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domenica, novembre 24, 2024

Gocce d'inchiostro: Alla ricerca del tempo perduto. Sodoma e Gomorra - Marcel Proust

L’anima, quella creatura evanescente che in questo splendido viaggio non ha avuto alcun colore fittizio, nonostante il nutrito bilancio di ricchezze letterarie, è costituito da un corollario di immagini che a distanza di questo arco temporale vibrano ancora di magia. Alla memoria di un individuo come tanti, ricordare per intero sette volumi è un’impresa alquanto ardua, seppur tali disturbi della memoria la Ricerca ne è zeppa, ma a cui sono legate le intermittenze del cuore. In cui il ricordo diviene sempre più forte perché è incentivato dal dolore e dal sentimento, che regna sovrano su ogni cosa, conferendo non solo bellezza ma anche magnificenza.

Questo quarto volume, non toglie niente al resto dei suoi predecessori, i quali si sovrapposero alla mia vita affinché quel giorno in cui ogni cosa sarebbe svanita l’arte avrebbe prolungato ogni cosa. Promulgato il ricordo, il sentimento, l’amore riservato ad ogni singola pagina come testimonianza di fissare un elemento, comporre un compendio sottilissimo in cui inconsapevolmente si aspira all’eternità.


Titolo: Alla ricerca del tempo perduto. Sodoma e Gomorra

Autore: Marcel Proust

Casa editrice: Mondadori

Prezzo: 12, 50 €

N° di pagine: 584

Trama: Ultimo volume della «Recherche» pubblicato da Proust in vita, tra maggio 1921 e aprile 1922, «Sodoma e Gomorra» è il libro più costruito e al tempo stesso libero, arioso e inventivo dell'opera, «il più ricco in fatti psicologici e romanzeschi» secondo lo stesso autore. A primeggiare è la figura di Charlus, una delle più grandi creazioni dell'universo proustiano, insieme al personaggio di Albertine, entrambi protagonisti di episodi erotici a sfondo omosessuale. Ma «Sodoma» contiene anche uno dei momenti più alti, vibranti e commoventi della «Recherche»: la scoperta, da parte del Narratore, delle celebri "intermittenze del cuore".


La recensione:

Si sogna molto il paradiso o meglio più paradisi successivi; ma sono tutti, molto prima che si muoia, paradisi perduti, e nei quali ci sentiamo perduti.


Uno dei piaceri di viaggiare, non solo letteralmente ma anche << da poltrona >> è questo guardare il mondo a quattr’occhi, prendere atto del suo stato e sbizzarrirsi a rifarlo a nostro piacimento. In questo lasso di tempo in cui ho letto e completato la Ricerca, rimugino ancora sull’idea che ciò che quest’uomo produsse e ciò che mi è rimasto doveva restare rinchiuso come in una fortezza, in un’urna gigantesca che sarebbe rimasta segreta, custodita ai posteri, perché ogni parola, ogni emozione vissuta ha equivalso al concepimento di esse, alla loro "dematerializzazione", non perdendo valore ora che della Ricerca serberò solo un bellissimo ricordo quanto valorizzando mediante l’effetto proiettato sul mio spirito. E’ quello che è successo alla gran parte dei lettori che hanno letto la Ricerca, in passato, o a chi si sta muovendo solo adesso, intimoriti e intimiditi, inconsapevoli di ciò che essa può produrre o regalare, ma con la medesima devozione di un sovrano buddista alla sua divinità. Secondo me quegli aspetti metaforici, quei periodi lunghi e spesso arzigogolati, per usare un eufemismo, portano e generano confusione, questo è vero. Ma non appena si inizia, non appena ha vita questo splendido processo, inevitabilmente ne rimaniamo incantati, incastrati, creando non solo confusione ma anche fascino, preludio di un amore che perpetuerà nel tempo. Un tempo in cui l’anima era attraversata da una speranza nuova e misteriosa, da una gioia trionfale e mistica, da un guazzabuglio di riflessioni sull’arte e sulla scrittura. Stabilendo una certa fissità che avrebbe messo a posto qualcosa di invisibile ma persistente, il rapporto fra vecchio e nuovo procurando allucinazioni.

