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domenica, febbraio 20, 2022

Gocce d'inchiostro: La vita è qualcosa da fare quando non si riesce a dormire - Fran Lebowitz

Sta bene, Fran Lebowitz, quando scrive. Se non lo fa, se non si siede alla scrivani e ripone quelli che non sono altro che i suoi più vividi pensieri potrebbe morire, letteralmente. Dinanzi a un’affermazione del genere, di primo acchito ho riso. Come può una donna essere produttiva, checchè lavoro svolga o addirittura non lavori, quando accogli il giorno a tardo giorno, e lo osservi pesantemente e con un forte pessimismo? Ciò che non immaginavo è che questa specie di bolla in cui si nasconde l’autrice genera una pace interiore che tuttavia la morte e l’ansia sortisce sempre più. La scrittura a questo proposito è una piccola grande risorsa che ci mette a confronto e ci rende delle piccole nullità nel bel mezzo di un mondo vasto e immenso. Scrivendo si fa un esame attento sulla vita affinchè si possa constatare come quei momenti di snervante impasse sono solo modi distorti di integrità. Questo saggio esplica qualcosa di simile; non è bene fare qualcosa contro la nostra volontà ma ciò per cui siamo portati dinanzi a una realtà cocente, difficile da digerire. Una specie di trattato psicologico proveniente da un altro pianeta poiché si parla parecchio di passato, proiettato nel presente, il cui messaggio confluisce sui meccanismi insiti nelle modalità cui si muove il mondo, disvelando fesserie, frivolezze, ridicolaggini e insulsaggini vari dato che il mondo è artificio e l’individuo dovrebbe restare al suo posto.


Titolo: La vita è qualcosa da fare quando non si riesce a dormire
Autore: Fran Lebowitz
Casa editrice: Bompiani
Prezzo: 19 €
N° di pagine: 240
Trama: Fran Lebowitz è senza dubbio la voce umoristica più sferzante d’America. Ha un’opinione su qualsiasi argomento e non si fa pregare per esternarla. La sua grande amica Toni Morrison diceva: “Ha sempre ragione perché non è mai imparziale”. È arguta, crudele, pungente, se colpisce è per affondare. Newyorchese impenitente, amante della moda, dei mobili di lusso e dell’arte, è diventata suo malgrado un’icona di stile: dagli anni Settanta porta occhiali tondi tartarugati, camicia con gemelli, jeans, giacca di taglio maschile e camperos. Ha ufficialmente smesso di scrivere nel 1900 e da allora non ha mai smesso di parlare: si è ritagliata una carriera come public speaker e ha tenuto conferenze e interviste pubbliche praticamente su tutto: dalla politica alla moda, all’arte, al cinema, al teatro. Nessuno ha mai osato contraddirla.

La recensione:

Non sta bene giudicare una persona senza prima averla conosciuta. Non sarà la più simpaticona del circondario, ma anche Fran Lebowitz possiede un’anima, come me e tutti gli altri, e se ignoriamo alcuni comportamenti un po’ rudi e diretti, un’ironia pungente e talvolta spiazzante, si veste i suoi panni e la si comprende in ogni forma e sfaccettatura.
Ora che anche io l’ho conosciuta, ho letto questo esile saggio che la riguarda – esperienza da vicino su ciò che è per lei la vita e la scrittura -, mi sono preparata e ho realizzato un discorso così franco ed efficace in cui mi sono sentita quasi obbligata a vestire i suoi panni e comprenderla. Mi sono calata nel suo personaggio, la vita le ha riservato battaglie interiori più grandi di lei, circondata da figure degenerative, ridiventando una persona << nuova >>, una Fran più forte e coraggiosa che per il suo amor proprio sentì l’esigenza di essere ascoltata. Come? Sedendosi dinanzi a un computer vecchio e ronzante e riporre i suoi più vividi pensieri. Il cielo sarebbe esploso in un tuono assordante, avrebbe sovrastato il frastuono dei pensieri, avrebbe scosso ogni cosa, persino chi l’avrebbe poi letta. Per quanto mi riguarda, nulla di così eclatante da sconvolgere il mio spirito, né di così spassoso da indurmi a desiderare di leggere qualcos’altro di suo. Metà dei lettori che hanno letto e valutato questo saggio concordano con me nel dire, che si tratti di un manuale in cui inevitabilmente ci si fa carico di situazioni superflue, sfumate di grigio in un muro che avrebbe dovuto essere bianco, in preziosissime boccate di serenità in  un mondo capovolto, caotico e incerto, terrorizzato e desolato e ricco di disperazione. Ci si sobbalza, si scatta in avanti non tanto quanto per i temi trattati, quanto per il modo diretto, quasi vulnerabile cui vengono sciorinate le cose, che senza volerlo si sono contorse in reazioni che hanno prodotto un certo rumore, urlando per riflesso una serie di lamentele, spiriti critici di osservazione, irriverente e scomodo, tutti convergenti nella visione attenta di una realtà che ci soffoca. Il ghigno perenne dell’autrice, la sua aura sorniona, quel cipiglio severo sono valutazioni di un anima accettabile ma timorosa da ciò che la circonda. La vita del resto riserva quasi sempre delle spiacevoli sorprese, e la si può interpretare solo quando si smette letteralmente di dormire. Qualunque ora sia, nel momento in cui entriamo a contatto con la realtà, restituendo un ritratto un po’ irruento e preciso di ciò che bisognerebbe fare pur di essere sempre più vicini a Dio.
Brevi esclamazioni di stupore che sembrano parole ma in realtà sono grugniti spontanei sotto forma di parole. Il rumore incessante di tasti che impediscono di vedere più di quel che ci è dato vedere: solo un buio ondoso, acquoso, illuminato da repentine saette di sarcasmo che si sarebbe irrimediabilmente fuso in uno solo quando la mia anima si fosse scontrata con la sua. Fusa ma non conforme o unificabile poiché tempesta che sembra più grandiosa di quel che effettivamente è. Un’ascia rabbiosa che squarcia i cieli di chi si imbatte in questo << sfortunato >> incontro, di cui ne ho fatto parte ma non mi ha entusiasmato più di tanto.
Edificante ma non necessario o universale, proiettato in uno spazio ristretto di pensieri e parole che esalta l’anima di una donna particolare critica e autocritica che considera il sonno come beneficio dell’anima. Risultato di effetti che snocciolano opinioni che sono effetti evidenti di assetti cinici, pertinenti, lamenti continui che personalmente non mi hanno divertito piuttosto incuriosito nell’osservare il suo essere autocritica e pungente. Lei così sentenziosa, diretta, irriverente di cui le passioni non dovrebbero insozzare la nostra anima semplice piuttosto essere alimentati dalla stessa vita. Non prendendola sul serio quanto ironizzando, sbeffeggiandoci in ogni modo possibile.

Valutazione d’inchiostro: 3

2 commenti: