Sbarcai in un posto, che aveva le fattezze di quei luoghi magici in cui realtà e fantasia diventano un connubio di emozioni, gesti sconsiderati e folli, e fui nell’immediato guidata da una donna, una ragazza non troppo grande di me, scrittrice prolifica, all’apice della sua carriera. Costruì una cospicua serie di romanzi che trasportarono i suoi lettori in situazioni in cui spesso e volentieri rischiarono la pellaccia, scoprendo come quella della fantasia fosse quel l’unico luogo in cui si desidera viverci. Tigliobianco avrebbe funto da unico luogo in cui rifugiarsi per scovare la propria identità, porto sicuro e ideale per scovare la felicità. Eppure quella della felicità è una ricetta segreta che per Priscilla sarà impossibile da decifrare, incomprensibile come un problema di matematica, nonostante la sua vita sia zeppa di parole, di suoni, ma lei avrebbe voluto solo abitarci per scovare l’ispirazione, dare un senso alla sua esistenza, trasbordando come in un vascello ricordi che ancora portano il suo segno. Tigliobianco avrebbe funto da grande emporio in cui i sentimenti si barattavano per storie, prodotti vari e specialità tipiche del paese in cui si ringrazia per ogni cosa che si tiene in possesso per essere sopravvissuti all’ennesima tempesta. In questo posto ci arrivai i primi giorni di luglio, inconsapevole che i suoi abitanti e Priscilla, potessero coinvolgermi a tal punto da giacere nel cuore pulsante di una storia la cui linfa vitale è celata nel tunnel segreto di parole che la sua autrice ripone in pagine bianche che in una manciata di giorni, avevano emesso un battito.
N° di pagine: 288
Trama: Sembra un'estate come tante nel piccolo borgo di Tigliobianco: le vecchiette si impicciano degli affari di tutti, i bambini scorrazzano selvaggi, le signore del Club del Libro infastidiscono la bibliotecaria... Ma ecco che Villa Edera, la dimora vittoriana in fondo al paese, viene affittata per qualche settimana da Priscilla Greenwood, scrittrice di romanzi rosa di grandissimo successo in crisi d'ispirazione, a caccia di tranquillità e anonimato, per trovare il modo di liberarsi di Calliope del Topazio, la sua smielata e ardente protagonista.
Le cose a Tigliobianco, però, non vanno come Priscilla si aspetta: comari in guerra, gatti scomparsi, ragazzine che sognano di diventare detective, lettere trafugate, un mitico quaderno di ricette, smarrito da anni, che contiene il segreto della torta più buona del mondo, la Suprema, per non parlare della Gara Fragolina, che si svolge ogni anno l'ultima domenica di luglio e in cui tutto il paese si sfida a colpi di torte di fragole. E poi Cesare Burello, il chirurgo plastico in vacanza nel paese natio...
È così che Priscilla si trova immersa nel mezzo di un vero e proprio cliché da romanzo rosa. Cosa fare? Fuggire a gambe levate o dare una chance a Cesare che sembra la copia carbone di Roger MacMillan, l'affascinante protagonista dell'Harmony che lei ha scritto?
Fra picnic notturni, complotti e una caccia al tesoro squisitamente letteraria, Priscilla si troverà finalmente a fare i conti con la domanda che la tormenta da sempre: davvero la vita reale non può essere come un romanzo? E, intanto, che fine avrà fatto la leggendaria ricetta della Suprema, la torta più buona del mondo, scomparsa nel nulla trent'anni prima e il cui destino sembra legato a quello di Cesare?
La recensione:
Le parole le sgorgavano dalla mente e finivano direttamente sul foglio, vibranti. Era una delizia sentire le frasi comporsi nella sua testa, guardare i personaggi che un pò per volta, vividi e luminosi, le uscivano fluenti dalle dita, sentirli mentre si modellavano al tocco sulla tastiera piena di vita.