Fingendo sarebbe stato possibile smaltire il ridicolo, poiché la reminiscenza della memoria dona una certa vita all’arte e la sua essenza riposa nella memoria involontaria, nell’immaginazione, nella fissità di figure incoscienti. Come? Intraprendo il pensiero puro come facoltà dell’essenza, non sottovalutando il soggetto quanto esaltandolo, privilegiando, trasmutando da cui deriva il significato dell’esistenza e quello relativo alla pittura, al realismo e alla miopia. L’esteta potrà solo così giudicare ogni cosa mediante il punto di vista dell’arte, delle tradizioni in cui il tempo scivola nel malinteso che separa il pubblico dalle opere che sono degne del passato.

Ad avvisarmi, sono state le sensazioni, che mi hanno colta in un momento imprecisato della mia vita, si fecero largo nel bel mezzo di una serie di riflessioni, disprezzi, allegorie, tristezze tipiche di un uomo che contempla la vita come un sogno ignorando la sua stessa esistenza, mediante cui i segni fungono da ponte per interpretare la vita in un sistema di segni emessi da persone, oggetti, materie: nessuna verità sarebbe stato possibile a prenderla se non dal nostro modo di decifrarle o interpretare. Perché leggendo si prende consapevolezza che non è possibile conoscere a fondo qualcosa o qualcuno poiché persino noi stessi siamo in netto mutamento, e ciò che siamo adesso non lo saremo in futuro. Il Tempo avrebbe conferito un certo ordine, una certa razionalità espressiva, interpretando ogni essenza, ogni idea o immagine che sono segno di incontri, violenze subite in cui il pensiero è inattivo, intaccato dalle emozioni o dalle sensazioni. L’arte diviene quel paesaggio incantevole di creazione e vita, in cui il sesso di cui è pregno questo quarto volume, non l’atto in sè quanto la sua << identità >> è espediente per conoscere se stessi, al di là dell’inganno, quanto tentativo inconfessabile di evadere verso un errore iniziale della società che lo ha allontanato. Reso solitario, fuggendo dai loro sogni, da ogni ricordo che sfocia con l'identità di figure perdute ( nonna) e poi ritrovate ( Albertine). Poiché il vero alimento del nostro spirito è l’amore, la cui linfa deriva dal passato, dal momento in cui la bella Albertine si scaglierà nel suo personalissimo cerchio con l’irruenza di una cometa. Donando poesia, lirismo, catalizzando l’arte come forma di produzione ad ogni cosa, di immagini che sono filosofia, espediente per rievocare l'indicibile, l’inafferrabile, in una parità di mondo che non comprende il singolo soggetto quanto complicità di anime e mondi rinchiusi dentro ognuno di loro e a cui inevitabilmente si resta avviluppati.

L’essenza che queste pagine propinano così bene, per un momento, avevo creduto dipendessero dallo stesso Narratore. Da quel momento in cui il ricordo involontario si conserva in due modalità: nella differenza del momento lontano e nella ripetizione dell’attualità, incarnandosi nella verità più assoluta, ma così opaca perché riconducibile alla qualità dell’oggetto. La scienza avrebbe potuto soddisfare i più grandi bisogni e il fallimento degli stessi come espediente decisivo per la verità.

Nemmeno l’arte avrebbe potuto salvare tutto questo, dato che non vi è alcun nesso fra arte e vita, dato che l’arte dà un senso alla vera vita, quella che è sempre fuggita al presente, alla solitudine facendoci conoscere attraverso i colori dei pittori lo stile di scrittori, la loro visione, ciò che nella quotidianità resta confuso, evidenziato dalla sua essenza riconoscendo quello che l’autore definisce gridi personale, esaltando, conferendo una specie di eternità allo stile tramite metafora.

Sodoma e Gomorra rappresenta quella genesi in cui gli angeli che erano posti dinanzi a Dio sono sodomiti, si assimilano o si accerchiano pur di raggiungere l’Eterno, consonanti ad essere portati in una città che stava per essere distrutta dalla pioggia di fuoco e di zolfo. Uomini e donne che sono discendenti dei sodomiti, che hanno ereditato la persecuzione non lasciando così la vita maledetta. Trattasi di un tipo di filosofia, di una strada che solo il Narratore intraprese ed io assieme a lui, attraverso cui ho compreso la sessualità di quest’anima così sensibile, rifacendosi alla città biblica dei nostalgici, agli ipocriti, agli esuli, ai sodomiti, inadatti a poter stabilire un certo rapporto con la società.

