Il treno per Lisbona dunque era arrivato. Mi
vidi sorpresa, quasi smarrita quando giunse. Era un gigante sferragliante, un
segno d’innovazione, un mezzo per evadere da un muro infinito di convenzioni. Ho
potuto così salirci a bordo e restarci per qualche giorno. Tutto si era ridotto
al caso, a un incubo di parole e frasi senza senso. Indizi non ce n’erano, né piste,
né mosse da effettuare.
Salendo mentalmente in un vagone logoro e
poco pulito, mi vidi responsabile di un incarico scrupoloso: <<
proteggere >> Gregor, comunissimo professore di lingue e lettere antiche,
non pedinandolo, bensì imparando, con metodi e stili, ad interpretare le sue
motivazioni ciò che sarebbe accaduto. La mia teoria è che, sorvegliandolo,
avrei compreso le sue intenzioni. E cosa avrei concluso da ciò? L’avrei
scoperto solo dopo, in eventi o fatti troppo enigmatici e faringinosi da
interpretare. E questo, sebbene non ampiamente prediletto dalla sottoscritta,
avrebbe eliminato qualunque dubbio o remora iniziale.
Treno di notte per Lisbona mi ha stordita, tramortita,
sbalordita, nell’aver scorto qualcosa di potente e dall’animo così carezzevole
e baritonale. Come se si trattasse di qualcosa di tangibile, figura mancante in
cui spiccano contorni ben definiti in cui si aspira ad un tipo di liberazione
autoimposta, una lentezza insita non nel presente bensì nel passato. Le parole
a questo proposito divengono espressioni di pensiero che imboccano una strada
tutta loro, come fenomeni dotati di una certa efficacia in cui la sua bellezza è
celata in un unico splendore. Come un Dio potente e onniscente che penetra
scontrandosi contro oscuri echi, ha incontrato la mia anima, professata in
quel preciso momento.
Titolo: Treno di notte per Lisbona
Autore: Pascal MercierCasa editrice: Oscar Mondadori
Prezzo: 14 €
N° di pagine: 430
Trama: Voleva davvero buttarsi giù dal ponte la donna trattenuta una mattina da Raimund Gregorius, insegnante svizzero di latino, greco ed ebraico? Gregorius non sa nulla della donna se non che era portoghese. La mattina dopo, complice la scoperta in una libreria antiquata del libro di un enigmatico scrittore lusitano, l’altrimenti prevedibilissimo professore prende un treno diretto a Lisbona, dove spera di rintracciare l’autore. Da questo momento decolla una vicenda che costringerà Gregorius a confrontarsi con le contraddizioni degli affetti e gli orrori della Storia in un modo che mai avrebbe potuto immaginare nella sua rassicurante Berna.
La recensione:
Dividere è tradire. Ma proviamo
attrazione, amiamo e tocchiamo più di un unico essere umano al mondo.
Adesso
mi sembra che ci sia sempre stata. E’ questo il luogo dove per me sarebbe
partito un treno sferragliante, avviato un viaggio inesauribile
ma sfumato in un mondo quasi onirico e surreale, senza il quale non credo avrei
potuto amarlo nella sua interezza. Senza Treno di notte per Lisbona non credo
avrei saputo conoscere a fondo il mio animo, ancor più di ciò che sapevo, né scorgere
cosa attanagliava lo spirito di un uomo semplice ma erudito nell’arte di parole
lontane e antiche, che apparentemente sembrava consistere esclusivamente di
parole morte. Quando ci siamo incontrati non sapeva ancora << parlare
>>, eravamo sconosciuti che arrancavamo a fatica lungo il sentiero insidioso
di una galassia che giorno dopo giorno sembra perdere vigore mediante
sensazioni sgradevoli, e in un pomeriggio di fine febbraio ci siamo guardati
dentro proclamandoci fautori di un nuovo mondo. Ogni volta che ripenso a quei
rari momenti in cui il romanzo di Mercier era un faro nella notte che presto o
tardi avrei dovuto raggiungere, mi rammarico. Ero io che non volevo stargli
vicino, sebbene il suo magnetismo fosse alquanto potente. Treno di notte per
Lisbona infatti è stato quel contenitore imperfetto in cui ho condiviso certi
pensieri, riversato certe forme distorte di scrittura, spiccato in un momento
cruciale della mia vita per come è stato visto ed interpretato ai miei occhi.
Ma
questo è molto poco, solo un assaggio, se volessi riassumervi la storia che
contengono queste pagine. Sebbene adulti, consapevoli e consenzienti, la vita
talvolta ci guida secondo schemi che richiamano costantemente il passato, e di
cui Gregor è brutalmente estraneo, ma che mediante parole scuotono qualcosa
dentro in cui predominano vagheggiamenti, possibilità, supposizioni, così
tangibili che si contraddistinguono ampiamente con il reale. Sebbene ci si
sforzi, la vita è un cosmo gigantesco in cui l’individuo è perennemente
insoddisfatto, benchè di esperienze capaci di conferire armonia e compimento
alla vita sono infinitesimali. Pascal Mercier, mediante un processo inverso,
ovvero dall'osservazione scientifica e sperimentale di come gli individui
vivono partendo dalla fine anziché dal principio, scrive di un uomo e del suo <<
processo di rinascita >> mediante il quale, facendosi archeologo o
ricercatore, coglie quelle perfette melodie, quei perfetti ritmi che leniscono
l’anima di chiunque. Interrogandosi sull’esistenza umana con digressioni
filosofiche e letterarie che ne accentuano il tono ostico, quasi solenne, e che
impugnando con decisione un’arma potente – quella cioè delle parole, della
scrittura – si tiene lontano da occhi indiscreti. E, con una certa
riservatezza, non fa trapelare la propria anima, qualcosa di disdicevole in cui
la debolezza è relegata a qualsiasi costo.
