Spontaneamente
accolgo le richieste di giovani autori esordienti, ma con un certo riserbo;
sincera e fiduciosa, non maschero mai l’entusiasmo di leggere opere sconosciute
in cui, a seconda dei casi, trapela alla fine il mio giudizio. A voler essere
precisa, non tutte le opere esordienti che ho accolto sono state di forte
impatto; le mie sensazioni istintive, talvolta, mi hanno indotta a girarci al
largo. Caratteristica elusiva pregiata del mio carattere, che attrae in un modo
o nell’altro un numero ristretto di autori.
Potrebbe essere
strano, bizzarro, presentare quest’oggi un post con ben due recensioni, dopo
che su Sogni d’inchiostro promulgo sempre il proposito di non sforare per alcun
motivo. L’avvento del nuovo anno, ma, soprattutto, il desiderio di poter
parlarvi di quelle letture che presto o tardi concluderò entro la fine dell’anno,
fu l’unico espediente a condurmi qui, a riporre nero su bianco, i miei più
fervidi pensieri su due opere diversissime fra loro ma che coincidono per la
brevità con cui sono state lette; sembra forse esagerato, ma è stato in una
manciata di ore che ho divorato l’ultima pubblicazione di una delle mie
scrittrici inglesi preferite, e un racconto particolarmente breve ma intenso
del mio amico di penna Riccardo Giacchi. Attraversati da piccoli ponti
invisibili non si sono mai scontrati ne intercorsi l’uno con l’altro. Ma cosa
mi impediva a tacere il fragore assordante dei pensieri, il desiderio
irrefrenabile di mettere per iscritto ciò che mi aveva assillato come un moto
potente e involuto, mentre gli ultimi giorni di dicembre sentenziano quasi
quanto, nel mio personalissimo mondo, la letteratura e la scrittura sono fibre
indistricabili del mio essere?
Ed ecco spiccare,
fra la nebbia del tempo, il mio entusiastico parere su Le disavventure di Amos Barton
e L’ultimo Wallace, anche quando altre letture reclamano la sua attenzione, che
come ombre fugaci si allaungarono davanti a me, quasi come due lunghe dita
protese, verso distese erbose e bucoliche o cieli di fuoco e fiamme.
Titolo: Le disavventure di Amos
Barton
Autore: George Eliot
Casa editrice: Fazi
Prezzo: 15 €
N° di pagine: 124
Trama: Amos Barton è il nuovo parroco della chiesa di Shepperton, una ciottadina della provincia inglese. Il reverendo è un uomo mite che cerca in ogni modo di far rispettare i dettami della Chiesa anglicana ai membri della sua comunità, ma il suo carisma inesistente, unito a una certa goffagine, fa si che non sia molto amato dai suoi concittadini. Inoltre la parrocchia di cui si occipa non è sufficiente al mantenimento della sua famiglia, che può tirare avanti solo grazie al caritatevole prodigarsi di qualche parrocchiano e all’instancabile Milly, la moglie del curato, che ha totalmente immolato la sua vita al bene del marito e dei suoi figli. La situazione si complica ulteriormente quando la contessa Caroline Czerlaski si installa a casa Barton, portando con sé mille pretese neppure un centesimo, suscitando disappunto in Milly e una morbosa curiosità in tutta la comunità di Shepperton. L’intera vita di Amos Barton trascorre fra continue cadute e momentanee risalite, fino all’arrivo della notizia peggiore di tutte, che lo farà precipitare nello sconforto, ma vedrà finalmente i parrocchiani stringersi intorno a lui, nonostante incarni << la quintassenza concentrata della mediocrità. >>
Autore: George Eliot
Casa editrice: Fazi
Prezzo: 15 €
N° di pagine: 124
Trama: Amos Barton è il nuovo parroco della chiesa di Shepperton, una ciottadina della provincia inglese. Il reverendo è un uomo mite che cerca in ogni modo di far rispettare i dettami della Chiesa anglicana ai membri della sua comunità, ma il suo carisma inesistente, unito a una certa goffagine, fa si che non sia molto amato dai suoi concittadini. Inoltre la parrocchia di cui si occipa non è sufficiente al mantenimento della sua famiglia, che può tirare avanti solo grazie al caritatevole prodigarsi di qualche parrocchiano e all’instancabile Milly, la moglie del curato, che ha totalmente immolato la sua vita al bene del marito e dei suoi figli. La situazione si complica ulteriormente quando la contessa Caroline Czerlaski si installa a casa Barton, portando con sé mille pretese neppure un centesimo, suscitando disappunto in Milly e una morbosa curiosità in tutta la comunità di Shepperton. L’intera vita di Amos Barton trascorre fra continue cadute e momentanee risalite, fino all’arrivo della notizia peggiore di tutte, che lo farà precipitare nello sconforto, ma vedrà finalmente i parrocchiani stringersi intorno a lui, nonostante incarni << la quintassenza concentrata della mediocrità. >>
La
recensione:
Nel pieno delle fluenti attività natalizie
e delle roventi fermentazioni di una vallata di pensieri e impegni vari, nella
stagione in cui si può assistere ad un momento in cui la magia si deposita
impetuosamente sotto il sibilo della nascita del bambin Gesù, è davvero
impossibile che anche il mio amore per i romanzi non diventi giorno dopo giorno
sempre più ardente. Il mio animo semplice era ben disposto ad accogliere nel
suo cantuccio personale opere di autori conosciuti e non, che vivevano relegati
nella mensola strapiena di una libreria forse troppo grande persino per me
stessa.
Dicembre è oramai quasi agli sgoccioli e la
stagione invernale che seguirà accoglierà l’avvento di nuove letture, nuovi
inizi, nel quale i miei sforzi per non gareggiare da una parte con lo stato d’animo
di alcuni cuori oramai non più sussultanti, adesso stagna e vive su di me, e con
l’arrivo del 2020 mi premurò a partire con tale progetto. Innumerevoli romanzi
annidano la cima dei miei pensieri, brillando con la loro magica essenza,
crescendo dove lì mormorano i miei pensieri. Oppressa da certi paradigmi
letterari, prima che si concluda l’anno, ho desiderato completare la lettura di
qualche romanzo, e nel crescente ardore della mia passione per la Eliot ho così
accolto Le disavventure di Amos Barton con bramosia e irruenza.
Il tempo di tirare le somme è sempre più
vicino, di autori che desidero conoscere, quando rincaso dall’ennesimo viaggio
in libreria, lambiscono la superficie polverosa della mia strada, seguiti da
bianchi nastri di polvere e inchiostro come se lasciassero un impronta di fuoco
come segno del loro passaggio. La storia del reverendo Amos Barton ballozzolò
selvaggiamente nel mio cerchio personale, rendendomi impaziente, curiosa di
conoscere ciò che nascondevano le sue pagine; il fattore del concetto della
fede come mezzo di unione, redenzione, tenne a bada quegli istinti che, in un
primo momento, mi avevano fatto giudicare questa opera tediosa; uno stile
denso, ricco di dialoghi e riflessioni personali non favorivano alcun interesse
personale, se non avessi proseguito imperterrita fra le mura di un cottage londinese,
dall’inizio alla fine. E seguire di pari passo questo simpatico frate,
sballottolato da una famiglia ad un'altra, situazioni o eventi vari che
ruotavano attorno a situazioni drammatiche o difficili, si snodarono in una
manciata di giorni.
In uno di questi giorni capitò che io e il
reverendo ci incontrassimo, nel momento in cui meno me lo sarei aspettata,
isolata da qualunque altro proposito dietro l’angolo, che prediligono di gran
lunga il mio amore per la letteratura e la scrittura, che osservo e contemplo
da tempo come un meraviglioso paesaggio. Quando decisi di cimentarmi nella
lettura dell’opera più acerba della produzione eliotiana, dopo aver trascorso
meno di ventiquattro ore con Wulf Dorn, che mi osservava da tempo, mi chiesi se
fosse o meno il momento adatto per questo tipo di viaggio. Il mio animo assentì
silenziosamente, e girai attorno alla siepe di questo piccolo giardino
dirigendomi nella profondità dei personaggi. Una volta lì, sentii l’irrefrenabile
bisogno di girare attorno a questo giardino, per acquietare la mia curiosità
che girovagando mi aveva condotta qui; oramai non mi spaventa più niente e
nessuno.
Così come il Reverendo, i protagonisti di
questa storia vivono con l’irruenza e la paura dell’inaspettato, il rimbombo di
un meccanismo frastagliante che pian pianino assesterà il suo procedimento. Come
un triste scenario bucolico, mi ha colta del tutto impreparata al “nuovo”
aspetto dell’autrice, in cui questa volta le mie intenzioni sono state avvolte
in una fitta nube di perplessità e pensieri, che mi hanno fatto giudicare Le
disavventure di Amos Barton come quel romanzo poco attinente ai miei gusti. Eppure,
pur quanto semplice e veloce, farsi condizionare nella sua interezza non è
stato semplice, ma col cuore colmo di malinconia. Il propagarsi di tanta
insoddisfazione, coincidenze miracolose avvenute perché aggrappatosi alla fede,
avvenimenti o persone che ritornano e poi svaniscono, è stato tutto così
contagioso che gli oggetti inanimati sembravano dotati di una qualche magia.
Ed ecco che anche questa piccola grande
opera ha toccato il mio animo, non invadendolo completamente per come credevo,
ma esaminando con criterio e vigore un tema piuttosto importante nella
produzione dell’autrice: la fede e il modo per come l’abbracciano gli
individui.
Una storia imperfetta che è stata
raccontata col proposito di redimere tutti quelli che decideranno inerpicarsi
lungo le vette di questo cammino, che ha suscitato in me una certa empatia con
i personaggi, risvegliando zone assopite nel fondo della mia coscienza.
Valutazione
d’inchiostro: 3 +
Ttitolo: L’ultimo Wallace - Entombed
Autore: Riccardo Giacchi
Casa editrice: Genesis Pubblishing
Prezzo ebook: 3, 99 €
Trama: Nonostante la strage che ha decimato
la popolazione mondiale, perpetrata da un nemico mostruoso e implacabile, il
genere umano non si è arreso, non ancora.
Bisogna spingersi fino al Nord della Scozia per trovare uno dei focolai
di resistenza. Un focolaio quanto mai tenace, se a tenerlo vivo ci sono indomiti
combattenti: gli Highlander! Arroccati nel castello di Dunnottar, ove gli
spiriti dei guerrieri caduti vagano inquieti reclamando sangue, essi decidono
di sfidare una sorte ormai certa, pur di permettere l’esodo di migliaia di
civili superstiti verso una precaria salvezza.
La
recensione:
Per rendere il mio soggiorno più discreto,
ho accolto la lettura di questo brevissimo racconto, di cui qualche anno fa ne
lessi la sua genesi, con il Natale oramai alle porte. Riccardo Giacchi è una
figura alquanto nota nel salotto letterario di Sogni d’inchiostro e per questo motivo vidi in questo spin off
fusti recisi di anime combattenti e coraggiosi nel luogo nel quale ero
precipitata, sprofondata e che avevo seguito con una certa insistenza; Entombed mi aveva reso unnanime ai suoi
protagonisti, da cui ne sono rimasta alquanto affascinata; e adesso, dopo
qualche anno, L’ultimo Wallace è
stato lo scenario del nostro nuovo incontro. L’arancio del quadro ritratto in
copertina era ammantato in una coltre di fuoco, polvere e nebbia i cui colori
accesi ha reso questa piccola creatura terreno fertile trasformato in poche
battute in lotte sanguinose e agonizzanti. Il fattore mi sorprese in compagnia
di un coraggioso e leale combattente, che mi venne incontro con aria maliziosa,
e che visse una temibile battaglia considerandola appropriata per la
realizzazione dei suoi più grandi desideri: riportare in vita ciò che si era
creduto perduto, emergendo da luoghi fangosi con parecchie alte truppe, sebbene
non tanto diverse le une dalle altre. Nel tacito accordo di mantenere in vita l’agognata
promessa di una riscossione, una “rinascita”, mi comportai come se di Riccardo
e del suo magnifico Entombed non
leggessi da qualche settimana. Ho ascoltato attentamente la storia che si porta
dentro, ritornando in luoghi ove vi ero già stata, temendo per la vita di
ognuno di loro.
Per dissipare l’inquietudine di questa
finzione, ho accarezzato l’anima de L’ultimo
Wallace avvicinandomi sin dal primo momento in cui fui invitata, insieme,
fianco a fianco, come se uniti in uno scontro che sembri non aver mai fine, non
notando tuttavia alcunchè di diverso – se non qualche nome o luogho
impronunciabile – nell’aspetto di come anni fa mi si presentò Entombed.
Rivolta verso una comune strada, per una
spettatrice romantica e sognatrice come me, una strada del genere non sarebbe
mai stata intrapresa se non mediante sollecito dello stesso autore. Eppure,
rispondere affermativamente, ancora una volta, mi ha reso molto più vicina all’anima
del romanzo di quel che credevo. Forse la determinazione, il coraggio, una
certa difficoltà nel far sentire la propria voce in un mondo che non ha una sua
voce, diversa dalla naturale timidezza di altre mie coetanee, è stato l’elemento
scatenante che mi ha indotta a sentire Riccardo come se immersa in un sogno. O
meglio, un piccolo cortometraggio che non assomiglia proprio alla orgogliosa
natura di certi romanzi a cui sono abituata, ma la cui brutalità di questo
episodio sembrò funzionale per me.
Valutazione
d’inchiostro: 4
Altra autrice che mi manca. Il prossimo anno, più classici!
RispondiEliminaAnche io! :)
EliminaOttime recensioni, ma non ho letto niente di queste autrici
RispondiEliminaSpero allora li leggerai presto :)
EliminaYine harika bir inceleme olmuş 😊 güzel bir gün sizinle olsun 😊
RispondiEliminaÇok teşekkür ederim İyi günler :)
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