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martedì, settembre 06, 2022

Gocce d'inchiostro: Nuotare sott'acqua e trattenere il fiato - Francis Scott Fitzgerald e I tre sconosciuti e altri racconti - Thomas Hardy

Talvolta la nostra anima cela qualcosa di forte e inesprimibile, quasi come una malattia cui non c’è rimedio. Siamo consapevoli di averla, rammentiamo quei momenti in cui eravamo asintomatici e forse con questa malattia già in circolo, ma non diamo tanto peso alla cosa. Finchè un giorno essa diventa un pensiero fisso. Un’ossessione. Amo la letteratura, i libri, perché in un momento imprecisato della mia vita mi costrinsero ad andare alla ricerca del mio Io, della mia identità, fin quando qualcosa dentro di me non si << mosse >>. È difficile spiegarlo a parole, ma un vero lettore sa a cosa mi riferisco. Perché leggere è solo uno dei tanti espedienti. Così come la lettura, anche la scrittura funge da miglior surrogato per la mia anima. Si pone l’idea che quelle pagine ancora di fresco e profumato siano state generate per trasmettere qualcosa, qualcosa che forse comprenderò solo io, cronache di assurde scorribande nel cuore di autori che non conoscerò mai di presenza ma per me è come se fossero amici più cari. Questa lunga e forse inutile riflessione solo per dire, che il saggio di cui vi parlerò quest’oggi è solo un risvolto di chi l’ha scritto. È solo una mera illusione di quello che potrebbe essere un testo critico poiché si orchestrano personalmente certi fattori che l’autore riporta. Ricordi, segreti, pensieri di ciò che la scrittura divenne per l’autore de Il grande Gatsby, in un momento imprecisato della sua vita. La folgorazione a forme di coraggio a voler esprimere qualcosa di più grande di lui in cui, nel momento in cui la follia prese il sopravvento, il suo animo colse i misteri dell’arte della scrittura.

Titolo: Nuotare sott’acqua e trattenere il fiato
Autore: Francis Scott Fitzgerald
Casa editrice: Minimut Fax
Prezzo: 8 €
N° di pagine: 114
Trama: Questo volume raccoglie le riflessioni e i giudizi espressi dal grande scrittore americano, lungo tutta la sua vita, sul tema dello scrivere: cos'è lo scrittore e che cosa fa, cosa vuol dire scrivere, come si gestiscono i personaggi di un romanzo, qual è il rapporto tra lo scrittore e il mondo dell'editoria e della critica. L'autore simbolo dei Roaring Twenties fornisce suggerimenti assai vari, assecondando la sua naturale tendenza a insegnare, a comunicare la propria esperienza. In tempi in cui tutto sembra procedere verso lo smascheramento dell'apparenza, Fitzgerald va nella direzione opposta, lontano dalle certezze che ostacolano il cammino verso l'illusione della bellezza. "Scrivere bene", dice, "è sempre nuotare sott'acqua e trattenere il fiato".

La recensione:

 

Gli scrittori non sono esattamente individui come tutti gli altri. O, se valgono qualcosa, sono un intero mucchio di individui che si sforzano disperatamente di essere una individualità sola.

 

