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martedì, novembre 01, 2022

Gocce d'inchiostro: Stazione 11 - Emily St John Mandel

Mentre prendo posto sulla panca invisibile della Vita, così accogliente dinanzi a me, penso che ci sono un sacco di libri che mi piacerebbe leggere e di cui disgraziatamente non possiedo il cartaceo. Fisso le strapiene librerie, scaffali zeppi di colori e sorrido. Li leggerò in ebook, questo è vero. Ma poi recupererò il cartaceo. È un pensiero folle, forse esagerato, ma nel silenzio delle mie riflessioni i libri, la letteratura hanno sempre arricchito la mia vita. Mi hanno resa la persona che sono adesso, regalano conforto e felicità. Non un semplice pretesto ma uno stile di vita. Questa lunga e forse insulsa riflessione per dire, che il romanzo di cui vi parlerò quest’oggi giunse inaspettatamente e inaspettatamente mi fu dato come tentativo di valicare i confini di un genere che non sempre valico: quello della fantascienza. A quel punto leggerlo sembrava la migliore scelta, e un’interruzione precoce alla mia consueta routine fu un tentativo disumano di essere sballottolata da un posto a un altro, in un mondo crudele che ha tratti e parvenze simili a quello in cui vivo, in cui l’anima è stata ridotta completamente a pezzi, si annulla completamente nel momento in cui prende consapevolezza di ciò che le accade. Di questo romanzo non credo ne serberò un ricordo particolare: la sua esperienza di lettura mi ha servito per arricchire il mio bagaglio culturale ma anche per saziare quella insaziabile sete di curiosità. Il risultato è stato soddisfacente, positivo, sciorinato mediante forme sofisticate di bellezza in cui, sebbene si tenti di raggiungere la perfezione, scovare la felicità, alla fine il suo battito si affievolisce e poi arrestarsi. Lettera d’amore in formato requiem che nonostante alcuni assetti crudeli non è cupo e violento come sembra, ma dotato di una visione ottimistica che ha a che fare con la speranza.

Titolo: Stazione 11
Autore: Emily St John Mandel
Casa editrice: Bompiani
Prezzo: 19, 50 €
N° di pagine: 412
Trama: Kirsten Raymonde non ha mai dimenticato la sera in cui Arthur Leander, famoso attore di Hollywood, ebbe un attacco di cuore sul palco durante una rappresentazione di Re Lear. Fu la sera in cui una devastante epidemia di influenza colpì la città, e nel giro di poche settimane la società, così com'era, non esisteva più. Vent'anni più tardi Kirsten si sposta tra gli accampamenti sparsi in questo nuovo mondo con un piccolo gruppo di attori e musicisti. Tra loro si chiamano Orchestra Sinfonica Itinerante e si dedicano a mantenere vivo ciò che resta dell'arte e dell'umanità. Ma quando arrivano a St. Deborah by the Water si trovano di fronte un profeta violento che minaccia l'esistenza stessa di questo piccolo gruppo. E man mano che gli eventi precipitano, in un continuo viaggiare avanti e indietro nel tempo, mostrando com'era la vita e com'è dopo la grande epidemia, ecco che l'imprevedibile evento che unisce tutti i personaggi viene rivelato. Riuscirà a quel punto l'umanità a sconfiggere i suoi fantasmi e conquistare un nuovo futuro?

La recensione:

