Dai miei precedenti incontri con l’autore spingiamoci
al presente, più di due o tre anni dopo la mia separazione da Ogni cosa è
illuminata. Ritrovarmi in mutate condizioni, invece che stabile e preda a
sentimenti che reinventino qualcosa che ha a che fare col passato, vediamo una
donna seduta sulla sua poltrona preferita a leggere un romanzo che aspettava di
essere letto da tantissimo tempo. Come dai tempi in cui dalla vita avevo ancora
tanto da imparare; invece, di Eccomi avevo progettato ogni cosa. Per il
periodo di crescita personale intrapreso, qualche tempo fa, compresi come l’approccio
fu diverso ma migliore di quel che credevo, che mostrò nient’altro che una
sorta di doveroso rispetto non solo al suo autore ma anche a ciò che stavo
leggendo, in cui ogni cosa tendeva a subire forme ritualizzate in cui ogni
contatto umano avrebbe superato ogni distanza. Questo romanzo non esprime
niente di così indimenticabile o trascendentale che non abbia mai visto in
passato, ma evidenzia come il timore di essere o sentirsi inadeguata cozza col
desiderio di essere liberi. Liberi di spiccare da questa landa desolata, dalla
nuda terra delle rivolte, delle ribellioni, che coincide con l’abilità o definizione
di essere sostanza. Raccogliendo gesti eclatanti che sono disgraziatamente
racchiusi nell’illusione di essi.
Titolo:
Eccomi
Autore:
Jonathan Safran Foer
Casa
editrice: Guanda
Prezzo:
19 €
N°
di pagine: 672
Trama: Ambientata a Washington durante quattro, convulse settimane, "Eccomi" è la storia di una famiglia in crisi. Mentre Jacob, Julia e i loro tre figli sono costretti a confrontarsi con la distanza tra la vita che desiderano e quella che si trovano a vivere, arrivano da Israele alcuni parenti in visita. I tradimenti coniugali veri o presunti, le frustrazioni professionali, le ribellioni adolescenziali e le domande esistenziali dei figli, i pensieri suicidi del nonno, la malattia del cane: tutto per Jacob e Julia rimane come sospeso quando un forte terremoto colpisce il Medio Oriente, innescando una serie di reazioni a catena che portano all'invasione dello stato di Israele. Di fronte a questo scenario inatteso, tutti sono costretti a confrontarsi con scelte a cui non erano preparati, e a interrogarsi sul significato della parola casa.
La
recensione:
Non
cercate e non aspettatevi miracoli. Non ci sono miracoli. Non più. E non ci
sono rimedi per le ferite che feriscono di più. C’è solo la medicina di credere
nel dolore dell’altro e di esserci.
Il
mio progetto di leggere ogni romanzo di Jonathan Safran Foer, al momento,
finisce qui, e non perché l’autore o i suoi romanzi non mi piacciono quanto perché
sono diminuite le scorte di lettura scritte o pubblicate dall’autore, perché non
mi concessi nemmeno un secondo di più di quello che impiegai a scegliere di
divorarne ogni romanzo dopo l’altro. Questo romanzo era stato visto, dalla me
del passato, come una sfida che avrei dovuto affrontare in futuro. Quando sarei
stata più matura, più consapevole, più forte – forse anche più vecchia! -. In ogni
modo, avendo inizio proprio in questo periodo la realizzazione di progetti che
continuo a portare avanti a testa alta, non ebbi che da trascorrere alcuni
pomeriggi in compagnia dell’autore per trovare la stessa persona che avevo
affettuosamente apprezzato qualche anno fa.
Delle
quasi settecento pagine che costellano questa lettura, io ne avrei depennato
almeno la metà che erano rimaste intrappolate nella monotonia, nella ripetitiva,
in divagazioni personali e non che ne hanno accresciuto il tono greve seppur
personalmente non credo intenzionale, per ricompensare lo stesso individuo a fastidi
o sorprese che spesso incorrono in una famiglia. Quanti ne ho consumato di romanzi
che esprimono tutto questo, ma da cui ne sono susseguiti periodi di tempo in
cui il processo di assimilazione è stato molto più lungo del romanzo in se!
Non
giudico il romanzo di Foer la lettura insopportabile o indigesta che qualche
altro ha giudicato prima di me, ma consegnata alle sue mani non credevo di
incappare in un romanzo di apparenza che evidenzia o attribuisce una certa
enfasi solo alla pace ma anche ad altri valori che sono in noi, e che dovremmo
prendere atto soprattutto in relazione al mondo circostante. Checché esse siano
di sesso o razze diverse. La vita è un processo molto più piccolo di quel che
si crede, quasi una culla in cui anime alla deriva fluttuano in un cosmo gigantesco
e dispersivo da cui però si desidera una certa libertà. Sprazzi di felicità che
disgraziatamente non sono altro che prodotti artificiali che bisogna saper soppesare
ne come qualcosa di distante dal mondo esterno. Il passato era una piaga
incolmabile che non si può ricordare e che si ripercuote nel presente.