Questa è la parte più bella, più interessante. A mio parere, leggere saggi è come compiere esperimenti. Saggiamente ponderiamo l’anima di uomini che su carta sembrano supereroi, individui assoluti. Come sarebbe stato possibile porsi di fronte al mondo, e mettere a nudo la propria anima? Snocciolare ciò che si tiene tendenzialmente nascosto, il fascino e il dramma da qualunque realtà la si guardi, folgorato da essa a tal punto di sentire l’esigenza di metterla per iscritto. Sarebbe mai stato possibile persuadere lo spirito e, successivamente, quello di coloro che avrebbero letto di lui pur di comprenderlo, capirlo abbandonando un’occupazione ben disposta e redditizia per abbracciare la scrittura? In altre parole, fino a che punto Fitzgerald sarebbe stato compreso? La risposta è ovvia, no? Da nessuno, nemmeno da sua moglie Zelda. Tant’è che queste pagine trapelano un certo disagio, una certa frustrazione a sentirsi incompresi, soli specialmente nel momento in cui si pose accese critiche su se stesso, sulle modalità mediante cui uno scrittore dovrebbe scendere in profondità della propria anima, come metodologia o sbocco sul mondo che nessuno ha mai saputo interpretare. Registrando voci inutili e insignificanti che corrispondono al suo stile. All’animo di chi scrive che si riflette in quello di chi legge. E alla fine è proprio questo che mi chiedo da un libro … farsi leggere e capire. Comprendere la sua anima. Perché la letteratura, così come la poesia, dovrebbe essere qualcosa che arde dentro di noi con la forza di un fuoco, altrimenti non è niente. È solo una noia vuota e formale attorno cui i pedanti biascicano senza fine postille e commenti. Fitzgerald tentò di scovare il suo talento non amalgamandosi a quello degli autori ma scovandone uno suo personale, fendendo il buio dell’idealismo politico con qualche slancio folle, disperso verso la verità. Separando il noto dall’inconoscibile. Trattando qualcosa che sia attuale con la possibilità che l’anima fornisca quello splendore che sostituisca quell’irreprensibile posseduto in vita e perduto nel passaggio sulla carta. Tracciando così un segno incancellabile. La verità essenziale sgorga a galla, il nostro spirito è messo in discussione per comprendere ogni cosa.
Le mie numerose e innumerevoli letture vertono quasi sempre su opere di autori che amo particolarmente, sentito dire o il cui richiamo echeggia ancora fra le pareti bianche della mia camera, pullulando di poveri protagonisti intimiditi dalla vita che prendono seriamente - alcuni forse fin troppo -, che non sono consapevoli di possedere un’arte particolare con possibilità di andarsene dove gli pare e piace. Dietro alla stesura di un buon romanzo c’è un vasto assortimento di nozioni, concetti che a seconda della strada che si vuole percorrere ti inducono a lavorare sodo per migliorare e migliorarti, tirare fuori un asso dalla manica, quello vincente, trascorrendo molto più tempo di quel che si crede fra le maglie di una storia che dice tutto e niente. Francis Scott Fitzgerald, scrisse qualcosa che in un certo senso si è rivelata più forte di quel che credeva, e adesso che la sua idea ha preso vita, è stata consolidata in queste pagine, passando dalla semplice procedura del << avere un’emozione >> a << metterla in pratica >>. Il bello in tutto ciò è che ai miei occhi si pose come una sfida per aiutarlo a vedere il mondo sotto nuovi occhi. Alla fine, mi accontento di vestire ruoli da lettrice subordinata dato che la mia coscienza in questi casi non è paragonabile a chi scrive, e fu così che mi sono accalorata sin dal primo momento in cui ho letto le prime pagine di questo bel saggio.
Esperienza personale che sebbene parli di fulgore dell’anima ne è un po' priva, perlomeno indirettamente. Lancia il lettore in forme sofisticata di vita e interpretazione che ricordano i motivi per cui si ama la lettura e i libri. Che non è giusto che la letteratura non possa spiccare ampiamente in mezzo ad altre forme di vita, di sopravvivenza perché fa ampio uso della stessa in modo autonomo e al culmine della sua possibilità. Saggio culturale e di forte impatto il cui contenuto intenso e significativo mi ha rivelato i segreti più intimi nel raddrizzare, intorno al mio piccolo satellite, poi tornando sui miei passi, quei piccoli segreti conosciuti e non della vita di un uomo che amo molto, in un momento imprecisato della mia vita.

Avere qualcosa da dire è questione di notti insonni e patemi d’animo, di ricerca perenne di un tema e di perenne sforzo per portare alla luce la verità essenziale, la giustizia essenziale.

