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sabato, agosto 07, 2021

Gocce d'inchiostro: Uomini e topi e La perla - John Steinbeck

Non è questo forse il senso della potenza di una scrittura diretta, netta, ruspante, tagliente come quella di John Steinbeck che ha tanto determinato questo mio ennesimo incontro con l’autore? Un uomo comune una volta mi sussurrò all’orecchio una storia che ebbe dell’incredibile, quasi una profezia di ciò che sarebbe stato. E per non evitare questa sensazione, l’anno scorso accolsi nel mio cantuccio personale Furore. Solo così compresi come John Steinbeck era un altro di quegli autori che intinse nel mio animo una melodia, sprigionò una canzone realistica di cui avverto ancora la sua provenienza, impossibile da non prendere sul serio e cercarne di evitarne. Se non avessi dato retta al mio cuore non sarebbe successo nulla; non mi troverei quest’oggi a parlarvi di due racconti o romanzi minori, come qualsivoglia dire, in cui il destino fu ineluttabile e le vicende narrate parte di un tutto che è a dir poco meraviglioso, strepitoso, sbalorditivo. Cosa chiedere di più? Uomini e topi mi ha permesso di accedere a quello che altri uomini di loro scelta non farebbero accadere, in cui l’innocenza è l’elemento principale. Quasi insopportabile volontà di andare avanti fa da matrice a certi eventi in cui è fortissima la dicotomia fra uomo intelligente e uomo rozzo e povero in canna. La perla, invece, quella favola che ha avuto su di me la cadenza di una cantilena, una lirica che così antico sembra provenire dal passato. Entrambi hanno avuto un incedere accorato, istintivo, selvaggio, che richiamano la vita in generale, le operazioni del benessere di una comunità, ma soprattutto al mito e alla felicità a cui si aspira non avendo nient’altro che un lembo di terra, che avrebbe conciso al benessere economico. Il destino, così ineluttabile e il mio starci dentro oramai certo. Perché smorzare questi effetti?

 

Titolo: Uomini e topi
Autore: John Steinbeck
Casa editrice: Bompiani
Prezzo: 12 €
N° di pagine: 139
Trama: George Milton si occupa da sempre con ferma dolcezza di Lennie Small, un gigante con il cuore e la mente di un bambino. Il loro progetto, mentre vagano di ranch in ranch, è trovare un posto tutto per loro a Hill Country, odve la terra costa poco: un posto piccolo, giusto qualche acro da coltivare, e poi qualche pollo, maiali, conigli. Ma le loro speranze, come “ i migliori progetti predisposti da uomini e topi” ( è un verso di Burns), sono destinate a sbriciolarsi.


La recensione:

Il problema, quando leggo i romanzi di John Steinbeck, è che non ho mai idea di cosa aspettarmi. Leggi una storia apparentemente normale, in cui la natura stessa sembra concederci un po' di libertà, tranquillità, il paese si divide immediatamente in piccole repubbliche, perché tutti vogliono essere indipendenti. Vogliono nient’altro che raggiungere quel paradiso mancato da cui trarre profitto. Non importa come, ma quando.
Non credo ci sia niente da dire. In un America rurale, ruvida, povera come quella ritratta da John Steinbeck è un impero tenuto su da un complesso meccanismo di forze che decimano il popolo in piccole e minuscole fazioni. Sono proprio gli uomini, quelli più poveri, a dover fare i conti con i postumi di regole severe e inviolabili, amministrare qualcosa che non ha ancora una sua forma. Sono anche le basi, le metodologie di vita che l’autore esplica nei suoi romanzi a farci rendere conto, più di ogni altra cosa, che le possibilità di sostentamento, i mezzi per raggiungere la felicità, la tranquillità personale sta nel restare uniti. Da qui la dittatura militare, politica, da qui l’uso immediato, brutale, della violenza contro ogni dissenso, contro ogni richiesta di maggiore autonomia. Da qui l’occupazione del regime della Grande Depressione, il territorio americano in mezzo a un apocalisse di cui non tutti ne sono consapevoli, e la repressione del locale movimento indipendentista.
Per l’autore il problema della coesione cittadina è abbastanza rivelante, poiché ognuno era insito in piccoli agglomerati, villaggi o rimesse, ma anche determinato a mostrare come l’uomo è parte di un tutto e come tale deve essere rispettato. Lavoratore, agricoltore, latifondista, non importa. Figure recise dal passato, dal male del secolo che non hanno famiglia, a cui ci si affeziona inevitabilmente. Ribellioni sincopate, smorzate contro altri disgraziati, vittime di pregiudizi e ingiustizie, determinati a tenere il paese assieme e contano sul tempo perché si crei fra la gente un forte sentimento di unità.
Nel momento in cui il paese cadde in mano a chi li sovrastò, si alena al liberalismo senza limiti all’americana in cui si crede a un Dio, senza però dire in quale dio. Vuol dire che l’America credeva a una forza suprema a cui molti fanno gli occhi cattivi. Uomini e topi descrive un luogo, un grande paese, che mi è arrivato dentro quasi come un sussulto dell’anima. Potente, delicato, sconcertante, che ha scandito qualunque confine di immaginazione. Ognuno lotta per la stessa cosa, possedere la terra, un agglomerato per sopravvivere in cui l’America fervida, epica, ruspante descritta coincide con l’introspezione eroica dei personaggi, che in virtù del loro coraggio, della loro dignità e della loro indipendenza, mostrano che siamo immersi nell’orrore. Allegoria medievale della condizione umana del destino di certi uomini buoni che finiranno irrimediabilmente travolti dalla vita.
Drammatico, moralista, richiamo costante alle paure, al senso di conforto e solidarietà che è insito in ognuno di noi, alla cooperazione affinchè sia possibile raggiungere ogni cosa, il titolo originale prevedeva il riferimento a fatti di cronaca realmente accaduti, dicotomia fra vecchio e nuovo, forte e debole, che si conserva nel tempo come modo, metodo per raggiungere la nostra anima.

