Non c'è stata alcuna difficoltà a leggere
nuovamente una nuova e straordinaria opera della mia oramai amica di penna Jd
Hurt, nè niente e nessuno mi persuase a sdraiarmi sul sofà che mi è servito da
letto, coperta da un plaid colorato affinché mi riscaldasse. Pensavo che il
rumore sordo dei miei pensieri avrebbe sovrastato ogni cosa; sicuramente il
rumore incessante fuori della pioggia, che batteva contro i vetri della mia
finestra. Ma non quelli dell'autrice che, con una certa premura e solerzia, mi
ha trascinato dalla Francia nazista in cui ero sprofondata assieme a Irene
Nemirovskij, a un Italia ancora sottomessa dal regime hitleriano.
Questa recensione penso dunque dimostri come, nel momento in
cui io e la storia di Elena entrammo a contatto, capii che questa volta c'era
in gioco qualcosa di davvero importante. Anche se, guardando la copertina,
forse, mi sono resa poi conto, che la storia potrebbe sembrare ambigua. Ma
l'idea realistica, minuziosa studiata dall'autrice, ha confermato ai miei occhi
la bravura della Hurt. Conclusasi solo l'altra sera, la cui validità va di pari
passo agli altri suoi romanzi pubblicati.
Titolo: 16 ottobre 1943
Autore:
Jd Hurt
Casa editrice: Selph pubblishing
Trama: La vita comincia a Roma. in un elegante palazzo
di fronte al Circo Massimo nel 1926, ma trova compimento il 16 ottobre del 1943
al Portico d'Ottavia, nel ghetto di Roma. Non scordatevi questa data. E' il
giorno in cui l'esistenza così come la conoscevo è terminata per sempre. E' il
giorno in cui l'anima di un'ebrea ha smarrito i confini nel vuoto denso di sangue
di un nazista. Io sono Dalia Algranati. Sono quell'ebrea. Lui è Christian
Shlesinger. Ed è quel sangue.
La mia vita comincia nl 1924 fra i boschi della Baviera,
viene spezzata sei anni dopo nello stesso luogo per poi frammentarsi ancora in
Italia il sedici ottobre del 1943 al ghetto ebraico di Roma. Vorrei scordare
questa data, ma non posso. E' il giorno in cui la guerra del mondo è divenuta aspra
battaglia del mio corpo. E' il giorno in cui il sangue di un'ebrea ha colmato
di veleno le vene di un nazista. Io sono quel nazista. Christian Shlesinger. E
lei è il veleno. Dalia Agranati.
Nota
dell'autrice: "Sedici ottobre 1943" è un historical dark romance autoconclusivo
che narra la storia di Dalia. Fa parte della Damned Soldiers Series. Per il
forte impatto emotivo delle vicende narrate che fanno riferimento ai terribili
eventi accaduti durante la seconda guerra mondiale si consiglia la lettura ad
un pubblico adulto e consapevole. Nel romanzo sono contenute scene violente e
situazioni inquietanti che potrebbero turbare il lettore.
Siamo tutti come pulcini nella stoppa in
questo periodo. La guerra si porta via la parte migliore degli esseri umani, al
suo posto lascia solo un tappeto di braci sporche e maleodoranti.
Isolata dagli altri, dal mondo esterno e
circostante, mi mossi con regolarità, quasi meccanicamente, fra forme avvolte
in un sudario di paure e oppressioni, l'aspetto penoso di una creatura
prostrata dal dolore, dalle maldicenze, che a un osservatore più attento
avrebbe dovuto proprinare un'idea piuttosto corretta di ciò che è stato
rappresentato.
Lavorando assiduamente e sfornando, a
distanza di pochissimo tempo, un romanzo dopo un altro, inconsapevole
dell'aspetto disperato, guasto che assumuno quasi sempre i suoi personaggi, che
ai miei occhi li considero anime dannate e peccaminose ma bellissime, senza
pensare al futuro - o forse proprio perché studiato già precedentemente -,
persino in una posizione come la sua, Jd Hurt torna nel mio amato salotto
letterario conducendomi questa volta in un posto che, a detta sua, mi avrebbe
tenuta impegnata per un bel po'. Mi avrebbe allontanato da tutto e da tutti, in
un luogo in cui in un modo o nell'altro ho fatto perdere volontariamente le mie
tracce. Mi trovai così in una Roma sempre bella, magica, quasi luminescente, ma
differente da quella dei giorni nostri, in cui vi ho avuto modo di cadervi come
la pioggia torrenziale di questi ultimi giorni di ottobre, nel cuore di due
giovani la cui storia ha imperversato nettamente come il vento ululante,
sferzandomi come schegge di vetro, fin quando inzuppò me e la mia anima
semplice da capo a piedi. Non avevo capito fino a quel momento che cosa dovevo realmente
aspettarmi da queste nuove parole. Ci sono vari romanzi e talvolta basta poco,
un dettaglio, un dialogo fin troppo prolisso, una scena di sesso troppo spinta
o volgare, per definirla una lettura poco soddisfacente. Ma rimanere a fianco
di Elena, in questi quasi due anni che l'ho conosciuta, sentire e vedere i suoi
figli di carta prendere vita dalle ceneri, prima i piedini e le gambe, poi le
spalle e la testa, e continuare a lavorare con fervidità, passione, una certa
voglia di scrivere, richiede una notevole dose di talento se non perfino di
coraggio.