Quello della lettura è un viaggio continuo di straordinarie avventure. Decine, centinaia, migliaia di autori, testi sconosciuti e non colmi di svariate peculiarità salgono e scendono da stazioni immaginarie, da una all’altra, per poi riprendere un treno che va nella direzione opposta. Per la lettura di questo testo, dalla copertina bellissima e affascinante, viaggiai soli due giorni, due pomeriggi, cullata dalla voce armoniosa, vivace, schietta della sua autrice, esordiente italiana, amante dei libri e della buona lettura. E la sua aura magnetica, il profumo inebriante delle fragole e di un libro appena aperto, sfogliato dinanzi al mondo, invase le mie narici prima che io me ne rendessi conto, facendomi pensare che questa lettura fosse giunta nel momento più adatto, nonostante le remore iniziali Perchè è bastata una cinquantina di pagine per comprendere, che L’estate in cui fioriranno le fragole era forse troppo << semplice >> per i miei standard ma esattamente ciò che desidero scovare da un libro che parli di libri, apprezzi la letteratura, quella con la L maiuscola, aprire i polmoni al sentore di un’aria fresca, vissuta ma perfettamente in linea al mio respiro, così pungente ma piena di promesse che è alba di nuovi inizi, nuovi progetti, nuovi meccanismi dell’anima da cui posso e mi sento ispirata. Grata alla vita stessa. Era il mio porto sicuro, la storia perfetta giunta al momento perfetto. Una storia che non era rivolta solo a Priscilla, autrice prolifica di romanzi rosa, quanto a me, alle mie preferenze di lettrice, ai miei sentimenti, al mio passato e al mio presente. E quante altre volte sarebbe capitata un’occasione simile?!?
Mi viene in mente, mentre ripongo queste poche righe, che il mio sesto senso mi aveva avvisata. Questa ennesima lettura sarebbe rivelatasi quel viaggio straordinario da cui ne sarei uscita - o forse no, perché ancora sono lì, mentalmente - guasta, e il mio unico rimedio nel bel mezzo di tutto questo è quello di affidarsi ai ricordi. Questo viaggiare fra i libri, fra pagine bianche vergate d’inchiostro, fra storie che non hanno solo una loro anima ma anche un battito è il senso di ogni cosa. Della mia esistenza nonché libertà di muovermi in ciò che più mi piace, allieta non solo il cuore ma anche l’anima. Tutti i giorni, senza alcun dovere di dare spiegazioni quanto essere me stessa nel bel mezzo di ciò che più mi piace. La mia coscienza si acquieta, riaffiorano pensieri che si credevano perduti, pensieri forse inutili a volte necessari, piacevoli o impressioni che sono sconnessi al fondo di una gioia. L’ennesima.
Nel luogo in cui ero sprofondata, Tigliobianco, dal carattere particolare e seducente, le sue anime erano schierate ai bordi di una storia che nell’insieme convergevano tutte lungo un'unica strada: quella della felicità. E ogni casa era una famiglia: ospitali, gentili e rumorosi. Rintanati nelle loro case, ma fuggiaschi ad ogni nuovo viandante che avrebbe calcato questo luogo. Gente umile intenta a sgomitare nel bel mezzo della miseria ma abbracciando la vita con quella gioia, quella serenità che li contraddistingue, rendendo quel cammino impervio della vita più luminoso di quel che si crede. L’immacolata bianchezza di figure che nonostante la vita li abbia prostati, mantengono intatto il loro splendore. Un tipo di luminosità, luminescenza che ho rappreso nelle mie mani come del latte ancora fresco, ma rosato come un fiore. Silenziosamente la mia anima si era posata sopra tutto questo, e teneramente c’è rimasta.
Anche se quella di L’estate in cui fiorirono le fragole è quel genere di storia che forse, fra qualche mese, dimenticherò, il suo essere eccezionale, il suo essere particolare, estraneo a qualunque cosa si legga o si incontri nel panorama italiano o straniero, era il suo essere un contenitore imperfetto, una malia che avviluppò la mia coscienza mediante usi e costumi tipici dei paesini, che tuttavia cozza con il dramma, l’impossibilità di tornare al passato e che ingenuamente conferisce sorti di speranza e di cambiamento. Era quel luogo dei ricordi perduti che sotto il cullare di una voce armoniosa ma triste semplicemente sa di già visto, più precisamente ai romanzi di Italo Calvino, per la mancata discrezione fra una casa e un’altra, un flusso narrativo costellato da innumerevoli personaggi che un pò disorientano ma fagocitano nel suo fervore. Calibrato da forme di equilibrio, fra ragione e sentimento, possibile e impossibile.
