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martedì, novembre 09, 2021

Gocce d'inchiostro: Scelti dalle tenebre - Anne Rice

Non è questo forse il senso della magia che certi romanzi celano così bene, e che ha tanto determinato il mio essere lettrice? Un weekend di fine ottobre mi indusse a conoscere una donna, avvicinarsi quasi con riverenza ma motivata da pensieri insulsi il cui richiamo sembrava provenisse da lontano, ma così affascinante che è stato davvero impossibile non riconoscerlo. Ancora non lo sapevo, ma questo secondo volume era la vera e propria incarnazione del Male assoluto, così barbarico e cerebrale in un mondo che non avevo ancora visto. Ma non più così nuovo ai miei occhi, ora che ne avevo appena delimitato i contorni, ma pronta ad abbracciare qualunque forma o artificio di conoscenza che sembra protrarsi all’infinito, senza poter sovrapporre armonia ad armonia fino a quando la loro stessa essenza non si fosse protratta nel suono. Mai nessuno prima della Rice aveva prodotto e realizzato una simile musicalità, ma immerso in un’immobilità, in un silenzio, nel vuoto più completo da cui ne deriva l’assenza assoluta di ogni risposta. Ed ecco che ho finito per respirare, vivere questo secondo bellissimo universo, in mezzo a spiriti che si prendono per mano, fra i suoni di una melodia dal tono perfetto che ho sentito così bene mediante un esecuzione senza sforzo, un entusiasmo che trascende qualunque sogno mortale. Narrando si una storia, ma che è un tutt’uno di lamentazioni, un futuro di terrore che ci avvolge in ritmi ipnotici di danza che hanno squassato ogni cosa. Persino la mia piccola anima.

Titolo: Scelti dalle tenebre
Autore: Anne Rice
Casa editrice: Tea
Prezzo: 12 €
N° di pagine: 453
Trama: “Sono il vampiro Lestat. Sono immortale. Più o meno. La luce del sole, il calore di un fuoco intenso … ecco, potrebbero annientarmi. O forse no … ora sono ciò che l’America chiama una superstar del rock”: Lestat de Lioncourt è tra noi, oggi, musicista rock adorato da migliaia e migliaia di fan. Ma le origini della sua storia sono lontane, perse in un vortice di epoche e luoghi di incontri apparizioni e misteri. Da Parigi a Venezia, dalla Sicilia al Cairo, una traccia scarlatta ricorda il passaggio del vampiro Lestat … e la sua vita è una lunga avventura, di passione, di sangue, di piacere e di orrori. Questo libro ne racconta la storia.


La recensione:

Non si hanno delle scelte, quando si decide di imbarcarsi fra le pagine di un romanzo che era già tanto fosse giunto nel mio cerchio personale ad un età che io considero tardiva. Perché tardiva? Perché sono tantissimi anni che leggo, quasi la metà dei miei anni, e di certi pilastri della letteratura inglese e gotica avrei dovuto sorvolare i cieli molto tempo prima. E poi certi romanzi, certe letture, non avrebbero potuto avere ampio respiro, esistere se io stessa non ci avessi creduto.
Le letture, però, come la vita, sono delle continue e spesso bellissime sorprese. Il mio bagaglio culturale non rinnega niente che non abbia la consistenza della carta e dell’inchiostro appena rovesciato, e checchè esso sia di vecchio stampo o appena stampato non ha una sua importanza. Il flusso di quella storia avrebbe iniziato a gocciolare, sgorgare e inondare tutto il mio essere, pareva che una terribile bufera, un ciclone letterario mi avesse investito ed io non potei fare nulla per contrastarlo. Evidentemente era giusto così. Era questo il momento. Il tempo che io e Anne Rice ci conoscessimo, ci scontrammo, e non la lasciai andare nemmeno quando fui investita da quel moto oscuro, quasi inavvicinabile generato nient’altro che dall’immensa pienezza di un violino, la cui tenebra esplosa, disciolta, avrebbe acceso quella fiamma ardente e sufficiente per mostrare tenebre e oscurità. La pura inondazione di questo canto a cui mi riferisco mi pose dinanzi a figure oscure che si mossero in mezzo a me in una miscela disomogenea di sentimenti e logica pura che mi spinsero entro i limiti della sopportazione. Così ammirata e affascinata, quasi consumata da  questo fuoco ardente. Dolori, onori, la ribellione dell’anima contro ogni cosa che traduce la musica in immagini.
Sembrava di essere precipitata in un sogno terrificante ma affascinante, quasi un chiaro messaggio del subconscio: inerpicarsi sull’altura di una vedetta molto più alta e sormontabile della mia piccola statura avrebbe comportato conseguenze. Ripenso a tutto ciò che ho visto e letto in passato. Cosa ho effettivamente letto e vissuto? Niente che possa eguagliare aspetti di un romanzo in cui si cova il forte desiderio di eliminare qualunque aspetto negativo. Questo ventesimo secolo avrebbe potuto ridicolizzare i profitti di sventure delle epoche passate, una morale laica priva di peccati a questo ottimismo che è fulgidamente illuminato dal calore di una vita umana.
Per quanto ho visto Lestat camminare a tentoni in un dirupo di incertezza, pur quanto ci si affanna a compiere il Bene rischiando però di restarne intrappolati nel peccato, la Rice sconvolge qualsiasi forma di malvagità oltrepassando il velo della morte con la promessa dell’eternità. Scandagliando qualunque forma ci dica chi siamo e cosa siamo, riflettendo su cosa sia effettivamente l’animo umano. Ma che cos’è effettivamente l’anima? Queste creature demoniache non la possiedono. Non hanno idea di cosa sia. Ma quante volte ci siamo trovati a dubitare noi stessi di possederne una. Quante volte abbiamo compiuto inutili neologismi sulla nostra identità, non avendo una vera  e propria spiegazione? E poi non la si trova: ci si lascia cullare dalle dolci note della stessa vita.
Ogni volta che mi approccio a romanzi dalla parvenza fantastica ma moralisti, filosofici, quasi romantici, c’è sempre quell’idea, quella preoccupazione che la sua lettura potrebbe comportare irrimediabili conseguenze. Il mio temperamento purtroppo – o per fortuna – mi induce sempre ad essere vigile. Non si sa mai che possa riscontrarne qualche effetto negativo. Ed è così che negli anni tali aspetti mi hanno indotta a pagare le conseguenze. La saga dei vampiri di Anne Rice è una di questi, in quanto comportò il crollo di qualunque remora o forma di insoddisfazione in cui mi ero intestardita nei riguardi di questi volumi. Qualcuno, nel bel mezzo del niente, ti aiuta ad aprire gli occhi. Un film, un libro, una persona cara. Il Destino mi aveva messo i bastoni fra le ruote, ed io non potevo fare a meno di ignorarne la sua presenza.
Questo secondo volume era alimentato da un canto che man mano si prosegue nella lettura diviene sempre più profondo, si tramuta nell’essenza stessa della disperazione, quasi una coincidenza arrida, grottesca ma senza alcuna particella di verità infondata. Giungla di bellezza selvaggia in cui il mondo morale appare come un sogno disperato di razionalità privo di possibilità in fetidi lussuraggiamenti. In un mondo sorretto da leggi e ambiguità che non riguardano solo l’estetica, ma in cui gli innocenti sarebbero rimasti fra le braccia dei vampiri.
Il bello di queste letture è che pur quanto si combatta ad essere persone normali non c’è alcuna cura. Si scandaglia il passato per conoscere gli effetti di tale << malattia >>, guidati da una sorta di morale laica in cui l’arte avrebbe esorcizzato il Male, il passato così oscuro e inospitale avrebbe bruciato in nome di qualunque entità benigna. La violenza, l’intensità di certi tormenti rapidi e scintillanti, iniquità che sconvolgono per la loro natura irruenta, condensata in forme di musica, lirismo e magia che è una sorta di beneficio alla loro anima oscura e crudele. Il Diavolo e Dio, però, esistono e nonostante tutto vi è un reame sterminato di esseri tenebrosi e significanti da cui inevitabilmente saremo risucchiati. La normalità è solo una forma distorta e vacua di individualità, inzuppata in una tenebra simile all’inchiostro che avvolge questo mondo. Il palcoscenico diviene un tratto distintivo di questi romanzi poiché illusione della stessa realtà, nonché semplice nome che diamo a ciò che definiamo al comportamento di quanti vorrebbero alterare l’ordine naturale delle cose. Bontà, pazienza, compassione sono simboli positivi, immagini effimere e luminescenti in un guazzabuglio di dettagli che tengono su una trama ben articolata.
L’intento fatalista, moralista di svariate figure che abbracciano questo mondo col desiderio insopprimibile di comprenderlo, renderlo affine a loro stessi, è qualcosa che rende tendenzialmente esausti, quasi impossibilitati ad uscire da un arco di negatività da cui non è possibile scorgere la luce, la fine verso un infinito fluido e indifferente. Leggendo non ho potuto fare a meno di essere investita da una serie di sentimenti, emozioni contrastanti che, sprofondata in un lungo e infinito abisso, nel quale si cade col primo peccato compiuto precipitando verso il fondo, il vuoto più totale è qualcosa di illogico che non dà consolazione. Come si sarà sentito Lestat ad voler scoprire la verità ma non avere alcuna risposta alle sue domande? La musica avrebbe spento questo caotico stato di confusione e insoddisfazione morale, incapaci di vivere e capire la felicità poiché divorati dal costante desiderio di raggiungere l’eterno. L’immutabile, l’inconoscibile.
In contesti indistinti che celano secoli di malvagità e conoscenza, questo secondo volume acquisisce un tono più sarcastico e ironico che sprofonda in una melodia interminabile in un ritmo sincopato che fa vacillare ogni cosa; la rendono più amara e al contempo dolce. Scandagliando qualunque forma di vampirismo, affondando le radici nel passato, nello scoprire qual è il segreto per vivere per sempre ma con un sorriso stampato sulle labbra… sempre se le risposte alle nostre domande ci saranno elargite. Se ogni interrogativo avrebbe subito quel flusso conoscitivo delle cose, mentre il tempo passa e scorre ininterrottamente.

Valutazione d’inchiostro: 4 e mezzo

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