Se un libro ha il potere di essere considerato un classico della
letteratura, ricordato dai più come il capolavoro per eccellenza, il fondamento
su cui ruota l’intera letteratura – per meglio dire, le basi per cui sono
consolidate l’arte della scrittura -, se un romanzo è tutto questo, alla mente
e al cuore, alla mente e ai sentimenti più profondi sul mondo, allo scrivere
alla fine un parere – soggettivo o non -, che abbia un senso comune è un’impresa
davvero ardua. Forse questa recensione non avrà un senso compiuto, perché niente
e nessuno mi dà quelle particolari competenze utili a parlare di un gigante
della letteratura come Proust. Ma, in qualche modo, ci tenevo a parlarne perché,
nonostante sia trascorso qualche giorno dalla sua intensissima lettura, l’abitudine
di affiancare un uomo come Swann è divenuta, in quasi un mese, una malattia che
mi ha indotta a farmi soffrire perché così intrappolato in una volta celeste
che mi ha risucchiata, e con difficoltà lasciato andare. Poiché rappresa in una
muta attenzione che non turba alcun fattore esterno. Nonostante la complessità
dei temi trattati, c’è un sentimento così vero, e il rispetto e la semplicità
dell’interpretazione, la bellezza e la delicatezza di certi suoni in cui la
stessa parola scritta acquisisce magia. Con garbo, cura e attenzione mi sono
così trovata ad affrontare questo bellissimo viaggio, una continua ricerca
della Verità e del piacere di scrivere, quasi con una certa inclinazione alla
vita, che smorza qualunque tentativo negativo, qualunque intento crudele
donando dolcezza alla bontà, malinconia alla tenerezza.
Titolo: Alla ricerca del tempo perduto. Dalla parte di Swan
Autore: Marcel Proust
Casa editrice: Mondadori
Prezzo: 12, 50 €
N° di pagine: 473
Trama: Quasi un preludio "musicale" all'intera Recherche, Dalla parte di Swann (1913) introduce i temi cruciali dell'intera opera: il senso del tempo, la memoria, il sogno, l'abitudine, il desiderio. E poi ancora la gelosia, il rapporto tra arte e realtà, l'interagire di rituali ed emozioni. Il lettore fa conoscenza in queste pagine con i personaggi destinati ad accompagnarlo lungo i sette libri – Odette, Bloch, Françoise, Charlus... –, mentre la storia d'amore di Swann diventa quasi "figura" del contrastato rapporto che legherà poi il Narratore a Gilberte e Albertine.
Autore: Marcel Proust
Casa editrice: Mondadori
Prezzo: 12, 50 €
N° di pagine: 473
Trama: Quasi un preludio "musicale" all'intera Recherche, Dalla parte di Swann (1913) introduce i temi cruciali dell'intera opera: il senso del tempo, la memoria, il sogno, l'abitudine, il desiderio. E poi ancora la gelosia, il rapporto tra arte e realtà, l'interagire di rituali ed emozioni. Il lettore fa conoscenza in queste pagine con i personaggi destinati ad accompagnarlo lungo i sette libri – Odette, Bloch, Françoise, Charlus... –, mentre la storia d'amore di Swann diventa quasi "figura" del contrastato rapporto che legherà poi il Narratore a Gilberte e Albertine.
La recensione:
Aveste lasciato il mio cuore non vi avrei consentito di riprenderlo.
Ho sofferto, fra le
pagine di questa lettura. Né più né meno di chiunque altro che si sia azzardato
a leggere un capolavoro come questo, ma ognuno soffre a modo proprio, e per quanto
mi riguarda serbo dentro il dolore come una malattia che niente e nessuno potrà
guarire. L’esperienze negative mi hanno
aiutata a costruire una corazza, invalicabile e imbattibile per chiunque, in
cui non cado mai quanto rafforzato il mio carattere, mutando una persona che è
sempre stata riservata e ora ancor di più, ma solare, aperta al mondo, divertente
e anche un po' folle, delle volte così esuberante che sembra così difficile
smorzare tutto questo. Una versione appannata di ciò che ho sempre voluto e
visto dalla Vita. Ma questa è un’altra storia…
D’altronde sono oramai trent’anni che ho emesso il primo vagito sul mondo, e avendo già abbandonando gli anni dell’adolescenza, la pubertà, la purezza di certi gesti inconclusi e sconclusionati, sono cresciuta anche come lettrice, superando così quegli invalicabili scogli di cui certe letture inculcano involontariamente quando si decide ad approcciarsi ad un nuovo autore. I mattonazzi, i romanzi ostici, quelli << difficili >>, che rendono lettori forti, coraggiosi, orgogliosi di aver superato anche questa battaglia!