Andai via dalla mia banalissima vita, mi allontanai, con le cuffie nelle orecchie e il mio bloc notes, alla mano. Ci sono sempre e solo due modi, per me, per estraniarmi da chi mi circonda: nel silenzio fitto e quieto che aleggia nelle prime luci dell’alba e, nel pomeriggio, con la musica sparata nelle orecchie, affinché il mondo esterno non mi sovrasti con il suo lento fragore. In entrambi i casi però il processo di lettura è sempre lo stesso, e, alla fine, ciò che considero maggiormente importante è il viaggio intrapreso. Le sensazioni o emozioni suscitate, viaggi di carta e inchiostro apparentemente banali, che, in una manciata di pagine, divengono speciali, straordinari. Questo romanzo, pur quanto sia stata una lettura davvero molto semplice, è divenuto indimenticabile. La memoria non potrà annientare qualunque ricordo serbo, ancora intatto, della sua lettura. Nonostante, amando tanto leggere, ed essendo parecchio veloce, rischierebbe di essere fagocitato dalla risacca della dimenticanza, che evoca gli albori di qualcosa che c’è stato e che il tempo perpetuerà per il resto dei nostri giorni. O forse no, perché quella della Bonacina è sicuramente quel genere di storie che avrei voluto sentire, perfettamente in linea ai miei gusti, al mio animo, un omaggio da parte dell’autrice nel rievocare il passato, la magia che solo una bella storia sortisce, intonando una melodia, un coro di voci concitate che hanno attanagliato il mio cuore, le mie viscere. E che felicità vedersi con gli occhi di un’altro, nei panni di una ragazza non propriamente più vecchia di me, il cui passato era parecchio simile al mio, ma il cui temperamento era cristallizzato nell’impossibilità di lasciarsi andare alle spalle il passato. Guardandolo da una finestra virtuale, ma accogliendo altri mondi, nuovi orizzonti.
Questo romanzo di narrativa italiana, a cui sulle prime mi sono mostrata alquanto restia, è stato alimentato da quel desiderio di buttarmi a capofitto affinché la sete di curiosità che attanagliò le mie viscere si acquietò, comodamente seduta sulla mia poltrona preferita, col Kobo sulle gambe a mo’ di leggio.
Non un capolavoro come gli innumerevoli classici che amo leggere, vivere, respirare, quanto fabbisogno di rievocare il passato che concili con l’idea di scovare una ricetta specifica che, in una sferzata di sentimentalismi ed emozioni varie, porti dritto dritto dinanzi alla felicità. Emblema di coraggio, determinazione ma non forza perché quando Priscilla avrebbe dovuto apparire, spiccare per la sua <<particolare >> predisposizione di farsi sentire, il motore che la spinge ad abbracciare tutto questo, si consolida in un viaggio letterario tra il proprio sé e i ricordi del passato, che tuttavia non si riversano nel presente. Ma in cui si avverte questo desiderio di essere libera e soprattutto cosa esso comportò. In relazione al periodo storico, all’approccio con il prossimo, agli eventi che, come piccoli tasselli di un puzzle, sono stati sparsi qua e là in un paesaggio apparentemente familiare e affascinante. E vedere Tigliobianco prendere vita non come un posto qualunque, ma come emblema di riscatto e libertà. Diretta in nessun posto in particolare, né filo conduttore di un progetto architettonico le cui basi sono solide, ma che si alimenta di emozioni. Sentimenti scaturiti dalla semplice lettura di romanzi, indagini relative a gatti scomparsi, gruppi di casalinghe chiacchierone ma non disperate, di cui io ho osservato imbambolata ma dibattendosi fra il possibile e il discutibile. Poichè Priscilla, come autrice e viaggiatrice sola lasciata nell’immensità del cosmo, aveva portato messaggi, aveva trasmesso qualcosa. E nonostante la semplicità, io l’ho avvertita intensamente.
Valutazione d’inchiostro: 4 e mezzo
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