Le mie letture
divengono sempre più fitte ed interessanti in mezzo a una bella strada di
propositi e progetti di svariato tipo da cui ogni tanto non mi premuro a
scorgere degli imprevisti, che il più delle volte si rivelano delle belle
sorprese. Una giovane scrittrice, una mia coetanea, mi accolse nel suo mondo
dall’umorismo un po’ nero con nient’altro che l’umile offerta di dedicargli
qualche momento del mio tempo, sedendo nella mia poltrona preferita, aprire il
Kobo ed immergermi nella tela di una trama che avrebbe avuto di che
sorprendermi. Di lei e dei suoi romanzi non ne sapevo assolutamente niente, ma
Erea e Bucaneve calpestato spiegarono una strada che in passato ho intrapreso
pochissime volte, uniti da un filo sottile di coincidenze, elementi in cui
l’amore, l’amicizia, il desiderio di tornare dalla persona cara, sono alcuni di
quelli espedienti che alimentano il loro seme. Scrivo seme perché nonostante
scritti bene e di forte impatto, nei romanzi di Khrystyna non ho visto ancora
quella che si può definire uno stile padroneggiabile, spontaneo ma dimostrano una
ricca preparazione della sua autrice in tale ambito. L’uomo è un individuo essenzialmente
comprensivo, un essere finito in un’esistenza infinita che completamente bianco
e vuoto come uno spazio è compensato dall’incredibile vivacità del destino. Checchè
esso sia favorevole o sfavorevole è un altro paio di maniche, ma è grazie a esso
che sorvolai i cieli di una città sconosciuta, un mondo bellissimo e magnifico
che pendettero sulla mia testa come una fiaccola nella notte.
Autore: Khrystyna Gryshko
Casa editrice: PubMe
Prezzo ebook: 2, 99 €
N° di pagine: 385
Trama: La guerra, il rapimento, un’infanzia rubata. Questo è ciò che accade a Mariah ed ai ragazzi della sua città. Privati di tutto, anche della facoltà di odiare i loro rapitori. Questi infatti sono i loro stessi connazionali; tutti loro si ritroveranno uniti nella guerra contro la Russia. Nonostante la morte sia sempre presente la vita pretende di esistere e rivendica i sentimenti che la nutrono: amore e amicizia. Mariah non dimenticherà mai ciò che ha vissuto, ed è per questo che in età adulta deciderà di raccontare al mondo le atrocità della guerra di Cecenia.
La recensione:
La nave che presi per salpare nella terra desolata di Bucaneve calpestato, in mezzo a grumi di polvere e rame, in cui il cielo diviene un'unica tinta, lo spettacolo di un bagliore di luce su un mondo, quello cioè ritratto dall’autrice, ha un chè di apocalittico, che strizza l’occhio alle nobili gesta della piccola Anna Frank, in cui è stato davvero impossibile non potersi godere la commovente bellezza della sua natura che mi scivolò davanti, che assieme a tanti altri passeggeri, famiglie strappate dalla loro casa, genitori che non vedono i figli da qualche tempo, erano immersi in un silenzio che tartassa persino il cervello. Presto sarebbe giunto quel momento in cui Mariah e i suoi cari avrebbero ottenuto la pace. La libertà.
Così funziona questo mondo e quello dell’autrice, così ho potuto tagliarmi un posticino tutto mio in una zona remota della sua anima, che durante il processo di lettura ha finito per scomparire. Farla scomparire nel momento in cui Mariah ha sussurrato una dolce litania al mio orecchio, quando si è scoperto che non ci sarebbe stata più speranza per l’amore, la felicità, senza il rischio di incorrere in qualche perdita, separazione, senza pretendere nulla da sé, tranne dei suoi cari. Sono queste le conseguenze di chi ascolta gli incauti sussulti del cuore.
Ed ecco che ho sentito respirare, ansimare, scuotere, sospirare l’anima di questa storia con il suo lento gioire delle ristrettezze di una vita che concede più dolori che gioie, con il suo godere di stringere i denti nel bel mezzo di uomini assetati di potere e sangue, una storia che è stata a misura della mia stessa anima. La sua autrice l’ha tenuta in vita mediante uno stile semplice ma di forte impatto, che promulga già le basi di un chè di potente e straordinario. Adoperato con incertezza, ho visto come talvolta gironzolava nel mio cerchio senza però depositarsi. Ma il peso della vita, la storia che la sua autrice si porta dentro è stata molto più importante, molto più bella di ogni altra cosa, che non vedo ragione per cui non tesserne le lodi, sciorinare qualunque frase o intento che possa mettere a posto qualcosa dentro di me. Perché la scrittura, come ha scritto la sua autrice, aiuta anche me a rendermi felice. Con lo sguardo perso nell’infelicità del cielo, talvolta certi pensieri giocano a rincorrersi, e mi sembra sia difficile tenerseli dentro a lungo. La scrittura mi aiuta a ritrovare il piacere di possederli, ma anche quello di viverli. Ingoiarli e poi digerirli. E credo che si sia sentita così anche Khrystyna, si senta così ogni qualvolta scrive non avvertendo più alcuna angoscia, non sentendo più il dramma del passato, ascoltando la sua anima mentre parla, godendo di quel che succede attorno, trovandosi a suo agio nel mettere ordine nelle sue impressioni, per riflettere.