La lettura, comunque, non è una delle mie uniche occupazioni. Amo acculturarmi, valicare qualunque confine del sapere e in particolare scoperto, attraverso semplici risme di carta, chi sono e cosa voglio. A dispetto di ciò che crede un non lettore, talvolta però capita che mi caccio in qualche guaio. Volutamente ma ironicamente insalubre. Perché? Perché anche quando si legge non si è consapevoli a ciò che si va incontro, specie se in un momento particolare della tua vita decidi di imbatterti nella lettura di qualcosa di cui non conosci e affinchè ciò avvenga non resta altro che leggerlo. Quando scrivo << guai >>, naturalmente mi riferisco ad intenti letterari che, alla fine, in un modo o nell’altro, mi sconvolgono. Se vissuti come esperienze positive o negative, riesco poi a superarle, a continuare ad andare avanti senza rallentare il ritmo. La mia stanza, a questo proposito, è divenuta un tempio sacro, un luogo di inestimabile bellezza che contiene tesori che egoisticamente e per fortuna non condivido con nessuno, e quando mi siedo sulla mia poltrona preferita e apro uno di questi tesori, niente riesce più a toccarmi: né la serie televisiva più acclamata di questi tempi, né un ritorno di fiamma, né tanto meno me stessa. Da quando ho cominciato a scrivere ciò che leggo, non potendone parlare con nessuno, mi sento come se prendessi fuoco. Non in grado di stabilire se ad infervorarmi è il romanzo in sé o le sensazioni suscitate, ma questo col tempo ha accresciuto la sua importanza mediante la conoscenza di autori o opere cui non avrei mai prestato attenzione. Tutto il resto viene di conseguenza. Più che cominciare a credere in me stessa alberga in me una sublime indifferenza. I miei pareri riguardo la lettura di un romanzo sono quasi sempre soggettivi, ma quando un romanzo non riesce a colpirmi fortunatamente non riesce a togliermi la voglia di parlare di lui. Questa è l’epifania decisiva del romanzo di cui vi parlerò quest’oggi, constatando come il tono non sia propriamente ottimale, ma in cui il solo atto di scrivere è stato un tentativo di comprenderlo maggiormente.
Stazione 11 capitolò sul mio Kobo, in un pomeriggio di inizio estate. Affascinata dalla copertina e dalla trama, tentativo di valicare i confini di un genere letterario di cui qui non se ne sente parlare quasi mai, in quanto non particolarmente apprezzato dalla sottoscritta: la fantascienza. Ma trovarmi qui, a riporre queste poche righe, conferma come anche questa lettura sia stata letta, e sebbene non ci siano stati schiamazzi o urla di contentezza, riconosco il suo modo di essere originale nel suo essere ordinato e preciso. L’illusione di essere intrappolati in qualcosa che prima o poi ci darà scampo, la diffusione di un virus come una terribile forma di pestilenza, emblema di fragilità, umanità che sono parti di un tutto sovvertito da qualcosa di più forte e trascendentale.
Non avevo creduto di poter scrivere tutto questo, ma, alla fine, Stazione 11 ha sollevato quel velo di incertezza che mi contraddistingue, non dando peso alle illusioni e alle delusioni di cui fa cenno, ma collezionare sprazzi di tentativi di comprendere il mondo. Quello dell’autrice e di Kristen, la protagonista. Sebbene queste vicende avrebbero potuto influenzare la mia vita, il mio personalissimo mondo, l’incoraggiamento è stato alquanto pessimo, se non quasi inesistente, che tuttavia mi indussero a viverlo tranquillamente. E, alla fine, affascinata esclusivamente dal modo in cui è stato raccontato. Così elegante, raffinato, contribuendo a vedere la sua luce sotto un’altra luce. Non sempre il giudizio che riponiamo ad un romanzo prevede la nostra esperienza di lettura. Talvolta tale fattore diviene vulnerabile, se valicato da uno stile elegante e ricco di significato.
Ed ecco che in un bellissimo connubio di poesia e malinconia, tragedia e dramma, sentimenti repressi che tuttavia restano tali, innumerevoli personaggi che non rendono semplice il modo di districarsi fra le loro viscere, il finale che produce più domande anziché risposte, Stazione 11 è qualcosa di indefinibile cui non riesco ancora a dare un nome. A tratti affascinata, a tratti delusa, la cui forza non risiede nella realizzazione di un mondo dispotico e fantascientifico, a dispetto di ciò che riporta la quarta di copertina, quanto la bellezza della scrittura e la sua importanza come illusione di ogni cosa.
Mi sono incamminata verso una strada con un'espressione di solidarietà mista a un forte sentimento di curiosità in cui, salutando qualunque viandante incrociassi con un gentile cenno della mano, potei muovermi senza che nessuno mi riconoscesse. La mia passione per la scrittura mi permise di accogliere con facilità quello che esulano le pagine di Stazione 11, motivata dall'idea che si trattasse del fantasma della vita stessa. E, come un sonnambulo che attraversa a braccia tese un paesaggio e tutto quello che tocca, sono entrata a far parte di un’illusione che aveva la parvenza di un sogno e che mi ha costretta a vivere da due parti: dalla parte della realtà e dalla parte dei sogni. Si avverte questa sensazione che qualcosa si dissolvi nell'aria, e improvvisamente si prova un forte desiderio di toccarla, come se chi legge facesse parte di questa stramba realtà parallela.
Leggendo Stazione 11 per la prima volta, dopo tante e accorate richieste dettate dal cuore, ho potuto comprendere - seppur non ancora nello specifico - la ragione per cui l’autrice ha conquistato un numero così grande di lettori. La combinazione di talento e una disarmante innocenza è così bella e perfetta che sorge spontaneo definirla <<magica>>. Un abile lettrice di anime scrisse dei versi mediante quel contenitore imperfetto della scrittura, componendo una musica sconosciuta mediante parole ermetiche e simboliche che sfiorano il surrealismo. Assumono poco a poco una risonanza famigliare, in cui ogni singola parola trova un posto particolare dentro l'anima di chi legge. E, solo alla fine, ci narra poemi dettati esclusivamente dal suo genio, senza la minima difficoltà. Poemi tragici o reali scritti semplicemente per farli leggere a qualcuno, o anche a se stessa. Per riscaldare un po' il suo cuore … e anche quello di chi legge. Ma non disgraziatamente il mio.
Situazioni che oscillano fra il reale e il possibile e che sono pieni di una libertà e di una forza vitale che non possono essere racchiusi nei confini del senso comune, in pagine bianche che evocano qualcosa di speciale. Un altro tempo, un altro luogo, o una particolare dimensione della mente in cui ci si perde ma non completamente.
Una trama quasi inesistente, ma dipanata con meticolosità nell'alternarsi dei "mondi paralleli". Un'avventura sensazionale che altri non è che un esame della coscienza dell'autrice, tribolazioni, purificazioni, dinanzi a una realtà crudele e tiranna che oramai ha ingoiato qualunque cosa. Un viaggio in uno stato a metà tra coscienza e incoscienza in cui si arriverà a un punto in cui non si saprà più cosa è vero o sbagliato. Perdendoci nel labirinto del tempo di cui siamo stati prigionieri e, vagando come un’anima in pena che tuttavia esiste grazie alla dinamica dei ricordi, cercando quella specifica risposta che abbia indotto l'autrice a scrivere questa storia. Una storia balorda, senza soluzione, ma che accresce la magia dell’esser letta.

Valutazione d’inchiostro: 3 e mezzo

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