Valutazione d’inchiostro: 5

 Titolo: La perla
Autore: John Steinbeck
Casa editrice: Bompiani
Prezzo: 15 €
N° di pagine: 144
Trama: Sulla perla trovata in fondo al mare un pescatore indio della Baja California ha costruito il sogno di una vita migliore, il riscatto dalla miseria e dalla fatica. L’inquietudine e le passioni suscitate da questo fugace tocco della fortuna sconvolgono la sua vita, quella di sua moglie e del suo bambino. Contro la violenza non basta più l’amore di Juana, né la solidarietà di alcuni poveri pescatori che si accontentano di poter vedere la fortuna da vicino. Dalla grande fantastica avventura Kino e i suoi torneranno alla fatica di tutti i giorni senza nemmeno quell’unico bene che la vita aveva loro concesso: la pace con sé stessi.

La recensione:

Dopo aver divorato Uomini e topi e constatato la bellezza delle sue pagine, sdraiata sul letto con lo sguardo perso nell’infinità di un cielo che non avevo ancora valicato, ero distratta solo da un unico pensiero: leggere questo ennesimo racconto. La perla giocò con i miei sentimenti, mi parve che grazie alla conoscenza acquisita da qualche giorno con l’autore mi stesse facendo ritrovare non solo il piacere di scoprire un autore sconosciuto che sta diventando sempre più famigliare, vero, ma anche quello di viverlo. Non avevo più alcuna angoscia, non sentivo più alcuna remora iniziale, alcuna esitazione di come il dramma di una famiglia comune coincise col piacere irreprensibile di accaparrarsi di un elemento prezioso, che avrebbe messo agio ed ordine alla loro vana esistenza. Avevo tempo e silenzio: qualcosa di così necessario, che nonostante la brevità, fu un moto del tutto naturale, che mise in moto qualcosa dentro di me. Per questo dilaga il mio amore oramai incommensurabile per John Steinbeck.
Esordita con La luna è tramontata, la vita una continua corsa, piena di doveri. Ogni cosa, il raggiungimento di ogni obiettivo, così difficile, contorto, estremamente avventato, che non credevo potesse  esserci un momento in cui potessi tirare il fiato.
Ovviamente un romanzo di John Steinbeck, con i suoi processi sociali o politici che racchiude gruppi di anime in camice di forze, con la sua gente sempre a recitare una parte e mai naturale, è davvero affascinante. E si paga il prezzo di alloggiare in questo posto. Si è sempre lì, nell’anima dei suoi personaggi, in qualunque forma di dramma e non si può assistere per troppo tempo non volendo o potendo fare alcunchè, impunemente, ad azioni fallite, eventi irrisolti, speranze deluse, problemi senza soluzione. Qualunque parte dell’America ma sempre con gente che scappa, che lavora per guadagnarsi un misero tozzo di pane, in cui si entra inevitabilmente a far parte di grandi famiglie, in atmosfere incerte e ingrandite, che alla fine anche le parole, usate e riusate per descrivere sempre le stesse situazioni, gli stessi massacri, mi parevano mantenere il loro smalto. Tutto mi suonava estremamente ovattato, ingigantito. Quasi avessi dato vita ad una melodia così bella e particolare che proveniva dall’anima di chi legge, allegoria del Bene e del Male, intrappolata nel guscio piatto di una costa luminosa, dalla luce incerta, ricca di illusioni. Ingannevole nella sua bellezza, nella sua delicatezza, ma prosaica, lirica, conferisce una gioia incontenibile, una garanzia per il futuro, calma e sicurezza, decotto contro i malanni delle offese avute.
Una favola che ha la cadenza di una cantilena, una lirica che così antica sembra provenire dal passato. Incede accoratamente, richiama alle illusioni della nostra vita, alle operazioni del benessere o alla ricchezza, ma soprattutto al mito.

Valutazione d’inchiostro: 4

4 commenti: