Di certi romanzi non se ne ricava che delle folgorazioni. La prima cosa che provai, quando decisi di approcciarmi ad un autore come John Fante, fu la beata indifferenza verso la vita americana in generale, ridotta a quella del suo essere, della sua sfera privata, del suo essere quanto uomo quanto scrittore, il fatto incomprensibile di come la scrittura – in questo straordinario marasma – avrebbe scandagliato le viscere più profonde, dove la letteratura avrebbe funto da diversivo agli effetti rabbiosi, frustanti, opprimenti della realtà. Da Los Angeles al Colorado e viceversa, il tutto così maleodorante e spesso irrespirabile, la cui luce sfolgorante di una nuova rinascita, un nuovo inizio avrebbe dissimulato qualunque cosa, qualunque paura. Altrimenti non sarebbe stato possibile spingersi oltre per rinascere, riscontrare nella bellezza dei sogni un guazzabuglio di prospettive. Niente che non avevo già visto in Chiedi alla polvere, romanzo straordinario che fece di Fante un altro di quegli autori miei preferiti, di cui questa raccolta ha la medesima parvenza. Ho ingerito con un certo entusiasmo, una strana fame queste pagine, ma il pasto succulento in tutto ciò è stato il suo continuo lasciarsi sconquassare da violenti e irrimediabili tremori di vita. Bandini, infatti, è l’alter ego dello stesso Fante, che mosso da azioni impure e malvagie, forme terrificanti e irirmediabili, fra dissezioni morali e filosofiche si impelagherà in situazioni in cui dovrà combattere pur di sopravvivere. Perché la vita è maestra, grande dispendiatrice di consigli e favori e pur quanto potremmo apparire mascalzoni, scaltri o egoisti, siamo esseri umani che scovano forme di fuga e appagamento pur di non essere inghiottiti dalla stessa bellezza dei sogni, dalle passioni irrimediabili del cuore, dal Paradiso ma anche dall’inferno.
Autore: John Fante
Casa editrice: Einaudi
Prezzo: 18 €
N° di pagine: 714
Trama: Immigrato, attaccabrighe, ribelle, megalomane, sprezzante e perennemente in lite con tutti. È Arturo Gabriel Bandini, alter ego di John Fante, il protagonista di queste storie. Bandini è l'antieroe per eccellenza che cattura il lettore fin dalle prime pagine di "Aspetta primavera, Bandini" dove, in un inverno desolante, facciamo la conoscenza di questo quattordicenne italo-americano ancora ignaro delle proprie potenzialità e impegnato ad adorare il padre Svevo. Negli altri tre atti della saga raccolti in questo volume, cioè "La strada per Los Angeles", "Chiedi alla polvere", da tutti considerato il capolavoro di Fante, e "Sogni di Bunker Hill", l'aspirante scrittore vive i suoi quotidiani fallimenti senza mai riuscire a coronare i propri sogni di gloria. Come scrive Pier Vittorio Tondelli, la voce di Fante è un impasto di humour, candore e cattiveria, che ne ha fatto uno scrittore amatissimo anche dal pubblico dei più giovani che in lui e nel suo alter ego hanno riconosciuto il prototipo di tutti gli sbandati-sognatori che hanno popolato la letteratura, non solo americana, dei nostri anni. Con uno scritto di Dan Fante.
La recensione:
La
vita è un palcoscenico. E qua è un dramma; qua nel cuore degli uomini, siamo al
dramma più crudo.
Negli anni che hanno scandagliato la lettura di Chiedi alla polvere, di occasioni di tornare nell’America ruggente che dipinse così bene l’autore, non tanto quanto per comprenderne i suoi meccanismi quanto per beffarsi del suo ridicolo sistema, iniziò la sua carriera di scrittore trascorrendo le sue giornate a riversare mediante quel contenitore imperfetto che è la scrittura pensieri che presto o tardi denominò come taccuini di lavoro. In pagine e pagine di esercizi di scrittura inventati per se per stare all’erta, andare a fondo e cercare di migliorarsi, queste pagine compongono un quadro di oggetti, paesaggi, cieli mattutini, volti umani, l’odore della natura, l’effetto della luce su qualcosa di smorto, i cui toni nostalgici ma vivaci, verbosi e irruenti, divertenti ma tragici si riducono ad accettarsi per quello che siamo. Ciò che è profetico, solenne e invisibile, monologhi con la voce di altre persone ma incarnate tutte in un unico suono, quello di Fante, che componendo un modello basato esclusivamente su una proiezione privata, intima, assoluta, è una curiosa sequenza di scenette nate da ciò che furono i suoi più ardenti desideri. Una scrittura quasi automatica per schiarirsi le idee, per alleggerire il suo cuore ogni volta che si sentiva bloccato, provocatorie e scombussolanti da svuotarti non solo il cuore ma anche la mente. Questi tre atti sono bruciature di un anima appassionata, semplice che sono uno sforzo di creazione, una crescita non solo fisica ma anche morale che sotto certi aspetti ho ritenuto abominevole, in cui la verità resta sempre avvolta in un manto di dubbi e incertezze, con la perpetua sensazione di annullarsi per entrare nel grande mondo che fervono dentro le parole che gli ronzavano in testa.
Mascalzone, egoista, testardo, più chiuso in se stesso che restio a muoversi verso qualcosa di indicibile, duro come la sua opposizione alla società suburbana che lo tennero prigioniero dagli inizi della sua vita cosciente, questa raccolta di romanzi evidenzia un John Fante ambizioso ma che si dà alla fuga mediante scrittura. Il mondo circostante è una sfera di vetro da cui è impossibile fuggire, il cui temperamento baldanzoso e irruento sembra quasi sempre astioso nei riguardi del prossimo, dipendente da questa piccola forma di assuefazione che ruzzola nel pozzo di un cielo notturno.
Ciò che mi chiedo, mentre ripongo queste poche righe, è se John Fante abbia in un certo senso accelerato il suo viaggio psicologico, o perfino tornare indietro ed avanzare, verso quella ragione che denomina felicità, speranza e che in fondo altro non è che il filo dipanato dalla sua stessa matassa. Il tempo che egli visse è avvolto in una dimensione spaziale; questi romanzi mi hanno permesso di muoversi liberamente ma con forti stati d’animo. Ma cosa fare per non esserne completamente ammaliati?
Quando mi imbattei in questo romanzo mi parve un modo piuttosto ingegnoso di parlare di letteratura e vita. Mi sembrava la perfetta ma disomogenea miscela che incorre fra individuo e la realtà circostante, ma non mi aspettavo di restarne così affascinata. Come Chiedi alla polvere quest’ennesima esperienza è stata per me una folgorazione. Ora comprendo i motivi per cui la gente discute spesso questa forma di letteratura, sedotti dall’argomento, ipotizzando come sarebbe stato il mondo di domani se gli eventi del passato si fossero abbattuti su di noi in maniera meno efficace per rendere amena l’idea d vivere un’esistenza vana e inutile. L’ascesa di un sognatore, una mezza calzetta, che sorse dalla miseria, dalla povertà, e che per comprendere il mondo e se stesso si affannó a trovare la pace. Fra l’odore della polvere, le ceneri, intestardendosi a condurre una vita che non lo soddisfa più e che lotterà sino alla morte pur di raggiungere i suoi obiettivi.
Quello che non si può negare è che questa lettura ha acceso una scintilla, ha avviato una fiamma che sono certa continuerà ad ardere ancora per un pó, poiché ha svegliato in me la voglia di conoscere più a fondo John Fante, di andare al di là di un corpo fragile e perituro come il suo. Pochi penso resterebbero indifferenti all’autore, al tipo di vita che egli condusse, alla genesi da cui derivano i suoi romanzi. L’uomo che ha destato il fascino in molti, perché di uomini solitari e infelici se ne legge a bizzeffe ma che il mondo circostante venisse a contatto con la letteratura, al punto di renderla intrinseca alla natura umana, è qualcosa di irriconoscibile, meraviglioso, magico, addirittura originale. Tutto questo, in fondo, sembra possedere un che di particolare, ma altro non è che un memoriale in cui il pittoresco, l’umorismo, il bizzarro, il bello si congiungono a continui cambiamenti di tono, spesso ballerini e svolazzanti, che rasentano l’assurdo e il tragico. E continua così ad essere persino nel momento in cui il protagonista, Baldini, conoscerà il linguaggio contorto dell’amore, destabilizzante e inappagante, che annuncerà in pompa magna una visione alquanto pessimistica della vita in generale. John Fante ha potuto trasformare in realtà i suoi sogni più reconditi, ma non ha considerato quanto caro sia il prezzo da pagare se non si aveva mai ritenuto possibile vivere senza alcun abbandono. Senza alcuna difficoltà. Descritto in maniera alquanto raffinata, esaminando l’uomo ‘moderno’ che si muove in un sentiero arzigolato, increscioso, zeppo di ostacoli, in ogni forma o prospettiva.
Così come Chiedi alla polvere, anche questi romanzi hanno addosso l’odore della guerra del passato, le tribolazioni della vita, a cui ho preso parte con uno spirito meno entusiastico con cui ho affrontato questo romanzo, una pietra che ho portato sulle spalle e che non ha svolto un ruolo così cruciale nei miei riguardi.
John Fante tuttavia mi ha fatta sentire come una barca presa in un vortice. Mi risulta ancora incredibile che abbia vissuto un viaggio nel tempo in cui l’alterego dell’autore è una figura che fu condannato a vedere unicamente l’epoca nella quale nacque, quel terreno delimitato dalla vita del suo cuore e dalla resistenza del suo corpo, che mediante la scrittura ha vissuto molte altre vite, altri momenti, profanando il sentiero delle convenzioni, arrivando là dove potevano arrivare solo i sogni o l’immaginazione. E per la prima volta dopo tanto tempo, anche io ho potuto riconoscere tutto questo nel momento in cui la curiosità si mosse, qualcosa nel mondo esistente si fosse rifugiato risvegliando completamente il mio interesse. Non a caso Fante e questi suoi splendidi romanzi mi hanno emozionato come non credevo per un infinità di motivazioni: in primis, la sua importanza simbolica. Il potere che ha esso e che incorre fra sogno e realtà, fra pazzia e razionalità.
Lottare per mettere ordine nel tumulto delle emozioni non è cosa semplice. Non esiste possibilità di riparare ciò che si è frantumato. Non esiste possibilità di recidere un legame che si è solidificato in pochissimo tempo. Esistono però diverse opportunità per sfruttare il mio amore per la lettura arricchendo il mio bagaglio culturale con le opere complete di John Fante. È quello che più desidero. Leggere trattati realistici che descrivono la vita con poesia, intimità, introspezione, ferite dell’animo ancora aperte in cui inevitabilmente ci si sente partecipi.
Valutazione d’inchiostro: 5
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