E' stato quindi tutto così estremamente
reale vedere, sentire due giovani che parlavano con un linguaggio tipico di
quel tempo. Non penso avrei nutrito alcun interesse, se il fascino
irresistibile per Dalia e Christian non mi avesse stuzzicato così bene. La
falde di un cappello alquanto grande e capiente batteva su Chiristian violentemente
sul volto; un vestito lungo e un po' sgualcito si incollava addosso alla
giovane Dalia fino a soffocarla, passando tutto il tempo a rievocare il
passato, a rimpiangere ciò che non c'è mai stato e che avrebbe potuto esserci,
romantica, sognatrice e anche un po' folle.
Nella produzione di Jd Hurt è possibile
quasi sempre scorgere il luccicchio della speranza a pochi chilometri da ansie,
sogni, aspettative di personaggi soli, tristi e folli, di cui si nutre un certo
riverente interesse. Così nel ghetto di Roma, fra le pagine di 16 ottobre 1943, come nelle sue opere
precedenti, continuano ad operare due forze: una volontà essenziale di
sopravvivere e una volontà contigente che si oppone. Ma la volontà di Dalia
questa volta mi è sembrata diversa: nel corso della lettura l'ho sorpresa
compiere lunghe e profonde riflessioni riguardanti lei e il suo futuro,
inzuppate dai vecchi e dolorosi rimorsi del passato, offrendocene così quello
che è più di un semplice scorcio. E la possibilità che lei e il suo Christian
idealizzassero i propri sogni, anche senza alcun aiuto, non è stata sufficiente
a focalizzare ciò che dovremo aspettarci nei volumi precedenti.
In mezzo a questo scenario, ho così in
parte faticato a rivivere un periodo storico di cui la Nemirovskj mi aveva reso
partecipe. Tuttavia la Hurt è stata brava a sbarazzarsi di inutili dettagli,
rivelare il rivelante, maneggiare nel suo grembo i cuori caldi dei suoi
protagonisti come se privi di vie d'uscita. Io ci avevo sperato. Ero convinta
che presto o tardi la magnanimità del fato, che continua a persistere in
maniera alquanto spregevole, l'avrebbe spinti a riunirsi e trovare la pace.
16
ottobre 1943 nasce dalla
realizzazione di fatti realmente accaduti negli anni quaranta, a tal punto che
sul finire di questo 2018 una giovane e ambiziosa autrice italiana ha nutrito
una certa curiosità che ha raggiunto livelli inimmaginabili. Dalia, Christian,
gli ebrei, la guerra, i soldati, erano ovunque, adempievano alle più diverse
funzioni sia fantasiosamente sia realisticamente, si sono mosse come schiere,
anime contrite e dannate che entrarono nella lotteria della vita.
Stando così le cose, accecata dalla
curiosità e dall'ammirazione che avevo nutrito nei riguardi di questa nuova
storia, non è poi molto strano o innaturale che fra le sue pagine io non abbia
scovato una parvenza di svariati romanzi. E non risulta quindi sorprendente che
questa sua ennesima fatica letteraria sopravvenne dopo qualche settimana
frenetica, dove vi ho colto il battito di un cuore che ha da poco preso a
vivere. Su uno scenario crudele, freddo, quasi ostico, che batteva sul terreno
tutta affannato a richiamare la mia attenzione, il mondo esterno mi aveva
stretto da ogni parte. Ed io non ho potuto fare a meno di sentirmi smarrita e
ritrovarmi unanime con i personaggi.
Fuggendo nell'apparente silenzio della
natura, nel muto carcere di un luogo tenace e spietato, nell'ineffabilità di un
sonno profondo, 16 ottobre 1943 è un opera in cui pian piano verrà sprigionato
il suono, così regolare e martellato, di due voci che in poco tempo erano
divenute famigliari.
Talvolta non è la razza e neppure la religione a
decidere per te. E' l'anatomia a segnare il destino di una persona. E l'odio è
la parte più rovente e tattile che compone l'organo principale del corpo. Ciò
che ci tiene in vita.
Valutazione d'inchiostro: 4
Ciao, ho appena concluso il romanzo; ottima recensione, hai ragione su tutto!
RispondiEliminaGrazie mille, Benedetta! Verrò presto a trovarti per conoscere il tuo parere :)
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