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martedì, novembre 10, 2020

Gocce d'inchiostro: Così si perde la guerra del tempo - Amal El - Mohtar e Max Gladstone

Sulla scia dell’entusiasmo generale che aveva suscitato questo piccolo libriccino, ottenni l’occasione di leggere l’opera scritta a due mani da due autori conosciuti in patria ma sconosciuti per me, romantico, seducente, dolorosamente sentito, intensamente coinvolgente, e anche se giunse arrampicandosi sul passato, cucendo i fili del tempo assicurandosi che nessuno sopravviva in diverse battaglie, a questo piccolo uccellino ritratto in copertina non avrei degnato nemmeno uno sguardo. Di storie che trasudano romanticismo sdolcinato, in cui si annota una ciocca di storia che mediante semplice carta e inchiostro ardono nelle crepe del mio cuore, fino a fondere con esso, ne sono consapevole, i miei pensieri prendono sempre una strada tutta loro, ma che hanno un senso … o forse no? Certo che ce l’hanno! Il problema è dovuto semplicemente dal fatto che tali letture scombussolano da dentro, mettono in dubbio ogni cosa. Può un romanzo apparentemente insulso ma colorato sortire un effetto così devastante? Nel caso de Così si perde la guerra del tempo è accaduto esattamente questo, e penso che le parole non bastino per esprimere come ancora mi senta. Potrei fregarmene, mettere a tacere la mia voce interiore. Ma perché non scrivere, descrivere come mi sono sentita. Come ci si sente nel momento in cui le parole hanno preso vita, assorbite completamente in un unico essere, confacenti nella memoria, per cui riconoscerli è bastato essere vittime di una banalissima corrispondenza che ha tanto di bellissimo e meraviglioso?
Troppo sdolcinato, troppo mieloso tutto questo? Beh, forse … ma l’amore intenso che lega i protagonisti di questo racconto mi ha reso impavida, armata di penna a sfera, assiderata da qualcosa di potente che nemmeno io credevo possibile, a prescindere dall’esito della storia, con attorno nient’altro che resti di ombre che si tengono per mano.

Titolo: Così si perde la guerra del tempo
Autori: Amal El Mohtar e Max Gladstone
Casa editrice: Oscar Vault
Prezzo: 14 €
N° di pagine: 216
Trama: Tra le ceneri di un mondo in rovina, un agente del comandamento trova una lettera: “bruciare prima di leggere”. Inizia così la strana corrispondenza tra due agenti rivali, Rossa e Blu, emissarie di due fazioni in lotta, ciascuna desiderosa di controllare il passato per dominare il futuro. Ma quella che è iniziata come una sfida a distanza presto si trasforma in qualcosa di diverso, presto si trasforma in qualcosa di diverso. Qualcosa di epico. Qualcosa di romantico … qualcosa che potrebbe farle uccidere. Perché in fine dei conti c’è una guerra in corso. E qualcuno deve vincerla. Non è così che funziona?


La recensione:


L’amore si protrende all’indietro nel tempo. Rivendica il nostro primo contatto, le nostre battaglie e sconfitte. Gli ammazzamenti sono diventati appuntamenti.
 
Perché ai miei sentimenti non riesco mai a dare voce? Mi domando, ogni qualvolta termino di leggere un romanzo intenso, profondo e romantico come questo. Non lo so. Forse perché romanzi di questo tipo dicono molto più di quel che sembra, non solo fanno parte di una storia ma sono quella storia, non del mondo fittizio ma del mondo reale. Quello mio, tattile, crudele e ingiusto. Mi piacciono le storie che ammettono di essere storie e non fingono di essere la verità, soltanto la verità, nient’altro la verità.
Quella ritratta in questo romanzo enuncia un tipo di narrazione di cui personalmente non ero più avvezza. E ciò è una sorta di monito alla mia anima semplice e appassionata, che si lascia quasi sempre contagiare dal tono drammatico, profondo estremamente tragico di certe opere ma non ascolta la voce altisonante del suo cuore. La ragione che prevale su sentimenti ardenti e calorosi. Il mio essere testarda nel proseguire obiettivi prefissati, attraversati ogni tanto da spiragli di luce intensa e sorprendente. Come giunse Così sì perde la guerra del tempo nel mio personalissimo cerchio?
Rosso e Blu, sentimenti forti e contrastanti. Crepe che sono state aperte in un mondo, la cui cenere che lo circonda diventa un foglio di carta in cui vi è riportata la calligrafia arabesca di due autori americani per me sconosciuti. Affettato, surreale, quasi magico, dal ritmo serrato ma ricco di metafore, simbolismi e allegorie, lettura che ho divorato nel giro di qualche giorno nonostante avrei voluto trascinarmelo per qualche altro giorno. Centellinare il piacere della sua lettura. Un solo bicchiere da cui assaggi il suo contenuto, e se lo bevi tutto d’un fiato resti a secco.
Questo breve e forse inutile preambole per dire, che ciò che penso di questa lettura questa volta è davvero difficile. Perché? Perché è tutto estremamente amplficiato, i sentimenti, l’emozioni, i supplizi della simmetria di un mondo disadorno attraverso il quale gli autori si sono dilettati  a esplicare la vera anima dell’intero romanzo: la lotta incessante fra Bene e Male. Adornato da una serie di corrispondenze fitte, di pensieri che altro non sono che uno scambio indiretto di conversazioni, autodistruzioni, tendenzialmente brevi ma vorticanti di grande intensità, piacere che è davvero impossibile condensare e passare così come sono arrivati. Perché è davvero difficile andare oltre le parole. Lo credo bene! Quando ci si imbatte in romanzi del genere, un accozzaglia di fogli, parole fresche di stampa che profumano ancora d’inchiostro rovesciato e i resti spiegazzati di due volti dall’aria misteriosa, minacciose, quasi torve che fungono da reazioni opposte e contrarie, dove si è posato il mio sguardo per quasi due giorni …. Che ho vissuto in un mondo indefinito, lontano, introvabile, che solo mediante passato è stato possibile comprendere la realtà circostante, integrarsi pur di comprendere cosa e chi mi circondasse, diventando qualcuno, ascoltando il canto altisonante del mondo sulle mie fragili membra.
Non c’è mai stato nemmeno un momento che ho desiderato volgergli le spalle: mi è sembrato così difficile, arduo immaginare di andarmene, nel bel mezzo del nulla, il sole che splende sulla mia pelle, il fragore di una lotta incessante e inarrestabile che inevitabilmente decreterà il destino di queste due anime. Ma mi è ancora impossibile capire in che modo sia finita qui, nuovamente fra le braccia di due abili cantastorie che hanno addolcito il sapore di una sentenza inviolabile.
Il posto nel quale vi ho risieduto non fa certamente pensare che Così si perde la guerra del tempo sia un opera facile,  ma estremamente solenne, sofisticata, elegante come un poema omerico in  cui sono stata attanagliata da un forte senso di angoscia – così densa e profonda – che è molto simile a quella della cosidetta ansia del sole assente, ma che ti induce a riflettere, a fermarsi in preda ad elucubrazioni in cui lo spirito si è inevitabilmente addentrato. Nell’invisibile ma non nell’impossibile, in un certo smarrimemto, in una certa dispersione che mi ha letteralmente consumata, sottratto qualunque rimasuglio di felicità, lietezza. Qualcosa di tangibile ma di trasparente che è stata come un ombra che mi ha completata. Relitto di un destino ignoto, unito a tutte le reticenze della morte.
Le difficoltà iniziali di mettere in ordine i pensieri, le sensazioni, persistono persino mentre ripongo queste poche righe. Il mondo ritratto era quella landa desolata ma disomogenea che di certo non fa pensare che, nel momento in cui ci si addentra, mantenga intatta quell’obiettivo estetico e morale che la storia subisse un cambiamento. Gli arrugginiti ingranaggi di un mondo privo di significato, quasi di identità ritratto come un Giardino bellissimo ma inavvicinabile in cui i protagonisti, Rosso e Blu, germogliano e sbocciano attraverso parole che man mano divengono sempre più astruse. Colgono frammenti del loro essere come prendere un bocciolo di ognuno. E la poesia che trapela da tutto ciò si cristallizza nel tempo. Poggia più su forme volute che si possono comandare e modellare a piacimento, minaccia per la legge e per qualunque forma anti moderna, che si stacca dagli altri romanzi del genere che sovrasta, piomba nei cuori algidi o ferventi di marionette che sembrano non avere vita propria se non grazie la scrittura di certe corrispondenze. Stanziati illecitamente nell’immensa solitudine dei loro cuori, nella vita degli stessi che senza amore e virtù non spiccherebbero per forma e sostanza. Si, perché differente da altri romanzi Così si perde la guerra del tempo è esageratamente intriso di metafore, allusioni fiabesche, con esclusivamente la voce gracchiante di due giovani amanti che in un modo o nell’altro serbano forme di solitudine ancor più profonde.
Come avvolto in un manto di cupa dannazione, da cui non ci si raccapezza nell’immediato, ho osservato il tutto da diverse prospettive. Dal basso, dal drammatico dramma di due anime attanagliate da un amore intenso e romantico, da azioni che scombussolano non tanto per la sua natura quanto per le implicite conseguenze, che mi ha affascinato, stranulato nel comprendere com’è stato possibile potesse esserci tanta intensità letteraria.
 
Noi veniamo coltivati, come credo che tu sappia. Ci rintaniamo nell’intreccio del tempo. La siepe siamo noi, siamo soltanto boccioli di rosa con spine al posto dei petali.


Valutazione d’inchiostro: 5

6 commenti:

  1. Lo stavo leggendo, ma lo devo riiniziare perché lo stavo trovando strano e non lo stavo capendo molto XD
    Però visti i tanti, tra cui il tuo, pareri positivi, sono curiosa di continuare la storia.
    Buone letture!

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  2. Pur non essendo il mio genere, mi ispira tantissimo!

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