La prima volta che
io e William Faulkner ci incrociammo, io non ne sapevo nemmeno della sua
esistenza. O, per meglio dire, quando fu in vita, quanto importante fosse per
la letteratura odierna. Mi sono avvicinata a questo autore, vincitore del
premio Nobel per la letteratura, senza bisogno che nessuno mi stimolasse,
incitasse a buttarmi da un grosso scoglio e solo quando sarei giunta alla meta
osservare il paesaggio circostante. Questo è di per sé magnetico, magico,
stupefacente. Desiderare di leggere qualcosa di qualcuno che sai potrebbe non
concernere con i tuoi gusti personali, sinché non si arriva alla fine.
La recensione:
Il fatto in
questione accadde nella libreria più vicina della mia città, un luogo che io
considero oramai la mia seconda casa. Da qualche tempo a questa parte, ho
maturato un certo gusto per le saghe famigliari, la letteratura americana, e
leggere Luce d’agosto mi consentì di crescere praticamente
ancor di più, fino al punto di comprendere come questo tipo di letteratura,
quella con la L maiuscola, è il cibo per la mia anima. Perciò, come se ne
deduce dal titolo della recensione, il mio lento avanzare fra le sue pagine mi
ha allontanato dal mondo, dalla routine in generale, mostrando unicamente
l’aspetto cruciale su cui ruota l’intero romanzo, che finì ben presto per
confonderlo con i tormenti odierni della vita dove vige la crudeltà ma anche un
pizzico di comprensione.
Titolo: Luce
d’agosto
Autore: William
Faulkner
Casa editrice:
Adelphi
Prezzo: 13 €
N° di pagine: 425
Trama: ‘Nella mia
terra la luce ha una sua qualità particolarissima; fulgida, nitida, come se
venisse non dall’oggi ma dall’età classica ‘. Così William Faulkner spiego il
titolo del suo settimo romanzo, uscito nel 1932 e subito acclamato come uno dei
suoi capolavori. Ed è tra i riverberi crudeli di quella luce implacabile che si
consumano le vicende di una folta schiera di personaggi: una ragazza incinta,
amata solo di ‘una riserva di paziente e tenace lealtà ‘, che si avventura
dall’Alabama al Mississippi alla ricerca del padre di suo figlio; un uomo
solitario dallo strano nome, Jon Christmas, ‘con un’inclinazione arrogante e
malevola sul viso immobile ‘, che l’isteria razziale del Sud getta nell’abisso
tormentoso del dubbio circa il proprio sangue: un reverendo presbiteriano
ripudiato dalla sua Chiesa per l’antico scandalo della moglie adultera e
suicida; e, circondati da neri invisibili, gli sceriffi, i taglialegna, i
predicatori, le donne ‘dal volto di pietra ‘, chi ‘definitivamente dannato ‘,
chi alla ricerca disperata di una chimerica catarsi.
L’oscurità era una
miriade di voci che venivano da tutto il tempo che avevo conosciuto, come se
tutto il passato fosse un disegno piatto.
Giudicando
freddamente, dovetti riconoscere che la cosa più logica, ovviamente, sia di
continuare a proseguire nel sentiero faulkneriano. Perché, questo non lo si può
proprio esimare, il rischio di aver incontrato un uomo di lettere come William
Faulkner fu la scusa adatta che mi impedì di non presentarmi dinanzi alla sua
inestimabile presenza. Rimandare dunque la lettura dell’unico romanzo che
possiedo di questoaautore non risolveva il problema, in apparenza. L’unico modo
per risolverlo era esattamente quello di dedicargli del tempo: sedersi sulla
mia poltrona preferita, o sdraiata sul mio letto, facendomi trovare pronta,
impavida, incuriosita, ammaliata per evitare che la scintilla che era scoccata
fra noi non si affievolisse. Motivo in più per avvicinarmi, a parlargli, ad
essere completamente avvolta dalla voce ammaliante di un operatore di suoni, un
musicista di diverso retaggio, causa principale per vivere di lui e del suo
bellissimo capolavoro. Quest’incontro non poté non risultare proficuo. Si, mi
ha permesso di togliere il dente della curiosità, perché di una cosa sono
certa: questo è stato il primo dei nostri incontri che in futuro si
ripeteranno. Non avevo scelta: dovevo regalarmi il capriccio di godermi ogni
opera, ogni romanzo scritto sfuggendo in modo soddisfacente da qualsiasi altra
possibilità di un nuovo incontro abortendo ogni rapporto maligno che avrebbe
potuto sorgere fra noi, dal momento che non mi viene nulla in mente pur di
mettere in cattiva luce questa storia, nascosta fra miriadi di gente di ogni
sesso, razza e età, unico elemento che forse ha costituito un pericolo per molti,
ma non per me. Luce d’agosto era l’ultimo bacio di un
condannato, il commiato a una via di redenzione o libertà, ed io non ho potuto
fare a meno di godermelo.
Come se emersa da
un luogo lontano, da un epoca classica, lamentandosi come un fantasma annunciatore
di lutti, racconto di una generazione che attraversa un intero villaggio.
L’ambiente descritto evidenzia la condizione degli stessi protagonisti,
centellinati su un paesaggio butterato da ceppi. Profondamente silenzioso,
desolato, arido come la terra a cui accenna il titolo. Essere solidale è
unanime con gli altri, poiché ognuno figli di un Dio che ci tiene uniti o
compatti è, in poche parole, l’emblema su cui ruota il romanzo, ma sebbene
l’impressione è quasi uguale per tutti – anime senza radici, senza un paese,
senza una città o provenienza – il forte senso di incomprensione, sputato,
onnipresente, insito da così tanto tempo, finisce per renderli piccoli
involucri trasparenti senza peso, senza anima, soffiati come canule dal primo
vento.
Niente di così
vero. Ci si può differenziare dal colore della pelle, dalla mentalità, ma agli
occhi di Dio siamo tutti uguali. Faulkner evidenzia questa ‘condizione
‘mediante continue rivolte, lotte, o addirittura, omicidi. Non sarebbe nemmeno
utile fermare il tempo per tornare indietro, riparare gli errori del passato,
se non combattere pur di liberarsi dalla stretta di una morsa.
Carpire
scrupolosamente i segreti di una lettura complicata ma magnifica come quella
di Luce d’agosto, dipingerla mentalmente con modestissimi
acquarelli dalle tonalità più complicate cominciò ad apparirmi, in tutta la sua
splendida bellezza, in maniera alquanto diversa dell’universo parallelo che si
cela nei romanzi a cui sono abituata. E, presa da una storia a cui ho dedicato
del tempo, ho stabilito con l’autore un certo contatto. La scrittura stessa è
un modo per evidenziare la condizione umana e il suo modo di rapportarsi, il
colore differente della pelle, la mentalità, che lo rendono distaccato dalla
massa. Società di anime che costituiscono una zolla di terra in cui è possibile
spingerci fino a un certo punto, sebbene il desiderio di non sentirsi mai soli
abbastanza; diverse situazioni si sono contese, pur con grazia, il diritto di
muoversi liberamente nel raggiungimento di un’idea di redenzione, di libertà,
che come una sferzata di luce avrebbe potuto illuminare squarci di vita umana,
oscura, repressa.
Chi ha letto il
romanzo di Faulkner e pensa che entrando in questo harem segreto sfugge alle
trappole della vita si sbaglia. Certo, tutto ciò che apprendiamo tocca delle
corde sensibili del nostro animo perché gli argomenti trattati sono
attualissimi e moderni. Ci sentiamo in dovere di essere solidali, comprensivi,
lottiamo per un posto migliore. Più vicino possibile ai piedi della nostra
anima. La letteratura a questo proposito diviene una trappola, diatribe fra
gente umile che si danno reciprocamente botte, si ammazzano, correndo affannati
a spegnere le stelle e ad offuscare il sole. Non più quel rifugio che offre
protezione e garanzia, ma qualcosa che limita la libertà. Rivela pori sulla
faccia della vita, devastati, provati, una vita che scorre come una fiumana in
profusione.
Si imparano tante
cose da questo tipo di letture, tante cose che prima ignoravo impunemente e che
adesso mi sono entrate in testa. Quello che avevo davanti è stato un teatrino
di burattini, ostico, musicale, solenne costruito mediante paesaggi bellissimi,
comuni e visionari, una prosa acuta, sottile provocatrice e complessa, densa di
pathos e grande spessore psicologico che sorprende per ogni cosa, ogni
movimento, ogni gesto. I personaggi sono anime dannate ma pentite che si
consumano lentamente come torce fiammeggianti, fino a spegnersi con un sibilo.
L’atto del ribellarsi, il piacere di uccidere per vendetta, per rivendicazione,
le cose divorate, annerite, diverse sono sinfonie discontinue, fiammeggianti,
incendiare che fanno cadere tutti i cenci e le rovine carbonizzate di anni di
storia. La vita come un immensa ribellione, senza costrutto, un’interiezione sonora
e vuota.
Così come il Fahrenheit di
Ray Bradbury, Luce d’agosto è una sorta di ribellione sociale
in cui sono messi a nudo parti dell’anima di chiunque e quella della società –
incastrati perfettamente che si consumano nella quotidianità, nell’inutilità
del tempo. Romanzo di rivolta complesso, dilaniante, straziante, malinconico,
introspettivo che non raggiunge il nostro cuore, bensì la nostra testa. Come
gesti impuri che valgono come atti di oscenità. Tortura letteraria e morale, un
tributo profanato da atti impuri che rende ingiustificabile differenziare il
prossimo per la razza, il sesso o la cultura.
Valutazione
d’inchiostro: 4+
Altra lettura che ti invidio moltissimo!
RispondiEliminaTe la consiglio assolutamente!! ☺️📚
Elimina😊 güzel bir inceleme olmuş Gresi... Türkiye'den selamlar 😊
RispondiEliminaTeşekkürler! selamlar ☺️
EliminaHo sempre sentito parlare di questo autore come di uno scrittore complicato, ma la tua recensione mi invoglia ad avvicinarmici.
RispondiEliminaFaulkner è certamente un autore alquanto complicato, sia per trama sia per linguaggio, sopratutto per questo a dire il vero! Ma è un opera coinvolgente e bellissima, alquanto attuale e sorprendente ☺️☺️ mi è piaciuto davvero molto, e presto leggerò anche Mentre morivo ☺️☺️
Elimina