Eterno ritorno che consente all’IO di riflettere in un raggio rinnovato, il mondo che già si conosce mediante la ripetizione dell’esistenza raggiungendo l’unicità, in questa Ricerca della verità è possibile scorgere ogni verità essenziale. Nutrendo, scoprendo la gioia della verità mediante la casualità di certi incontri, certi eventi, interpretando, decifrando, traducendo, trovando un senso ad ogni cosa, ricco di frequenti digressioni filosofiche ed estetiche, frutto di un decoroso e ricco itinerario di reticoli idealistici il cui spessore teorico non sono compresi o rappresi nella sua scelta linguistica. Perché la verità si coglie mediante la presenza di figure che acquisiscono flessibilità e scioltezza, molto simile a quella resurrezione poetica di un ricordo mosso da qualcosa o da volontà. E l’opposizione fra memoria volontaria e involontaria adombra la felicità, la sensazione di librarsi in un universo senza peso. Ma a cui ci si affida all'arte per spezzare un simile sortilegio, così legata alla sua epoca, nello spirito, nel carattere umano.

Albertine lo allontanerà dalla vita perchè prigioniera della sua stessa gabbia, e le fanciulle da cui era attratto divengono risposte ai suoi capricci, in situazioni in cui la gelosia, la salute precaria domina e predomina, fautore di situazioni senza sbocco in cui furono valorizzati alcuni aspetti della borghesia, il perpetuarsi della frivolezza, nell'abbraccio della modernità.

La memoria spontanea del dormiente si sveglia, le intermittenze del cuore sfuggono ad ogni dogmatismo, evidenziano qualunque aspetto anarchico, in un corollario di immagini le cui metafore, le cui nozioni stilistiche divengono portatori, connessione di forme assopite di senso che mediante metafora nascondono, evidenziano mondi nuovi. Contribuendo nell’insieme al raggiungimento della verità, a quello scintillio, a quella frivolezza che solo la poesia avrebbe potuto trasmettere, in cui la mente può perdersi in una splendida Venezia, come un’immagine incantata, carezzevole, misteriosa, fumosa, confusa e inarrestabile. Ma da cui è possibile ritrovarsi, comprendere la propria sessualità, accogliendo la solitudine in ogni forma o essenza.

In questo quarto volume si esalta il sesso mediante cui l’autore intinge ogni cosa di umorismo nero, poichè la conquista per la donna amata si scontra contro quella dell’Arte, quella che avrebbe consacrato la conquista della libertà interpretando i segni, conferendo un’idea di realtà indipendente poichè il soggetto non esplica l’essenza quanto è essa stessa ad avvilupparsi, raccogliersi nel soggetto. Da cui deriva l’immortalità, la sua essenza imprigionata nell’anima, in quegli archetipi incoscienti che avvalorano mediante parole o segni ciò che sarebbe dovuto essere spiritualizzato, trasformando la materia, l’essenza, la qualità di un mondo originario. Incisa nel segno, nella loro interpretazione al soggetto e alla realizzazione che stringe l’oggetto e la sua natura perché è essenziale ricordare mediante tre forme di indagini: l’arte come forma di conoscenza privilegiata, il discorso sulla letteratura e la riflessione sul romanzo. Esprimendo l’inesprimibile, svelando ciò che è nascosto, descrivendo l’ombra della realtà in relazione alle dipendenze del lettore o dello spettatore affinché sarebbe stato possibile leggerlo dentro. Rivelando, ancora una volta, come la letteratura, il suo rapporto non è poi così distante dall’uomo in quanto irrazionalmente virato a comprendere solo guardandosi dentro.


Bisogna amare per curarsi del fatto che non tutte le donne sono oneste, vale a dire per accorgersene e bisogna amare anche per augurarsi, cioè per assicurarsi, che ve ne siano. E’ umano cercare il dolore, e desiderare poi di liberarsene al più presto.


Valutazione d’inchiostro: 5

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