Valutazione d’inchiostro: 4

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Titolo: I tre sconosciuti e altri racconti
Autore: Thomas Hardy
Casa editrice: Garzanti
Prezzo: 11 €
N° di pagine: 304
Trama: Nei racconti di Hardy - 49 in totale usciti fra il 1874 e il 1900, di cui questo volume offre una piccola ma significativa selezione - si ritrovano le costanti dell'universo dell'autore di Via dalla pazza folla : il senso dell'incombere del fato sulla sorte degli uomini; il culto di una natura misteriosa e feroce nel rapporto con le sue creature; la visione pessimistica del vincolo nuziale, votato ineluttabilmente al fallimento; la contrapposizione tra la solida quotidianità della vita in campagna, fatta di piccole cose di somma importanza, e la vacuità del mondo cittadino che ha smarrito l'anima nella rincorsa al benessere e all'ascesa sociale. Sono gli stessi temi ampiamente sviluppati nei grandi romanzi della maturità, ma nei medaglioni nitidi e compatti di queste short stories questi nuclei narrativi sono espressi con una essenzialità che restituisce ogni volta al racconto la sua più autentica funzione: renderci partecipi di una storia. Il volume comprende: "I tre sconosciuti"; "Il braccio avvizzito"; "La tragedia di due ambizioni"; "Barbara della casata dei Grebe"; "Nel distretto occidentale"; "Il veto del figlio"; "Il violinista delle danze scozzesi"; "Una donna d'immaginazione". Introduzione di Giovanni Luciani.

La recensione:

Il piacere di leggere un autore come Thomas Hardy non si misura dai temi, dagli elementi che la sua prosa seducente e ammaliante si snocciola in pagine e pagine di vita campestre e rurale, quanto la vastità di sentimenti ed emozioni che ogni qualvolta si agitano nel mio animo. Ci sono tanti autori che amo e apprezzo, viventi e non hanno popolato e tartassato la cittadella della mia coscienza, con bagliori rosati e accecanti in pennellate di colori che nemmeno nel momento in cui ogni cosa si conclude mi impongo a non scrollarmi di dosso, per l’irruenza di altre letture o la tensione di smaltire nell’immediato una pila di libri che giorno dopo giorno diviene sempre meno vistosa.
La mia anima combacia perfettamente a quella di questi autori e, negli ultimi tempi, con quella dell’autore inglese, che con l’avvento di questa lettura mi colse completamente di sorpresa. Avevo seppellito qualunque proposito di accaparrarmi qualcos’altro, se non prima fosse giunto e trascorso il mio compleanno. Un regalo inaspettato, però, mi ha colta sul fatto: non avrei potuto essere più felice.
E felice riporto queste poche righe, sebbene io e le raccolte di racconti siamo due mondi opposti, nettamente separati, che sporadicamente accolgo nel mio cantuccio personale per semplice gusto di farlo. Ma con Hardy ho stabilito una certa sintonia, un certo legame, e inconsapevolmente ero immersa nella campagna inglese del Wessex con un manipolo di storie e personaggi, quest’ultimi non legati ne affini fra loro, ma che condividono il peso di sofferenze e drammi vari da renderli unanimi. La cornice in cui è proiettato il tutto rappresenta il non essere poiché conferisce solo un’illusione, nonostante si percepiscono gioie, sofferenze di cui non è possibile esprimere ma condividerle mediante timori, fantasie.
La natura trasmette una certa solitudine, poiché specchio dell’anima dello stesso autore, sospeso fra quel passato perso per sempre e un presente in cui non ci si può riconoscere, né come forme spontanee o volontarie quanto insite nell’esperienza del cambiamento. Per la solitudine di cuori forti e intransigenti, certo. Ma anche come qualcosa di pesante, che rientra in un preciso piano per rimanere soli, isolati da altre forme di vita, che sarebbe assurdo concepire diversamente come un desiderio irresistibile di comprensione. Non ora, che qualunque evento è uno sconvolgimento interiore che annichilisce nel suo lento progredire.
Una serie di bozzetti conditi da riflessioni, osservazioni personali che conferiscono una sorta di energia spirituale. Quando il Fato bussa alla loro porta costringe ad affrontare la vita in ogni forma, in ogni dilemma, alludendo a innumerevoli opportunità in cui si alena anche il minimo contatto. Non propriamente liberi da entità che imprigionano nella loro morsa, in cui mi è stato davvero impossibile non poter ammirare queste figure di passaggio nei loro abiti umili, aspirando ventate di odori malsani che pian piano si lasceranno alle spalle.

Valutazione d’inchiostro: 4

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