in un epoca molto simile a quella descritta – che tuttavia perpetua nel tempo e occuperà un certo spazio. Leggere di lei e di questo suo figlio di carta è stato come se nel mio cervello soffiasse un vento impetuoso, purificante, che spazza via tutta la sporcizia accumulata dell’animo, come essere in presenza di un potere sconosciuto a cui non si può fare altro che lasciarsi andare. Lo si legge confidando che qualcosa di buono o qualcuno possa giungere per mutare le sorti, modifichi ogni cosa al punto di cancellare qualunque malvagità, e il tutto immerso in una patina di drammaticità, severità che cozza con quella parvenza di eccitazione e felicità che escludesse ogni cosa.
La vita è quello straordinario spettacolo che bisogna saper interpretare, manifestazioni contro forme di ribellioni, contro la contesa di qualunque forma di rivoluzione, eventi che in un certo senso hanno attratto decine di persone e che li costringono a trascinarsi come sonnambuli ubriachi in forme di vita e sopravvivenza in cui la pressa della giovinezza soppianta i ricordi freschi della vecchiaia. Un senso così vivo e profano del presente, uno slancio tale da far credere che il tempo dovesse durare in eterno.
Questo bel viaggio con l’autrice mi ha portato in un paese immaginario dell’Inghilterra che tuttavia vive in uno stato perenne di ansie e turbamenti, un paese di intenso rigore religioso che << punisce >> i cittadini che nutrono pensieri impuri mentre arricchiscono quelli che si pongo al mondo con carità e comprensione, un paese governato dalla libertà di poter compiere un buon gesto ma non essere del tutto liberi a qualunque forma di creazione, produzione. Cranford non traccia a fondo una mappa di come questo paese sia costruito, ma conferisce un’idea di libertà mancata, tanto agognata quanto desiderata in cui l’elemento sociale/ politico maschera elementi estremi dell’identità umana. Così ossessivo, persuasivo, consapevoli non ci sia alcuna forma di evoluzione, fra Sansoni e Salomoni troppo forti pur di subire alcuna sconfitta e troppo saggi per essere imbrigliati in situazioni così scabrose da compiere gesti irrimediabili e intransigenti. Un libriccino esperimento, a quanto sostengono le recensioni di lettori amanti dell’autrice, un esercizio che mi ha permesso di conoscere l’autrice e comprendere il suo essere tanto osannata quanto amata. Ho intenzione di leggere altro di suo, e in particolare il celeberrimo Nord e Sud.
Quel pomeriggio nel santurio magico della mia casa, che da sempre è la mia nicchia segreta, carica del senso di curiosità e di forte interesse che mi è stato infuso dal libro della Gaskell, decisa ed esaltante, beandomi del pensiero che il mio approccio con l’autrice fosse giunto, ho divorato queste pagine come se animate da volontà propria. Ho osservato il mondo da vicino come critica letteraria, lettrice consapevole e attenta più coscienziosa che crea però un modo di vedere il mondo da vicino come il realista più coscienzioso che crea però un modo di vedere il mondo da vicino sotto un ottica diversa, lievemente distorta. Situazione analoga che accade ogniqualvolta mi approccio a un nuovo romanzo, ad un nuovo autore, ma grazie a cui mi soffermo solo su ciò che mi si pare dinanzi, sul modo << strano >> su cui è proiettato in un mondo lontanisimo dal mio anche se poi non così tanto, dato che alla fine agogno quasi sempre di viverci. Con Cranford è accaduto esattamente questo, la cui autrice ha dato vita a un mondo visibile degli esseri senzienti e degli oggetti inanimati ma anche delle vaste e misteriose forze inosservate che si celano dentro questo mondo. Aiuta a riflettere e ad osservare il mondo sotto svariati punti di vista, anima perfettamente attinente a quella di altri romanzi del genere che tuttavia non ha cessato per un istante di sortire un certo fascino su di me.
Pur quanto semplice e desideroso di forme di libertà estreme, Cranford non converge in una rinascita totale che sguscia in forme mostruose e artificiali, apparentemente ridicolo, ma costruisce una fase di vita facilmente riscontrabile al presente, così attinente alla realtà come un pugno allo stomaco.
Un romanzo che è un unità eterogenea autosufficiente di respiro e pensiero, il cui brivido della lettura sta nel non sapere se queste figure alla fine potranno elevarsi in mezzo a tutto questo caos. Forse dovuto da una questione di possibilità, di scelte il cui effetto potrebbe calibrare ogni cosa.

Valutazione d’inchiostro: 4

6 commenti:

  1. Interessante; grazie per la recensione

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  2. Mi aspettavo qualcosa di più da un romanzo che dà un titolo a un'intera collezione!

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    1. Eh già... Ma, sai, non è per niente un romanzo malvagio ma è mancato qualcosa ☺️☺️

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  3. Si anch'io mi sarei aspettata di più, però va bene son curiosa poi son poche pagine ;)

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