Io ho già superato questa fase. Adesso mi trovo ad amare i mattonazzi, ad abbracciare con una certa gioia le sfide, qualunque intento di scandalizzare il mio spirito evaporato in una manciata di pagine: non ho la presunzione di scrivere che non temo quasi più niente e nessuno, ma il mio pensiero si avvicina molto a questo concetto. Perciò, come amo definirle, quella de Alla ricerca del tempo perduto era una di queste sfide, e anche se il suo momento sarebbe avvenuto a data da destinarsi era uno dei miei tanti intenti letterari che presto o tardi avrei voluto vivere. Abbattere con le mie sole forze, o ammansire come un animale cresciuto in cattività. Non c’era alcun dubbio che il momento richiesto, avrebbe dovuto conciliare pace e tranquillità mentale, pazienza e costanza, e anche se delle volte di giornate storte ne ho vissuto, il processo di lettura di questo romanzo è stato davvero straordinario. Consapevole del tempo che mi avrebbe sottratto, ma contentissima di godere della sua compagnia, non c’era alcun dubbio che ne sarei uscita guasta, sbalordita, straordinariamente innamorata, con l’anima frantumata in mille pezzi, poiché ancora preda di monologhi sentenziosi, densi, netti su un mondo circostante che conferisce uno spettacolo bellissimo, essere incomparabile che nessuno può detenere, comprendere appieno.
Ristorarsi dalle fatiche di una lettura così bella, così intensa ma difficilissima non è stato per niente facile, in cui l’emozioni per l’ambiente circostante si sono mescolati alla stessa natura, accompagnato da profonda riflessione sulla tecnica e sulla poetica e nel rapporto fra verità oggettiva e verità dell’immagine. Pagine che hanno la parvenza di una fiaba i cui echi sono oscuri, antichi, e come un valoroso guerriero ho riposto una certa stima, un certo rispetto. Dibattuta fra le maglie di un sogno in cui ho camminato più lentamente del solito, nel bel mezzo del silenzio, in mezzo a cuori feriti seguendo i passi, le vicissitudini di un folle i cui desideri sono formulati durante certe passeggiate e che possono essere condivisi da altri, e non creano più quegli slanci che potrebbero essere condivisi da qualche altra creatura vera al di fuori dello stesso autore. Agli albori di un mondo chiuso in sé stesso, costruito sulla logica di un Creatore dove ogni cosa è coordinata al suo animo. Alla sua essenza, che conferisce quella gioia di sentirsi quasi colpevoli, così meravigliosamente conquistati, anche quando sopraggiunge la caducità della vita stessa. Ogni cosa sembra perdere la sua bellezza, conferendo una certa nostalgia.
Qualche giorno dopo l’approccio con Mr Swann, sempre più impelagato in monologhi lunghi che delineano il suo sentirsi amato e no, soprattutto adesso che finalmente lo avevo capito, constatai che forse la vita lo aveva forse un po' maltrattato. Ma dipende anche il temperamento, il modo per cui sei cresciuto che ti rendono quello che sei, e Proust doveva essere sicuramente un’anima fragile, debole, quasi permalosa che, oppresso dal desiderio di non aver ricevuto il bacio della buonanotte dalla sua cara e amata madre, adesso che ho concluso questo primo volume vedo davvero ciò che mi era stato nascosto. La bellezza dell’arte, della scrittura è rievocata dalla visione di svariate immagini, derivati da masse di una serie di ricordi sovrapposti gli uni agli altri in cui è possibile cogliere anche il profumo e il ricordo di altri. La vita, dice Proust, la si può comprendere solo mediante letteratura e dalla quale è possibile esaltare il valore conosciuto, rievocando se stessi, combattendo contro la sua mancanza di volontà e la sua bassa autostima, la sua fragilità psichica e fisica, il Tempo così veloce e netto inteso nell’unica direzione utile: scrivere un romanzo. Unica vera vita vissuta, unica forma di espressione che dimora volontariamente e non dentro ognuno di noi, non solo nell’artista ma anche in ogni individuo in quanto grazie all’arte vediamo il mondo quadruplicarsi. Il reale diviene così figurazione di valori ideali, eterni, segno di verità che però resta limitato alla memoria, alla materia. La verità sta così lontana dall’eternità dello spirito e solo all’artista sarà possibile conoscere i segreti mediante l’arte ed esprimerli.
Non credo di aver detto molto, in queste ultime righe. È impossibile condensare quattrocento pagine in una riflessione che, per mia disgrazia, non dice assolutamente niente di ciò che avrei voluto, non conferisce un quadro realistico e netto, ma solo un’idea di ciò che ho visto e sentito, e va bene così…. Ne ero assolutamente consapevole, nonostante la mia mente continua a vagare, fluttuare tra le annose questioni di famiglia mentre smettevo di leggere, riordinare le idee, ascoltare non solo ciò che mi aveva sussurrato il suo autore ma anche il cuore, cullato dal brontolio di elementi che ci accolgono, ci inducono a fissare quel determinato punto e, respirando, ritrovando il profumo caldo, saldo e invisibile, a quello del ritmo che unisce ai fiori in certi intervalli musicali. Suscitando sentimenti vaghi, oscuri di cui inevitabilmente si cerca di liberarsi.
Con un certo dispiacere mi sono allontanata da tutto questo, da questo Uomo e il suo rapporto con l’arte e la natura, non potendo più stare più vicini di così. Il nutrire tutto questo mi ha fatto desiderare di rileggere questo primo volume, ma, pensandoci, di Proust e di questo folle viaggio credo vorrò rivivere quando avrò ultimato la lettura dei restanti sei volumi. Le parole divengono superflue. I miei sentimenti al riguardo provocano qualcosa di potente ma impossibile da spiegare, poiché ancora preda di consapevolezze che nessuno potrà condividere, checché esso sia illusorio e soggettivo. Ma già relegato così bene, in un luogo in cui ho potuto contemplarne le bellezze, dall’inizio alla fine, in cui la mia coscienza ha preso vita come una rivelazione, mille dettagli si sono affastellati ai miei occhi in cui è riposta la fede come un’anima segreta capace di fondare la coesione di un capolavoro in un insieme effimero e sfuggente.
D’altronde sono oramai trent’anni che ho emesso il primo vagito sul mondo, e avendo già abbandonando gli anni dell’adolescenza, la pubertà, la purezza di certi gesti inconclusi e sconclusionati, sono cresciuta anche come lettrice, superando così quegli invalicabili scogli di cui certe letture inculcano involontariamente quando si decide ad approcciarsi ad un nuovo autore. I mattonazzi, i romanzi ostici, quelli << difficili >>, che rendono lettori forti, coraggiosi, orgogliosi di aver superato anche questa battaglia!
Io ho già superato questa fase. Adesso mi trovo ad amare i mattonazzi, ad abbracciare con una certa gioia le sfide, qualunque intento di scandalizzare il mio spirito evaporato in una manciata di pagine: non ho la presunzione di scrivere che non temo quasi più niente e nessuno, ma il mio pensiero si avvicina molto a questo concetto. Perciò, come amo definirle, quella de Alla ricerca del tempo perduto era una di queste sfide, e anche se il suo momento sarebbe avvenuto a data da destinarsi era uno dei miei tanti intenti letterari che presto o tardi avrei voluto vivere. Abbattere con le mie sole forze, o ammansire come un animale cresciuto in cattività. Non c’era alcun dubbio che il momento richiesto, avrebbe dovuto conciliare pace e tranquillità mentale, pazienza e costanza, e anche se delle volte di giornate storte ne ho vissuto, il processo di lettura di questo romanzo è stato davvero straordinario. Consapevole del tempo che mi avrebbe sottratto, ma contentissima di godere della sua compagnia, non c’era alcun dubbio che ne sarei uscita guasta, sbalordita, straordinariamente innamorata, con l’anima frantumata in mille pezzi, poiché ancora preda di monologhi sentenziosi, densi, netti su un mondo circostante che conferisce uno spettacolo bellissimo, essere incomparabile che nessuno può detenere, comprendere appieno.
Ristorarsi dalle fatiche di una lettura così bella, così intensa ma difficilissima non è stato per niente facile, in cui l’emozioni per l’ambiente circostante si sono mescolati alla stessa natura, accompagnato da profonda riflessione sulla tecnica e sulla poetica e nel rapporto fra verità oggettiva e verità dell’immagine. Pagine che hanno la parvenza di una fiaba i cui echi sono oscuri, antichi, e come un valoroso guerriero ho riposto una certa stima, un certo rispetto. Dibattuta fra le maglie di un sogno in cui ho camminato più lentamente del solito, nel bel mezzo del silenzio, in mezzo a cuori feriti seguendo i passi, le vicissitudini di un folle i cui desideri sono formulati durante certe passeggiate e che possono essere condivisi da altri, e non creano più quegli slanci che potrebbero essere condivisi da qualche altra creatura vera al di fuori dello stesso autore. Agli albori di un mondo chiuso in sé stesso, costruito sulla logica di un Creatore dove ogni cosa è coordinata al suo animo. Alla sua essenza, che conferisce quella gioia di sentirsi quasi colpevoli, così meravigliosamente conquistati, anche quando sopraggiunge la caducità della vita stessa. Ogni cosa sembra perdere la sua bellezza, conferendo una certa nostalgia.
Qualche giorno dopo l’approccio con Mr Swann, sempre più impelagato in monologhi lunghi che delineano il suo sentirsi amato e no, soprattutto adesso che finalmente lo avevo capito, constatai che forse la vita lo aveva forse un po' maltrattato. Ma dipende anche il temperamento, il modo per cui sei cresciuto che ti rendono quello che sei, e Proust doveva essere sicuramente un’anima fragile, debole, quasi permalosa che, oppresso dal desiderio di non aver ricevuto il bacio della buonanotte dalla sua cara e amata madre, adesso che ho concluso questo primo volume vedo davvero ciò che mi era stato nascosto. La bellezza dell’arte, della scrittura è rievocata dalla visione di svariate immagini, derivati da masse di una serie di ricordi sovrapposti gli uni agli altri in cui è possibile cogliere anche il profumo e il ricordo di altri. La vita, dice Proust, la si può comprendere solo mediante letteratura e dalla quale è possibile esaltare il valore conosciuto, rievocando se stessi, combattendo contro la sua mancanza di volontà e la sua bassa autostima, la sua fragilità psichica e fisica, il Tempo così veloce e netto inteso nell’unica direzione utile: scrivere un romanzo. Unica vera vita vissuta, unica forma di espressione che dimora volontariamente e non dentro ognuno di noi, non solo nell’artista ma anche in ogni individuo in quanto grazie all’arte vediamo il mondo quadruplicarsi. Il reale diviene così figurazione di valori ideali, eterni, segno di verità che però resta limitato alla memoria, alla materia. La verità sta così lontana dall’eternità dello spirito e solo all’artista sarà possibile conoscere i segreti mediante l’arte ed esprimerli.
Non credo di aver detto molto, in queste ultime righe. È impossibile condensare quattrocento pagine in una riflessione che, per mia disgrazia, non dice assolutamente niente di ciò che avrei voluto, non conferisce un quadro realistico e netto, ma solo un’idea di ciò che ho visto e sentito, e va bene così…. Ne ero assolutamente consapevole, nonostante la mia mente continua a vagare, fluttuare tra le annose questioni di famiglia mentre smettevo di leggere, riordinare le idee, ascoltare non solo ciò che mi aveva sussurrato il suo autore ma anche il cuore, cullato dal brontolio di elementi che ci accolgono, ci inducono a fissare quel determinato punto e, respirando, ritrovando il profumo caldo, saldo e invisibile, a quello del ritmo che unisce ai fiori in certi intervalli musicali. Suscitando sentimenti vaghi, oscuri di cui inevitabilmente si cerca di liberarsi.
Con un certo dispiacere mi sono allontanata da tutto questo, da questo Uomo e il suo rapporto con l’arte e la natura, non potendo più stare più vicini di così. Il nutrire tutto questo mi ha fatto desiderare di rileggere questo primo volume, ma, pensandoci, di Proust e di questo folle viaggio credo vorrò rivivere quando avrò ultimato la lettura dei restanti sei volumi. Le parole divengono superflue. I miei sentimenti al riguardo provocano qualcosa di potente ma impossibile da spiegare, poiché ancora preda di consapevolezze che nessuno potrà condividere, checché esso sia illusorio e soggettivo. Ma già relegato così bene, in un luogo in cui ho potuto contemplarne le bellezze, dall’inizio alla fine, in cui la mia coscienza ha preso vita come una rivelazione, mille dettagli si sono affastellati ai miei occhi in cui è riposta la fede come un’anima segreta capace di fondare la coesione di un capolavoro in un insieme effimero e sfuggente.
Valutazione d’inchiostro: 5
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