Non mancano mai l’eccezioni, spericolate avventure che mi avrebbero condotta nei cuori di chi è rimasto per tanto tempo nell’ombra, storie di uomini e donne soprattutto del tutto dilaniati da un passato atroce di cui una donna in particolare studiò sin da quando nacque cosa e chi le stette intorno. Questa donna fu la mia amata Irène Nèmirovsky, una creatura assolutamente ammaliante la cui produzione letteraria è un beneficio per la mia anima semplice e appassionata. Una ragazza dallo sguardo un po’ vacuo che non era né bella né brutta ma straordinario come nessuna ai miei occhi, rimpiattata in se stessa come nessuno ai miei occhi come un intrepido animale prigioniero in uno zoo, che da dietro le sbarre osserva con calma chi lo osserva e si chiede chi avrà il coraggio di dargli da mangiare.Questo piccolo libriccino indica l’ennesimo turbinio di sensazioni altalenanti, devastanti e prorompenti che mi si presentò sussurrando alla mia anima con una voce semplice, soave, sensuale che sembrava provenire dalla soffitta buia del suo spirito, non solo perché proveniente da un posto in cui ci sono stata recentemente ma anche perché rispose agli incauti sussulti del mio cuore. Libera di corteggiare l’ennesimo capolavoro nèmirovskiano, oramai quasi giunta nel raggiungimento del mio scopo: cibarmi di tutto ciò le sue fragili mani riposero su carta.
Titolo: La nemica
Autore: Irène Nèmirovsky
Casa editrice: Passigli
Prezzo: 10 €
N° di pagine: 150
Trama: Irène Nèmirovsky aveva
pensato di iniziare questo suo secondo romanzo, “La nemica”, con una citazione
tratta dal “Ritratto di Dorian Gray” di Oscar Wilde: “I figli iniziano amando i
propri genitori; più tardi, li giudicano; mai o quasi li perdonano”. Quali ragioni
l’abbiano poi spinta a non farlo, è difficile a dirsi; resta il fatto che tutto
questo breve ma intensissimo romanzo si incentra sul complesso, drammatico
rapporto tra una madre e una figlia, intorno alle quali l’intero mondo “familiare”
diventa quasi un campo di battaglia che non risparmi né colpi né vittime. La “nemica”
è infatti la madre, una donna frivola, incapace di amare altri che se stessa,
tutta rinchiusa nella sua ansia di piacere, di essere amata, di non
invecchiare, del tutto indifferente rispetto ai bisogni prima delle due figlie
e poi dell’unica figlia che le resterà: Gabri, che coverà fin da bambina un
rancore tale da soggiogare la propria stessa vita, da renderla una sorta di
controfigura della madre, in attesa soltanto della sua vendetta finale.
La recensione:
Mi rendo conto che, negli ultimi tempi, per due o forse
tre volte in un mese, questo piccolo salotto letterario ha ospitato Irène
Nèmirovsly con una certa frequenza, e ciò non può che rendermi felicissima. Ho mantenuto
la promessa che ho fatto a me stessa. Perché tanta determinazione? Perché la
curiosità che divora le mie viscere, oramai da quant’è che conosco l’autrice,
cresce a dismisura giorno dopo giorno, e quando apro un suo libro e leggo il
contenuto posso fare quello che voglio.
Non scherzo. Io vivrei fra le pagine dei suoi romanzi.
Probabilmente è un po’ azzardato scrivere tutto questo,
dato le migliaia di persecuzioni, morti, assalti esterni, guerre razziali,
discriminazioni, funnamboli che camminarono lungo la riva dell’assurdo che non
concedono alcuna possibilità di voltargli le spalle, ma avvicinarmi sempre più
per comprenderli, offerta di indossare le loro vesti anche solo per qualche
ora. Ed il destino ha voluto che vestissi i panni di due sorelle, una in
particolare, Gabriel, con orgoglio e determinazione. Nero e bianco, luce e
oscurità. Importantissimi e che sicuramente pongono particolari domande a chi
legge. Sicuramente mi sarei persa, e poi ritrovata, che niente e nessuno mi
avrebbe impedito di sognare, di vivere ciò che la Nèmirovsky visse sulla
propria pelle, in un mondo tumultuoso di legami, libri e amicizia mentre il
fantasma della Guerra svolazzava nell’etere.
La nemica spiega cosa si nasconde in
legami profondi, sentimentali e dirompenti fra famiglie che sospende in parte
quelle azioni cruente in cui i protagonisti de I cani e i lupi o Il calore
del sangue erano impelagati, non uscendo propriamente allo scoperto dicendo
che avrei visto molto più di quel che credevo. Perché non ero sicura che in
poche pagine ci sarebbe stato un chè di magnetico, magico, surreale che
irreversibilmente si pone in mezzo ai suoi fratelli di carta, estremamente
sentito, dolorosamente visto, e chi poteva immaginare che una donna così
altruista, emotivamente ostinata avrebbe imboccato una strada il cui rapporto
con la madre avrebbe determinato il suo destino? Quello che mi fece presente,
però, e che costituisce il nucleo della produzione nemirovskiana, fu il
<< male >> che la stessa autrice subì e che su carta esprimono solo
in parte ciò che è stato visto. Ma La
nemica, così come tanti altri romanzi, fu come se mi avesse proiettato
dirompamente nel suo cuore, cercando di ignorare in parte l’assetto bellico e
fingere che non fosse mai esistita, non solo il suo desiderio di essere prima
di tutto una donna, una persona, un ebrea, ma anche il fatto di aver
abbracciato la scrittura come modo di mettere a tacere quella vocina interiore
della sua coscienza. E a parte tutto questo, La nemica spicca insieme agli altri per il mio starci assieme, la
sua anima semplice ma estremamente potente, che con quell’orribile farsa di
essere soggiogati da figure famigliari che dovrebbero metterci a tacere – anche
quando non è effettivamente così – mi ha letteralmente travolta. Mi ha
corteggiata e poi conquistata nell’immediato, conoscendo già il posto, immaginando
già cosa avrei trovato ma non la ricchezza dei sentimenti e dell’emozioni che
mi sono agitati dentro.
Un piccolo gioiellino che ha la struttura mastodontica
di una produzione letteraria in granito, che perpetua nel tempo per il suo
essere un classico che si percuote sul presente, assalti esterni ed interni che
sconvolgono chiunque e che stanziano come piccole silenziose sentinelle perché ciò
non sono solo storie, racconti ma frammenti di vita in cui chiunque può
riconoscersi. Un contenitore di parole poetiche, estremamente liriche, la cui
potenza è molto più grande di quel che si crede la cui architettura ha un chè
di classico e moderno, studiato alla perfezione, incredibilmente poetico e
destabilizzante, come se gli spiriti del passato che l’attorniarono si fossero
riuniti qui in un'unica congrega. Un unico tutto che non mostra niente di
nuovo, di diverso e che completano questa giostra di sentimenti credendo nell’amore
in qualunque forma e aspetto. Proprio lì, ai bordi delle nostre anime, dell’anima
dell’autrice, diventando così un monumento, un pilastro importantissimo che è
di una bellezza incredibile, l’ennesima storia scritta magnificamente a cui mi
sono separata con un certo malincuore.
Non conosco l'autrice, ma ottima recensione
RispondiEliminaGrazie 🤗
EliminaBoa tarde Gresi. Obrigado pela dica de literatura.
RispondiEliminaEsatto ❤️🤗
EliminaQuanto parli di lei, mi dai desiderare tutto.
RispondiEliminaLeggila, Mr Ink, non te ne pentirai :)
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