Ogni storia rivela elementi difficili, hanno nature contorte, in momenti in cui si crede di non poter tirare il fiato. Mariah porta dentro di se il fardello del mondo, ma che quasi come se stesse recitando una parte, il suo disagio, le sue preoccupazioni è stato così naturale da opprimermi. Ho assistito impunemente a questo dramma, a rivoluzioni fallite, speranze deluse, problemi senza soluzione con la convinzione che niente serve a niente e che il momento della giustizia non arriverà mai. Alla fine anche le parole, usate e riusate per descrivere le sorti di Mariah, i massacri, i sacrifici a cui dovette essere sottoposta, accrescono significato nel momento in cui ogni cosa acquisterà un suo significato. Cocci rotti che necessitano di essere sistemati.
Rincorrere la felicità sembra un diritto, quando ci si guarda attorno e non se ne vede niente o nessuno che lo ispiri, quando il mondo sembra scivolare via in una gora di ottusità e di grettezza materialista. E in un certo senso la scrittura ha funto da scorciatoia alla percezione di tali fattori. Ci aiuta a comprendere l’essenza delle cose, la cui autrice ha composto una melodia che è giunta prepotentemente alle mie orecchie il cui valore è stato maggiore di quel che credevo. Piccolo componimento amoroso che ha acceso nel mio petto un calore forte come quello dell’amore, che mi ha sollevato l’animo, alzando lo sguardo su un mondo apparentemente conosciuto e ospitabile.
Valutazione d’inchiostro: 4
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Autore: Krysthyna Gryshko
Casa editrice: Europa Edizioni
Prezzo: 14, 90 €
N° di pagine: 221
Trama: Al di fuori di qualunque genere e di qualunque definizione, il libro di Khrystyna Gryshko non può essere rinchiuso in nessuna categoria. Fantasy, fiaba, romanzo d’amore, d’avventura e d’amicizia, adatto ai bambini, perfetto per gli adulti, ricco di sentimenti, velato di soprannaturale e di spiritualità. Una miriade di personaggi, umani e non, popolano questa lunga narrazione che si srotola lungo il proprio tempo per generazioni, lasciando cadere qua e là vaghi riferimenti a testi sacri del passato. Un romanzo che ci trasporta in un mondo magico e incantato dove troviamo, tra gli altri, la bella Elisabeth con i suoi disegni molto speciali, Dodo e le sue lacrime magiche, Wolly il lupo e Susy la volpe con un rapporto tutto loro .. e ancora re e regine, l’acqua della vita e lo spirito creatore… elementi grandiosi che non permetteranno di staccarsi dalle pagine e di abbandonare il fantastico regno di Erea.
La recensione:
Eppure in questo immenso arazzo c’è un complesso di vita, fiati, respiri di figure che camminano sul sentiero insidioso della vita, quella passata e quella futura, quasi una profezia lasciata ad un tempo indefinito. O almeno così mi parve, quando mi ci approcciai, quando ci arrivai fui come cullata da un sogno la cui impressione si è mantenuta positiva per tutta la sua durata. Visitatrice attenta e curiosa, sopravvissuta ad un mondo apocalittico che rispecchia perfettamente la grandezza di certe tragedie, in una zona remota del mio cervello ho visto Edera valicare i cieli celesti del mio iperuranio, viaggiando in un mondo di infinita bellezza. Certe storie giungono nel tuo cerchio personale quando meno te lo aspetti. Sono lì, scolpite in un foglio invisibile, in attesa che tu li viva, li legga, li senta. Una profezia, un mantra? Forse, la semplice constatazione dell’immutabilità della vita che è sempre gioia e violenza, piacere e tortura. In letteratura, quella con la L maiuscola, a me piace tutto questo. Non amo più infatti le storie sdolcinate, semplici, quelle corredate da un corollario di situazioni in cui una ventata di sofferenza è repentinamente spazzata da un amore irruento, sorprendente, persino spontaneo. Nel mio piccolo, ho costruito il mio mondo di carta con serenità, passione, in un marasma di delusioni e incredulità, il tutto sotto l’osservazione attenta del mio blocnotes preferito. Ma è questo per me il vero respiro della letteratura: scalpellare una scrittura che traduca la nostra anima. La mia.
Edera ha molte di queste caratteristiche, di cui ho potuto cogliere la voce della sua autrice provenire da zone remote, lontane libera di andare dove ho desiderato. La tacita promessa di assaporare, in un futuro non troppo prossimo, il fresco e dolce sapore di questa storia. Una favola moderna dalle tonalità drammatiche e intense, la cui lettura ha allietato persino coloro che non sono più abituati a leggere storie di questo tipo. Storie che riescono a farmi rammentare così bene chi siamo. Un omaggio ai ricordi dell’infanzia, pieno di candore e semplicità in cui ci si rifugia in arti espressive il cui ritmo un po’ lento e cadenzato e una morale triste, esplica il bisogno di saper trovare il coraggio di andare avanti. Piacevolissima favola che dà luce a un mondo visionario e affascinante, il genere di storia che saprà di certo entusiasmare i più piccoli ma anche gli adulti, riesumando dal passato ricordi belli e piacevoli che pensavamo di aver dimenticato del tutto.
Valutazione d’inchiostro: 4
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