Di
spiegazioni, Pascal Mercier, ce ne conferisce ben poche, vaghe e imparziali. Scrive
e racconta del processo di rinascita di un uomo comune, del suo quasi ossessivo
amore per la scrittura e la letteratura, ed io l’ho visto come una figura
tratteggiata e netta ma che via via ha perso luminosità o lucentezza. Il
processo di lettura, non esagerando, è stato il pallido riflesso di una
metafora mediante la quale Gregor si <<nasconde >>. La polizia non
ne troverà traccia, né alcun famigliare mostrerà alcuna premura o
preoccupazione relativa alla sua scomparsa. Il movente di questo folle viaggio
è l’incontro inaspettato con una giovane donna, predisposta quasi a gettarsi da
un ponte, che non conferisce niente di certo che ciò potesse accadere, sebbene
i fatti fossero inoppugnabili. Probabilmente, se Gregor non fosse intervenuto,
la donna sarebbe morta: non c’è ragione di credere non fosse così. Alla luce di
tutto, Gregor avverte il forte bisogno di discutere con se stesso, e lo farà
mediante la presenza costante di un giovane ma talentuoso autore portoghese.
Quella
di Treno di notte per Lisbona è stata una lettura melanconica ma cristallizzata
nelle ragioni più contorte dell’animo umano, ricco di pensieri sobri, ricchi di
digressioni filosofico letterario, ma vergato di uno stile talvolta lento
talvolta fariginoso che suscitano sentimenti forti ma contrastanti difficili
da digerire in una volta sola: troppe riflessioni, troppi squarci di vita
ostici mediante la visione scrupolosa di un uomo prostato dal tempo e dalla vita,
mi trassero in diverse direzioni. Pascal Mercier era comparso nella mia vita
dal nulla. Ma appena immersa nella sua storia, la sua anima si era legata
completamente alla sua. La mia vita era coincisa con quella del professor
Gregor nel momento in cui le nostre strade si incontrarono, e ora che tutto si
è concluso custodisco gelosamente il suo ricordo relegandolo non nel passato ma
nel presente. Un fantasma che sono certa mi porterò dentro, una finzione
distorta della realtà ma che ci aiuta a comprenderla nelle sue imperfezioni o
disuguaglianze, immerso in una sorta di patina appiccicosa che sono stata
felice di esserne avvolta, anche nei momenti meno opportuni.
Cittadina
di un universo mentale e testimone scrupolosa di ricordi vaghi, ma
attanaglianti e di certo spessore, ho ascoltato questa storia come se
proveniente da un sogno, introdotto nella mia vita come qualcosa di celato e
segreto. Promesse d’identità e complicità sono l’unico balsamo per comprendere
affondo la realtà, i ricordi sono gli unici espedienti per cui ho accettato di
pagare a una somma esorbitante il viaggio quasi infinito di un uomo che crede
che, riuscendo a nascondere a tutti la sua mancata coscienziosità, potrà essere
compreso, grazie anche alla possibilità di rifugiarsi in un mondo ancora
inesplorarato e quasi incomprensibile ottenendo ciò che più desidera:
comprendere se stesso. Instancabile viaggiatore condannato a ricordare questo
momento, perché a quel punto è già perduto e la sua anima ha ormai un prezzo.
Sono
stata contagiata dal tono malinconico, quasi tragico nel momento d’iniziazione alla
vita drammatica e infelice propiziata da Amadeu de Prado, e tutto così
estremamente profondo, delicato, dolce, impregnato di quella assurda solennità
tipica dei romanzi classici o greci con la quale la fugacità di un misero atto
di redenzione investiva inevitabilmente anche l’atto più insignificante. Come
schegge di vetro che mettono a nudo ogni personaggio, soprattutto lo stesso
Gregor, il luogo in cui si snodano le vicende sembra come avvolto da un alone
di mistero, “suspense”, in cui si << combatte >> anelando il
riscatto, redimendo la propria anima.
Oggetto
d’attrazione nonché terreno ideale per l’indagine accurata del rapporto fra
esistenza e la sua rappresentazione fra letteratura e vita, quello di Pascal Mercier è un vaso di
Pandora che contiene verità fondamentali che pochi individui sono in grado di
comprendere. Inclinazione adatta a rievocare sensazioni corporee, rispolverando
zone che si credevano perdute o dimenticate.
Valutazione d’inchiostro: 4
Sembra un libro che induce a riflettere sulla vita e cio che ci sta intorno; ottima recensione, grazie
RispondiEliminaGrazie a te ☺️☺️ il romanzo è davvero molto bello e devo dire che presto vedrò il film 😊😊
EliminaAvevo visto il film con Irons, mi pare :)
RispondiEliminaIo lo guarderò presto ☺️☺️
EliminaMi ispira molto sai?
RispondiEliminaMe lo devo segnare
Fammi sapere ☺️☺️☺️☺️
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