Fra una delle mie librerie un bel romanzo dalla copertina dai colori
sgargianti e accesi spiccava attorno a figli di carta di cui conosco
perfettamente, e altri per me ancora sconosciuti: storie di uomini o donne,
bambini e vecchi, che si tengono per mano, premurosi e gentili ad offrirmi
sempre un caldo abbraccio. Alcune di queste storie hanno fatto la loro parte;
un dettaglio, un luogo o semplicemente un ricordo, immobile dinanzi alle soglie
del tempo, mi aveva completamente fagocitata e resa quella che sono adesso.
Fra queste storie, il romanzo di Foer era stato messo in risalto, come
espediente pubblicitario, una semplice ma acuta trama realizzata a tavolino e
il segreto che celavano le sue pagine. Come altri lettori, quasi senza nemmeno pensarci, anch'io mi sono diretta
fra i meandri di effervescente caso editoriale, qualche anno dopo che sollevò un
polverone di entusiasmo o di critiche – a seconda delle svariate suole di
pensiero o di preferenze dei lettori - girovagando da un posto a un altro, da
una recensione a un'altra, affinché il mio interesse o la mia curiosità non
cessassero. L'odore del nuovo che si mescola al vecchio, il sacro e il profano,
l'amore per la letteratura e la buona scrittura si mischiavano alle zaffate
dolciastre di un legame amoroso - abbastanza prevedibile, e poco sconcertante
-, fra una coppia. Sul rumoreggiare giocoso degli amanti, la voce dell’autore
si levava fra mille dubbi, ansie e perplessità, suonando e dirigendo il tutto
con una certa maestria e perdizione, come fosse lui stesso incastrato da questa
melodia in onore del ricordo di rievocare il passato: quello personale dell’autore.
Poco lontano, ma la cui figura era avvolta nel frastuono di una guerra che recise
la popolazione israeliana e dall’altra parte del mondo una famiglia
tradizionale era accucciata in un angolo, osservava il proprio destino
sciogliersi come nodi di una indistricabile matassa.
Suoni, luci, odori, immagini: il mondo come esattamente lo conosciamo in
un'altra prospettiva. In Eccomi c'è stato tutto quello che avevo
immaginato. Qualcosa di profondamente autentico, vero ma privo di forza che non
ho potuto avvertire così bene e che mi ha impedito di rendermi solidale con i
personaggi. Poteva essere altrimenti?
Aver letto questo romanzo mi ha conferito strane sensazioni, così come mi
ha particolarmente colpito l’idea di essere come diffusione di verbo da parte
del Creatore ad Adamo, il modo per come è stato raccontato in queste pagine ma
da cui ho colto molto poco. L’uomo percorre cammini spesso accidentati, in
cerca di una saggezza perduta; è inutile aspettarsi granché o qualche colpo di
scena perché non si trovano soluzioni ai problemi della vita di tutti i giorni,
o una medicina per i malanni moderni. Non c'è alcuna scorciatoia. L'unica
strada è quella dell'essere se stessi, nonché artefici del proprio destino.
Eccomi spicca con la sua
voce con un romanzo pulito ma non privo di difetti, dinanzi a un pubblico
interdetto, curioso, fan sfegatato di un autore del calibro come Foer, e alla
fine, sebbene senza aspettarsi niente, trasmise un messaggio che non mi ha
colpita come credevo ma ricevuto quelle attenzioni in cui credevo di
riscontrare da un romanzo come questo. Eccomi è la storia della sua
vita, e se anche indifferente agli attacchi esterni, l'equilibrio mentale da
cui dipesero il delirio, la follia, il rapimento estatico questa storia penso
ha per l'autore un valore sacro! Questo è stato il suo mondo, con i suoi
trucchi, le sue sfumature.
Seduta dinanzi alla mia postazione preferita, vedo Eccomi come
esattamente è: una straordinaria suggestione individuale, un invito a
scandagliare nel passato ma senza una guida particolare, incarnati in forme
distorte di intenzionalità in un mondo suddiviso in forme razziali.
La modernità, la quotidianità risuonano in una cascata infinita di perdita,
fallimenti, aspirazioni, legami amorosi o famigliari, in un perpetuo
silenzio. Eccomi non è solo il racconto di un ricordo, piuttosto
una sorta di viaggio interiore in cui inevitabilmente ci induce a guardarsi
dentro. In una pioggia di scintille che via via si acquietano, in un improvviso
bagliore arancione dinanzi l'oscurità. Una luce momentanea che rimane negli
occhi per tutta la durata della sua lettura, ma che poi svanisce così com'è
apparsa.
Valutazione d’inchiostro: 3 e mezzo
Non conosco; mi spiace sia andata male la lettura; grazie per la recensione
RispondiEliminaA te 🤗🤗
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