Il lato spiacevole della faccenda è che, oltre al poco interesse
che avevo nutrito nei riguardi di questa storia, i suoi dogmi letterari furono innegabilmente
ritracciarti in quelle esagerate delle figure protagoniste. In ogni modo, non
mi rimprovero la scelta di aver ceduto anche io a leggere il romanzo d’esordio
di Lagomarsini poiché il polverone che fu sollevato da pochi giorni della sua
pubblicazione fu piuttosto irritante, ed io desiderai levarmi questo sassolino
dalla scarpa.
In questi ultimi pomeriggi di fine gennaio, che vedo sfumare
nella luce brillante di fenditure che man mano svaniscono nell’atmosfera,
creando come una macchia, una pennellata su di me, Claudio Lagomarsini entrò
nel mio santuario magico e qui ci stette per poco tempo, indolente. Era tale la
nostra incompatibilità, o piuttosto quella mia, che ho trovato interessante
evidenziare in uno sciame di lettori impazziti che hanno amato e vissuto
intensamente queste pagine, non partecipare ad altrettanto entusiasmo a
qualcosa che a mio avviso non possiede nulla di speciale.
Ho letto in silenzio, attenta, curiosa, e riflettendo fra me
confidavo nel cosiddetto momento di svolta. Che stessi mentalmente stabilendo la
giusta costruzione di un evento narrativo che, mi rendo conto, sebbene
descritto con una certa serietà e profondità, ha definito il ruolo di questo
romanzo sciatto non credo di avere le capacità efficienti per definirlo come
tale. Non malvagio, orribile o da stroncare impunemente, ma la cui lettura ha
sortito in me poco e niente. Dalla sua lettura ultimata, freddi pomeriggi in
compagnia della mia amata Donna Tartt non mutarono il mio giudizio. Isolata dal
giudizio di altri miei coetanei, turbata nell’aver abbracciato quasi
controvoglia qualcosa che non ha cozzato più di tanto col mio spirito. Non
dubitando del fascino che ha provocato la sua lettura, ma sopraffatta dal
desiderio di non aver riscontrato ciò che più desideravo e di cui il mio cuore
sussulta ancora come un animale ferito. Sebbene gli innumerevoli tentativi, non
potendo evitare di mostrarne una certa delusione.
Titolo: Ai sopravvissuti spareremo ancora
Autore: Claudio Lagomarsini
Casa editrice: Fazi
Prezzo: 10 €
N° di pagine: 420
Trama: Un giovane è così costretto a tornare
nel paese d’origine per vendere la casa di famiglia; è un ritorno doloroso così
come lo è il ritrovamento di cinque quaderni scritti molti anni prima dal
fratello maggiore Marcello. Leggendoli per la prima volta, il ragazzo, ormai
uomo, ripensa all’estate del 2002 quando i due fratelli vivevano ancora
insieme, con la madre e il compagno della donna, soprannominato Wayne. La loro
casa era stretta tra quella della nonna materna e quella di un uomo,
soprannominato il Tordo. Nei quaderni, Marcello racconta molte cose di quell’estate:
le cene all’aperto, le discussioni furibonde tra il Tordo e Wayne, la
relazione amorosa tra la nonna e il Tordo, il rapporto conflittuale tra la
madre e la nonna. Fra i vari episodi riportati nel diario, uno in particolare
sarà quello che scatenerà la serie di eventi che porteranno all’inaspettato e
drammatico epilogo.
La recensione:
Gli incontri e gli
accoppiamenti si verificano con la naturalezza di ciò che è ineluttabile. Non c’è
forzatura, colpa o peccato.
Il
romanzo d’esordio di Lagomarsini era, per quanto mi riguarda, asettico. Ma le
innumerevoli recensioni che trascinarono il lettore da un luogo ad un altro,
come oggetti materiali che non riescono a trovare una loro collocazione
precisa, di tanto si fermavano a riposare dinanzi a me, obbedendo ai riflessi
meccanici di una lettrice avida di sapere e conoscenza.
Fu
in un pomeriggio estremamente mite e freddo, circa cinque giorni dopo la sua
imminente pubblicazione, che il romanzo di Lagomarsini illuminò il mio viso di
una luce non accecante o magnetica ma calda: questa barriera su cui sembrava
fosse circondato il romanzo continuava ad essermi estranea e questa motivazione
mi avrebbe spinta a superare qualunque dubbio o remora per raggiungere quest’Isola
che non c’è. La salita era progressiva, stancante, faticosa, da dove la
osservai, e la storia e la sua anima molto diversi dalla mia. Persino il
carattere e il modo per come è stato raccontato ben presto mi si presentarono
con sfumature diverse, malgrado i legami su cui sembrava poggiarsi e che aveva
già fatto strage nei cuori di molti… disgraziatamente, non nel mio. La storia
racchiusa in queste pagine banchetta con quella di altri pilastri della
letteratura italiana, per citarne qualcuno, La
cognizione del dolore di Carlo Emilio Gadda, e sotto alcuni aspetti si
sposa discretamente a certi dettami letterari. Viaggia, esplode alcuni concetti
filosofici ed individuali, e dirige la sua attenzione su versanti moderni ma
mentalmente opposti.
Lo
scenario è molto simile a quello di tanti altri romanzi che vi sono in
circolazione, e che in buona parte consegue la mia personalissima valutazione. Ai sopravvissuti spareremo ancora
discende furiosamente e con una certa violenza nel cuore di una famiglia
comune, e lo fa percorrendo ogni momento o evento come piccole grandi tragedie
che sconvolgeranno l’universo personale di chiunque. E, in questa
irreprensibile scarpata, abbracciò il punto focale di una matassa, ora
conclusasi ma inizialmente irrimediabilmente indistricabile. Sarebbe stata
davvero mozzafiato la vista se non ci fosse stato troppo, troppa lentezza,
troppi momenti di noia, oppressione, in cui sebbene la scrittura è un surrogato
per vivere meglio, quali sono stati gli effetti? Imboccare un’altra strada,
senza alcuna certezza, sebbene di elementi positivi ce ne sono stati ben pochi?
Purchè un romanzo possa “svelare” ciò, è necessario vivere una sorta di catarsi
che ci permetta di osservare e vedere diversamente le cose. In verità, niente
di malvagio ma che non si è sposato con i miei personalissimi gusti di lettrice
che ama abitare in quei luoghi in cui i personaggi subiscono una certa
crescita, se ne stanno lì fermi, sui loro passi, volgendosi a guardare
indietro.
Claudio
Lagomarsini posa gli occhi a lungo su un frammento di vita e le intermitenze di
cui ogni tanto siamo soggetti a subire. Cosa succede quando si vive in un mondo
così ingarbugliato, provocatorio, violento e che determina un processo
incolmabile, esaminato disordinatamente e senza organizzazione, ma con
sensibilità e consapevolezza? Perché l’essere umano è spesso meschino e
disonesto, predatore violento, accapparatore di qualunque forma umana, di cui
io stessa sto scoprendo pian piano. Avverto quel forte disagio che divarica ciò
che è reale e ciò che non lo è, e sebbene ci si aggrappi alle illusioni la vita
è ricca di ostacoli a cui si cerca di tenere testa con coraggio e lealtà. La letteratura
ci pone dinanzi a una serie di domande, e, una fra tutte, quella che racchiude
il fondamento principale dell’intera esistenza umana: perché impossibilitati a
non spiccare il volo? Seppure i segreti del cuore sono innumerevoli e talvolta
illogici, è necessario affannarsi prima di percorrere un percorso che possa
farci rinascere.
L’autore,
giovanissimo ma ambizioso, accende meccanimente un lume nel panorama della
letteratura italiana, che conserva a singhiozzo e con freddezza argomenti
attuali che non cascano sul banale ed esaminano tutto ciò che incontrano nella
vita. Tuttavia, dimentica di dargli un anima, una forma, che sin dall’inizio
avevo compreso come io e lui stavamo viaggiando su due binari opposti. Eppure,
la sua particolarità è racchiusa nel modo per come è stato raccontato. Semplice,
ma deciso e tagliente che risponde alle frasi dettate dal cuore fragile ma
incompreso di Marcello, dietro al quale si nascondono le vicende di un viaggio
che non ha un suo inizio ne una sua fine ma che lascia trasparire lievi
emozioni. Certamente aspetti biografici dello stesso autore, che meditò
accuratamente e con un certo stile.
Quella
di Lagomarsini è la fievole luce di una storia che, man mano mi immergevo nella
sua lettura, si è accesa sulle vicende di una famiglia comune ma che, via via,
ha perso la sua vitalità. Per nulla accecante, sin dal principio, ma alimentata
inizialmente dall’idea che la scrittura potesse essere quel salvagente a cui
aggrapparsi dinanzi a un mare in tempesta. Eppure, nonostante ci costringe a
rimanerne assorti non riuscirà a parlare per più di venti pagine; il fragore,
la violenza di eventi che scuotono gli animi era azzerrato unicamente da
sprazzi di vita in cui i ricordi divengono l’unico appiglio a cui aggrapparsi. Il
sentiero percorso è stato così scomodo, talvolta insopportabile e oppressivo,
che le lodi cui sono state riservate a questo romanzo sono ancora
incomprensibili; sotto certi aspetti, l’autore ha propinato quella ventata di
aria fresca che ogni tanto io stessa desidero riscontrare nella lettura di
certi romanzi.
Le
sue intenzioni furono chiare sin dall’inizio, e pur quanto oneste e importanti,
ha acquisito una forma che non si è sposata con i miei gusti. Eppure, tutto
sommato, non sono preoccupata né addolorata. Certi bei visi, lievamente
vigorosi dall’esperienza, diventano più scuri o più belli a seconda di come li
si vede; quello di Lagomarsini possiede poca esperienza, ma smarrisce chi legge
in una sorta di zona morta che tuttavia acquisterà un certo vigore. Una certa
forza che è la chiave di ciò che alla fine ha consentito di tenerne salde le
fondamenta.
Valutazione d’inchiostro: 3
Mi spiace che non ti abbia preso, ma so anche che questo romanzo non é decisamente tra le mie corde. Grazie per la recensione
RispondiEliminaSecondo me dovresti leggere qualcos'altro ☺️☺️
EliminaYes, thank you 😊😊
RispondiEliminaanche io non amo leggere i libri che destano tanto scalpore, anche se poi magari ne sono attratta come te
RispondiEliminaGia, e ciò comporta poi qualche conseguenza 😊😊
EliminaThank you! :)
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