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sabato, giugno 26, 2021

Gocce d'inchiostro: Due sulla torre - Thomas Hardy

Al tempo in cui non degnavo nemmeno con uno sguardo i classici, in una brughiera verdeggiante e soleggiata incontrai un uomo dall’aria elegante, facoltoso e acculturato, che mi rivelò la storia di una ragazzina sfortunata, ingenua ma bellissima il cui destino era legato in base alla sua dinastia. La sua discendenza, presuntemente nobile, ma ignota. La mia coscienza sapeva che presto o tardi avrebbe incontrato di persona questa ragazza, fin quando fu lei stessa a chiamarmi. Sulla soglia dei vent’anni, in un momento imprecisato della mia vita, facendomi travolgere al punto da non sapere più cosa fare al momento che saremmo giunti ai convenevoli. Ma cosa centra questo piccolo ricordo, col romanzo di cui vi parlerò oggi? Semplice, entrambi sono stati scritti da quest’uomo i cui incontri divennero sempre più frequenti. Passo dopo passo, esperienze sempre più illuminanti che mi hanno offerto, negli anni, qualcosa di speciale, capace di guarire qualsiasi malattia dell’anima. In questa carrellata di reliquie sacre e segrete, una in particolare mi indusse a divorarne le pagine come se animate da volontà propria, che mi offrì una vasta gamma di sensazioni da cui mi sento ancora sopraffatta, ai limiti dell’impossibile. Nonostante la paura che qualcosa di enorme e informe serpeggiò in questa brughiera rivelando solo una parte di noi, avvicinandoci all’immensità scorgendo nella sua bellezza il terrore e il coinvolgimento. L’anima completamente soggiogata dal corpo che predomina su forme ecclesiastiche, l’oscillazione degli astri e il ripristino di forme trasversali che hanno convenuto nella realizzazione di un sogno che non ha una sua vera e propria identità.

Titolo: Due sulla torre
Autore: Thomas Hardy
Casa editrice: Fazi
Prezzo: 17 €
N° di pagine: 336
Trama: Abbandonata dal marito, un ricco proprietario terriero, Viviette Constantine si innamora di Swithin St Cleve, di ben nove anni più giovane di lei, bellissimo, colto e gentile figlio di un curato di campagna. Swithin è un astronomo e lavora in cima a una torre dove trascorre tutto il suo tempo a studiare gli atri e i fenomeni celesti.


La recensione:

 

E’ assolutamente impossibile pensare al cielo in modo adeguato… a quello che sostanzialmente è … senza considerarlo un incubo contrapposto. È meglio … di gran lunga meglio per gli uomini dimenticare l’universo piuttosto che averlo chiaro in mente?

 

Io, per curiosità, leggo qualunque romanzo classico mi si pari dinanzi. Da quant’è che ho maturato questa propensione, le librerie che compongono gli scaffali delle mie strapiene librerie, collocano e selezionano romanzi di narrativa straniera e classici di letteratura inglese o russa che debellano come leggere classici sia per me assolutamente normale, e se ne ho un numero non per nulla discreto comporta che io li amo moltissimo. Succede che mi sono ridotta a leggere solo questo tipo di letture. Quando giungi in un posto bellissimo in cui la tua anima siede comodamente in qualunque salotto ottocentesco o sala lussuosa e rudimentale non avevo idea di cosa dovermi aspettare, fin quando non successe. Almeno una volta a settimana una lady o un miss si presenta ala porta di casa mia con un cappellino a tesa larga o un bastone da passeggio. Poi un giorno fu il turno di una ragazza dai capelli dorati, il vestito di seta, che mi indicò la strada attorno a una capanna giallognola in cui svettava una torre, che come una sentinella silenziosa avrebbe omaggiato la memoria di una persona amata, dissipando qualunque aspetto malinconico, qualunque forma di solitudine, dominando l’animo di un forte senso di tristezza e grandezza. Una miniatura, insomma, in stile architettonico che suggerisce forme di oblio e dimenticanza, che una volta messo piede ritenni anche io concreto. Pur non permettendo a niente e nessuno di poterne varcare la soglia che la padrona di tale luogo architettonico ritenne sacro, l’ospite indesiderato che stanziò silenziosamente fra le sue viscere con un guazzabuglio di sogni, speranze represse ebbe un effetto scatenante nel ripristinare quegli idiomi lontani e perduti che si credevano introvabili.
Il cuore dell’intero romanzo fu proprio questa. La fatiscente torre color oro che svetta dalla cima di colline prospere e verdeggianti, e che col passar del tempo non inquietò più con la sua figura severa e lineare ma la si osservò con occhi diversi da prima accogliendo un numero spropositato di soggetti che man mano mi inoltravo fra i suoi corridoi divennero sempre più vivi, in qualche modo parte della stessa vita che popola e fa il mondo.
Il modo perfettamente razionale in cui noi uomini adottiamo una storia per viverla sulla nostra pelle, recimando qualunque pregiudizio o remora iniziale purchè non ci lasciamo coinvolgere dagli assalti esterni, e le sorprese irrimediabili che essa procura, perché senza la letteratura io non sarei mai più la stessa. Impazzirei nella mia impossibilità di muovermi, non attaccando niente e nessuno in particolare, ma un buon movente per mettere in gioco la ragione.
Eppure qualunque forma di letteratura ha sempre funto per me vita! Mi sento dire da accaniti lettori, che non potrebbero dedicare così tanto tempo ai classici, sordi a ogni mio incauto sussulto del cuore, come se a leggere classici o qualsiasi altro tipo di lettura facesse soffrire qualcuno in particolare nel modo in cui si ripara dal mondo. Le letture, le storie che mi piacciono sono lì per essere acclamate, reclamate. Perché non farlo? Il cibo più naturale per me sono le parole, e affinchè esse inizino a produrre una certa melodia è necessario saperle interpretare.
Questa splendida torre di cui parlavo suggerì un che di affascinante e spettacolare. Io apro un libro di Thomas Hardy e mi chiedo, fra me e me, per quale ragione non vi abbia messo piede prima: non avevo mai sentito il mio cuore sussultare così freneticamente. Bisognava avvertire tali rumori in precedenza, prima di lasciarsi contagiare da alcunchè. Ma quante cose avrei fatto se lo avessi saputo precedentemente! In ogni cellula di queste dichiarazioni d’amore antropomorfe c’è la magia di sentirsi informe ad ogni cosa, il veleno di questa improvvisa forma di amore i cui ricordi cozzano con l’irruenza del passato. Bisognava aspettare. E nel momento in cui arrivò, perché non fare di queste opere una dimora di assoluto benessere per la mia anima?
Ed ecco che, a distanza di qualche anno, continuo a divorare romanzi di Hardy come se non ne potessi proprio fare a meno. Per me impossibile. Ma alla fine non conta più ciò che desidera il mio cuore, ingurgitare romanzi su romanzi. È un problema di morale. E quest’ennesima lettura ne è un esempio. Un piccolo modo per sentirmi in pace. Vivere esattamente dovrei avrei voluto nascere.
Finalmente giunsi alla soglia di questa fatiscente torre con una ragazza, una giovane miss londinese e un piccolo artista inquieto ma ambizioso, interrompendo la mia solitaria e inutile difesa di questi amanti ancora sconosciuti che ancora per un po’ avrebbero virato nel mio cerchio. Decine e decine di carte e scartoffie che avrebbero redatto nuove teorie celesti, inaugurando nuovi progetti, interpretando la teoria eliocentrica di Cartesio suggerendomi di andare a dare un’occhiata mettendomi in guardia contro prodotti o malefatte non sempre genuine che sarebbero state disseminate come vapore nell’aria. La bizzarra contrapposizione fra l’ardore giovanile e  un adultera disperazione trovò sfogo e respiro nell’immaginazione anziché nella realtà. Una stravaganza generata una sgradevole monotonia che conduce “fuori strada”
Lasciai la mia camera sul finire di un weekend tranquillo e afoso che il buio aveva già invaso ogni cosa, ma nel silenzio si sentivano le voci e ogni tanto le sonore risate di quelli che erano stati miei compagni di viaggio, che andando su e giù in questa collina adempiettero a svariate forme di interpretazione morale e individuale. Si, perché quando ho conosciuto Lady Constantine e Swithne ho visto subito la loro anima ardente, fragile, dolce e ingenua stanziarsi in un paesaggio ricco e vigoroso ma la cui suddivisione fra classi non sembra concedere alcuna via di scampo. Due sulla torre, in soldoni, è innanzitutto una bellissima storia d’amore che ti impone a non giudicare ciò che ci si pone dinanzi, ma è anche un invito a osservare il mondo che devasta, tramortisce, rende vulnerabili in cui la suddivisione fra ceti è l’ennesimo effetto scatenante che innesca una sorta di avversione fra i personaggi. Ci si domanda se valga la pena farsi contagiare dai dettami religiosi, dal tono severo ed elegiaco di certe dottrine, condividere testi filosofici in cui dimorano pensieri scintillanti e ardenti, e se abbracciare una materia come quella riguardante l’astronomia è un occupazione dannosa o creata apposta dal Creatore. Dato che l’uomo è continuamente sottoposto a terribili punizioni, conseguenze che intercorrono fra la vita e la morte. In bilico fra estasi e sogno, in un mondo zeppo di meschinità, ipocrisia, cattiveria, il senso della vita intrappolato nella sua orbita, Due sulla torre è l’ennesimo ritratto umano terribilmente realistico e coinvolgente che incorre l’ideale di uomo ambizioso, romantico, libero capace di vedere la netta differenza tra verità locale e verità universale. Come un’emozione custodita gelosamente nel meccanismo della vita, creato di proposito pur di dare forma e considerazione nell’universo.

Valutazione d’inchiostro: 4 e mezzo

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