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sabato, luglio 24, 2021

Gocce d'inchiostro: Le desolazioni di Devil's Acre - Ransom Riggs

Sul finire della lettura di una saga racconto alla mia anima l’esperienza, le modalità che mi indussero a comprenderne i motivi per cui vi abbia soggiornato per tutto questo tempo, a un passo dall’entusiasmo e dalla frenesia generale. È sempre così: concludere una saga sortisce in me quasi sempre effetti negativi. Non credo esistano cure o prescrizioni farmaceutiche, in questo caso, ma dopo una manciata di mesi, dopo aver smaltito << la sbornia letteraria >> mi sento meglio e vivo con la consapevolezza che quella lettura, quel romanzo potrà divenire nuovamente mio quando mi pare e piace. Insomma, una delle mie più alacri attività è la rilettura. E ciò in passato mi ha indotta ad attingere a forme sofisticate di silenzio, frastagliate o contornate che credevo perdute. In ogni caso di questo capitolo finale serberò ogni cosa, ogni frase, gesto o parola, e persino nel mentre ripongo queste poche righe la luce della consapevolezzo veglia luminosa su di me. Spiegazione? Sono gli autori stessi a rendere noi lettori in questo stato. Frustati dell’epilogo finale di un percorso letterario durato anni, non accettano ne accolgono l’idea di dover porre il punto finale. E come non approfittare della nostra esistenza per conferire maggiore rispetto a quelle figure, che in una manciata di pagine erano divenute persone?


 

Titolo: Le desolazioni di Devil’s Acre
Autore: Ransom Riggs
Casa editrice: Rizzoli
Prezzo: €18
N° di pagine: 528
Trama: Jacob e Noor ce l’hanno fatta, sono misteriosamente riusciti a fuggire prima che l’anello di V collassasse. L’ultima cosa che Jacob ricorda di avere visto, mentre tutto sprofondava nel buio, è un volto spaventoso, raccapricciante, conosciuto: il volto di Caul, il perfido fratello di Miss Peregrine, tornato infine dal regno dei morti. Le predizioni più terrificanti dell’antica profezia cominciano ad avverarsi e l’intero mondo Speciale rischia di essere spazzato via. La base per organizzare la linea di difesa è Devil’s Acre, ma quando Jacob e Noor vi giungono lo trovano infestato da una serie di calamità. “Desolazioni” le chiamano le ymbryne: dal cielo cadono ossa, piove sangue, nevica cenere; e l’aria vibra del grido di battaglia di Caul. Per sconfiggerlo, i ragazzi dovranno affidarsi solo al loro coraggio e alle capacità di mangialuce di Noor, incaricata di ristabilire un futuro di libertà e pace.

 

La recensione:

Tra la folla di ragazzi Speciali, bizzarri, mostruosamente mutilati, ciascuno con una loro particolarità, il quinto volume di una saga il cui approccio avvenne per caso fu esposto ai venti della vita come un affascinante mosaico di colori e forme, fra continue zaffate di fortissimi odori, Vacui grigi e polverosi, quasi muniti di spire di diavolo. Nel buio, fra desolazioni, strade decimate dalla Guerra e da soprusi vari, mi aggirai in compagnia di un gruppo di adolescenti con nient’altro che l’intento di svelare la verità. Porre luce a ciò che dispensava luce, rivendicare attimi o gesti violati e mai più ripristinati, soppiantare un’inguaribile solitudine che grava sul nostro cuore affinchè qualcosa potesse andare al suo posto.
Tra la folla, ne La desolazione di Devil’s Acre potei scorgere una storia esattamente simile a quella dei volumi precedenti, e venuta qui quasi senza che io me ne accorgessi. Quasi un gesto involontario, di cui la storia di questo ragazzo Jacob era divenuta come un ossessione. Un pensiero fisso, una distrazione alla monotonia generale della vita quotidiana, di cui sapevo che avrei scoperchiato un vaso di Pandora il cui contenuto avrebbe sortito effetti devastanti. E in tutto ciò, li ho seguiti con immenso fascino. Attorno a me, la gente conduceva una vita normale. Ma era ciò che avevo nella mia testa ad aver preso il controllo del mio corpo: mi ero ritrovata risucchiata nell’ennesima magnifica storia! Cosa fare per protrarre la permanenza? Niente se non impedire la mia avanzata frenetica all’epilogo di una battaglia che avrebbe decretato la vittoria sul più forte contro il più debole. Ricordi vaghi che hanno acquisito una loro personalità. Poi, in punto di morte, donne, ymbryne, che hanno vomitato segreti, misteri mal celati che hanno squilibrato ogni cosa. Qual’era la loro provenienza? Cosa avrebbero sortito i loro effetti? Cosa fare per riconoscerli? Semplice, bastava guardare la loro anima. Leggerla, comprenderla. Una divisione che abbiamo spesso sotto il naso, e che non sempre riusciamo a cogliere.
Ho parlato parecchio dei Bambini Speciali e del suo creatore, qui, nella blogsfera, e anche io non ho avuto problemi  a comprenderne i motivi, trascurando di proposito i difetti, le imperfezioni, facendovi ritorno dopo qualche mese dall’intensa lettura del quarto volume. La disperazione aveva spinto il povero Jacob a compiere azioni che vanno al di là delle nostre azioni, del nostro credo, chiamando accanto a noi diabolicamente qualcosa che ci sussurra al nostro orecchio idee ortodosse e stravaganti. Il momentaneo brivido di eccitazione per il mondo dipinto da Riggs cessó quando vidi attorno a Jacob addensarsi una nube di angoscia e pena per il suo bene. La sua incolumità. 
La morte, un riscatto personale, il ripristino di identità che si credevano perdute, hanno trasmesso a questo romanzo un ché di lontano ma drammatico in cui, durante il corso della lettura, ha richiamato costantemente alla mia mente il passato. Apparentemente folle e stravagante, ma l'immaginazione talvolta spinge a varcare le soglie dell'anima più profonde. E, nello stesso tempo, Jacob avrebbe dovuto condurre rapidamente a termine ciò che aveva deciso di fare suo nonno. 
Giudicare il capitolo finale di Riggs come una buona lettura sembra a dir poco riduttivo, un luogo dal quale restare sorpresi e sospesi come funamboli, per giudicare ciò che è stato visto come buono o cattivo. L'ideale sarebbe stato vestire i panni di un osservatore esterno, monitorarne ogni movimento e il flusso delle persone in entrata e in uscita. La curiosità infatti è uno dei tratti distintivi di questo volume, che così come gli altri mi ha tenuta col fiato sospeso, sballottolato in luoghi in cui posizionerà le sue radici. E proprio grazie a esso mi sono allontanata dal mio mondo, mediante fotografie che prevalgono non quanto per il loro valore metaforico quanto simbolico. E non solo per qualche paginetta, ma per l'intero romanzo. Miss Peregrine e i suoi ragazzi speciali, alla fine, sembrano davvero essere usciti da una foto d'epoca. Ed io non ho esitato per un istante di farvi parte. Ma Riggs ha ritenuto più opportuno impersonarli come figure principali di una storia ricca di ricordi, in cui prevale costantemente il tempo e l'importanza che ha esso sugli individui. Facendo così di questa saga un quadro antico, originale e stupefacente in cui la memoria è il fulcro primordiale mediante cui si muovono le cose. Parlando maggiormente alla mia testa che al mio cuore, rintracciando in tutto questo chissà quale reliquia sacra annebbiata dalle atmosfere di un paesaggio talvolta nebuloso talvolta solitario. 

Valutazione d’inchiostro: 5

2 commenti: