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sabato, novembre 27, 2021

Gocce d'inchiostro: La piccola Fadette - George Sand

Mi fece sorridere il fatto che anche questa lettura, in un periodo davvero ricco e appassionante per le letture, perché inaspettato ma bellissimo, non riuscì ad attirare prima la mia attenzione se non adesso, non sfuggendo all’arroganza, all’inerzia del tempo e a tutto ciò che esso avrebbe comportato. Che cosa ci sarebbe da dire, se non che mi pento per aver atteso così a lungo a leggere un romanzo come questo? Sebben accolsi l’anno con la lettura di un altro romanzo dell’autrice, Nanon, che mi piacque moltissimo e cui tutt’ora tesso ancora le lodi, mi avrebbe davvero irretito, appassionato, conquistato non chiedendo nient’altro che un briciolo del tuo tempo, della tua attenzione, interessata soprattutto agli eventi che avrebbero sconvolto la vita della sua protagonista, la piccola Fadette. Si, perché sebbene la cornice narrativa sia davvero interessante – proiettata all’alba delle prime rivoluzioni napoleoniche -  la mia anima non ha potuto non elevarsi al di sopra di tutto, fra armoniche benefattrici che pervadono lo spirito con un certo sollievo, con qualche segno di eloquenza, ma afflitti dall’impossibilità di essere liberi e amare la natura così com’è riposandoci fra le forti braccia della poesia. Respirare queste pagine, esserci mi ha davvero divertito, emozionato, interessata soprattutto all’assetto emotivo, naturalistico delle cose, che come la sua autrice traspare dalla piccola Fadette, che avrà certo svolto un ruolo essenziale, provato un’infinità di sensazioni, uno sbocco sul mondo che l’hanno resa la donna anticonformista che tutti conobbero. 

Titolo: La piccola Fadette
Autore: George Sand
Casa editrice: Neri Pozza
Prezzo: €12
N° di pagine: 240
Trama: Un’oscura credenza vuole che due fratelli gemelli non possano vivere insieme senza danneggiarsi a vicenda, e che spesso solo la morte di uno dei due possa garantire all’altro di crescere bene. Così, quando nella famiglia Barbeau nascono i gemelli Landry e Sylvinet, la levatrice non esita a mettere in guardia i genitori: occorrerà impedire che i due fratelli passino troppo tempo insieme, per far si che non si affezionino troppo l’uno all’altro e non diventino, emulandosi a vicenda, ancora più identici di quanto già non siano. Ma il consiglio viene presto accantonato e i gemelli, col tempo, diventano inseparabili e pressochè identici. Anni dopo, quando sono oramai adolescenti, il padre decide che Landry, il più forte e maturo dei due, dovrà andare a servizio presso la tenuta dei Caillaud, in un borgo vicino. Landry si rassegna all’idea di dover partire da casa. Sylvinet, il più fragile, non riesce tuttavia ad accettare che le loro vite debbano prendere strade diverse. Il suo affetto per Landry è così esclusivo e morboso che, quando il fratello lontano da casa si invaghisce della piccola Fadette, una ragazzina del borgo della Cosse. Sylvinet è divorato dalla gelosia. La Fadette è una piccola vagabonda che gli abitanti del borgo giudicano con un po' di disprezzo – la considerano brutta, sporca e dispettosa tanto da soprannominarla << il grillo >> - e un po' di timore, soprattutto per via di quelle voci che corrono sul conto della nonna, un’esperta guaritrice le cui pratiche sono viste come un incrocio di sapere e stregoneria. La ragazza, invece, benchè sia capace di rispondere per le rime a chi la provoca con malizia, ha un carattere mite e generoso: non avendo nulla, si accontenta di poco per essere felice, insegna ai suoi coetanei i rimedi per curare ferite e malanni e rispetta tutte le creature, soprattutto quelle che considera brutte come lei. Ecco allora dipanarsi i fili di una triplice educazione sentimentale in cui gli inquieti desideri di Landry, Sylvinet e della piccola Fadette si scontrano con i pregiudizi di un mondo in cui << quando due o tre persone ne perseguitano un’altra, tutti vogliono immischiarsi, scagliarle la pietra addosso e parlar male di quest’ultima senza nemmeno sapere il perché >>.

La recensione:

 

Troppo spesso disprezziamo quel che non ci sembra né bello né buono e che, così facendo, ci priviamo di ciò che è utile e salutare.

 

La storia trasudava uno dei periodi più importanti dell’individuo: l’adolescenza. Ma pensando a questo periodo, qualunque storia si legga, qualunque stile si interpreti, si accoglie questo periodo come un periodo di maturazione. Personalmente parlando, l’adolescenza mi proiettò dinanzi a esperienze banalissime. Nulla di eclatante, ogni tanto intervallata dalla luce di piccoli fuochi vacui che illuminarono il mio cammino come piccoli astri. Si cambia visione del mondo, si osserva il tutto con altri occhi, e in un attimo ti sorprendi a portare il peso di quasi trentanni da quant’è che sei in vita. Voglio dire, che essendo sempre stata piuttosto matura per la mia età, non ho pienamente vissuto l’adolescenza come credevo, assetti della mia persona che giustificano tutto ciò. La vita però talvolta sa essere crudele. Non importa quanto ci si intestardisca a cambiarla o desiderare sia diversa. È così e basta. Ci si schernisce dietro risatine isteriche o smorfie di diniego, ma carezzano con estrema cura la tua anima con tempo e dovizia.
L’amore ha il suo tempo. Ogni cosa ha il suo tempo. La piccola Fadette ha sperimentato le gioie del cuore nel bel mezzo dell’assetto di uno stato totalitario che predomina, subentra su ogni cosa come un effetto scatenante che innesca una sorta di avversione. Chissà se in mezzo a tutto questo, nel bel mezzo di uno scontro mortale come quello delle guerre napoleoniche, le conseguenze a cui si va incontro non sono così numerose. Voglio dire, Fadette era piuttosto intelligente per la sua età. Non si voltò mai indietro, piuttosto proseguì imperterrita lungo una strada che l’avrebbe condotta lontana. Apparentemente avvolta in quella patina di stranezza, quell’effetto scatenante che sconvolgerà l’esistenza dei popolani, simboleggia la stessa autrice, che quando fu adolescente visse questo periodo come mossa da desideri e impulsi repressi che avrebbero dovuto imprimere dottrine e paradigmi all’epoca inesistenti. Fadette infatti, è così ostinata, ombrosa, conscia di avere la lingua tagliente e la risposta pronta, nascosta dietro strati e stradi di orgogliosa tenacia, ma così debole agli incauti sussulti del cuore. Ma detentrice di una forma di potere che l’avrebbe sovrastata in mezzo a una massa di contadinotti e pusillanimi, speranzosi di poter raggiungere quello stato di profonda beatitudine che solo una buona dose di libertà avrebbe potuto donarci. Quasi inavvicinabile ma da cui è stato possibile ricavarne assetti della società che predominava la Francia sul finire del 1800.
Fadette non lo potrà mai sapere, figuriamoci nell’epoca in cui l’autrice ce ne parla, ma la sua è la storia di tutti noi. Perlomeno la mia, in cui ho potuto rispecchiarmi moltissimo. Un po’ meno intraprendente e furba, ma con lo stesso desiderio insopprimibile di ottenere un certo tipo di libertà che confido di poter ottenere un giorno. Come? Forse interpretando la vita, il mondo esattamente com’è: una declamazione appassionata, una commovente e romantica dimostrazione classica. Non è forse questo il senso che racchiudono queste pagine? Metafora di forme di inestimabile intelligenza cui ci si districa a fatica, ci si adatta con disagio poiché non conforme alla società circostante serbando una certa fiducia nel futuro delle idee, nella bontà di Dio, nel destino delle rivoluzioni, mentre qualcuno contempla l’Etere e gli altri astri, si respira il profumo delle piante selvatiche e la natura canta il suo eterno idillio, soffocando i pianti di chi non riesce a trattenersi, languendo o morendo nelle sue prigioni. La terra appare così quella landa desolata che altri non è che il riflesso e l’eco di una generazione di cui ci si sente desiderosi di distogliere lo sguardo distogliendolo dall’immaginazione verso un ideale di quiete, innocenza, fantasticheria. La diversità, l’originalità, i rapporti figliali, la paura del diverso, dell’ignoto sono alcuni di quegli assetti che si incarnano nella piccola Fadette in quanto detentrice di un certo potere. Quello dell’intelligenza che la contraddistingue, quel sapere esoterico che la rendono inquietante, pericolosa agli occhi del mondo, da cui sembra impossibile scorgere quel lato buono, quell’assetto diverso. Elevandosi a simboli di possibili relazioni fra la sfera umana e quella divina attribuendogli così una parvenza di protezione.
La maturità, la forza, la determinazione, l’essere dolce della piccola Fadette fecero breccia nel mio cuore e schiarito le idee su qualcosa che, nonostante i miei insegnanti ne avessero fatto cenno fra le mura scolastiche, più gracilina e tendenzialmente simile alla mia anima, era circondata da una luce più ambrata, luminosa a circondarla i capelli come una piccola aureola. Non ne sapevo niente della sua esistenza, così come all’epoca fu per Nanon, ma come al bel Landry mi ha donato un tipo di felicità, quelle giuste attenzioni che inconsapevolmente reclamava, sortite negli anni da giuste riflessioni, da forti desideri insopprimibili di capire ed essere capiti, dopo quasi due giorni di lettura intensa ed effervescente, non mi capacito ancora come di lui e del suo amore segreto non ne sapevo assolutamente nulla. E siccome, negli ultimi anni, il mio amore per i classici è cresciuto a dismisura, recitando la parte di quella che ai miei occhi ha vestito i panni di una giovane contadina dall’anima semplice ma appassionata, era ridotta in uno stato particolarmente discutibile, pronta ad accogliere nel suo grembo qualunque forza, elemento o sacrificio che il Caso le era disposto a dare, e adesso che è tutto finito mi rendo conto di aver confidato in tutto questo, disposto io stessa a donarle la mia anima, e quando giunsi alle pagine dell’epilogo bivaccai per qualche minuto muovendomi a tentoni in una realtà la cui forza mi era del tutto insopprimibile.
Ciò fu quel contrappeso che mi indusse a comprendere come la letteratura classica, in generale, è perlopiù motivo di grande fascino per me. Non importa quale sia la sua provenienza: americana, inglese, norvegese. Ogniqualvolta mi imbatto in romanzi ambientati fuori dal mio mondo trovo il tutto estremamente affascinante. E intanto, io mi sono innamorata di questa lettura, o almeno della storia della dolce Fadette, non maturando l’idea di lasciare la mia casa irrimediabilmente e con frenesia ma considerando seriamente l’idea di cibarmi di qualche altra opera dell’autrice. Il problema non era la mancanza di volontà. Bensì il mancato numero di romanzi disponibili in Italia. Perciò la consapevolezza che la casa editrice RBA stampi qualche altra copia mi inorgoglisce. Perché certe letture mi fanno bene, smorzano qualunque sentimento di odio o astio che tendenzialmente insorgono fra i meandri più oscuri della mia coscienza. Una ragazza dei poveri, una contadina militante, una neo combattente che fece dell’istruzione il miglior strumento di comunicazione, manifestazione nel relazionarsi col prossimo che avrebbe indotto una guerra contro i padroni di zone terriere piuttosto ricche, avidi e irresponsabili, dato che la Rivoluzione francese, la presa della Bastiglia, un giorno sarebbero finite, donando così più possibilità di mandare in galera gli avidi padroni anziché supplicarli di donare ai più misericordiosi qualche indennizzo. La Sand descrive il tutto ponendo come elemento primordiale non il timore reverenziale con cui si affronta il tutto, bensì evidenziando come di quella fetta di persone umili si anela nient’altro che il fare del bene. Gli altolocati, i ricchi, hanno dimenticato ogni sentimento di natura per fare della corte la sua famiglia, mentre i più umili sono consapevoli di non poter detenere una certa eternità. Afflitti e umiliati per essere stati sconfitti, animati dal nulla più assoluto. Anime dannate che hanno sempre creduto alla giustizia, all’amicizia, all’amore. Hanno visto l’avvenire di progetti sfumati nell’etere, prevalere l’odio, l’invidia, l’ingiustizia. E la Francia fu il terreno più fertile per l’autrice, che fece di questo romanzo una proiezione ricco di disgressioni filosofiche, arcigne, complicate, ardite, sotto le mentite spoglie di una trama apparentemente semplice che tiene insieme un complesso non sempre perfetto ed echeggiante di richiami stilistici che hanno del solenne.. L’ignoranza e le passioni non avrebbero soffocato tutto questo, dato che la Rivoluzione ci impartisce certi valori, ma l’esigenza di tollerarsi e aiutarsi reciprocamente sorgerà fra il popolo perdendo così qualunque forma di libertà piuttosto che la carità, il reclamo nel combattere la pace.
Essenzialmente complesso perché composto su tre linee narrative centrali, filosofico, moralista, dolorosamente sentito, genuino, bonario intinto in un grigiore che inzuppa l’anima persino dei più puri, pone delle particolari distinzioni fra intelligenza e mediocrità, in cui le anime dotate di un certo bagaglio culturale non si oppongono alla chiesa ma si accontentano a guardarla e abbracciarla criticandola solo se non diretto verso la giusta strada indicata dal Cielo.
Valutazione d’inchiostro: 4 e mezzo

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