Venni informata dell’esistenza di questo romanzo, quando
frequentavo il liceo delle scienze sociali, oramai ben dieci anni fa. Non mi fu
spiegato né detto niente di specifico – cosa narrasse, perché fosse così
ampiamente ricordata e letta – dove avrebbe potuto avvenire il nostro incontro
nel futuro prossimo, cosa pensavo e quando pensavo sarebbe giunto il momento,
solo che quella era l’età in cui i miei interessi vertevano completamente su
altro. All’epoca mi ero già innamorata della storia oscura e malvagia fra
Catherine e Hetchliffe, ma l’insediamento di Harper Lee nel mio cuore fu come
un tarlo che per tutto questo tempo invase le mie viscere. Perché di lei e di
questo meraviglioso romanzo il momento più addatto avvenne solo adesso, all’età
di ventotto anni, secondo un regalo preso a mia insaputa per il giorno del mio
compleanno, che mi liberò dal peso di questa condanna. Con nient’altro da
discutere se non del mio personale giudizio, a fine lettura, le formalità
prese, i tentativi di approcciarmi a Il
buio oltre la siepe accrebbero solo. Eppure, come dico sempre io, non
dovrei farmi influenzare dai pregiudizi, dalle preoccupazioni, dalle
perplessità che quella voce rinchiusa fra le sue pagine non giungesse al mio
cuore. La situazione dunque si rivelò molto più complicata del previsto, quando
Scoutt cominciò a parlare, perché non credevo che la sua candida intonazione
fosse così chiara, acuta, tagliente, limpida da non far trapelare alcun dubbio
su ciò che videro i suoi grandi occhi castani, sarebbe sempre stata legata alle
sue idee, al suo amore per la letteratura, così irrimediabilmente immersa in un
atmosfera ovattata, soffocante, ermeticamente chiusa che nel vago ottimismo
della vita non fa trapelare nulla, se non la paura stessa. Poi le cose
precipitarono, presero una strada tutta loro, che rode da dentro, mangia le
viscere, quante volte si è domandata come avrebbero potuto vivere felici – lei
e la sua famiglia – se il mondo non fosse stato così ostile a individui dal
colore di pelle differente dalla nostra. Harper Lee ritrae magnificamente tutto
questo togliendo di scena il dramma, elementi di tragico/ comico che avrebbero
potuto conferire al tutto un assetto più nefasto del previsto, restituendo così
a queste pagine quel sogno americano, quel miraggio di cui tanto si è anelato
nonostante sia ancora rivestito in incubo, il peggiore che si potesse
immaginare, come non credere che nell’epoca che vivo vi sia ancora gente che
non crede come i loro pensieri astrusi possano danneggiare la sensibilità di
certa gente. Alcuni, addirittura, ad aognizzare nella tomba.
All’epoca l’adolescente Scoutt sapeva già molto di questo – che le
persone dal colore di pelle differente alla sua fossero denigrate, condannate a
morte -, e quando Harper Lee scrisse un romanzo sul loro conto, in anni ancora
dolorosamente supporosi e infetti, descrisse questo disastro cosmico che si
abbatte sul popolo, specie quello americano, non ancora preparato
all’estorsioni, alle lacrime di chi sarebbe stato strappato dai loro cari,
pronunciando niente di più o di meno da ciò che la stessa Lee visse, la sua
profonda amicizia con un altro straordinario scrittore, Truman Capote, dove
contribuì alla realizzazione del libro A
sangue freddo, in uno stato di dissociazione indotto da un forte senso di
giustizia, di rivalsa, dall’impossiiblità di spiccare il volo in un mondo che
ci tarpa le ali, che soffre, soffre sempre più, prima frettolosamente,
stuporosa ritirata dall’assetto emotivo, con le viscere guaste e consumate che
si diede da fare per modificare le cose, e poi perché tanta gente era stata
<< maltrattata >>, tenuta nascosta per sopravvivere facendo il più
possibile per aiutarli. Sono tematiche piuttosto forti, così difficili da
digerire che tuttavia aiutano a riflettere, a guardarci dentro, ad osservare il
mondo sotto un nuovo cielo, pensando che non tutti avrebbero avuto il medesimo
coraggio di tornare sui propri passi, mettere in gioco qualunque cosa per
comunicare e dare voce a chi non aveva avuto ancora voce, ricordandoci che non
è un colore di pelle diverso a renderci differenti ma parti di un tutto.
Non ho potuto resistere a divorare queste pagine, proprio mentre
novembre era già iniziato. Ho così partecipato all’iniziazione della vita
adulta di Scoutt, uno scricciolo di ragazza dall’intelligenza spiccata e acuta,
che nacque nel momento in cui la stessa Lee iniziò a parlare, guardandosi
attorno, provocando moti di affetto e tenerezza ai cuori più sensibili. La
situazione era troppo difficoltosa, il peso delle malefatte sociali gravava
pesantemente sulla sua coscienza che esigeva qualcosa di più di un semplice
riscatto, una certa lotta al potere, ma la Lee non credo ebbe la possibilità di
parlare se non mediante scrittura. Una storia brillante, attuale, estremamente
crudele, salutata con affetto persino dal presidente George Bush; la migliore
medicina possibile per gente che ha sofferto così tanto.
Il buio oltre la
siepe, col suo fragoroso desiderio di riscatto, diventò parte di me.
Più intimamente di quanto mi sarei aspettata, impreparata ad abbracciare un
opera come questa. Proiettato in un mondo attrezzato e completo di amicizie
create, inimicizie sancite, codardi, uomini umili e cordiali in cui il grembo
famigliare è l’unico luogo in cui rifugiarsi nel momento in cui la
riservatezza, il diritto di far baccano, la seduzioe o lo stupro, l’adulterio o
il furto violano la nostra sfera personale. A farmi vedere tutto ciò qualche
mese fa fu il mio amato John Steinbeck, ora Harper Lee che, se non fosse stato
per loro, non credo avrei potuto comprenderne i meccanismi di entrambi i cosmi
prostrati sull’emozioni dell’individuo, il suo essere vulnerabile, che sono il
contrappeso di forme di sostentamento al nulla più assoluto.
Uscire da certi mondi apocalittici, una volta conclusa la lettura,
è davvero difficilissimo. Una volta entrata, è stato piuttosto arduo tornare
alla vita di tutti i giorni. Il buio
oltre la siepe ritrae una tematica piuttosto attuale, moderna, incessante e
destabilizzante che, in una struttura a specchio, in capitoli che portano
avanti e intercapitoli di contestualizzazione culturale, è la forte
testimonianza diretta, quasi giornalistica, delle problematiche di un paese che
lentamente si avviò lungo la distruzione, in cui è evidente la crescente
indignazione della sua autrice. Capolavoro assoluto della letteratura
americana, nonché frammento di vita in cui ognuno può rispecchiarsi, in cui
l’individuo è quella massa informe, compatta, solidifcata in un recipiente
variopinto: siamo uguali a tutti gli altri, perciò dovremmo avere rispetto. A
nostro agio con la terra che calpestiamo, con le forme di vita con cui ci
adorniamo, possessore di luoghi che sebbene non garantiscano un certo
benessere, una certa tranquillità spirituale e morale, lo fa sentire molto più
grande di quel che è. Poiché l’uomo è un essere senziente solo se si guarda
attorno, si pone delle domande, e combatte finchè scova qualcosa che solidifica
non più quel concetto di << mio >>, bensì << nostro >>.
Prima di vivere con
gli altri, bisogna che viva con me stesso: la coscienza è l’unica cosa che non
debba conformarsi al volere della maggioranza.
Valutazione
d’inchiostro: 5
Ottima recensione, grazie
RispondiEliminaA te ☺️☺️
EliminaMolto bello, anche se paradossalmente amo più i libri che ha ispirato che Il buio oltre la siepe in sé!
RispondiEliminaSi, in effetti non hai tutti i torti. Ma questo romanzo mi è piaciuto molto ☺️
EliminaCiao Gresi, sono anni che mi ripeto di recuperare la lettura di questo romanzo... spero che prima o poi arriverà anche il suo momento! :-)
RispondiEliminaFammi sapere, quando lo leggerai ☺️☺️
Eliminamia figlia ha letto questo libro per la scuola e le era piaciuto molto. io vorei recuperarlo
RispondiEliminaÈ secondo me una lettura che bisognerebbe compiere almeno una volta nella vita ☺️
Eliminaho amato tantissimo questo libro che ho letto pochi anni fa, assolutamente imperdibile
RispondiEliminaAnche io ❤️❤️
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